TAR Campania (NA), Sez. VII, n. 4738, del 5 settembre 2014
Ambiente in genere.Legittimità ordinanza del Comune di sgombero e ripristino dello stato dei luoghi di area demaniale abusivamente occupata

Laddove le opere abusive insistano su zona paesaggisticamente vincolata, e su zona del demanio marittimo, la prevalenza dell’interesse pubblico sull’interesse privato deve considerarsi in re ipsa, in considerazione del rilievo costituzionale del paesaggio, ex art. 9 comma 2 Cost., assurgente a principio fondamentale, con conseguente primazia su gli altri interessi, pubblici e privati, del pari considerati dalla Costituzione, ma non annoverati fra i principi fondamentali. Quindi, la demolizione si impone, nelle zone vincolate, stante la straordinaria importanza della tutela «reale» dei beni paesaggistici ed ambientali. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese).

N. 04738/2014 REG.PROV.COLL.

N. 00854/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 854 del 2007, proposto da: 
Milano Giuseppe, Aiello Aniello, Aiello Antonio, Cacace Antonio, rappresentati e difesi dall'avv. Antonio Maria Di Leva, con domicilio eletto in Napoli, via Toledo 156 c/o Studio Soprano;

contro

Comune di Massa Lubrense; 
Ministero dei Trasporti - Capitaneria di Porto di Castellammare di Stabia, rappresentati e difesi dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliata in Napoli, via Diaz 11; 
Regione Campania - Settore Prov.Le del Genio Civile, rappresentato e difesa dall'avv. Antimo Gaudino, con domicilio eletto in Napoli, via S.Lucia,81 presso la sede dell’Avv. Regionale;

per l'annullamento, previa sospensione dell’efficacia:

dell’ordinanza n.621 del 17.11.2006 a firma del Responsabile del Servizio Attività Produttive e Demanio del Comune di Massa Lubrense di sgombero e ripristino dello stato dei luoghi di area demaniale abusivamente occupata e dei relativi atti presupposti fra cui:

la scheda di calcolo firma del Responsabile del Servizio Attività Produttive e Demanio del Comune di Massa Lubrense, n. 2/06, prot. 34970, del 7/12/2006;

la nota della Giunta della Regione Campania del 16/01/2006, unitamente alla perizia conclusiva degli accertamenti effettuata in data 27/01/2006 dall’Ufficio del Settore Provinciale del Genio Civile di Napoli, richiamata nel provvedimento sub a);

la nota del Ministero dei Trasporti – Capitaneria di Porto di Castellamare di Stabia del 30/08/2006, richiamata nel provvedimento impugnato sub a);

e di ogni altro atto precedente, susseguente o comunque connesso;



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dei Trasporti e di Capitaneria di Porto di Castellammare di Stabia e di Regione Campania - Settore Prov. Le del Genio Civile;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 luglio 2014 la dott.ssa Diana Caminiti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso notificato in data 16 gennaio 2007 e depositato il successivo 15 febbraio i ricorrenti in epigrafe indicati, comproprietari di un immobile ubicato in Marina di Crapolla, nel Comune di Massa Lubrense, hanno impugnato l’ordinanza ex artt. 54, 64 e 1161 codice della navigazione n. 621 del 17.11.2006 a firma del responsabile del Servizio Attività Produttive e Demanio del Comune di Massa Lubrense di sgombero e ripristino dello stato dei luoghi di area demaniale abusivamente occupata e i relativi atti presupposti, in epigrafe indicati.

1.1 L’atto impugnato, relativo allo sgombero e alla rimessa in pristino dell’area demaniale marittima ricadente sulla particella 518, foglio 10 per complessivi mt. 117, richiama la nota del 30/08/2006 del Ministero dei Trasporti- Capitaneria di Porto di Castellamare di Stabia, di comunicazione dell’ordinanza di questa Sezione n. 2961/2005, nonché la nota della Giunta Regionale Campania del 16/01/2006 e la perizia conclusiva degli accertamenti effettuati in data 27/01/2006 (atti del pari oggetto di impugnativa) ed è fondato sulla competenza del Comune, in forza dell’accordo del 14/07/2005 fra Stato e Regioni di intesa, ai sensi dell’art. 8 comma 6, della l. 131/2003 in materia di concessioni di beni del demanio marittimo e di zone di mare ricadenti nelle aree marine protette – pubblicata sulla G.U. n. 174 del 28/07/2005.

2. A sostegno del ricorso si deduce in fatto che con precedente ingiunzione n. 8/2005 del 24/02/2005 il Comandante della Capitaneria di Porto di Castellamare di Stabia, contestando ai ricorrenti la presunta occupazione della medesima area, ne aveva del pari ingiunto lo sgombero e la rimessa in pristino.

2.1 Avverso tali atti i ricorrenti avevano proposto ricorso innanzi questo T.A.R., deciso dalla Sezione, a seguito di esperimento di c.t.u. con sentenza di rigetto n. 7933/2006.

3. Ciò posto, i ricorrenti hanno articolato in cinque motivi di ricorso, diverse censure di violazione di legge (l. 241/90, art. 32, 54, 84 e 1161 cod. nav. e art. 58 del relativo regolamento di esecuzione, l. n. 47/85) e di eccesso di potere sotto vari profili deducendo in particolare:

- l’omessa comunicazione di avvio del procedimento, con conseguente violazione dei diritti di partecipazione procedimentale (primo motivo);

- il difetto di istruttoria per essere l’ordinanza di cui è causa relativa all’illegittima occupazione dell’area di mq. 117 laddove nella C.T.U. eseguita dal Genio Civile di Napoli nel precedente giudizio si era accertato che il terrazzo soprastante l’asserita area demaniale, a mezzo del quale sarebbe stata realizzata la pretesa occupazione, aveva una superficie catastale di mq. 92 ed una superficie reale rilevata di mq. 78,50.

Assumono inoltre che il terrazzo in contestazione era tuttora sottoposto a sequestro preventivo per cui doveva ritenersi illegittima l’ordinanza de qua, nella parte in cui aveva ingiunto lo sgombero entro trenta giorni decorrenti dalla notifica della medesima e non, come la precedente ordinanza emessa dalla Capitaneria di Porto, dalla data del dissequestro (secondo motivo);

- il difetto di motivazione del provvedimento gravato in considerazione della risalenza dell’immobile di cui è causa, esistente da tempo immemore, di cui era parte integrante il terrazzo in contestazione, dovendo l’ingiunzione di demolizione in relazione ad opere realizzate da lungo lasso di tempo essere motivata con riferimento al pubblico interesse perseguito, in considerazione dell’affidamento ingeneratosi nel privato a fronte dell’inerzia mantenuta per lungo lasso di tempo dall’Amministrazione. Inoltre l’Amministrazione non avrebbe tenuto conto del fatto che in relazione all’immobile in questione, realizzato ante 1967, erano state presentate due istanze di condono edilizio, ex lege n. 47/85 ed ex lege n. 724/94, per cui il provvedimento gravato, nella prospettazione attorea, sarebbe illegittimo per violazione dell’art. 38 l. 47/85 (terzo motivo).

- Il difetto di presupposti e di istruttoria, poichè al contrario di quanto ritenuto dall’Amministrazione, il terrazzo de quo non insisterebbe su area demaniale, come evincibile dagli atti privati di provenienza, non potendo per contro annettersi alcun valore alla sola intestazione catastale, non equiparabile alla determinazione ex art. 32 codice della navigazione (quarto motivo);

- La violazione del disposto dell’art. 32 cod. nav. in quanto, a fronte di una situazione di incertezza dei confini, l’ordinanza di sgombero non preceduta dalla delimitazione dell’area ex art. 32 cod. nav., dovrebbe ritenersi illegittima.

4. Si sono costituite le sole amministrazioni statali e regionali intimate, con memoria di mero stile.

5. Con ordinanza n. 811 del 4 marzo 2007 la Sezione ha rigettato l’istanza cautelare sulla base i seguenti rilievi “Considerato che la questione sostanziale su cui si controverte è stata già definita con la pronuncia di questa Sezione n. 7933/2006; Che, pertanto, le doglianze di merito non possono trovare ingresso in questa sede; Che le censure di carattere procedimentali, rivolte al sopravvenuto provvedimento oggi all’esame, alla stregua della situazione qui data non hanno consistenza tale da consentire l’accesso alla richiesta tutela cautelare”.

6. Parte ricorrente ha depositato documenti in data 13 giugno 2014 e memoria difensiva in data 23 giugno 2014, insistendo per l’accoglimento del ricorso.

7. Il ricorso è stato trattenuto in decisione all’esito dell’udienza pubblica del 24 luglio 2014.

8. Il ricorso non può trovare accoglimento.

9. Ed invero la questione sostanziale, come già rilevato in sede cautelare, relativa alla demanialità dell’area in contestazione è stata già affrontata da questa Sezione con la richiamata sentenza n. 7933 del 2006 che è stata tra l’altro, come evidenziato dagli stessi ricorrenti, confermata dal Consiglio di Stato con sentenza n. 1033 del 2014, per cui sulla stessa deve intendersi già formato il giudicato, vincolante non solo tra le parti, ma anche tra gli aventi causa, ex art. 2909 c.c., quale deve intendersi il Comune che ha acquisto la competenza nella materia de qua, con nota DE/1761/AMP/20401 del 12 ottobre 2005, dopo l’intesa raggiunta il 14 luglio 2005, in sede di Conferenza Unificata presso la Presidenza del Consiglio, ai sensi dell’art. 8 della legge n. 131/2003 ed in conformità alla procedura, di cui all’art. 77, comma 2, del d.lgs. 31.3.1998, n. 112.

Pertanto deve ritenersi che l’atto gravato abbia carattere meramente esecutivo del precedente provvedimento emesso dalla Capitaneria di Porto.

10. Peraltro pur volendo prescindere dal presente profilo e ritenere che l’atto gravato in questa sede abbia carattere provvedimentale e non sia meramente esecutivo del provvedimento in precedenza adottato dalla Capitaneria di Porto, sul quale si è formato il giudicato, le censure formulate da parte ricorrente non possono comunque trovare accoglimento, alla luce dei seguenti rilievi.

11. Prioritariamente vanno esaminate le censure di carattere sostanziale, relative al fatto posto a fondamento dell’esercizio del potere (demanialità dell’area di cui si è ingiunto lo sgombero), in quanto di carattere assorbente.

12. Le stesse non possono che essere disattese, condividendo al riguardo il Collegio le conclusioni cui è pervenuta non solo la sentenza di questa sezione n. 7933 del 2006, ma anche la recente sentenza del Consiglio di Stato n. 1033 del 2014, secondo cui “Quanto alla ricadenza, o meno, della terrazza di cui trattasi in area demaniale – premesso che si tratta di questione valutabile dal giudice amministrativo solo in via incidentale, spettando la diretta cognizione in materia di delimitazione dei confini al giudice ordinario (Cass. SS.UU. 9.6.1997, n. 5140 e 15.3.2012, n. 4127; 11.3.1992, n. 2956 e 18.4.2003, n. 6347; Cons. Giust. Amm. Sic., sez. giur., 25.5.1998, n. 322; Cons. St., sez. VI, 28.12.2011, n. 6902) – il Collegio non può non fare riferimento alla consulenza tecnica d’ufficio, disposta in primo grado di giudizio e conclusa con relazione depositata in data 11 aprile 2006.

Da tale relazione emerge con sufficienti margini di certezza – nei limiti dell’accertamento incidentale da effettuare – l’incidenza della terrazza di cui si discute in area demaniale, in quanto riportata catastalmente al foglio 10, particella 518 del Comune di Massa Lubrense ed intestata al Demanio Pubblico dello Stato – Marina Mercantile: intestazione, quest’ultima, non mutata quando, a seguito di riordino fondiario, la porzione interessata dalla terrazza (libera da costruzioni in data antecedente al 1° gennaio 1999) è stata indicata come particella n. 1681.

L’indicazione della terrazza come pertinenza delle unità immobiliari, accorpate dal dante causa degli attuali appellanti, è stata dunque ritenuta erronea nella citata perizia, trattandosi di costruzione insistente su area demaniale (come, peraltro, reso plausibile dalla situazione di fatto, risultante dalla documentazione fotografica in atti, essendo la terrazza – di più recente realizzazione rispetto ad un fabbricato risalente nel tempo – sovrastante ed immediatamente contigua all’arenile del fiordo di Crapolla: un’insenatura marina naturale, compresa nel Golfo di Salerno).

Per quanto interessa in questa sede – e ferma restando ogni possibile, eventuale azione degli attuali appellanti in sede civilistica, nei confronti del proprio dante causa, o per ottenere in via principale ulteriori accertamenti sui confini – il provvedimento oggetto di giudizio non può ritenersi viziato sotto i dedotti profili di legittimità, sia per quanto riguarda le norme del codice della navigazione, che sanciscono la repressione degli abusi edilizi ricadenti sul demanio marittimo, sia in rapporto al combinato disposto degli articoli 77 e 78 del citato d.lgs. n. 112/1998 (tenuto conto della procedura ivi prevista e dei tempi del relativo espletamento), sia infine in relazione alla completezza dell’istruttoria al riguardo espletata, avendo l’Amministrazione preso atto di indicazioni catastali univoche e rispondenti con una certa evidenza allo stato dei luoghi, nei termini poi confermati dalla ricordata relazione dei consulenti tecnici d’ufficio, designati – su richiesta dell’Autorità giudiziaria – dal Dirigente del Settore provinciale del Genio Civile di Napoli.

12.1. Il Collegio non può che condividere tali argomentazioni, come del pari la conclusione, contenuta in tale sentenza, secondo la quale una nuova e diversa verificazione nella presente sede giudiziale, sarebbe eccedente rispetto ai limiti dell’accertamento incidentale, previsto per il giudizio amministrativo, non potendo detto accertamento consistere nella soluzione di controversie affidate all’Autorità giudiziaria ordinaria, con conseguente circoscrizione del sindacato giurisdizionale in questione al contenuto oggettivo degli atti, che siano fonte costitutiva o anche meramente ricognitiva di un diritto, senza possibile estensione a controversie al riguardo sussistenti o da proporre in altre sedi competenti.

13. A ciò non può non conseguire anche il rigetto della connessa censura formulata nell’ultimo motivo di ricorso, fondata sulla dedotta violazione dell’art. 32 cod. navigazione, dovendosi ritenere che non vi sia alcuna incertezza sulla delimitazione dei confini.

14. Non apprezzabile è poi la censura relativa all’erronea indicazione dell’estensione dell’area demaniale abusivamente occupata, in quanto l’area de qua risulta individuabile perrelationem in riferimento all’estensione del terrazzo, la cui costruzione, in quanto realizzata in sopraelevazione su area demaniale, concretizzerebbe l’abuso di cui è causa.

Pertanto l’ottemperanza all’ordinanza di cui è causa non può che consistere nella demolizione di tale terrazzo, per cui alcun interesse ha la parte a dedurre che lo stesso ha un’estensione minore.

15. Del pari priva di pregio è la censura relativa alla decorrenza del termine per lo sgombero dalla data della notifica dell’atto gravato e non dalla data del dissequestro, non avendo parte ricorrente dedotto, né fornito alcuna prova in ordine alla circostanza di essersi attivata per ottenere il dissequestro, funzionale al solo sgombero e al ripristino dello stato dei luoghi, dovendosi applicare analogicamente all’ipotesi in esame le considerazioni svolte dalla giurisprudenza in riferimento alle ingiunzioni di demolizione (ex multis C.d.S, sez. VI, 9/07/2013 n. 3626 secondo cui “il soggetto, il quale intenda evitare l’effetto del provvedimento dell'acquisizione gratuita legato ope legis alla scadenza del termine per ottemperare all’ordine di demolizione, ove il manufatto sia stato sottoposto a sequestro penale, deve tenere un comportamento attivo volto comunque ad eliminare l’abuso perpetrato o sollecitando il dissequestro all’autorità giudiziaria allo scopo di poter provvedere direttamente all’eliminazione (v. sul punto, per tutte, Cons. Stato, IV, 6 marzo 2012, n. 1260)”.

16. Parimenti destituita di fondamento è la censura secondo la quale non poteva ingiungersi la demolizione del terrazzo di cui è causa, in pendenza delle procedure di condono.

16.1. Ciò per il fondamentale rilievo che non solo parte ricorrente non ha fornito alcuna prova in ordine alla presentazione delle istanze de quibus e al fatto che le stesse interessino anche la realizzazione del terrazzo (costruito in data posteriore, secondo quanto affermato nella citata sentenza del Consiglio di Stato), ma anche per il rilievo che la normativa invocata da parte ricorrente (art. 38 l. 47/85) concerne le opere realizzate in assenza di titolo edilizio, mentre nell’ipotesi di specie non è stata contestata la realizzazione di opere in assenza di titolo edilizio, ma l’abusiva occupazione – sebbene realizzata a mezzo di opere edili – di una parte del demanio marittimo, in assenza di autorizzazione in tal senso e quindi di titolo concessorio, come evidenziato dal richiamo agli artt. 54, 84 e 1161 cod. nav. .

17. Alla stregua delle medesime considerazioni, si appalesa infondata anche la censura relativa all’insufficienza di motivazione dell’ordinanza di cui è causa in considerazione del lungo lasso di tempo trascorso, in quanto il richiamato orientamento giurisprudenziale, tra l’altro non condiviso dal Collegio, concerne le ordinanze di demolizione di opere eseguite in assenza di titolo edilizio.

17.1 Peraltro, a prescindere da tale rilievo ad avviso del Collegio, facendo proprio il consolidato indirizzo giurisprudenziale concernente i punti controversi (cfr., fra le tante, Cons. Stato, sez. V, 9 settembre 2013, n. 4470; sez. VI, 5 agosto 2013, n. 4086; sez. II, 26 giugno 2013, n. 649/13; sez. VI, 4 marzo 2013, n. 1268; sez. IV, 15 febbraio 2013, n. 915; sez. VI, 8 febbraio 2013, n. 718; sez. IV, 2 febbraio 2012, n. 615, Cass. pen., sez. fer., 1 settembre 2011, n. 33267; Cass. pen., sez. III, 26 giugno 2013, n. 42330; Consiglio di Stato, sez. V, sent. 28/04/2014 n. 2196):

I) l’ordine di demolizione, come tutti i provvedimenti sanzionatori edilizi, è un atto vincolato che non richiede una specifica valutazione delle ragioni di interesse pubblico, né una comparazione di questo con gli interessi privati coinvolti e sacrificati, né una motivazione sulla sussistenza di un interesse pubblico concreto ed attuale alla demolizione, non potendo ammettersi l’esistenza di alcun affidamento tutelabile alla conservazione di una situazione di fatto abusiva, che il tempo non può giammai legittimare;

II) a fronte della motivazione in re ipsa che incontra l’ordine di demolizione all’esito dell’accertamento dell’abuso edilizio, il lasso temporale che fa sorgere l’onere di una motivazione rafforzata in capo all’amministrazione - ma sempre in presenza di circostanze eccezionali rigorosamente provate da chi le invoca (come non verificatosi nel caso di specie) - non è quello che intercorre tra il compimento dell’abuso e il provvedimento sanzionatorio, ma quello che intercorre tra la conoscenza dell’illecito e il provvedimento sanzionatorio adottato: in mancanza di conoscenza della violazione da parte dell’amministrazione non può consolidarsi in capo al privato alcun affidamento giuridicamente apprezzabile, il cui sacrificio meriti di essere adeguatamente apprezzato in sede motivazionale;

III) peraltro il Collegio ritiene, rifacendosi al proprio orientamento giurisprudenziale che laddove, come nella specie, le opere abusive insistano su zona paesaggisticamente vincolata, e su zona del demanio marittimo, la prevalenza dell’interesse pubblico sull’interesse privato deve considerarsi in re ipsa, in considerazione del rilievo costituzionale del paesaggio, ex art. 9 comma 2 Cost., assurgente a principio fondamentale, con conseguente primazia su gli altri interessi, pubblici e privati, del pari considerati dalla Costituzione, ma non annoverati fra i principi fondamentali (come afferma la Consulta, la demolizione si impone, nelle zone vincolate, stante la “straordinaria importanza della tutela «reale» dei beni paesaggistici ed ambientali” (cfr., C. Cost. ord.za 12/20 dicembre 2007 nr. 439).

E' dunque per tali ragioni che, “in relazione appunto ai vincoli paesaggistici, non possono trovare spazio applicativo i peculiari principi in base ai quali la giurisprudenza amministrativa (cfr. Cons. di Stato sez. IV, n° 2705 del 6.6.2008; Cons. di Stato sez. V, n° 883 del 4.3.2008; Cons. di Stato sez. IV, n° 2441 del 14.5.2007; Cons. di Stato sez. V, n° 247 del 12.3.1996; T.A.R. Liguria n° 4127 del 31.12.2009; T.A.R. Calabria Catanzaro n° 1026 del 6.10.2009; T.A.R. Piemonte n° 2247 del 4.9.2009; T.A.R. Campania Napoli n° 504 del 29.1.2009) ha individuato una posizione di affidamento tutelabile (quanto meno con il richiedersi nel provvedimento sanzionatorio una motivazione specifica, ulteriore rispetto a quella fondata sul mero perseguimento di un ripristino della legalità, in ordine alla necessità della demolizione dei manufatti e al connesso sacrificio dell'interesse privato) per colui che, pur avendo posto in essere abusi edilizi, abbia visto trascorrere un lungo lasso di tempo dalla loro commissione con inerzia dell'Amministrazione preposta alla vigilanza” (T.A.R. Campania Napoli Sez. VII, Sent., 14-06-2010, n. 14156, cui si rinvia).

18. Alla stregua di tali rilievi, vertendosi in tema di attività vincolata, ed essendo emerso all’esito del giudizio che il provvedimento non avrebbe potuto avere un contenuto diverso, alcuna rilevanza può avere, ai fini dell’annullamento degli atti gravati, la censura di carattere procedurale, relativa all’asserita violazione dell’art. 7 l. 241/90, ben potendosi applicare il disposto sanante dell’art. 21 octies comma 2, prima parte l. 241/90 (ex multis in tal senso la sentenza di questa sezione T.A.R. Campania – Napoli sez. VII , 07/04/2014, n. 1982 secondo cui “L'ingiunzione di sgombero nel caso di occupazione abusiva di uno specchio d'acqua maggiore di quello autorizzato è atto dovuto e necessitato, dovendo l'Autorità portuale ripristinare il corretto utilizzo del bene demaniale. Di conseguenza, l'omissione della comunicazione di avvio del procedimento non inficia la validità dell'atto impugnato, posto che può farsi applicazione dell'art. 21 octies, l. n. 241 del 1990, secondo cui non è annullabile il provvedimento adottato in violazione di norme sul procedimento qualora, per la natura vincolata del provvedimento, sia palese, come nella fattispecie, che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”).

19. In considerazione dell’infondatezza di tutte le censure il ricorso va rigettato.

20. Sussistono nondimeno, in considerazione della risalenza della causa e della circostanza che le amministrazioni costituite non hanno svolto alcuna difesa sostanziale, per la compensazione integrale delle spese di lite fra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Settima) pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Compensa le spese di lite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 24 luglio 2014 con l'intervento dei magistrati:

Alessandro Pagano, Presidente

Diana Caminiti, Primo Referendario, Estensore

Luca De Gennaro, Primo Referendario

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 05/09/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)