TAR Puglia, (LE), Sez. I, n. 2313, del 5 settembre 2014
Ambiente in genere.Legittimità provvedimento preventivo volto a prevenire la diffusione dell’inquinamento

Il provvedimento impone alla società non già un obbligo di bonifica della falda, obbligo che per il principo <Chi inquina paga>, può essere legittimamente posto soltanto a carico del soggetto inquinatore, e non anche al proprietario incolpevole, ma un intervento di carattere preventivo, volto a prevenire la diffusione dell’inquinamento, basato per l’appunto su un sistema di confinamento fisico che garantisca la completa intercettazione dell’acqua di falda contaminata e impedisca la sua diffusione all’esterno dell’area dello stabilimento. E’ evidente che un ordine siffatto, mira unicamente ad impedire nell’immediato la propagazione dell’inquinamento, può legittimamente essere imposto al proprietario/gestore dell’area inquinata, sebbene si tratti di soggetto diverso dall’autore dell’accertato inquinamento iniziale. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 02313/2014 REG.PROV.COLL.

N. 01156/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

Lecce - Sezione Prima

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1156 del 2007, proposto da: 
Eni Spa, rappresentata e difesa dagli avv. Cataldo Motta, Stefano Grassi, con domicilio eletto presso Cataldo Motta in Lecce, viale De Pietro, 11;

contro

Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, Ministero dello Sviluppo Economico, Ministero della Salute, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Apat - Agenzia Protezione Ambientale e Servizi Tecnici, Enea, Ispesl – Ist. Superiore Prev. e Sicurezza del Lavoro Roma, Icram – Ist. Centr. Ricerca Scientifica Tecn. Applicata al Mare, Ist. Superiore della Sanità, Commissario Delegato Emergenza R.S.U. Regione Puglia, Comm. delegato per l'Emergenza Socio-Econ. Ambient. Reg. Puglia, Autorità Portuale di Brindisi, Capitaneria di Porto di Brindisi, Consorzio S.I.S.R.I. di Brindisi, rappresentati e difesi dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliata in Lecce, via F. Rubichi 23; Arpa Puglia, Arpa Puglia Dipartimento di Brindisi, Regione Puglia, Amministrazione Provinciale di Brindisi, Azienda U.S.L. Br/1, Comune di Brindisi, Reparto Ambientale Marino Corpo Capitanerie di Porto (Ram);

nei confronti di

Dow Italia Divisione Commerciale Srl;

per l'annullamento

del decreto, prot. n. 3615/QDV/DI/B, adottato, in data 14 maggio 2007, dal Direttore Generale della Direzione Qualità della Vita del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, e della nota, prot. 11806/QDV/IX, del Direttore Generale della Direzione Qualità della Vita del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, datata 14 maggio 2007 e pervenuta in data successiva, con cui il decreto è stato trasmesso alla ricorrente,

di tutti gli atti, comportamenti, provvedimenti presupposti, connessi e consequenziali;



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, di Ministero dello Sviluppo Economico, di Ministero della Salute, di Presidenza del Consiglio dei Ministri, di Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, di Apat - Agenzia Protezione Ambientale e Servizi Tecnici, di Enea e di Ispesl – Ist. Superiore Prev. e Sicurezza del Lavoro Roma, di Icram – Ist, Centr, Ricerca Scientifica Tecn, applicata al Mare, di Ist. Superiore della Sanità, di Commissario delegato Emergenza R.S.U. Regione Puglia, di Comm. delegato per L'Emergenza Socio-Econ. Ambient. Reg.Puglia, di Autorità Portuale di Brindisi, di Capitaneria di Porto di Brindisi, di Consorzio S.I.S.R.I. di Brindisi;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 luglio 2014 il dott. Roberto Michele Palmieri e uditi per le parti i difensori Francesco Grassi, in sostituzione di Stefano Grassi, Simona Libertini;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

1. Sono impugnate le note in epigrafe, tra cui quella con cui il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare ha disposto di “approvare e considerare come definitive tutte le prescrizioni stabilite nei verbali delle conferenze di servizi decisorie del 20/06/2005, del 13/03/2006 e 19/10/2006”.

A sostegno del ricorso, la ricorrente ha articolato i seguenti motivi di gravame, appresso sintetizzati: 1) violazione degli artt. 1, 2, 3, 6, 7 l. n. 241/90; eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione, errore, sviamento; 2) violazione dell’art. 17 d. lgs. n. 22/97; violazione degli artt. 186, 240, 242, 250, 252 d. lgs. n. 152/06; eccesso di potere per perplessità, illogicità, difetto di istruttoria e di motivazione; incompetenza.

All’udienza del 10.7.2014 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

2. Con i vari motivi di ricorso, deduce la ricorrente l’illegittimità degli atti impugnati, alla luce sia della negazione della propria qualità di soggetto inquinatore, e sia dell’asserita violazione dei principi del contraddittorio procedimentale definiti dagli artt. 7 ss. l. n. 241/90 e 239 ss. d. lgs. n. 152/06.

Gli assunti sono infondati.

2.1. Per quel che attiene al primo ordine di censure, è bensì vero che, come diffusamente chiarito dal Consiglio di Stato, nella sua più autorevole composizione (AP n. 21/2013), “L' amministrazione non può imporre al proprietario di un'area inquinata, che non sia ancora l'autore dell'inquinamento, l'obbligo di porre in essere le misure di messa in sicurezza di emergenza e di bonifica, di cui all'art. 240, comma 1, lett. m) e p), d.lg. n. 152 del 2006, in quanto gli effetti a carico del proprietario "incolpevole" restano limitati a quanto espressamente previsto dall'art. 253 del medesimo d.lgs. in tema di onere reali e privilegi speciale immobiliare”.

Pertanto, conformemente al principio "chi inquina paga", l'obbligo di riparazione incombe sugli operatori solo in misura corrispondente al loro contributo al verificarsi dell'inquinamento o al rischio di inquinamento. In particolare, per poter presumere l'esistenza di un siffatto nesso di causalità, l'autorità competente deve disporre di indizi plausibili in grado di dar fondamento alla sua presunzione, quali la vicinanza dell'impianto dell'operatore all'inquinamento accertato e la corrispondenza tra le sostanze inquinanti ritrovate e i componenti impiegati da detto operatore.

Infine, l’obbligo di bonifica dell’area inquinata incombe sull’autore dell’inquinamento unicamente nella misura in cui egli sia stato riconosciuto come tale, e ciò alla luce di apposita istruttoria che l’amministrazione è tenuta a condurre in contraddittorio con l’interessato.

Se ciò è vero, non va nondimeno trascurato che, ai sensi dell’art. 245 co. 2 d. lgs. n. 152/06, “Fatti salvi gli obblighi del responsabile della potenziale contaminazione di cui all'articolo 242, il proprietario o il gestore dell'area che rilevi il superamento o il pericolo concreto e attuale del superamento della concentrazione soglia di contaminazione (CSC) deve darne comunicazione alla regione, alla provincia ed al comune territorialmente competenti e attuare le misure di prevenzione secondo la procedura di cui all'articolo 242”.

In base al precedente art. 242 l’obbligo di adottare le misure di prevenzione sussiste anche in relazione alle contaminazioni storiche.

Pertanto, è evidente che, fermi restando gli obblighi gravanti sul soggetto inquinatore, sul proprietario/gestore dell’area inquinata grava comunque un obbligo di prevenzione ,la qual cosa si giustifica in considerazione del fatto che, avendo il proprietario/gestore un potere di uso e custodia dell’area inquinata, conseguente alla signoria che egli esercita su di essa, egli deve ritenersi soggetto indicato per l’adozione degli interventi di carattere preventivo, finalizzati ad evitare l’aggravarsi delle conseguenze dannose dell’accertata situazione di inquinamento e la diffusione dello stesso nelle aree vicine, anche attraverso il vettore costituito dalla falda acquifera .

2.2. Ciò premesso, e venendo ora al caso di specie, si legge nel verbale della conferenza di servizi del 19.10.2006 (cfr. p. 42) che: “ … atteso che i monitoraggi successivi alla prima campagna del 2004 hanno confermato la contaminazione da composti organoalogenati, è stato richiesto alla Società di adottare immediatamente interventi di messa in sicurezza d’emergenza, basati su un sistema di confinamento fisico che garantisca la completa intercettazione dell’acqua di falda contaminata e impedisca la sua diffusione all’esterno dell’area dello stabilimento”.

Tale essendo il contenuto dell’impugnato provvedimento, è evidente che esso impone all’odierna ricorrente non già un obbligo di bonifica della falda - obbligo che, per il cennato principo: “Chi inquina paga”, può essere legittimamente posto soltanto a carico del soggetto inquinatore, e non anche al proprietario incolpevole – ma un intervento di carattere preventivo, volto a prevenire la diffusione dell’inquinamento, basato per l’appunto “su un sistema di confinamento fisico che garantisca la completa intercettazione dell’acqua di falda contaminata e impedisca la sua diffusione all’esterno dell’area dello stabilimento”.

Per tali ragioni, è evidente che un ordine siffatto, in quanto mirante unicamente ad impedire, nell’immediato, la propagazione dell’inquinamento, può legittimamente essere imposto al proprietario/gestore dell’area inquinata, sebbene si tratti di soggetto diverso dall’autore dell’accertato inquinamento iniziale.

2.3. Ciò chiarito, va parimenti rigettata la doglianza di parte ricorrente, nella parte in cui essa contesta la tipologia di soluzione imposta dall’Amministrazione – il barrieramento fisico – in luogo di altre soluzioni (es. il barrieramento idraulico) economicamente e strutturalmente meno penalizzanti della prima. A tal riguardo, è bensì vero che, ai sensi dell’art. 243 2° co. d. lgs. n. 152/06, “Il ricorso al barrieramento fisico è consentito solo nel caso in cui non sia possibile conseguire altrimenti gli obiettivi di cui al comma I secondo le modalità dallo stesso previste”.

Senonché, non va del pari trascurato – sulla scia di quanto condivisibilmente chiarito da C.d.S, pareri 30.4.2012, nn. 2037 e 2038 – che l’intero articolo, e dunque anche la norma in commento, è stato modificato dall'articolo 8-quinquies del D.L. 30 dicembre 2008, n. 208, convertito, con modificazioni, dalla Legge 27 febbraio 2009, n. 13 e successivamente sostituito dall'articolo 41, comma 1, del D.L. 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla Legge 9 agosto 2013, n. 98.

Pertanto, all’epoca di emanazione dell’impugnato ordine (ottobre 2006), il barrieramento fisico era una misura rientrante tra le migliori tecniche, sicché del tutto legittimamente l’Amministrazione l’ha imposta alla ricorrente.

In definitiva, se rapportata all’epoca di emanazione, la misura di che trattasi deve ritenersi assolutamente idonea rispetto al fine cui essa tende (evitare la propagazione delle rilevate sostanze inquinanti), e del tutto proporzionata rispetto alle concrete risultanze del caso. Essa non presenta quindi alcuno degli indici sintomatici del cattivo uso del potere discrezionale – i.e: palesi situazioni di abnormità, errori rilevabili ictu oculi, palesi incongruenze e/o situazioni di contraddittorietà manifesta, ecc. – che soli giustificano il sindacato giurisdizionale sulle scelte amministrative tecnico-discrezionali.

Per tali ragioni, reputa il Collegio che l’Amministrazione ha fatto un uso assolutamente corretto del proprio potere discrezionale, giungendo a imporre alla ricorrente l’adozione di prescrizioni del tutto in linea con le obiettive risultanze istruttorie, e non viziate da errori e/o incongruenze di sorta.

2.4. Alla luce di tali considerazioni, il primo ordine di censure è infondato, e deve pertanto essere rigettato.

3. Va ora esaminato il secondo ordine di censure, con cui la ricorrente contesta l’asserita pretermissione dei propri diritti di partecipazione procedimentale.

Le censure sono infondate.

3.1. Costituisce circostanza pacifica l’adibizione dell’area in esame allo stoccaggio di GPL sino al 1999, anno in cui è cessata ogni attività.

Tanto premesso, a seguito delle indagini ambientali eseguite tra il settembre 2003 e il febbraio 2005 la ricorrente ha fatto redigere un apposito “Rapporto di monitoraggio e progetto preliminare di bonifica”, da cui è emersa un’eccedenza rispetto ai limiti previsti dal d.m. n. 471/99 limitatamente al solo parametro degli idrocarburi.

I risultati della campagna di monitoraggio e il relativo progetto di bonifica dei suoli sono stati trasmessi, a cura della ricorrente, alle Amministrazioni competenti.

Di seguito, è stata convocata la conferenza di servizi del 27.7.2006, nel corso della quale l’APAT ha presentato apposita relazione istruttoria, riscontrando alcuni elementi di incertezza nelle analisi effettuate dalla ricorrente, e sollecitando una nuova campagna di prelievi e misure.

A seguito di ciò, la ricorrente ha fatto eseguire nel settembre 2006 nuove analisi dalla società ENSR Italia s.r.l, comunicando i risultati alle Amministrazioni competenti.

Indi, in sede di conferenza di servizi del 19.10.2006 si sono ribadite le conclusioni della campagna di monitoraggio del 2004.

3.2. Alla luce di tali emergenze documentali, è evidente la sussistenza di ampia interlocuzione procedimentale intercorsa tra le Amministrazioni competenti e la ricorrente, sicché il provvedimento finale, lungi dal costituire la risultante di un’iniziativa unilaterale dell’Amministrazione, si pone invece quale momento di sintesi di tutte le risultanze istruttorie, acquisite nel contraddittorio con l’interessato, con l’apporto fattivo di quest’ultimo.

3.3. Per tali ragioni, le relative doglianze sono infondate, e vanno conseguentemente disattese.

4. In conclusione, il ricorso è infondato, e va pertanto rigettato.

5. Sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia Lecce - Sezione Prima,

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Lecce nelle camere di consiglio dei giorni 10 e 30 luglio 2014 con l'intervento dei magistrati:

Antonio Cavallari, Presidente

Patrizia Moro, Consigliere

Roberto Michele Palmieri, Referendario, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 05/09/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)