TAR Sicilia (CT) Sez. I n. 1082 del 8 aprile 2021
Ambiente in genere. ZPS, SIC e aree protette
Le ZPS -insieme ai SIC -costituiscono la Rete Natura 2000 concepita ai fini della tutela della biodiversità europea attraverso la conservazione degli habitat naturali e delle specie animali e vegetali di interesse comunitario. Le ZPS, non sono aree protette nel senso tradizionale e non rientrano nella legge quadro sulle aree protette n. 394/91, sono previste e regolamentate dalla direttiva comunitaria 79/409 "Uccelli", recepita dall'Italia dalla legge sulla caccia n. 157/92, obiettivo della direttiva è la "conservazione di tutte le specie di uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico", che viene raggiunta non soltanto attraverso la tutela delle popolazioni ma anche proteggendo i loro habitat naturali, con la designazione delle Zone di protezione speciale. L’individuazione e la delimitazione dei SIC e delle ZPS avviene sulla base di regole procedurali del tutto peculiari e la delimitazione dei siti e delle zone in questione non risulta disciplinata dalla normativa in tema di predisposizione dell’elenco ufficiale delle aree naturali protette di cui alla l. 394 del 1991. Al riguardo, se per un verso è possibile che una ZPS ricada all’interno di un’area naturale protetta ai sensi della l. 394, cit., per altro verso tale considerazione conferma e non esclude la diversità ontologica che caratterizza le due figure
Pubblicato il 08/04/2021
N. 01082/2021 REG.PROV.COLL.
N. 00608/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 608 del 2017, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Comune di Portopalo di Capo Passero, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Francesco Nicotra, con domicilio fisico eletto presso il suo studio in Catania, via Francesco Crispi n. 225;
contro
Assessorato Regionale del Territorio e Ambiente, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Catania, presso i cui uffici domicilia in Catania, via Vecchia Ognina, 149;
Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio;
nei confronti
Azienda Regionale Foreste Demaniali, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Catania, presso i cui uffici domicilia in Catania, via Vecchia Ognina, 149;
Dipartimento ambiente dell’Assessorato Territorio e Ambiente della Regione Siciliana, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio;
per l'annullamento, previa sospensione cautelare dei suoi effetti,
- - per quanto riguarda il ricorso introduttivo:
- del provvedimento del decreto del Dirigente Generale del dipartimento regionale dell'Ambiente n. 00002349 del 10.01.2017, con il quale è stato approvato in via definitiva il Piano di Gestione “Pantani della Sicilia Sud-Orientale” della Rete Natura 2000, notificato a mezzo pec in data 16.01.2017;
- del decreto del Dirigente Generale del dipartimento regionale dell'Ambiente n. 577 del 27 luglio 2011, con il quale è stata istituita la riserva naturale orientata denominata “Pantani della Sicilia sud orientale”;
- di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale e, in particolare, del regolamento della riserva, allegato 2 al decreto 577/2011, recante le modalità d’uso e i divieti vigenti nella riserva naturale orientata e il DA 970 del 10 giugno 1991, di approvazione del Piano regionale dei parchi e delle riserve naturali;
- - per quanto riguarda i motivi aggiunti depositati in data 21 febbraio 2018:
- del Decreto del 7 dicembre 2017 del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, avente ad oggetto “Designazione di 32 Zone speciali di conservazione della regione biogeografica mediterranea insistenti nel territorio della Regione Sicilia”, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 296 del 20.12.2017;
nonché, ancora, degli atti impugnati nel ricorso principale e segnatamente:
- del decreto del Dirigente Generale del dipartimento regionale dell'Ambiente n. 00002349 del 10.01.2017, con il quale è stato approvato in via definitiva il Piano di Gestione “Pantani della Sicilia Sud-Orientale” della Rete Natura 2000, notificato a mezzo pec in data 16.01.2017;
- del decreto del Dirigente Generale del dipartimento regionale dell'Ambiente n. 577 del 27 luglio 2011, con il quale è stata istituita la riserva naturale orientata denominata “Pantani della Sicilia sud orientale”;
- di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale e, in particolare, del regolamento della riserva, allegato 2 al decreto 577/2011, recante le modalità d’uso e i divieti vigenti nella riserva naturale orientata e il DA 970 del 10 giugno 1991, di approvazione del Piano regionale dei parchi e delle riserve naturali;
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Assessorato Regionale del Territorio e Ambiente e dell’Azienda Regionale Foreste Demaniali;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l’art. 25 del decreto legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176;
Visto l’art. 4 del decreto legge 30 aprile 2020, n. 28, convertito con modificazioni dalla legge 25 giugno 2020, n. 70;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 gennaio 2021 - tenutasi da remoto - il dott. Giovanni Giuseppe Antonio Dato;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. Il Comune ricorrente, con l’atto introduttivo del giudizio, rappresenta che con provvedimento del dirigente generale del Dipartimento regionale dell’Ambiente n. 557 del 27 luglio 2011, è stata istituita la riserva naturale denominata “Pantani della Sicilia sud orientale” (il cui perimetro ricade, fra l’altro, nell’ambito del territorio del medesimo Comune ricorrente); aggiunge che la perimetrazione della riserva riprenderebbe pedissequamente le aree previste nelle cartografie allegate al decreto assessorile della Regione Siciliana n. 970/1991, di approvazione del Piano regionale dei parchi e delle riserve naturali.
Precisa il Comune ricorrente che con decreto n. 673 del 30 giugno 2009, a seguito dell’approvazione dei piani di gestione dei siti Natura 2000, l’Assessorato al Territorio e ambiente ha approvato il piano di gestione “Pantani della Sicilia sud orientale” e che con il recente decreto n. 0002349 del 13 gennaio 2017, del dirigente generale del Dipartimento Regionale dell’Ambiente, è stato approvato in via definitiva il suddetto Piano di Gestione “Pantani della Sicilia Sud-Orientale” della Rete Natura 2000.
Lamenta il Comune di Portopalo di Capo Passero che il decreto è stato redatto senza garantire il diritto di partecipazione dello stesso ente esponenziale degli interessi della comunità territoriale rappresentata alla fase propedeutica alla individuazione dell’area da tutelare, violando, fra l’altro, i principi sanciti dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 212 del 2014.
Lamenta, inoltre, la parte ricorrente che nel decreto emerge una grande imprecisione nello stilare i criteri con cui le opere di questa zona potranno essere realizzate e gestite: le serre, ad esempio, sono previste, ma vengono valutate fortemente impattanti sull’ambiente e da sottoporre a regolamentazione ma non vengono esplicitati i criteri che dovranno essere seguiti per tale regolamentazione; sono previste inoltre fasce di rispetto dai pantani e dei corridoi ecologici per mettere in comunicazione i pantani che vincolano l’intera area della IGP; ciò avviene in considerazione del numero elevato di pantani e dal fatto che il decreto estende le zone SIC (Siti di interesse comunitario) e ZPS (Zone di protezione speciale) ai pantani minori, fino a ieri non sottoposti a tutela.
Con ricorso spedito per la notifica in data 17 marzo 2017 e depositato in data 13 aprile 2017 il Comune di Portopalo di Capo Passero ha proposto le domande in epigrafe.
1.1. Si sono costituiti in giudizio l’Assessorato Regionale Territorio e Ambiente e l’Azienda Regionale Foreste Demaniali, chiedendo il rigetto della domanda cautelare e del ricorso.
1.2. Con ordinanza 11 maggio 2017, n. 310 è stata respinta la domanda cautelare.
1.3. Con ricorso per motivi aggiunti, notificato in data 18 febbraio 2018 e depositato in data 21 febbraio 2018, il Comune di Portopalo di Capo Passero ha avversato il decreto del 7 dicembre 2017 del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, avente ad oggetto “Designazione di 32 Zone speciali di conservazione della regione biogeografica mediterranea insistenti nel territorio della Regione Sicilia”, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 296 del 20 dicembre 2017, lamentando la violazione del diritto di partecipazione dello stesso Comune ricorrente, ente esponenziale degli interessi della comunità territoriale rappresentata, alla fase propedeutica alla individuazione dell’area da tutelare ed il fatto che non sarebbero state tenute in considerazione alcune recenti pronunce del Tribunale adito.
Aggiunge l’esponente che la perimetrazione della riserva riprenderebbe pedissequamente le aree previste nei provvedimenti regionali precedentemente impugnati, perimetrazione che comporta gravi ricadute per le attività economiche esistenti sul territorio comunale.
1.4. Con ordinanza 14 maggio 2018, n. 298 è stata accolta la domanda di sospensione del provvedimento impugnato.
1.5. Con ordinanza 27 gennaio 2020, n. 217 sono stati disposti incombenti istruttori a carico delle Amministrazioni intimate.
All’ordinanza istruttoria sopra richiamata non è stata data esecuzione (nonostante l’Avvocatura erariale, a pag. 2 della memoria depositata in data 3 dicembre 2020, assume l’avvenuto deposito di documentazione in ossequio alla predetta ordinanza).
1.6. All’udienza pubblica del giorno 28 gennaio 2021, tenutasi da remoto ai sensi dell’art. 25 del decreto legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1. Merita di essere premesso che il Comune ricorrente ha avversato il decreto del dirigente generale del Dipartimento Regionale dell'Ambiente n. 577 del 27 luglio 2011, con il quale è stata istituita la riserva naturale orientata denominata “Pantani della Sicilia sud orientale”.
Va tuttavia osservato che detto decreto è stato annullato con sentenze T.A.R. Sicilia, Catania, sez. II, 19 maggio 2015, nn. 1382, 1383 e 1384.
Della demolizione in sede giurisdizionale del detto decreto n. 577 del 27 luglio 2011 è consapevole la stessa parte ricorrente che – nel ricorso per motivi aggiunti (cfr. pagg. 4 e ss.) – richiama una delle citate sentenze (segnatamente, T.A.R. Sicilia, Catania, sez. II, 19 maggio 2015, n. 1382) ed il suo esito annullatorio del citato decreto ARTA n. 577 del 27 luglio 2011.
La domanda caducatoria avanzata dal Comune ricorrente appare, dunque, in parte qua, inammissibilmente volta ad ottenere la demolizione di un provvedimento amministrativo già espunto dal mondo giuridico.
2. Con i primi due motivi dell’atto introduttivo del giudizio il Comune ricorrente ha dedotto i vizi di Violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 4, 5, 6 e 28 della LR 98/1981 in relazione all’art. 22 legge 394/1991; mancata partecipazione al procedimento del Comune di Portopalo di Capo Passero nel procedimento per l’approvazione e riperimetrazione definitiva dei piani di gestione del sito di Pantani della Sicilia sud orientale, con riferimento all’area territoriale di competenza del Comune medesimo. Illegittimità costituzionale delle predette norme per violazione dell’art. 117 della Carta Costituzionale e, rispettivamente, di Illegittimità costituzionale degli artt. 3, comma 1, lettera e), 6, comma 1, e 28, commi 1 e 2, della legge della Regione siciliana 6 maggio 1981, n. 98 (Norme per l'istituzione nella Regione siciliana di parchi e riserve naturali della LR 98/1981) per violazione della previsione dell’art. 22 della legge 394 del 1991.
In sintesi, con il primo motivo la parte ricorrente ha ricordato che la Corte costituzionale (sentenze 14 luglio 2000, n. 282 e 26 gennaio 2012, n. 14) ha dichiarato l’illegittimità di leggi regionali che non prevedevano la partecipazione degli enti locali alla istituzione o alla modifica delle aree protette nelle forme di cui all’art. 22 della legge 6 dicembre 1991, n. 394 (espressamente qualificato come “parametro interposto”).
Dopo aver richiamato le forme di partecipazione dei Comuni, in base alla legge reg. Sic. n. 98/1981, al procedimento di istituzione delle riserve e di perimetrazione definitiva, nonché al procedimento teso alla modifica dei confini della riserva, la parte ricorrente ha osservato che le modalità partecipative in questione risultano, secondo quanto statuito dalla Corte costituzionale, non idonee a soddisfare la previsione del citato art. 22 della legge n. 394/1991.
Inoltre, ha osservato la parte ricorrente, le norme che prevedono forme partecipative diverse da quelle individuate dall’art. 22 citato non possano essere integrate in via interpretativa o giurisprudenziale, ma debbano essere dichiarate costituzionalmente illegittime.
Il Comune di Portopalo Capo Passero lamenta, dunque, di non essere stato in nessun modo coinvolto sia nel procedimento per l’approvazione dei piani di gestione del sito di Pantani della Sicilia sud orientale, in riferimento all’area territoriale di competenza del Comune medesimo, che in quello che ha condotto all’approvazione definitiva col provvedimento impugnato, in cui sono state trascurate le esigenze dell’economia locale note all’ente più vicino alla comunità territoriale di riferimento.
Con il secondo motivo, in sintesi, la parte ricorrente osserva che l’accoglimento delle censure in esame potrebbe passare attraverso una pronuncia di illegittimità costituzionale della L. reg. Sic. n. 98/1981 nella parte in cui si pone in contrasto con il citato art. 22 della legge n. 394/1991.
Aggiunge il Comune ricorrente che la legge reg. Sic. n. 98 del 1981 prevede forme partecipative dei Comuni solo con riferimento alla predisposizione del piano regionale (ma non al procedimento istitutivo delle singole aree) e meno garantistiche di quelle previste dall'art. 22 della legge n. 394 del 1991.
La sopra richiamata giurisprudenza costituzionale dimostrerebbe l'impossibilità di ritenere integrabile la disciplina regionale denunciata con le previsioni dettate dal richiamato art. 22 della legge n. 394 del 1991, oltre che impraticabile un’eventuale interpretazione adeguatrice.
Inoltre, argomenta la parte ricorrente, la giurisprudenza costituzionale ha sottolineato come la materia dell’”ambiente” rientra nella competenza esclusiva dello Stato (art. 117, secondo comma, lett. s), Cost.), senza che lo Statuto speciale per la Regione siciliana individui una disciplina derogatoria rispetto all'indicato parametro costituzionale; con la conseguenza che il più volte menzionato art. 22 della legge statale dovrebbe ritenersi applicabile anche nell'ambito della Regione siciliana. Anche la disciplina delle aree protette, contenuta nella legge n. 394 del 1991, rientra nella competenza esclusiva dello Stato in materia di “tutela dell’ambiente” (art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.).
Del pari consolidato è l’assunto - per l’esponente - secondo il quale la stessa disciplina, enunciando la normativa-quadro di settore sulle aree protette, detta i princìpi fondamentali della materia, ai quali la legislazione regionale è chiamata ad adeguarsi, assumendo dunque anche i connotati di normativa interposta.
Dal raffronto tra l’art. 22 della più volte citata legge n. 394 del 1991 e le disposizioni regionali in esame, emerge senza ombra di dubbio un sensibile “scostamento”, in chiave riduttiva, quanto al livello ed alle garanzie partecipative, che nessuna operazione ermeneutica è in grado di colmare (all’uopo la parte ricorrente ha richiamato l’art. 22 della legge statale e l’art. 6 della legge regionale in discorso).
A ciò va aggiunto, per il Comune ricorrente, che, pur avendo la Corte costituzionale affermato che le norme fondamentali di riforma economico-sociale in base all’art. 14 dello Statuto speciale per la Regione siciliana, costituiscono un limite anche all’esercizio delle competenze legislative di tipo esclusivo, occorre però darsi carico della questione circa l’applicabilità dell’art. 22 alla legislazione della Regione Siciliana, in considerazione del disposto del comma 2 di tale articolo, secondo cui devono essere fatte salve le rispettive competenze per le regioni a statuto speciale.
Per il Comune ricorrente, tuttavia, la stessa Corte costituzionale, trattando della citata legge reg. Sic. n. 98/1981, ha precisato che si tratta all’evidenza della normativa emanata - peraltro così come successivamente fatto, in applicazione della legge-quadro n. 394 del 1991, da diverse altre Regioni - al fine di regolare la istituzione dei parchi naturali di rilevanza regionale; sempre la Corte, nella stessa sentenza, riaffermando quanto già statuito in precedenza, ha anche precisato come nello Statuto speciale non si rinvengono disposizioni che prevedono, in materia, considerata nel suo complesso, di ambiente ed ecosistema, una disciplina derogatoria rispetto a quella stabilita, in via generale, dal secondo comma, lettera s), dell'art. 117 Cost.; l’inciso - riferito alle competenze delle regioni a statuto speciale – deve pertanto essere letto nel senso che la competenza legislativa in materia di “tutela dell’ambiente”, pur presentandosi sovente connessa e intrecciata inestricabilmente con altri interessi e competenze regionali concorrenti, rientra nella competenza esclusiva dello Stato in base all’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., anche se ciò non esclude il concorso di normative regionali, volte al conseguimento di finalità di tutela ambientale. La Corte costituzionale ha quindi ritenuto che non trova fondamento la tesi della Regione Siciliana circa una competenza legislativa in materia di ambiente, derivante da specifiche disposizioni dello statuto di autonomia: le competenze previste dall’art. 14, lett. f), i), e n), e dall’art. 17, lett. b), dello Statuto riguardano importanti settori che afferiscono all'ambiente, ma non lo esauriscono.
Quanto alla pretermissione procedimentale di un Comune, l’esponente ha osservato che è possibile articolare le proprie doglianze - a prescindere dalla loro fondatezza nel merito - con riferimento a tale mancata partecipazione, in ragione della funzione che tale Amministrazione assolve nella qualità di ente esponenziale della comunità territoriale.
In definitiva, ha osservato il Comune ricorrente, il gravame non può essere deciso senza sollevare questione di legittimità costituzionale degli artt. 3, comma 1, lett. e), 6, comma 1, e 28, commi 1 e 2, della legge reg. Sic. 6 maggio 1981, n. 98, in relazione all’art. 22 della legge 6 dicembre 1991, n. 394, disponendo la sospensione del giudizio in attesa della pronuncia della Corte.
Il Comune ricorrente ha concluso sul punto, richiamando la giurisprudenza della Sezione sulla questione della partecipazione degli enti locali alla istituzione o alla modifica delle aree protette, evidenziando altresì che la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 212 del 18 luglio 2014, nel ritenere fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 6, comma 1, e 28, commi 1 e 2, della legge della Regione siciliana 6 maggio 1981, n. 98, per violazione dell'art. 117, secondo comma, lett. s), Cost., in relazione all’art. 22 della legge 6 dicembre 1991, n. 394, si è già pronunciata con riferimento al procedimento di istituzione delle aree protette e che gli stessi principi devono essere richiamati in materia di piani di gestione dei siti.
2.1. I motivi - che possono essere esaminati congiuntamente - sono infondati.
2.1.1. Merita di essere premesso che ben conosce il Collegio la giurisprudenza della Sezione (cfr. sentenze 8 gennaio 2018, nn. 23 e 27) che, dopo aver richiamato - in particolare - i principi declinati nella citata sentenza n. 1382 del 19 maggio 2015 (nella quale ha assunto centrale importanza la più volte richiamata sentenza della Corte Costituzionale n. 212 del 18 luglio 2014), e dopo aver ritenuto che la nota dell’Azienda Foreste demaniali prot. n. 10074 del 2008 non fosse dimostrativa dell’effettiva instaurazione di un contraddittorio procedimentale, ha concluso per l’accoglimento dei ricorsi e per l’annullamento - fra gli altri - del D.D.G. n. 3 del 10 gennaio 2017 (avversato dal Comune ricorrente nell’odierno giudizio), di approvazione in via definitiva del piano di gestione (PdG) “Pantani della Sicilia Sud Orientale”.
Va tuttavia evidenziato che le sopra richiamate sentenze nn. 23 e 27/2018 sono state riformate (cfr. Cons. Giust. Amm. Reg. Sic., sez. giur., 9 dicembre 2019, n. 1036; Id., 7 gennaio 2020, n. 11, espressamente richiamate dall’Avvocatura erariale a pag. 2 della memoria depositata in data 3 dicembre 2020).
Il Giudice d’appello ha evidenziato, in particolare:
- che nessuna incidenza ha sulla materia del contendere l’annullamento del D.D.G. dell’A.R.T.A. n. 577/2011, in ragione del fatto che gli atti oggetto del contenzioso (fra i quali proprio il D.D.G. n. 3 del 2017) hanno una loro specifica base giuridica (direttive europee n. 92/43/CEE e n. 2009/147/CE; d.P.R. 8 settembre 1997, n. 357) e poggiano su autonomi presupposti provvedimentali (cfr. l’art. 4, comma 3, d.P.R. n. 357 del 1997);
- che l’Assessorato regionale, con nota del 7 marzo 2011 indirizzata ai Comuni della Sicilia (avente ad oggetto: “Aggiornamento dei perimetri delle aree SIC (Siti di Importanza Comunitaria) e ZPS (Zone di Protezione Speciale) della Rete Natura 2000 della Sicilia”), ha invitato gli stessi Enti a inoltrare “eventuali proposte di aggiornamento dei perimetri dei Siti ricadenti nei territori di rispettiva competenza”, e contestualmente precisato che le proposte di aggiornamento dei perimetri avrebbero potuto essere “sia in aumento che in diminuzione di superficie” e dovevano recare una relazione scientifica con documentazione di corredo; che, inoltre, per le eventuali riduzioni delle superfici protette si sarebbe dovuto dimostrare che le aree per le quali si proponeva l’esclusione dal Sito non possedessero, già all’epoca della prima individuazione del medesimo, le caratteristiche ecologiche poste a base della loro inclusione. In seguito l’Assessorato, a partire dal luglio 2011 ha trasmesso al Ministero dell’Ambiente l’aggiornamento dei perimetri e della banca dati Natura 2000, con la proposta di istituzione di nuovi SIC. Con una successiva nota del 23 agosto 2012 indirizzata, ancora una volta, ai Comuni della Sicilia, lo stesso Assessorato, nel dar conto di tanto, con la precisazione che nell’ambito delle riperimetrazioni prese in esame alcune erano provenute proprio da Comuni dell’Isola, forniva anche dei ragguagli per il reperimento, mediante servizio informatico, nei nuovi perimetri aggiornati e di tutti quelli vigenti. Il Ministero dell’Ambiente, nello stesso anno inoltrava, infine, l’aggiornamento dei dati Natura 2000 alla Commissione Europea;
- che il D.D.G. n. 3/2017, di approvazione definitiva del Piano di gestione “Pantani della Sicilia sud orientale”, nel preambolo denota con sufficiente chiarezza di essere stato assunto sulla base della revisione della perimetrazione dei siti effettuata negli anni 2011-2012 (cfr. supra), il cui iter amministrativo è stato condotto nel rispetto del canone del contraddittorio con gli Enti locali interessati;
- che dal testo della nota dell’Azienda Foreste demaniali n. 10074 del 2008 risulta per tabulas, per un verso, che l’Amministrazione regionale ai fini dello specifico procedimento aveva già tenuto più incontri con gli Enti locali interessati e, per altro verso, che gli stessi Enti locali erano stati indi espressamente invitati a far pervenire le loro proposte di iniziative e i loro progetti di interesse “per la gestione dei siti stessi, finalizzati al perseguimento dello sviluppo sostenibile del territorio”. Nulla dunque impediva ai Comuni interessati, inequivocabilmente invitati a fornire i loro contributi, di far pervenire elementi ulteriori anche in seguito, nel corso dell’abnorme durata registrata dal procedimento, che si è concluso solo nel 2017; dunque, l’approvazione del piano di gestione in discorso è avvenuta all’esito di un procedimento nel quale gli Enti locali interessati sono stati coinvolti.
2.1.2. Alla luce di condiviso orientamento giurisprudenziale, il Collegio ritiene che erroneamente il Comune ricorrente ritiene di fare applicazione, nel contesto procedimentale in questione, delle previsioni normative e dei principi enucleati dall’art. 22 della legge n. 394/1991; ed invero, analoga previsione non è contenuta nel decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357 recante le (differenti) disposizioni regolamentari di attuazione della direttiva 92/43/CEE relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna selvatiche.
Invero, il novellato comma 3 dell’art. 4 del decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357 (come sostituito dall'art. 4 del decreto del Presidente della Repubblica 12 marzo 2003, n. 120) prevede unicamente che “Qualora le zone speciali di conservazione ricadano all'interno di aree naturali protette, si applicano le misure di conservazione per queste previste dalla normativa vigente. Per la porzione ricadente all'esterno del perimetro dell'area naturale protetta la regione o la provincia autonoma adotta, sentiti anche gli enti locali interessati e il soggetto gestore dell'area protetta, le opportune misure di conservazione e le norme di gestione”.
Ne discende che la disciplina regolamentare nazionale (di recepimento di direttive comunitarie) per l’individuazione e perimetrazione delle zone a rilevanza comunitaria S.I.C. e Z.P.S. non contempla, al di fuori dei casi appena sopra indicati, una espressa partecipazione degli enti locali che la differente normativa nazionale prevede (unicamente) per l’istituzione delle “Aree naturali protette”. Inoltre, l’atto di perimetrazione di una zona sottoposta a vincolo comunitario è all’evidenza atto generale, in quanto tale sottratto tanto all’obbligo di comunicazione dell’avvio del procedimento quanto all’obbligo di motivazione (cfr. T.A.R. Sicilia, Palermo, sez. I, 15 gennaio 2016, n. 113).
La giurisprudenza ha altresì osservato che “[…] le ZPS - insieme ai SIC - costituiscono la Rete Natura 2000 concepita ai fini della tutela della biodiversità europea attraverso la conservazione degli habitat naturali e delle specie animali e vegetali di interesse comunitario. Le ZPS, non sono aree protette nel senso tradizionale e non rientrano nella legge quadro sulle aree protette n. 394/91, sono previste e regolamentate dalla direttiva comunitaria 79/409 "Uccelli", recepita dall'Italia dalla legge sulla caccia n. 157/92, obiettivo della direttiva è la "conservazione di tutte le specie di uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico", che viene raggiunta non soltanto attraverso la tutela delle popolazioni ma anche proteggendo i loro habitat naturali, con la designazione delle Zone di protezione speciale […]” (cfr. T.A.R. Emilia, Romagna, Bologna, sez. II, 20 dicembre 2018, n. 1005).
Ed ancora, è stato evidenziato che “[…] l’individuazione e la delimitazione dei SIC e delle ZPS avviene sulla base di regole procedurali del tutto peculiari […]” e che “[…] la delimitazione dei siti e delle zone in questione non risulta disciplinata dalla normativa in tema di predisposizione dell’elenco ufficiale delle aree naturali protette di cui alla l. 394 del 1991. Si osserva al riguardo che, se per un verso è possibile che una ZPS ricada all’interno di un’area naturale protetta ai sensi della l. 394, cit., per altro verso tale considerazione conferma e non esclude la diversità ontologica che caratterizza le due figure […]” (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 29 novembre 2012, n. 6048, che ha sottolineato la “[…] distinzione delle regole sostanziali e procedurali che – rispettivamente – caratterizzano l’individuazione delle aree naturali protette (da un lato) e l’individuazione dei SIC e delle ZPS (dall’altro) […]”).
2.1.3. Va poi osservato che l’Avvocatura erariale ha espressamente richiamato (cfr. pag. 3 della memoria depositata in data 18 marzo 2019) la sopra citata nota 10074 del 2008 dell'Azienda Foreste Demaniali, chiarendo che la stessa è stata indirizzata anche al Comune di Portopalo di Capo Passero.
Il Comune ricorrente non ha specificamente contestato l’avvenuta adozione della detta nota ovvero la sua effettiva ricezione, ma si è limitata ad osservare che la stessa “non vale certo a dimostrare l’effettiva instaurazione di un contraddittorio procedimentale”, in particolare, con il Comune ricorrente (cfr. pag. 5 della memoria di replica depositata in data 27 dicembre 2020; cfr. anche pag. 6 della memoria depositata in data 28 marzo 2019).
Il Collegio ritiene, tuttavia, detta argomentazione priva di base alla luce di quanto chiaramente evidenziato dalla giurisprudenza di seconde cure sopra richiamata (cfr. punto 2.1.1. in Diritto).
3. Con il terzo motivo dell’atto introduttivo del giudizio il Comune ricorrente ha dedotto il vizio di Violazione dei principi di ragionevolezza e proporzionalità dell’azione amministrativa del Dipartimento ambiente dell’Assessorato territorio e ambiente della Regione Siciliana.
Dopo aver richiamato i principi di ragionevolezza e proporzionalità dell’attività amministrativa, il Comune ricorrente ha evidenziato che mentre il primo, proprio perché relativo ad una valutazione “qualitativa” degli interessi, attiene all’iter procedimentale e, specialmente, alla fase istruttoria, il secondo afferisce al provvedimento o, più in generale, alla statuizione finale.
In particolare, secondo l’esponente, la ragionevolezza richiede un’adeguata considerazione degli interessi direttamente o indirettamente afferenti un rapporto amministrativo in cui diverse soluzioni – tutte astrattamente legittime – possono essere adottate mentre il principio di proporzionalità preclude all’Amministrazione l’adozione di atti restrittivi della sfera giuridica dei privati in modo non proporzionato all’interesse pubblico.
Con riferimento alla fattispecie concreta, per il Comune di Portopalo di Capo Passero, il principio di ragionevolezza imponeva all’Ente regionale di coinvolgere, nel procedimento avente ad oggetto i piani di gestione dell’area di competenza territoriale dello stesso Comune ricorrente (al fine di evidenziare la situazione e le esigenze di chi svolge una serie di attività, preponderante, su cui si regge l’economia della zona). Nel decreto, invece, si evince una grande imprecisione, nello stilare i criteri con cui le opere dell’area territoriale in esame potranno essere realizzate e gestite: le serre, ad esempio, sono previste, ma vengono valutate fortemente impattanti sull’ambiente e da sottoporre a regolamentazione, sebbene non vengano esplicitati, per esempio, i criteri che dovranno essere seguiti per tale regolamentazione; estendendo i provvedimenti impugnati le zone SIC e ZPS ai pantani fino ad ieri non sottoposti a tutela.
D’altra parte, lamenta il Comune ricorrente, anche il principio di proporzionalità risulta trascurato in quanto le misure approvate non appaiono adeguate a perseguire il fine pubblico, tenuto conto che gli interessi perseguiti dall’Amministrazione regionale possono essere raggiunti, a seguito di collaborazione con il Comune ricorrente nonché con gli altri enti pubblici e privati interessati, attraverso un mezzo che comporti un minore pregiudizio per gli interessi della comunità territoriale.
3.1. Il motivo è inammissibile e, comunque, infondato.
In primo luogo, va evidenziato che la censura appare generica e, per tale motivo, inammissibile.
Va rammentato al riguardo il pacifico indirizzo giurisprudenziale secondo il quale nel giudizio amministrativo non basta dedurre genericamente un vizio, ma bisogna precisare il profilo sotto il quale il vizio viene dedotto e, ancora, indicare tutte quelle circostanze dalle quali possa desumersi che il vizio denunciato effettivamente sussiste (cfr., ex plurimis, Cons. Stato, sez. V, 15 dicembre 2020, n. 8021); orbene, la doglianza pecca di astrattezza.
Il motivo è, comunque, infondato.
L’evocato principio di ragionevolezza risulta declinato dal Comune di Portopalo di Capo Passero in modo da ribadire l’obbligo di coinvolgimento in sede procedimentale della stessa parte ricorrente; la censura, tuttavia, risulta priva di base alla luce di quanto evidenziato supra (punti 2.1.1., 2.1.2. e 2.1.3. in Diritto).
L’affermata lesione del principio di proporzionalità, poi, è apodittica e non si fa carico neppure di allegare un principio di prova in punto di inadeguatezza delle misure approvate a perseguire il fine pubblico, né di indicare quali concrete soluzioni avrebbero comportato un minore pregiudizio per gli interessi della comunità territoriale.
4. Con il primo motivo del ricorso per motivi aggiunti il Comune ricorrente ha dedotto i vizi di Illegittimità derivata del Decreto del 7 dicembre 2007 afferente al vizio già dedotto con il ricorso principale di eccesso di potere per difetto di istruttoria, travisamento dei fatti, manifesta illogicità e contraddittorietà, carenza di adeguata motivazione – Violazione e mancata applicazione dell’art. 7 della legge 241 del 7/8/1990 così come modificato dall’art. 21 della legge 11/2/2005 n. 15 recepita in Sicilia con L.R. n. 10/91.
Il Comune ricorrente ha richiamato la più volte citata sentenza 19 maggio 2015, n. 1382 in punto di forme di partecipazione dei diversi soggetti al procedimento istitutivo delle aree protette, riportando un passaggio della stessa pronuncia; quindi la parte ricorrente ha argomentato in ordine al diritto a partecipare al procedimento conclusosi da ultimo con l’adozione del decreto 7 dicembre 2007, avversato appunto con il ricorso per motivi aggiunti.
In particolare, il Comune ricorrente ha lamentato che il contraddittorio procedimentale non è stato assicurato né dall’Amministrazione statale né da quella regionale e ha richiamato, a sostegno della doglianza, la sentenza T.A.R. Sicilia, Catania, sez. I, 8 gennaio 2018, n. 23.
4.1. Il motivo è infondato.
Il Collegio intende richiamare e qui ribadire quanto detto sopra ai punti 2.1.1., 2.1.2. e 2.1.3. in Diritto.
5. Con il secondo motivo del ricorso per motivi aggiunti il Comune ricorrente ha dedotto i vizi di Violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 4, 5, 6 e 28 della L.R. 98/1981 in relazione all’art. 22 legge 394/1991; mancata partecipazione al procedimento del Comune di Portopalo di Capo Passero nel procedimento per l’approvazione dei piani di gestione del sito di Pantani della Sicilia sud orientale che ha dato vita all’ulteriore provvedimento del Ministero con il Decreto 7 dicembre 2017, con riferimento all’area territoriale di competenza del Comune medesimo. Illegittimità costituzionale delle predette norme per violazione dell’art. 117 della Carta Costituzionale.
Il Comune ricorrente ha articolato nuovamente le doglianze racchiuse nel primo motivo dell’atto introduttivo del giudizio, riferendole anche al procedimento che ha condotto all’avversato decreto 7 dicembre 2017 de Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare.
5.1. Il motivo è infondato.
Il Collegio intende richiamare e qui ribadire quanto detto sopra ai punti 2.1.1., 2.1.2. e 2.1.3. in Diritto.
6. Con il terzo motivo del ricorso per motivi aggiunti il Comune ricorrente ha articolato nuovamente le doglianze racchiuse nel terzo motivo dell’atto introduttivo del giudizio, deducendo il vizio di Violazione dei principi di ragionevolezza e proporzionalità dell’azione amministrativa del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare.
Il motivo in esame, quantunque caratterizzato da argomentazioni ulteriori rispetto a quelle che connotano lo sviluppo del terzo motivo dell’atto introduttivo del giudizio (in particolare: sulla necessità della partecipazione procedimentale al fine di dar vita a soluzioni amministrative ragionevoli e coerenti; sulla grave incidenza sull’economia, per le ricadute sui maggiori centri di sviluppo economico), ricalca le doglianze in quest’ultimo racchiuse in punto di affermata violazione dei principi di ragionevolezza e di proporzionalità.
6.1. Il motivo è inammissibile e, comunque, infondato, potendosi richiamare e qui ribadire quanto detto sopra al punto 3.1. in Diritto.
7. In conclusione, attesa l’infondatezza delle censure il ricorso introduttivo del giudizio ed i motivi aggiunti devono essere respinti.
8. Il complessivo andamento della vicenda contenziosa giustifica l’integrale compensazione delle spese di giudizio fra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, li respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 28 gennaio 2021, avvalendosi di collegamento da remoto ai sensi dell’art. 25, comma 2, del decreto legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito con modificazioni dalla legge 18 dicembre 2020, n. 176, con l'intervento dei magistrati:
Pancrazio Maria Savasta, Presidente
Giuseppe La Greca, Consigliere
Giovanni Giuseppe Antonio Dato, Referendario, Estensore