TAR Marche Sez. I n.290 del 6 maggio 2016
Ambiente in genere.AIA e curatela fallimentare
Il potere di disporre dei beni fallimentari (secondo le particolari regole della procedura concorsuale e sotto il controllo del giudice delegato) non comporta necessariamente il dovere di adottare particolari comportamenti attivi, finalizzati alla tutela sanitaria degli immobili destinati alla bonifica da fattori inquinanti e, proprio il richiamo alla disciplina del fallimento e della successione nei contratti evidenzia che la curatela fallimentare non subentra negli obblighi più strettamente correlati alla responsabilità dell'imprenditore fallito. Né assume alcun rilievo la disposizione contenuta nell'art. 1576 del codice civile, poiché l'obbligo di mantenimento della cosa in buono stato locativo riguarda i rapporti tra conduttore e locatore e non si riverbera, direttamente, sui doveri fissati da disposizioni dirette ad altro scopo
N. 00290/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00521/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 521 del 2014, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Curatela del Fallimento della Societa' "Ocma S.p.A. in Liquidazione", rappresentata e difesa dall'avv. Leonardo Filippucci, con domicilio eletto presso Gian Luca Grisanti in Ancona, Via Cardeto, 41;
contro
Regione Marche, non costituita in giudizio;
Comune di Ascoli Piceno, rappresentato e difeso dagli avv. Sabrina Tosti, Lucia Iacoboni, con domicilio eletto presso Avv. Patrizia Niccolaini in Ancona, Via Goito 3;
per l'annullamento
-della nota della Regione Marche - P.F. Valutazioni ed Autorizzazioni Ambientali prot. 380005 del 29.5.2014;- della nota del Sindaco di Ascoli Piceno prot. 37265/01.02 del 10.07.2014;- di ogni atto precedente, presupposto, conseguente o comunque connesso, anche non conosciuto;
Con motivi aggiunti depositati il 20.11.2014.
-dell'ordinanza del Sindaco di Ascoli Piceno n.421 del 4.9/2014 avente ad oggetto: "messa in sicurezza dei rifiuti da avviare a smaltimento presenti all'interno delle aree dell'opificio OCMA", trasmessa via pec ai curatori fallimentari in pari data;- della nota del Dirigente del Settore Patrimonio e Ambiente del Comune di Ascoli Piceno prot. n.62419 del 12.11.2014:
- di ogni atto precedente, presupposto, conseguente o comunque connesso, anche non conosciuto, ivi inclusa l'ordinanza del Sindaco di Ascoli Piceno n.476 del 6.10.2014;e per il risarcimento- del danno derivato alla Curatela Fallimentare dall'attuazione del piano di messa in sicurezza richiamato nella predetta ordinanza sindacale n.421 del 4.9.2014.
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Ascoli Piceno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 dicembre 2015 il dott. Giovanni Ruiu e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con decreto n. 152/VAA del 30.12.2009 della PF Valutazioni ed Autorizzazioni Ambientali della Regione Marche è stata rilasciata alla Ocma Spa di Ascoli Piceno, zona Industriale Campolungo, l’Autorizzazione Integrata Ambientale, per la sua attività di produzione di profili in alluminio.
La Ocma Spa, successivamente messa in liquidazione ,è stata ammessa alla procedura di concordato preventivo con cessione dei beni in data 6.11.2013.
I Commissari segnalavano alla Regione Marche che, nel corso delle operazioni di inventario dei beni presso lo stabilimento era stata rilevata la presenza di ingenti quantitativi di rifiuti individuati in tre tipologie principali (scorie saline, polveri e particolati, polveri da abbattimento fumi) e che non era prevista la continuazione dell’attività produttiva, pertanto dovevano essere avviate le procedure di smaltimento e recupero, considerata la situazione di fermo impianti.
Con provvedimento prot. n. 196735 del 20.3.2014, la PF Valutazioni ed Autorizzazioni Ambientali della Regione Marche diffidava il legale rappresentante pro tempore della Ocma Spa in liquidazione a provvedere con urgenza allo smaltimento di tutti i rifiuti presenti all’interno delle aree dell’opificio entro e non oltre il 6.6.2014, a mettere in sicurezza i rifiuti da avviare a smaltimento entro il 24.4.2014 e a mantenere i sistemi di depurazione delle acque di prima pioggia e di dilavamento dei piazzali in efficienza.
Successivamente erano nominati i curatori fallimentari della Ocma Spa, a seguito della sentenza di fallimento della Ocma stessa, depositata in cancelleria il 16.4.2014.
Con nota Prot. n. 380005 del 29.52014, indirizzata ai suddetti curatori, si concedeva una proroga rispetto al ‘precedente provvedimento, posticipando al 30.6.2014 la data per la messa in sicurezza dei rifiuti e al 31.12.2014, il completamento delle operazioni di smaltimento dei rifiuti stessi, esortando il Comune di Ascoli Piceno a valutare con la massima sollecitudine l’iter più idoneo per definire l’aspetto della conformità ai titoli urbanistici, tenendo conto della situazione di emergenza ambientale, con potenziali risvolti sulla salute umana, che caratterizzavano la situazione di fatto.
Con nota dell’ 1.7.2014, i curatori fallimentari sostenevano la necessità di un provvedimento sindacale contingibile ed urgente, di spettanza del Sindaco di Ascoli Piceno, non spettando alla Regione ordinare l’intervento di messa in sicurezza dei rifiuti stessi. I ricorrenti impugnavano quindi la citata nota del 29.5.2014, deducendo con il primo motivo l’incompetenza della Regione Marche ad adottare il provvedimento, l’eccesso di potere e la violazione degli articoli 29-decies, 191 e 192 del d.gs. 152/2006 nonché dell'art. 50 del D.Lgs. 267/2000, trattandosi di provvedimento contingibile e urgenze di competenza comunale.
Con il secondo motivo si deduce la violazione e/o falsa applicazione della Legge Fallimentare, in relazione all’individuazione della Curatela come responsabile per l’abbandono di rifiuti.
Inoltre, impugnavano la nota del Comune di Ascoli Piceno, con la quale in data 10.7.2014, in risposta ad una nota del Fallimento ove si chiedeva l’adozione di un’ordinanza per la messa in sicurezza del sito, il Comune riteneva la sufficienza di quanto richiesto dalla Regione Marche.
Successivamente il Comune di Ascoli Piceno adottava l’ordinanza sindacale n. 421 del 4.9.2014, con la quale disponeva la messa in sicurezza del sito, motivando l’urgenza con la presenza di un temporale alluvionale in data 5.8.2014 che avrebbe provocato il rischio di contaminazione, permanendo i rifiuti sul luogo non essendo stato adempiuto l’ordine della Regione Marche, conformemente alle previsioni del decreto AIA n. 152/2009, rifacendosi quindi alle disposizioni dell’impugnato provvedimento Regionale.
Con motivi aggiunti, i curatori fallimentari impugnavano quest’ultimo provvedimento deducendo l’ eccesso di potere per sviamento, travisamento dei fatti e difetto di motivazione, violazione e/o falsa applicazione della Legge Fallimentare, violazione e/o falsa applicazione dell'art. 50 del D.Lgs. 267/2000, sempre con riguardo all’errata individuazione del fallimento come responsabile dell’abbandono e della non configurabilità della sua responsabilità quale proprietario. Inoltre, avendo avviato l’esecuzione della messa in sicurezza dei rifiuti, si chideva il risarcimento dei danni per l’attività non spettante alla curatela fallimentare.
Si è costituito il Comune di Ascoli Piceno, resistendo al ricorso.
L’istanza cautelare relativa ai motivi aggiunti è stata parzialmente accolta con ordinanza 12.9.2014 n. 333 rilevando che in considerazione dell’adozione dell’ordinanza del Comune di Ascoli Piceno n. 421/2014, non contestata dalla ricorrente, la stessa dovesse garantire la messa in sicurezza del sito. E che con riguardo agli ulteriori adempimenti previsti dalla nota della Regione Marche prot. 380005 del 29.5.2014, potesse sussistere il grave denunciato, sospendendola quindi con fissazione a breve dell’udienza di discussione, richiedendo le censure dedotte con il ricorso adeguati approfondimenti in sede di merito.
Il Tribunale ordinava quindi l’acquisizione di elementi istruttori con ordinanza 3.4.2015 n. 384.. Si osservava come la ricorrente censurasse, nel ricorso introduttivo, l’utilizzo da parte della Regione dello strumento previsto dall’art. 29 decies c. 9 del d.lgs 152/2006, che si può riferire solo ai rifiuti oggetto dell’attività autorizzata affermando, come, al contrario, si concretizzi un abbandono incontrollato di rifiuti o una discarica, della quale la curatela non può essere ritenuta responsabile.
Si incaricava quindi l’Arpam, nella persona del responsabile del Dipartimento di Ascoli Piceno o di un funzionario da egli delegato, di redigere una relazione istruttoria sulla situazione sul sito ove si svolgeva l’attività dell’OCMA SpA, per chiarire i seguenti aspetti:
- la catalogazione dei rifiuti presenti sul sito (oggi presumibilmente messi in sicurezza a seguito dell’ordinanza sindacale 421/2014) e se essi corrispondano alle caratteristiche del deposito temporaneo di rifiuti ex art. 183 lett. d.lgs 152/2006 (specificando, in particolare, se essi siano o meno inerenti all’oggetto dell’attività industriale di cui all’AIA n. 152/VAA 08 del 30.12.2008);
-relazionare sul rispetto delle prescrizioni di cui all’autorizzazione appena citata in materia di scarichi idrici, di rifiuti, di emissioni al suolo e di gestione dell’impianto, come indicato nell’impugnata nota della Regione Marche - P.F. Valutazioni ed Autorizzazioni Ambientali n. 380005 del 29.05.2014.
Si richiedeva inoltre, vista la mancata costituzione della Regione Marche, il deposito di una relazione sui fatti di causa ove fosse riepilogata, in particolare, l’attività istruttoria che ha portato all’adozione dei provvedimenti impugnati.
L’Arpam ha adempiuto in data 4.6.2015, la Regione Marche in data 13.5.2015.
Alla pubblica udienza del 10.12.2015 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
1 Il Collegio ritiene che, alla luce dell’istruttoria eseguita, il ricorso e i motivi aggiunti debbano respinti.
1.1 Con riguardo sia al ricorso introduttivo, sia ai motivi aggiunti, il Collegio ha ritenuto decisiva l’individuazione della natura dei rifiuti per stabilire la fondatezza delle censure relative all’incompetenza della Regione Marche. E’ ben noto l’orientamento per cui la curatela fallimentare non subentra negli obblighi più strettamente correlati alla responsabilità dell'imprenditore fallito, per cui, laddove non vi sia alcuna prova della responsabilità della curatela fallimentare in ordine alla determinazione degli inconvenienti sanitari, per non essere stata la curatela autorizzata a proseguire l'attività di impresa, non è configurabile alcun obbligo del curatore del fallimento di provvedere allo smaltimento dei rifiuti industriali dell'impresa fallita, atteso che la curatela fallimentare non subentra negli obblighi più strettamente correlati alla responsabilità dell'imprenditore fallito né la disponibilità giuridica degli oggetti qualificati come rifiuti inquinanti, è sufficiente ad imporre alla prima un obbligo gravate sulla società in fallimento (tra le decisioni Tar Milano 3.11.2014, n. 2623). Come ha osservato di recente il Consiglio di Stato, il potere di disporre dei beni fallimentari (secondo le particolari regole della procedura concorsuale e sotto il controllo del giudice delegato) non comporta necessariamente il dovere di adottare particolari comportamenti attivi, finalizzati alla tutela sanitaria degli immobili destinati alla bonifica da fattori inquinanti e, proprio il richiamo alla disciplina del fallimento e della successione nei contratti evidenzia che la curatela fallimentare non subentra negli obblighi più strettamente correlati alla responsabilità dell'imprenditore fallito. Né assume alcun rilievo la disposizione contenuta nell'art. 1576 del codice civile, poiché l'obbligo di mantenimento della cosa in buono stato locativo riguarda i rapporti tra conduttore e locatore e non si riverbera, direttamente, sui doveri fissati da disposizioni dirette ad altro scopo (Cds Sez. V 30.6.2014 n. 3274). I casi appena citati riguardano però l’abbandono incontrollato di rifiuti con conseguenti provvedimenti di necessità e urgenza del Comune. Il caso in esame investe il rispetto delle prescrizioni contenute nell’autorizzazione integrata ambientale.
1.2 Pur avendo la curatela, dichiarato, al momento, di non voler proseguire nell’attività, essa è nominalmente titolare dell’autorizzazione unica rilascia in precedenza ad OCMA SpA e dei relativi obblighi in essa previsti, dei cui adempimenti erano incaricati in precedenza ai liquidatori. Ad avviso del collegio, che ne consegue che essa non può che essere titolare degli obblighi previsti dall’art. 29 decies c. 9 del d.lgs 152/2006 relativi all’obbligo di smaltimento dei rifiuti oggetto dell’attività autorizzata. La ditta ricorrente afferma come, al contrario, si concretizzi un abbandono incontrollato di rifiuti o una discarica, della quale la curatela non può essere ritenuta responsabile. Di qui l’istruttoria eseguita dal tribunale, per stabilire le caratteristiche dei rifiuti che si trovano sull’area. A parere del Collegio, qualora non vi sia un abbandono incontrollato di rifiuti o addirittura una discarica, anche in caso di fallimento, non si vede come l’obbligo di smaltire i rifiuti delle lavorazioni non possa ricadere sul fallimento che, allo stato, risulta ancora titolare dell’autorizzazione.
1.3 A differenza da quanto sostenuto da parte ricorrente, l’istruttoria eseguita da Arpam ha stabilito che i rifiuti presenti nell’area sono tutti derivanti dall’attività industriale ivi eseguita. Peraltro, Arpam osserva come gli stessi non rispondano ai requisiti del “deposito temporaneo”, definito dall’art. 183 d.lgs 152/2006 come : “il raggruppamento dei rifiuti e il deposito preliminare alla raccolta ai fini del trasporto di detti rifiuti in un impianto di trattamento, effettuati, prima della raccolta, nel luogo in cui gli stessi sono prodotti, da intendersi quale l’intera area in cui si svolge l’attività che ha determinato la produzione dei rifiuti”. Nel caso in esame però, la rilevanza non riguarda tanto stabilire la presenza o meno di un deposito temporaneo di rifiuti. Infatti, in questo caso, l’autorizzazione sarebbe stata rispettata e si porrebbe solo il problema di smaltimento dei citati rifiuti secondo le regole ordinarie, non essendosi verificata alcuna violazione della medesima.
1.4 Al contrario, a parere del Collegio, dall’istruttoria effettuata, appare come l’accumulo di rifiuti avvenuto all’interno del sito non sia il risultato di eventi eccezionali o dell’intervento esterno, ma semplicemente del mancato rispetto di quanto previsto dall’Autorizzazione con riguardo alle regole di smaltimento dei rifiuti della lavorazione. Come risulta dalla relazione Arpam, l’attività è cessata nel dicembre 2013 e non è prevista la riattivazione a breve. Detto questo, la ripresa di lavorazione non è esclusa per il futuro, anche se i Curatori hanno dichiarato di non volere riprendere l’attività (ovviamente sarebbe necessaria l’autorizzazione ex art. 104 LF). Quindi, paradossalmente, alle costose operazioni di bonifica dei rifiuti di lavorazione che insistono sull’area, dalla quale la gestione fallimentare sarebbe tenuta indenne, potrebbe seguire, da parte del fallimento, una ripresa dell’attività. Ancora, in ogni caso, le operazioni di smaltimento (eventualmente a carico degli enti pubblici) favorirebbe la cessione degli “asset” del fallimento. A parere del Collegio, il rispetto delle prescrizioni contenute nell’autorizzazione, ai sessi dell’art. 29 c. decies c. 9 d.lgs 152/2006, è preliminare all’intervento di cui all’art. 192 del medesimo decreto, che prevede la presenza dell’abbandono e del deposito incontrollato di rifiuti, il quale può appunto essere evitato attraverso il rispetto delle prescrizioni, dettagliate, relative alla gestione e allo smaltimento dei rifiuti contenuti nell’autorizzazione unica.
2 Nel caso in esame, sono ancora valide le prescrizioni dell’autorizzazione rilasciate all’Ocma SpA. Ne consegue che la Curatela Fallimentare rimane obbligata a quanto stabilito dall’impugnata nota del 29.5.2014, dove, facendo riferimento a quanto in precedenza previsto per i liquidatori, posticipava al 30.6.2014 la data per la messa in sicurezza dei rifiuti e al 31.12.2014, il completamento delle operazioni di smaltimento dei rifiuti stessi.
2.1 Del resto, il rispetto dell’autorizzazione integrata ambientale, appare espressione del principio di precauzione stabilito dalla normativa europea, per la tutela dell'ambiente e quindi in ultima analisi per la difesa della salute umana, valore questo che nella gerarchia dei principi costituzionali viene collocato al vertice. In questa luce, si sottolinea come l'attività economica, libera sulla base della nostra costituzione, deve necessariamente tener conto della suo impatto sociale e quindi sull'ambiente. Ne consegue come l'attività economica non possa che svolgersi nel pieno rispetto delle normative di tutela ambientale e in particolare di quelle specifiche per le lavorazioni in questione. La diffida in esame va quindi inquadrata in quelle attività amministrative che implicano un rapporto non solo di controllo ma in ultima analisi di continua collaborazione tra pubblico e privato, al fine di tutelare l'ambiente e la salute, in piena e concreta applicazione dei principi europei e costituzionali. A parere del collegio, gli oneri non possono ricadere sul titolare dell’autorizzazione che è attualmente, il fallimento dell’azienda. In caso contrario, come già detto, si rischierebbe una sorta di “pubblicizzazione” degli oneri che dovrebbero andare a carico del fallimento e consegue che il fallimento rimane obbligato a rispettare le prescrizioni dell’autorizzazione unica, comprese quelle riguardanti lo smaltimento dei rifiuti (si veda Tar Trieste 9.4.2013 n. 233).
3 La circostanza dirimente è, si ripete, stabilire se il caso in esame riguardi prevalentemente la violazione delle prescrizioni dell’autorizzazione o la violazione delle norme sullo smaltimento di rifiuti. A quanto risulta dall’istruttoria eseguita da Arpam i rifiuti sono il frutto delle lavorazioni effettuate dall’azienda, e quindi si configurano come mancato rispetto della autorizzazione, e non come abbandono incontrollato di rifiuti medesimi o discarica. Ne consegue che il fallimento è responsabile per le prescrizioni contenute nella diffide regionali.
3.1 Il ricorso introduttivo è quindi infondato anche con riguardo all’impugnazione della nota 10.7.2014 del Comune di Ascoli Piceno (prescindendo quindi dalle eccezioni preliminari dedotte dal Comune) la quale, all’epoca, osservava come l’adempimento delle prescrizioni dettate dalla Regione Marche fosse sufficiente a garantire la messa in sicurezza e lo smaltimento dei rifiuti. L’infondatezza della censura di incompetenza nei confronti della diffida regionale porta quindi a respingere il ricorso anche nei confronti della nota citata
4 L’infondatezza del ricorso introduttivo porta all’infondatezza del ricorso per motivi aggiunti, non potendo essere condivise le censure di illegittimità del provvedimento sindacale per eccesso di potere, violazione della legge fallimentare e dell’art. 50 d.lgs 267/2000. Difatti, il provvedimento sindacale, che scaturisce da un peggioramento della situazione generale causato da un temporale alluvionale in data 5.8.2014, ha ordinato alla Ocma SpA di eseguire la messa in sicurezza e smaltimento dei rifiuti nei termini di cui alla diffida della Regione Marche in data 29.5.2014 e, quindi, delle prescrizioni dell’AIA 152/VAA del 30.12.2009. Dato che, per le considerazioni svolte in precedenza, era compito della gestione fallimentare seguire le prescrizioni dell’Autorizzazione, non può che ricadere sotto la sua responsabilità l’esecuzione dell’ordinanza contingibile e urgente scaturente dalla mancata esecuzione della diffida. Limitatamente al rispetto delle prescrizioni dell’autorizzazione, non vi è al momento l’obbligo di individuare ulteriori responsabili dell’inquinamento, dato che la gestione fallimentare si deve limitare al rispetto delle prescrizioni contenute nell’AIA, di cui alla più volte citata nota Regione Marche del 29.5.2014
4.1 Il ricorso per motivi aggiunti deve quindi essere respinto, unitamente all’annessa richiesta risarcitoria (la gestione fallimentare, pur contestando i provvedimenti impugnati, ha eseguito a proprie spese la messa in sicurezza dei rifiuti). Va in ogni caso ribadito che il la questione in esame riguarda solo l’obbligo della gestione fallimentare di seguire, per i rifiuti di lavorazione, le prescrizioni di cui all’autorizzazione 152/VAA del 30.12.2009 e dei successivi provvedimenti regionali, e che non si estende ad eventuali rifiuti di diversa provenienza, per le ragioni più volte ricordate.
5 Considerata la particolarità della fattispecie e l’intessersi dei diversi profili di rispetto dell’autorizzazione integrata ambientale e della normativa in materia di rifiuti, sussistono ragioni per compensare le spese.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso e i motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Ancona nella camera di consiglio del giorno 10 dicembre 2015 con l'intervento dei magistrati:
Franco Bianchi, Presidente
Gianluca Morri, Consigliere
Giovanni Ruiu, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE | IL PRESIDENTE | |
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 06/05/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)