La disciplina ambientale rileggibile secondo le suggestioni della legge civile e della legge fiscale.
di Alberto PIEROBON
Il diritto (anche quello ambientale), lo sappiamo bene, soffre di ipertrofia legislativa, di una sorta di giuridificazione a mezzo della legislazione, con progressiva colonizzazione di cose tratte dal mondo vitale, donde il nome di iperlegalizzazione del sistema sociale.
In effetti sotto il profilo funzionale se nell’ottocento avevamo uno Stato “cane da guardia” poi con il prepotente emergere della libertà (volontà e autonomia) contrattuale cominciano una varietà di scopi e di contenuti, fino ad un ulteriore cambiamento dovuto all’intervento statale nell’economia, per così dire per meglio servirla….
Ciò viene testimoniato dall’evoluzione storica la quale – appunto - segnala2, prima il contratto (non la legge) e poi l’interventismo statale.
L’evoluzione è (come sappiamo) dovuta, sostanzialmente, due cause:
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L’affermarsi del Welfare State, e;
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La dilatazione del controllo dell’economia.
Ed ecco, quindi, l’emersione di un nuovo tipo di diritto, quello “regolativo”, che vede nelle sue funzioni l’esigenza di guidare lo stato sociale. Di un diritto che nella sua struttura è un diritto tendenzialmente particolaristico, teleologicamente orientato e fortemente dipendente dall’ausilio delle scienze sociali3.
Con la legge si hanno sempre più schemi distributivi, non più formali (che prima erano rimessi, come detto, all’autonomia privata), bensì sostanziali, oltre a più intense garanzie delle situazioni giuridiche soggettive (nel segno dell’eguaglianza effettiva). Di, qui, come dire, la necessità di un grande consumo di leggi….
Al contempo, l’iperlegalizzazione4 presenta due aspetti:
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Uno tecnico (come scrittura testuale delle norme), donde l’interesse della dottrina al profilo lessicale e sistematico vieppiù investigato;
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uno cosiddetto “filosofico” (stante la tipologia funzionale delle norme). Per cui ogni concezione dello stato ha un corrispondente modello legislativo, per esempio, nella teoria liberale, con lo stato di diritto la legge è connotata da generalità. Con il passaggio da uno stato codificatore allo stato amministrativo alla legge-regola generale si sostituisce la legge-provvedimento (che nasce da una determinata situazione e sta con essa in un rapporto prevedibile e logicamente realizzabile). Ed eccoci alle leggi minuziose (autoapplicantesi)5. Le qualificazioni diventano il centro di attrazione unificante in quanto “producono” investendo sia il fenomeno giuridico-formale, sia i fenomeni della realtà esterna all’ordinamento. Prevalgono però i primi fenomeni, talchè consegue un rapporto di dipendenza intra-istituzionale (nel passaggio di tecnicismi e di formule lessicali specialistiche tra diversi settori legislativi6. E, la presenza dello stato giuridifica sempre più le scelte ed i momenti di vita prima affidati all’accordo tra le parti o alle norme extra-statuali (donde, come è stato magistralmente studiato, l’età della decodificazione).
Passando al diverso modo di procedere all’approccio legislativo possiamo individuarne due: quello analitico e quello sintetico.
Questi diversi modi di legiferare producono diversi effetti, rispettivamente:
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una legislazione casistica (cioè di casi e sottocasi), dettagliata, con un testo restrittivo, con una legislazione sempre provvisoria (icasticamente si è coniato il termine di “strategia della rincorsa”): il che sembra essere avvenuto per l’esigenza della certezza del diritto7?
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una legislazione assiomatica, ovvero per principi8, per formule sintetiche che individua categorie per via concettuale (anziché per casi e sottocasi).
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E guardando al mondo dei fatti che si può dire? Forse che la norma dettagliata è migliore perché consente una “giurisprudenza meccanica”? E quindi maggiore tutela per le situazioni da essa esaminate e/o invocabili dagli interessati?
In via generale non è così, poichè si impongono all’interprete ulteriori scelte fra alternative aperte.
Abbiamo accennato che il fattore economico comporta il superamento delle vecchie categorie, per cui - storicamente parlando - il ricorso a formule definitorie ancorate a fenomeni giuridici è stato giudicato troppo limitativo o addirittura sovrastrutturale.
Invero, <il metodo assiomatico (…) è privo di alternative sul piano della logica e della praticabilità; esso è anche l’unico effettivamente compatibile con l’obiettivo della completezza della legge>9.
Il punto, siamo arrivati al succo del discorso, è che così si rinvia allo studio caso per caso, con riconduzione agli aspetti d’apice della disciplina nei suoi collegamenti con altre discipline (sul tema vedi oltre), con la interpretazione dei giudici (non più “bocca della legge”), etc. etc.
Va notato come nell’ideologia liberale, il bene se è libero diventa una sorta di buco nel centro di un circolo di norme che impongono dei vincoli.
Così, ad esempio, il “rifiuto” laddove venga fatto rientrare nel concetto di merce o di bene, diventa il buco che richiama tante altre discipline o parti di esse. In tal modo il rifiuto come bene fuoriesce dalla disciplina ambientale ovvero si ibrida (anche in uno spazio vuoto di diritto) intersezionandosi, cioè diventando un qualcosa di diverso.
Ecco perché pretendere una disciplina dettagliata ovvero (per dirla in forma paradossale) rimanere agganciati al buco infarcito (pieno) di normativa (che può intendersi un vuoto rinviante), è limitante se non depistante. Occorre pazientemente andare alla ricerca, studiare, “girare” nel sistema, recuperando i concetti (e la sostanza delle cose, oltre la forma), ponendosi in una diversa prospettiva.
E qui tornano i temi a noi cari della fisicità (per esempio del rifiuto) e dei suoi “fantasmi”, tra i quali il contratto (che consente, com’è noto, la circolazione della ricchezza, sia essa attuale o potenziale)10.
Ricordiamo che la disciplina giuridica agli esordi era dominata dal materialismo, ad. es. nel Codice Civile il bene corrisponde alla cosa (e nella cultura i beni corrispondono agli averi, intesi come cose materiali possedute).
Ora, paradossalmente, il non avere è un essere più ricchi! La ricchezza si fa, infatti, grazie all’immateriale. E la nostra attuale crisi (e modello di sviluppo) è una sciagurata cartina di tornasole della finanziarizzazione11.
Più esattamente, il fenomeno della dematerializzazione diventa importantissimo in quanto trasforma anche il ruolo del contratto, il quale contratto produce ricchezza, non solo facendo circolare il bene, ma anche facendo circolare la ricchezza (peraltro redistribuibile).
In altri termini: la ricchezza non preesiste al contratto ma sorge con esso e non ha vita autonoma12.
Il contratto crea risorse, crea anche la materialità, oltre che la occasione di guadagno (si pensi alle raffinate architetture economico-contrattuale poste in essere in taluni traffici illeciti di rifiuti, spesso extraUE)13.
Ecco così dissolversi la concezione materialistica dei beni, superando il vecchio assetto dicotomico tra l’economia e il diritto che, invece, vieppiù si interseziona.
Si tratta, com’è noto, del passaggio dall’economia dei patrimoni all’economia dei servizi, nella quale è nel contratto che si estrinseca l’essenza dell’oggetto: così il contratto – la forma giuridica - diventa il punto di riferimento14.
Ecco che la legge di una certa disciplina (tributaria, civile, ambientale, etc.) non è più costruita intorno alle grandi categorie giuridiche tradizionali (citasi, esemplificativamente il reddito, il contratto, il rifiuto, etc.), bensì intorno a figure specifiche, che si pongono, rispetto a quelle, in rapporto di species a genera (vedasi, per il rifiuto: prima le materie prime secondarie, ora l’end of waste, il sottoprodotto, ulteriori particolarismi, e così’ via: anche se qui ricorre più che un “arcipelago” normativo un formarsi di singoli “continenti”, collegati gli uni agli altri da piattaforme marine e/o da “ponti” artificiali).
Nel perseguire gli obiettivi di certezza, di garanzia e di anticipazione si registra l’aumento delle previsioni legali, ciò proprio al fine di anticipare gli effetti (il fine dello sviluppo dell’economia reale).
La scelta normativa è, quindi, per una tecnica legislativa di tipo “fotografico”, pur sempre in perenne rincorsa, ovvero di regimi specifici, quindi con una struttura necessariamente frammentaria e segmentata.
Va notato che, nel rapporto giuridico tra il soggetto e l’oggetto, si incide sull’entità e sulla consistenza dello scambio (vedasi anche l’intermediario che, anche nella materia ambientale – per esempio nei rifiuti - aumenta, nella sua intermediazione, il valore della cosa), quindi il rapporto civilistico assume una importante funzione segnaletica (anche nei controlli ambientali)15.
Ma quali sono le ipotesi di trasferimento dei concetti da un diritto ad un altro o altri?
Possiamo avere, tra altro:
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il richiamo espresso;
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l’applicazione analogica;
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l’imitazione dei concetti;
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la trasformazione dei concetti,
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la creazione di un aliquid novi;
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etc.16;
Ma, non potendosi esaurire la molteplicità delle forme giuridiche ricollegabili al fatto, vengono impiegati altri istituti giuridici, come una sorta di id quod plerumque accidit (si veda il rinvio formale, la presupposizione, l’applicazione analogica di norme, etc).
Insomma, si va alla ricerca di una compatibilità di fondo fra le unità collegate, con verifiche di ordine quantitativo dei criteri definitori (il noto criterio della prevalenza) rispetto ai criteri definitori di ordine qualitativo. Sintomatico di questa tendenza è l’attribuzione di significati differenti a segni linguistici uguali. Per esempio ciò avviene nelle leggi speciali, le quali da una funzione specificante sono passate ad una decodificante, addirittura fuori del sistema codicistico (si vedano le leggi sulla gestione dei rifiuti nella regione campania, addirittura in materia di sanzioni penali, che sono decisamente illuminanti sul punto).
Ciò comporta <l’abbandono del modello illuministico di diritto, fondato sulla sufficienza di poche, chiare e semplici leggi> poichè c’è <un rumore di fondo> nel diritto, <rappresentato dalla stessa quantità e farraginosità della legislazione: un rumore di fondo che giustifica e talora esige una certa ridondanza degli enunciati legislativi>17. Occorre quindi saper leggere, pulire e selezionare nella marea di norme.
Nell’ambito ambientale quanto e come può venire richiamato il rapporto privatistico assunto nella sua dimensione fattuale? Questo succedeva e succede spesso, per esempio per quanto riguarda le immissioni moleste, il disastro ambientale, le bonifiche ambientali, i danni, i rapporti sottostanti a contratti o regolamentazioni pattizie comunque riguardanti talune attività ambientali, etc.. Ma pure indirettamente, per esempio nel concetto di detenzione e di possesso, nei giochi contrattuali apprestati nella spedizione transfrontaliera di rifiuti e così via.
Il cuore del discorso, fuori da qualsiasi disciplina o materia, è che dal “fatto della vita” , visto come un centro, dipartono a raggiera gli istituti elaborati nei differenti settori dell’ ordinamento giuridico18.
Quel che va considerato (lo ripetiamo da sempre) è lo schermo degli istituti e l’obiettivo finale del fenomeno extragiuridico, andando oltre il titolo giuridico, bensì all’effetto. Questo aspetto è stato sempre più valorizzato dalla disciplina tributaria, per esempio per quanto riguarda la natura dei tributi o delle entrate (il caso della tariffa rifiuti, come tributo o come entrata patrimoniale di diritto privato o come tertium genus, costituisce ancora, in questo senso, una buona palestra di esercizio giuridico).
Ecco che, laddove si guardi all’effetto economico e/o ambientale, si capisce meglio il rapporto e la prospettiva normativa del caso concreto, recuperando una unità e una totalità di esperienza giuridica e di conoscenza concreta del tema o dell’oggetto investigato.
Infatti entra in crisi la concezione di sistema normativo, e la qualità (non la quantità) delle norme diventa modo di essere della quantità (alla Hegel)19.
Ma non mancano altri aspetti collegati, come si è accennato, alla creazione di una apparenza giuridica (cioè di una evidenza formale) il che si ricollega ad un problema di informazione.
Se, per esempio sposto dei rifiuti in un tratta diversa da quella “linearmente” attesa sotto il profilo logistico, della distanza, della comodità, etc. (ad esempio dai luoghi: “A” produttore - “B” impianto di stoccaggio la tratta cambia in “A” – “C” altro impianto) si tratta di un problema di inadempimento ad un contratto stipulato tra il produttore e il gestore affidatario del servizio (non pubblico), oppure è un comportamento lecito e non sindacabile laddove il contratto tra le parti preveda che il gestore assuma anche la disponibilità e proprietà dei rifiuti, con libertà della loro commercializzazione, purchè assolva agli obblighi di responsabilità e di tracciabilità del produttore, oltre a garantire che il rifiuto viene avviato in un impianto idoneo e autorizzato per il trattamento del medesimo rifiuto? In altri termini (come spesso avviene nella fiscalità) sarebbe così lecita una sorta di elusione, nelle maglie giuridiche di un rapporto dove il rifiuto potrebbe viaggiare ed essere gestito diversamente? E’ chiaro che i vincoli ambientali e pubblici sui rifiuti e loro disciplina si impongono alla disciplina civilistica, proprio per la materia di cui trattasi e il ruolo eminente assunto dallo stato nella sua circolazione e gestione. Ma esistono – e non potrebbe non essere – degli spazi e degli interstizi dove infiocchettati giuristi possono argomentare e sostenere a buon titolo legittime elusioni della normativa (non violazione).
Il fondamento sta (ancora una volta) nella realtà economica sottesa alle forme giuridiche, dove non ricorre solamente la tecnica della frode alla legge ex art.1344 del codice civile (nullo per illiceità della causa il contratto che costituisce il mezzo per eludere l’applicazione di una norma imperativa). La nullità del contratto però sembra non discendere automaticamente dalla contrarietà a norme imperative, ma richiede una valutazione caso per caso20. Occorre vedere lo scopo del divieto, quale sia il suo scopo (tutela dell’ambiente, divieto di inquinamento, tracciabilità, etc.).
Come sappiamo, oggetto di frode possono essere non solo le norme cosiddette materiali in genere (che colpiscono un risultato economico), ma anche le norme strumentali (che colpiscono uno specifico procedimento). Allora (civilisticamente o fiscalmente parlando) se una norma proibisce un risultato materiale, qualunque mezzo impiegato per raggiungerlo incorre nella sanzione di nullità? E se, invece, proibisce un dato procedimento sarebbe perfettamente lecito ottenere lo stesso risultato con un mezzo giuridico diverso da quello vietato?
Anche qui non mancano le teorie, per esempio la teoria del negozio indiretto con la quale si superano le forme giuridiche, si supera la barriera della separazione oggettiva degli atti e si guarda all’effetto ulteriore derivante dalla concatenazione di atti di per sé legittimi, ma che grazie a questa concatenazione realizzano uno scopo delle parti che di per sé non sarebbe legittimo.
In tal modo il diritto ambientale (cosiccome ogni altro diritto) esce da una presunta autonomia (tanto cara a chi è settorializzato o specializzato) proprio perché diritto satellite di un particolarismo, oppure esso stesso pretesamente diritto particolarista, dove occorre il confronto con le altre branche del diritto e dove l’interpretazione giudiziale mostra che la legge non è il diritto e che il diritto è un magma che mai si solidifica.
E qui emerge una altra problematica: quale sarebbe il rapporto tra un istituto del diritto ambientale e quello parimenti previsto di una altra branca del diritto (per esempio civile o tributario)?
Si potrebbe integrare la norma estranea, talchè essa varrà come norma regolatrice che diventa parte del settore che la recepisce, in un movimento che è centripeto (altrimenti tutto scatterebbe fuori orbita, fuori dalle regole, in un incessante rincorrere e/o agganciarsi e/o integrarsi).
Però, laddove la disciplina rimanga obiettivamente esterna (non del diritto ambientale,ma per esempio del diritto civile) il movimento sarà centrifugo, ossia settoriale.
Di qui (dopo aver percorso il cambiamento – sotto vari profili - del diritto nel tempo) la conferma della necessità (al momento e in un siffatto ordinamento) della regola del caso per caso, non esistendo criteri univoci per tutti i casi.
1 Vogliamo qui utilizzare nostri risalenti appunti di lettura, tratti (saccheggiando) il bel volume “La legge civile e la legge fiscale. Il problema dell’elusione fiscale” di S. CIPOLLINA, Padova, 1992.
2 Di matrice ideologica originaria da idee filosofiche dell’800: criticismo kantiano, idealismo, romanticismo e storicismo che operano una rivalutazione della componente collettiva: gruppo, società, nazione. Lo Stato assume il ruolo di una entità mediatrice nel rapporto dialettico fra libertà dei singoli e per necessità imposta dal pactum societatis, S.CIPOLLINA, op.cit., pagg. 8-9.
3 TEUBNER, cit. da S. CIPOLLINA, op.cit., pag.8.
4 Che non si riscontra come capacità delle prescrizioni normative che si “devalorizzano”.
5 La “legge negoziata” dell’età della decodificazione di IRTI, ove si nota il superamento storico della legge di Maine: dallo status al contratto e poi si ritorna allo status. Insomma tramonterebbe il citoyen e si affermerebbero i gruppi sociali: S.CIPOLLINA, op.cit., pag.13, nota 40.
6 Si tratta del processo di riferimento autopoietico: con la circolarità di concetti e di segni linguistici all’interno dell’ordinamento giuridico (Vedasi, ancora, TEUBNER): S.CIPOLLINA, op.cit.,pag. 15.
7 S.CIPOLLINA, op.cit., pag.45 ove indica la volontà di creare un sistema chiuso, il meno possibile bisognoso dell’opera ricostruttiva dell’interprete. L’A. quale esempio sintomatico nel diritto fiscale si sofferma sulla rinuncia ad una formula definitoria del concetto di reddito, laddove si passa ad una disciplina che prescinde dal concetto di reddito, raccogliendo fattispecie non classificabili come epifenomeni di una nozione reddituale unitaria.
Più in generale, ovvero sul piano generale della tecnica legislativa si nega l’equivalenza fra analiticità e certezza, stante l’eccessiva complicatezza (altro che èsprit de gèometrie!) cfr. S.CIPOLLINA, op.cit., pag. 47.
8 Si veda il tema della sufficiente determinatezza della legge fiscale in rapporto alle fonti di rango inferiore, ove riserva, limiti consentiti dalla discrezionalità tecnica.
9 S.CIPOLLINA, op.cit. pag. 27.
10 Sul punto sia permesso rinviare alla parte metodologica contenuta nel (a cura di A.PIEROBON), Nuovo Manuale di diritto e gestione dell’ambiente, Rimini, 2012.
11 Ancora, sia consentito rinviare allo scritto “La cosiddetta “finanziarizzazione” dell’ambiente: primi spunti di riflessione”, contenuto nel Nuovo Manuale … cit., pagg.1273-1286.
12 S.CIPOLLINA, op.cit., pag. 31 che cita ROPPO.
13 Si rinvia, nuovamente, al Nuovo Manuale…. cit., in particolare allo scritto di S. COSTA, Le attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti, i rapporti con l’associazione a delinquere e l’associazione a delinquere di stampo mafioso alla luce della legge 136/2010, e nota di commento del curatore, pagg. 1589-1638, nonché all’articolo “spedizioni transfrontaliere di rifiuti: soggetti o manichini?” in pubblicazione nella rivista Diritto e giurisprudenza agraria, alimentare e dell’ambiente, Roma.
14 Vedasi, nel diritto fiscale, il leasing, ove si privilegia il profilo negoziale rispetto a quello reale, collegando il computo delle quote di ammortamento non a standard collegati alla durata fisica, etc, ma ai tempi stabiliti dalle parti nel contratto.
15 Sul punto stiamo redigendo un testo di bad practise non solo in tema ambientale, ma anche dei servizi pubblici locali e degli enti locali, segnalando i modi, gli espedienti, i trucchetti,etc. sovente utilizzati dai “colletti bianchi” fuori dalla “fisicità” delle risorse, addirittura modificando, alterando, camuffando, etc. la fisicità in rapporto alla norma attesa e ai risultati economici voluti.
16 Per esempio, nel diritto tributario la rappresentazione del fatto di diritto delle imposte in una configurazione di diritto civile: di qui una indagine casistica dalla quale si formula un giudizio di esclusività della disciplina fiscale o necessità del concorso regolativo. Qui siamo nel descrittivo, non si dice nulla sugli effetti economici, allora a cosa ricorre il legislatore? Ai concetti ausiliari, oppure all’oggetto immediato diretto cfr. S.CIPOLLINA, op. cit., pag.57.
17 Così LAZZARO, citato da S.CIPOLLINA, op.cit., pag. 75.
18 S.CIPOLLINA, op.cit., pag. 78.
19 Trattasi di una delle leggi dialettiche di Hegel, il quale citava l’assoluto di Parmenide che scorre tra opposizioni e riunificazioni continue, segnalando il passaggio tra quantità-qualità (e viceversa), la compenetrazione degli opposti, la negazione della negazione, il passaggio tra semplice e complesso, il passaggio tra basso e alto (tutte le filosofie materialistiche dell’atomismo di Democrito tenteranno di eliminare la differenza tra qualità e quantità, vedasi O. Pöggeler, Hegel: la “fenomenologia dello spirito”, 27 aprile 1992, Enciclopedia multimediale delle scienze filosofiche).
Occorre conoscere la distinzione nell’unità, come l’unità che si distingue.
L’idea ricomprende i momenti precedenti ed il loro strutturarsi in unità: strutture più esterne sono quantità e qualità e la misura (che è l’unione di quantità e di qualità), infatti Hegel parlava di essere – non essere – divenire.
Ma l’essere è totalmente indeterminato,e, non vi è totalità senza alcuna determinazione interna, poiché l’indeterminazione è nulla, cioè è vuoto.
Si salta sempre dall’essere al nulla: si ottiene il divenire che ci dà il qualcosa, l’essere determinato.
L’infinito reale e il concreto si determina, si finitizza.
Occorre guardare alla quantità e qualità come ad una stessa cosa vista in un modo diverso.
Per esempio, un capo: un po’ più grande, un o’ più piccolo rimane sempre un capo (la quantità è indifferente).
Riguardo alla misura: “la linea modale dei rapporti di misura”, crescere lento della quantità, poi salto qualitativo poi crescita lenta e poi altro salto (ad esempio, l’acqua bolle, vapore da sostanza liquida a gassosa). La trasformazione degli stati aggregati dell’acqua a pressione normale 0° centigradi passa dallo stato liquido allo stato solido a 100°, cioè dallo stato liquido allo stato gassoso. In altri termini, un cambiamento quantitativo della temperatura causa una modificazione qualitativa dell’acqua.
Di quantità e qualità abbiamo parlato in un paragrafo contenuto nel capitolo “Metodi e sfondamenti:prime ipotesi” contenuto nel Nuovo Manuale….cit. , pagg. 78-84.
20 S.CIPOLLINA, op.cit. pag. 155.