CONCLUSIONI DELL’AVVOCATO GENERALE JULIANE KOKOTT presentate il 23 settembre 2010 Causa C‑266/09

«Direttiva 2003/4/CE – Accesso alle informazioni ambientali – Informazioni ambientali – Direttiva 91/414/CEE – Prodotti fitosanitari – Procedura di autorizzazione»

I –    Introduzione

1. Il presente procedimento concerne l’accesso alle informazioni sui residui di un prodotto fitosanitario sulle piante di insalata, le quali sono state presentate nel corso della procedura di autorizzazione di tale prodotto. In particolare occorre verificare se si tratta di informazioni ambientali ai sensi della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 28 gennaio 2003, 2003/4/CE, sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale e che abroga la direttiva 90/313/CEE del Consiglio (2) (in prosieguo: la «direttiva sull’informazione ambientale»), e in che modo la direttiva del Consiglio 15 luglio 1991, 91/414/CEE, relativa all’immissione in commercio dei prodotti fitosanitari (3) (in prosieguo: la «direttiva sui prodotti fitosanitari»), influisce sull’applicazione della direttiva sull’informazione ambientale.

II – Contesto normativo

A – Normativa internazionale

2. Il diritto all’accesso all’informazione ambientale è previsto nella Convenzione sull’accesso alle informazioni, la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale (4) (in prosieguo: la «Convenzione di Århus»), sottoscritta dalla Comunità il 25 giugno 1998 ad Århus (Danimarca) (5).

3. L’art. 4, n. 4, lett. d), della Convenzione disciplina il rifiuto della divulgazione di informazioni ambientali a tutela della riservatezza delle informazioni commerciali o industriali:

«Una richiesta di informazioni ambientali può essere respinta, qualora la divulgazione di tali informazioni possa pregiudicare:

(…)

d)      la riservatezza delle informazioni commerciali o industriali, qualora essa sia tutelata dalla legge a salvaguardia di legittimi interessi economici; tuttavia devono essere divulgate le informazioni sulle emissioni rilevanti ai fini della tutela dell’ambiente;

(…)».

4. La tutela della riservatezza delle informazioni commerciali è altresì oggetto dell’art. 39 dell’Accordo sugli aspetti dei diritti di proprietà intellettuale attinenti al commercio, contenuto nell’allegato 1C dell’accordo che istituisce l’Organizzazione mondiale del commercio (OMC), sottoscritto il 15 aprile 1994 a Marrakech e adottato con decisione del Consiglio 22 dicembre 1994, 94/800/CE, relativa alla conclusione a nome della Comunità europea, per le materie di sua competenza, degli accordi dei negoziati multilaterali dell’Uruguay Round (1986-1994) (6) (in prosieguo: l’«accordo TRIPS»):

«1.       Nell’assicurare un’efficace protezione contro la concorrenza sleale ai sensi dell’articolo 10 bis della Convenzione di Parigi (1967), i membri assicurano la protezione delle informazioni segrete conformemente al paragrafo 2 e quella dei dati forniti alle autorità pubbliche o agli organismi pubblici conformemente al paragrafo 3.

2.      Le persone fisiche e giuridiche hanno la facoltà di vietare che, salvo proprio consenso, le informazioni sottoposte al loro legittimo controllo siano rivelate a terzi oppure acquisite o utilizzate da parte di terzi in un modo contrario a leali pratiche commerciali (…) nella misura in cui tali informazioni:

a)      siano segrete nel senso che non sono, nel loro insieme o nella precisa configurazione e combinazione dei loro elementi, generalmente note o facilmente accessibili a persone che normalmente si occupano del tipo di informazioni in questione;

b)      abbiano valore commerciale in quanto segrete; e

c)      siano state sottoposte, da parte della persona al cui legittimo controllo sono soggette, a misure adeguate nel caso in questione intese a mantenerle segrete.

3.      I membri, qualora subordinino l’autorizzazione della commercializzazione di prodotti chimici farmaceutici o agricoli implicanti l’uso di nuove sostanze chimiche alla presentazione di dati relativi a prove o di altri dati segreti, la cui elaborazione comporti un considerevole impegno, assicurano la tutela di tali dati da sleali usi commerciali. Essi inoltre proteggono detti dati dalla divulgazione, salvo nei casi in cui risulti necessaria per proteggere il pubblico o a meno che non vengano prese misure atte a garantire la protezione dei dati contro sleali usi commerciali».

B – Normativa dell’Unione

1.      La direttiva sull’informazione ambientale

5. Il diritto all’accesso all’informazione ambientale era originariamente previsto nella direttiva del Consiglio 7 giugno 1990, 90/313/CEE, concernente la libertà di accesso all’informazione in materia di ambiente (7) (in prosieguo: la «vecchia direttiva sull’informazione ambientale»). Tale direttiva è stata abrogata con effetto dalla scadenza del termine di trasposizione della nuova direttiva sull’informazione ambientale, quindi dal 14 febbraio 2005. La nuova direttiva disciplina il diritto all’accesso all’informazione in conformità con la Convenzione di Århus.

6. L’art. 2 definisce tra l’altro la nozione di informazione ambientale:

«Ai fini della presente direttiva, si intende per:

1)      “informazione ambientale” qualsiasi informazione disponibile in forma scritta, visiva, sonora, elettronica o in qualunque altra forma materiale concernente:

a)      lo stato degli elementi dell’ambiente, quali l’aria e l’atmosfera, l’acqua, il suolo, il territorio, il paesaggio e i siti naturali, compresi gli igrotopi, le zone costiere e marine, la diversità biologica e i suoi elementi costitutivi, compresi gli organismi geneticamente modificati, nonché le interazioni tra questi elementi;

b)      fattori quali le sostanze, l’energia, il rumore, le radiazioni o i rifiuti, compresi quelli radioattivi, le emissioni, gli scarichi e altri rilasci nell’ambiente, che incidono o possono incidere sugli elementi dell’ambiente di cui alla lettera a);

c)      le misure (comprese quelle amministrative) quali le politiche, le disposizioni legislative, i piani, i programmi, gli accordi ambientali e le attività che incidono o possono incidere sugli elementi e sui fattori di cui alle lettere a) e b), nonché le misure o attività intese a proteggere i suddetti elementi;

d)      le relazioni sull’attuazione della legislazione ambientale;

e)      le analisi costi-benefici ed altre analisi e ipotesi economiche usate nell’ambito delle misure e attività di cui alla lettera c); e

f)      lo stato della salute e della sicurezza umana, compresa la contaminazione della catena alimentare, ove pertinente, le condizioni della vita umana, i siti e gli edifici di interesse culturale nella misura in cui sono o possono essere influenzati dallo stato degli elementi dell’ambiente di cui alla lettera a) o, attraverso tali elementi, da qualsiasi fattore di cui alle lettere b) e c);

(…)».

7. Il diritto all’accesso all’informazione ambientale è previsto all’art. 3, n. 1:

«Gli Stati membri provvedono affinché le autorità pubbliche siano tenute, ai sensi delle disposizioni della presente direttiva, a rendere disponibile l’informazione ambientale detenuta da essi o per loro conto a chiunque ne faccia richiesta, senza che il richiedente debba dichiarare il proprio interesse».

8. Le eccezioni sono disciplinate all’art. 4. Nel presente caso risulta particolarmente rilevante il n. 2, lett. d), e) e g):

«Gli Stati membri possono disporre che la richiesta di informazione ambientale sia respinta qualora la divulgazione di tale informazione rechi pregiudizio:

(…)

d)      alla riservatezza delle informazioni commerciali o industriali qualora la riservatezza sia prevista dal diritto nazionale o comunitario per tutelare un legittimo interesse economico, compreso l’interesse pubblico di mantenere la riservatezza statistica ed il segreto fiscale;

e)      ai diritti di proprietà intellettuale;

(…)

g)      agli interessi o alla protezione di chiunque abbia fornito le informazioni richieste di sua propria volontà, senza che sussistesse alcun obbligo legale reale o potenziale in tal senso, a meno che la persona interessata abbia acconsentito alla divulgazione delle informazioni in questione;

(...)

I motivi di rifiuto di cui ai paragrafi 1 e 2 sono interpretati in modo restrittivo tenendo conto nel caso specifico dell’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione. In ogni caso specifico l’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione è ponderato con l’interesse tutelato dal rifiuto. Gli Stati membri non possono, in virtù del paragrafo 2, lettere a), d), f), g) e h), disporre che una richiesta sia respinta se quest’ultima concerne informazioni sulle emissioni nell’ambiente.

(...)».

2.      La direttiva sui prodotti fitosanitari

9. La direttiva sui prodotti fitosanitari disciplina l’autorizzazione, l’immissione in commercio, l’utilizzazione e il controllo di prodotti fitosanitari, nonché l’immissione in commercio e il controllo delle sostanze attive di tali prodotti. In particolare i prodotti fitosanitari necessitano di un’autorizzazione rilasciata dagli Stati membri. Tale autorizzazione è subordinata ad un’indagine sui loro effetti.

10. L’art. 14 disciplina la protezione delle informazioni fornite nel corso della procedura di autorizzazione:

«Fatte salve le disposizioni della direttiva del Consiglio 90/313/CEE, del 7 giugno 1990, concernente la libertà di accesso alle informazioni sull’ambiente, gli Stati membri e la Commissione provvedono affinché le informazioni fornite dai richiedenti riguardanti segreti industriali o commerciali, vengano considerate riservate su domanda del richiedente interessato all’iscrizione di una sostanza attiva nell’allegato I o del richiedente dell’autorizzazione di un prodotto fitosanitario e previa accettazione da parte dello Stato membro o della Commissione della motivazione addotta dal richiedente.

La riservatezza non si applica:

–        alle denominazioni e al contenuto della o delle sostanze attive e alla denominazione del prodotto fitosanitario;

–        alla denominazione di altre sostanze ritenute pericolose ai sensi delle direttive 67/548/CEE e 78/631/CEE;

–        ai dati fisico-chimici concernenti la sostanza attiva e il prodotto fitosanitario;

–        ai mezzi eventualmente utilizzati per rendere innocua la sostanza attiva o il prodotto fitosanitario;

–        alla sintesi dei risultati delle prove per accertare l’efficacia e l’innocuità nei confronti dell’uomo, degli animali, delle piante e dell’ambiente;

–        alle modalità e precauzioni raccomandate per ridurre i rischi durante la manipolazione, l’immagazzinamento, il trasporto e i rischi di incendio o di altra natura;

–        ai metodi di analisi di cui all’articolo 4, paragrafo 1, lettere c) e d) e all’articolo 5, paragrafo 1;

–        alle modalità di eliminazione del prodotto e del suo imballaggio;

–        alle misure di decontaminazione da prendere in caso di perdita o fuga accidentali;

–        alle misure di pronto soccorso e alle cure sanitarie da praticare alle persone in caso di infortunio.

Qualora il richiedente riveli, successivamente, informazioni considerate in precedenza riservate, egli è tenuto ad informarne l’autorità competente».

11. La sostanza attiva propamocarb è autorizzata nell’Unione dal 1° ottobre 2007 quale fungicida (8). La domanda di pronuncia pregiudiziale riguarda misure adottate ancora sul fondamento dell’autorizzazione nazionale olandese precedentemente in vigore.

3.      La direttiva che fissa le quantità massime di residui

12. Nel presente contesto viene altresì in rilievo la direttiva del Consiglio 27 novembre 1990, 90/642/CEE, che fissa le percentuali massime di residui di antiparassitari su e in alcuni prodotti di origine vegetale, compresi gli ortofrutticoli (9). In base all’art. 5 ter, n. 2, gli Stati membri fissano proprie quantità massime di residui, nel caso in cui non siano ancora previsti valori validi a livello di Unione.

13. Il dodicesimo ‘considerando’ di tale direttiva dispone quanto segue:

«il rispetto delle quantità massime permetterà di assicurare la libera circolazione di questi prodotti e un’adeguata protezione della salute dei consumatori e degli animali».

C – Normativa dei Paesi Bassi

14. I Paesi Bassi hanno trasposto la direttiva sull’informazione ambientale, ma tali disposizioni non sono state applicate nel caso in esame. Anziché su di esse, la decisione impugnata è stata fondata sull’art. 22, n. 2, della legge olandese sugli antiparassitari:

«Se in un documento, che viene prodotto ai sensi delle disposizioni della presente legge o sul suo fondamento al Ministro competente o al College, sono contenuti dati, o se da siffatto documento possono essere desunti dati, che devono essere considerati riservati a tutela del segreto industriale, il Ministro competente o il College, su apposita richiesta scritta di chi produce il documento, dispone che rispetto a tali dati sia conservato il segreto. La richiesta deve essere motivata».

III – Procedimento principale e domande pregiudiziali

15. Nel 1999, le autorità competenti olandesi hanno modificato la quantità massima ammissibile di residui sull’insalata e nell’insalata della sostanza attiva denominata propamocarb, fissandola a 15 mg/kg. Tale valore è stato fissato in occasione di una richiesta di estensione dell’autorizzazione per il prodotto «Previcur N». La Bayer CropScience B.V. (in prosieguo: la «Bayer») è l’avente causa del titolare di tale autorizzazione.

16. Con scritto del 31 gennaio 2005, le ricorrenti del procedimento principale, la Stichting Natuur en Milieu, la Vereniging Milieudefensie e la Vereniging Goede Waar & Co. richiedevano al convenuto, il College voor de toelating van bestrijdingsmiddelen (commissione per l’autorizzazione degli antiparassitari; in prosieguo: il «College»), di fornire loro tutte le informazioni sulla base delle quali era stata adottata la decisione relativa alla determinazione dell’anzidetta quantità massima di residui.

17. Fondandosi sull’art. 22 della legge olandese sugli antiparassitari il College ha respinto la richiesta dei ricorrenti con decreto 8 marzo 2005. Detta disposizione prevarrebbe sulla normativa concernente l’accesso all’informazione ambientale.

18. Contro tale decisione i ricorrenti hanno presentato opposizione con lettera del 14 aprile 2005. Il College, dopo aver dato alla Bayer la possibilità di presentare osservazioni, il 22 giugno 2007 ha adottato la decisione sull’opposizione, rettificata il 17 luglio 2007, impugnata nel procedimento principale.

19. Con tale decisione il College ha negato l’accesso agli studi sui residui e ai protocolli sulle sperimentazioni in campo che erano stati prodotti nel corso della procedura per la determinazione della quantità massima di residui e che, ad avviso della Bayer, contengono informazioni commerciali riservate.

20. Il 6 agosto 2007, i ricorrenti hanno presentato ricorso contro tale decisione dinanzi al giudice a quo.

21. Nel relativo procedimento il College van beroep voor het bedrijfsleven (Tribunale commerciale olandese) sottopone alla Corte le seguenti questioni:

«1)      Se la nozione di “informazione ambientale” di cui all’art. 2 della direttiva sull’informazione ambientale debba essere interpretata in modo da ricomprendere anche le informazioni fornite nell’ambito di una procedura nazionale di (estensione dell’) autorizzazione di un prodotto fitosanitario al fine di fissare la quantità massima di un antiparassitario, o di un suo componente o di un suo prodotto di degradazione, contenuta in cibi o bevande.

2)      In caso di soluzione affermativa della prima questione, quale rapporto sussista tra l’art. 14 della direttiva sui prodotti fitosanitari e la direttiva sull’informazione ambientale in relazione alle informazioni di cui alla prima questione e, in particolare, se l’art. 14 della direttiva sui prodotti fitosanitari possa essere applicato solo se la sua applicazione non pregiudichi gli obblighi derivanti dall’art. 4, n. 2, della direttiva sull’informazione ambientale.

3)      Qualora dalla soluzione della prima e della seconda questione dovesse risultare che il convenuto nel caso in esame è tenuto ad applicare l’art. 4 della direttiva sull’informazione ambientale, se l’art. 4 della medesima comporti che la ponderazione, ivi prevista, dell’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione con l’interesse specifico tutelato dal rifiuto della divulgazione debba aver luogo in fase applicativa, oppure possa intervenire anche in fase di legislazione nazionale».

22. Alla fase scritta del procedimento hanno preso parte, oltre alla ricorrente del procedimento principale (la Stichting Natuur en Milieu), l’interveniente nel procedimento principale (la Bayer CropScience B.V.), la Repubblica ellenica, il Regno dei Paesi Bassi e la Commissione europea. All’udienza del 9 settembre 2010 sono intervenuti la Vereniging Milieudefensie, la Bayer, i Paesi Bassi, la Grecia e la Commissione.

IV – Valutazione giuridica

A – Sull’applicabilità ratione temporis della nuova direttiva sull’informazione ambientale

23. Occorre preliminarmente chiarire se debba essere applicata la nuova o la vecchia direttiva sull’informazione ambientale. A tal fine mi soffermerò in primo luogo sui principi generali in materia di applicabilità ratione temporis degli atti del diritto dell’Unione (v. infra, 1) e, in secondo luogo, sul rinvio operato dall’art. 14 della direttiva sui prodotti fitosanitari alla vecchia direttiva sull’informazione ambientale (v. infra, 2).

1.      Sui principi generali in materia di applicabilità ratione temporis

24. Il giudice a quo solleva la questione se la nuova direttiva sull’informazione ambientale possa essere applicata ad informazioni fornite alle autorità competenti – come nel caso di specie – già prima della scadenza del termine per la sua trasposizione.

25. Secondo la costante giurisprudenza, le norme di procedura si applicano, come si ritiene in generale, a tutte le controversie pendenti all’atto della loro entrata in vigore, a differenza delle norme sostanziali, che, secondo la comune interpretazione, non riguardano, in linea di principio, rapporti giuridici sorti anteriormente alla loro entrata in vigore (10). In linea generale, infatti, il principio della certezza del diritto osta a che il momento iniziale dell’applicazione nel tempo di un atto comunitario decorra da una data anteriore a quella della sua pubblicazione. A tal riguardo, per garantire l’osservanza dei principi della certezza del diritto e della tutela del legittimo affidamento, le norme comunitarie di diritto sostanziale devono essere interpretate come applicabili a situazioni createsi anteriormente alla loro entrata in vigore soltanto in quanto dalla lettera, dallo scopo o dallo spirito di tali norme risulti chiaramente che dev’essere loro attribuita tale efficacia (11).

26. In linea di principio, tuttavia, una nuova norma si applica immediatamente agli effetti futuri di situazioni sorte in vigenza della vecchia norma (12). Il principio della tutela del legittimo affidamento non può essere esteso al punto da impedire, in via generale, che una nuova norma si applichi agli effetti futuri di situazioni sorte in vigenza della norma antecedente (13).

27. L’accesso ad informazioni ricevute in passato da un’autorità pubblica, per come è disciplinato dalla direttiva sull’informazione ambientale, non può essere qualificato come una questione di diritto processuale, bensì di diritto sostanziale. I diritti di natura processuale ad essere informati sono sempre rivolti ad un’altra finalità, ad esempio a consentire di essere ascoltati in relazione ad un provvedimento a carico, mentre il diritto all’accesso all’informazione ambientale è formalmente riconosciuto a prescindere da qualsiasi ulteriore scopo. Ne consegue che in via di principio non è possibile un’applicazione retroattiva della direttiva sull’informazione ambientale.

28. La decisione relativa all’accesso ad informazioni in precedenza acquisite da un’autorità pubblica costituisce, tuttavia, un effetto futuro di una situazione sorta in precedenza. In effetti, è solo nel momento in cui si decide sulla richiesta d’accesso che sorge la questione se le informazioni possano essere divulgate.

29. Questa peculiare dipendenza temporale del diritto d’accesso è espressamente prevista all’art. 4, n. 7, prima frase del regolamento (CE) n. 1049/2001, relativo all’accesso del pubblico ai documenti del Parlamento europeo, del Consiglio e della Commissione (14). In base a tale disposizione, le eccezioni al diritto d’accesso si applicano unicamente al periodo nel quale la protezione è giustificata sulla base del contenuto del documento. Ciò deriva necessariamente dal principio, valido anche per la direttiva sull’informazione ambientale, secondo cui l’accesso può in via di principio essere rifiutato solo se gli effetti negativi su un bene tutelato prevalgono rispetto all’interesse del pubblico alla divulgazione dell’informazione. Sia gli effetti negativi che l’interesse del pubblico possono modificarsi nel corso del tempo e condurre ad un diverso esito della ponderazione.

30. Di conseguenza, dalle disposizioni della direttiva sull’informazione ambientale non risulta che il momento in cui le informazioni sono entrate in possesso dell’autorità pubblica sono rilevanti ai fini dell’applicazione del diritto di accesso. L’art. 3, n. 1, comprende indistintamente tutte le informazioni disponibili e non sono previste disposizioni speciali per informazioni vecchie. Qualora all’atto della trasmissione di informazioni precedentemente all’entrata in vigore di disposizioni relative all’accesso alle informazioni ambientali sussistesse una legittima aspettativa ad un trattamento riservato, in modo duraturo, di tale circostanza non occorrerebbe tener conto in sede di determinazione dell’ambito di applicazione della direttiva sull’informazione ambientale ma in sede di applicazione delle deroghe.

31. Non è pertanto decisivo il momento in cui le informazioni in questione sono pervenute alle autorità competenti (15).

32. Ciò nonostante, la Commissione e i Paesi Bassi ritengono che nel procedimento principale si debba applicare la vecchia direttiva sull’informazione ambientale in quanto la prima richiesta d’accesso è stata inoltrata prima della scadenza del termine di trasposizione della nuova direttiva (16). La Commissione richiama a tal proposito il principio tempus regit actum. Ciò significa che la valutazione delle conseguenze giuridiche di una fattispecie dipende dalla normativa giuridica applicabile all’epoca degli avvenimenti controversi (17).

33. A determinate condizioni potrebbe effettivamente risultare corretto valutare una richiesta in base alla normativa applicabile all’epoca del suo inoltro, o forse fare addirittura riferimento ad avvenimenti ancora precedenti. Ciò può risultare dalle disposizioni normative di volta in volta applicabili, eventualmente in combinato disposto con i sopracitati principi di certezza del diritto o di tutela del legittimo affidamento (18).

34. Nel caso della direttiva sull’informazione ambientale, tuttavia, l’avvenimento rilevante per l’applicazione della norma giuridica è costituito dalla decisione relativa all’accesso alle informazioni. Ciò emerge già dal fatto che il richiedente, dopo la scadenza del termine di trasposizione della nuova direttiva sull’informazione ambientale, avrebbe potuto presentare una nuova richiesta in qualsiasi momento senza che normalmente gli potesse essere opposta alcuna decisione definitiva relativa ad una precedente richiesta (19).

35. Nel presente caso deve altresì considerarsi che la richiesta è stata inoltrata solo due settimane prima della scadenza del termine di trasposizione della nuova direttiva sull’informazione ambientale, e che la prima decisione è stata presa dopo la scadenza di tale termine. La decisione amministrativa definitiva, impugnata nel procedimento principale, è stata addirittura adottata solo più di due anni dopo. Ciò considerato, il riferimento alla vecchia direttiva sull’informazione ambientale, più restrittiva, apparirebbe quasi un abuso.

36. Pertanto, in base ai principi generali sull’applicabilità ratione temporis degli atti del diritto dell’Unione, nel caso in esame deve essere applicata la nuova direttiva sull’informazione ambientale.

2.      Sull’applicabilità della nuova direttiva sull’informazione ambientale in combinato disposto con l’art. 14 della direttiva sui prodotti fitosanitari

37. Nel presente caso si tratta, tuttavia, di informazioni fornite in una procedura per l’estensione dell’autorizzazione di un prodotto fitosanitario. Il loro trattamento riservato è oggetto dell’art. 14 della direttiva sui prodotti fitosanitari. Tale norma si applica espressamente fatte salve le disposizioni della vecchia direttiva sull’informazione ambientale. Occorre pertanto accertare se tale normativa rinvii in modo vincolante alla vecchia direttiva (rinvio fisso), oppure se la nuova direttiva sull’informazione ambientale sia subentrata al suo posto nell’ambito di applicazione di tale disposizione (rinvio mobile).

38. In senso contrario all’applicazione della nuova direttiva sull’informazione ambientale potrebbe rilevarsi che il legislatore, al momento dell’adozione della direttiva sui prodotti fitosanitari, aveva sotto gli occhi le disposizioni della vecchia direttiva sull’informazione ambientale. Per quanto concerne la tutela della riservatezza delle informazioni commerciali o industriali, un conflitto tra la direttiva sui prodotti fitosanitari e la vecchia direttiva sull’informazione ambientale potrebbe ritenersi pressoché escluso, dal momento che l’art. 3, n. 2, quarto trattino della vecchia direttiva consentiva agli Stati membri di rifiutare l’accesso a informazioni riguardanti la riservatezza commerciale ed industriale.

39. La nuova direttiva sull’informazione ambientale limita, invece, la tutela della riservatezza delle informazioni commerciali e industriali. In base all’art. 4, n. 2, lett. d), un rifiuto è possibile solo in presenza di tre condizioni: che la divulgazione rechi pregiudizio alla riservatezza di informazioni commerciali o industriali giuridicamente tutelate, che l’interesse alla tutela della riservatezza di tali informazioni prevalga sull’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione, e che non si tratti di informazioni sulle emissioni nell’ambiente. Pertanto può senz’altro accadere che la nuova direttiva sull’informazione ambientale consenta l’accesso ad informazioni che in base alla vecchia direttiva sarebbero state considerate riservate.

40. L’art. 11 della nuova direttiva sull’informazione ambientale, tuttavia, abroga la vecchia direttiva e prevede che i riferimenti alla vecchia direttiva si intendono fatti alla nuova direttiva. Ne consegue che il testo stesso della nuova direttiva sull’informazione ambientale esclude un’isolato mantenimento in vigore della vecchia direttiva per la tutela della riservatezza delle informazioni commerciali nel settore dei prodotti fitosanitari.

41. Occorre inoltre considerare che gli accordi internazionali conclusi dall’Unione prevalgono sulle norme del diritto comunitario derivato (20). Le norme del diritto dell’Unione derivato devono pertanto essere interpretate, per quanto è possibile, in conformità con gli obblighi di diritto internazionale dell’Unione (21). Senonché le disposizioni della nuova direttiva sull’informazione ambientale concernenti la tutela della riservatezza delle informazioni commerciali e industriali corrispondono alle prescrizioni dell’art. 4, n. 4, lett. d), della Convenzione di Århus, che si applicano anche ai prodotti fitosanitari, mentre le disposizioni della vecchia direttiva sull’informazione ambientale su questo punto non costituirebbero un’adeguata trasposizione della Convenzione.

42. L’art. 14 della direttiva sui prodotti fitosanitari deve pertanto essere inteso nel senso che esso si applica fatte salve le disposizioni della nuova direttiva sull’informazione ambientale, e la domanda di pronuncia pregiudiziale deve essere valutata sulla base della nuova direttiva sull’informazione ambientale.

B – Sulla prima questione

43. Con la prima questione occorre chiarire se informazioni, fornite nell’ambito di una procedura nazionale per l’estensione dell’autorizzazione di un prodotto fitosanitario al fine di fissare la quantità massima di un antiparassitario contenuta in cibi o bevande, siano informazioni ambientali.

44. Già in relazione alla vecchia direttiva sull’informazione ambientale la Corte ha statuito che il legislatore ha inteso attribuire alla nozione di «informazioni relative all’ambiente» un’accezione ampia, e che si è astenuto dal definire tale nozione in modo che potesse restare esclusa dall’ambito di applicazione della direttiva una qualsiasi delle attività svolte dall’autorità pubblica (22). La nuova direttiva sull’informazione ambientale contiene una definizione più ampia e più dettagliata (23). Tuttavia, né la vecchia né la nuova direttiva sull’informazione ambientale si propongono di attribuire un diritto di accesso generalizzato e illimitato all’insieme delle informazioni detenute dall’autorità pubblica e che presentino un rapporto, ancorché minimo, con un bene ambientale. Occorre infatti, affinché sorga il diritto di accesso, che tali informazioni rientrino in una o più delle categorie elencate dalla direttiva (24). È pertanto necessario verificare se le informazioni controverse possano essere ricondotte ad una di tali categorie.

45. Secondo il giudice a quo, gli studi in questione contengono, da un lato, la determinazione della quantità (massima) ammissibile di propamocarb che può riscontrarsi sull’insalata o nell’insalata dal punto di vista di una buona pratica agricola e della salute pubblica e, dall’altro, l’accertamento che il prodotto Previcur N, in caso di osservanza delle prescrizioni legislative d’uso e delle istruzioni legislative per l’uso, soddisfa i presupposti di legge.

46. La Bayer sostiene che gli studi e i protocolli contengono sostanzialmente informazioni su sperimentazioni in campo con il prodotto fitosanitario e una valutazione statistica. Questi documenti indicherebbero pertanto solo le quantità di prodotto che residuano sulle piante in caso di un suo uso corretto. Gli effetti del prodotto, nonché gli eventuali rischi per la salute della sostanza attiva sarebbero invece analizzati in altri studi.

1.      Sull’art. 2, punto 1, lett. f), della direttiva sull’informazione ambientale – informazioni concernenti la salute

47. Poiché le informazioni in questione servono a determinare la quantità massima di residui, e questa è destinata a tutelare (anche) la salute umana, i soggetti che hanno presentato osservazioni alla Corte discutono soprattutto sulla questione se si tratti di informazioni ambientali concernenti la salute, come contemplate dall’art. 2, punto 1, lett. f), della direttiva sull’informazione ambientale. In base a tale disposizione sono informazioni ambientali tutte le informazioni concernenti lo stato della salute e della sicurezza umana, compresa la contaminazione della catena alimentare, ove pertinente, le condizioni della vita umana, i siti e gli edifici di interesse culturale nella misura in cui sono o possono essere influenzati dallo stato degli elementi dell’ambiente di cui all’art. 2, punto 1, lett. a), o, attraverso tali elementi, da qualsiasi fattore di cui alle lett. b) e c).

48. Tale definizione è molto ampia per ciò che riguarda gli aspetti della vita umana influenzati. Essa, tuttavia, comprende soltanto le informazioni sugli effetti che vengono mediati da elementi o fattori dell’ambiente, o da misure o attività concernenti l’ambiente. In tal modo si intende evitare di comprendere una quantità di informazioni non collegate con l’ambiente (25).

49. Le informazioni sui residui di un prodotto fitosanitario sugli alimenti si riferiscono evidentemente alla contaminazione della catena alimentare e, quindi, anche alla salute e alla sicurezza umana. La Bayer e i Paesi Bassi, tuttavia, contestano che le informazioni controverse si riferiscano ad effetti mediati da elementi dell’ambiente. Pertanto, prima di giungere ad una decisione definitiva sull’applicazione dell’art. 2, punto 1, lett. f), della direttiva sull’informazione ambientale, pare opportuno analizzare preliminarmente le lett. a), b) e c), di tale disposizione.

2.      Sull’art. 2, punto 1, lett. a), della direttiva sull’informazione ambientale – stato degli elementi dell’ambiente

50. Ai sensi dell’art. 2, punto 1, lett. a), della direttiva sull’informazione ambientale, la nozione di informazione ambientale comprende qualsiasi informazione concernente lo stato degli elementi dell’ambiente, quali l’aria e l’atmosfera, l’acqua, il suolo, il territorio, il paesaggio e i siti naturali, compresi gli igrotopi, le zone costiere e marine, la diversità biologica e i suoi elementi costitutivi, compresi gli organismi geneticamente modificati, nonché le interazioni tra questi elementi.

51. Le informazioni controverse si riferiscono allo stato delle piante di insalata trattate, segnatamente ai residui di un antiparassitario che rimangono su tali piante quando esso viene usato correttamente. Nel caso in cui si ritenga che tali piante siano elementi dell’ambiente, allora si tratta di informazioni ambientali.

52. L’elenco degli elementi dell’ambiente non è tassativo, ma soltanto esemplificativo. In teoria potrebbe considerarsi come elemento dell’ambiente tutto ciò che è presente nell’ambiente, sicché sarebbero tali anche le piante di insalata trattate con prodotti fitosanitari.

53. Tuttavia, gli elementi dell’ambiente elencati non descrivono singoli oggetti o esemplari, bensì entità astratte dell’ambiente: l’aria e l’atmosfera, l’acqua, il suolo, il territorio, il paesaggio e i siti naturali, nonché la diversità biologica e i suoi elementi costitutivi. Si tratta di elementi strutturali che conformano l’ambiente o determinati settori dell’ambiente.

54. Le piante di insalata in quanto tali non rientrano in questo elenco, mentre vi rientra il concetto generale di colture agricole. Esse conformano rilevanti settori del nostro ambiente e pertanto dovrebbero essere riconosciute quale elemento dell’ambiente. Le informazioni sulle piante di insalata trattate riguarderebbero, quindi, lo stato di una porzione di questo elemento dell’ambiente.

55. A ciò potrebbe opporsi che le colture agricole non fanno parte dell’ambiente naturale, ma rientrano in un procedimento di produzione realizzato dall’uomo. Esse non fanno quindi parte dell’ambiente naturale, ma vanno piuttosto ricondotte all’ambiente modificato dall’uomo.

56. Un argomento a favore della tesi secondo cui la nozione di ambiente del diritto dell’Unione comprenderebbe solo elementi naturali o seminaturali può essere tratto dalla nozione di «siti naturali», che viene menzionata come uno degli elementi dell’ambiente all’art. 2, punto 1, lett. a), della direttiva sull’informazione ambientale, nonché in vari altri atti giuridici (26). In particolare, l’art. 2, punto 12, della direttiva sui prodotti fitosanitari non estende la nozione di ambiente alle colture agricole ma la limita pertanto alla fauna e alla flora selvatiche. Ne consegue che solo la fauna e la flora selvatiche ricevono la particolare tutela del diritto ambientale dell’Unione (27), mentre le colture agricole rientrano nel diritto agrario.

57. La nozione di ambiente del diritto dell’Unione non è, tuttavia, sempre limitata all’ambiente naturale. Ad esempio, la valutazione dell’impatto ambientale ricomprende, tra l’altro, gli effetti sulla popolazione e sui beni materiali, compreso il patrimonio architettonico e archeologico (28). Inoltre, la direttiva quadro sulle acque prevede anche norme sulla qualità ambientale dei corpi idrici artificiali (29). E come fa valere infine la Commissione, nella vecchia direttiva sull’informazione ambientale erano considerate informazioni ambientali informazioni relative alla fauna e alla flora, a prescindere se si trattava di fauna e flora naturali.

58. Così, un’eventuale limitazione della nozione di ambiente all’ambiente naturale non rappresenta emanazione di un principio generale ma deriva dallo scopo di volta in volta perseguito dalla definizione. La direttiva sull’informazione ambientale non contiene elementi su cui basare uno scopo talmente limitato. Occorre invece partire dal presupposto che la nuova direttiva non dovrebbe restringere la nozione di informazione ambientale rispetto alla vecchia direttiva (30). Pertanto, la menzione dei siti naturali nell’elenco, solo esemplificativo, degli elementi dell’ambiente non dovrebbe essere intesa in senso limitativo. D’altronde gli altri esempi non vengono per l’appunto qualificati con l’aggettivo «naturali».

59. Distinguere tra ambiente naturale e ambiente artificiale non sarebbe molto sensato nemmeno da un punto di vista pratico, in quanto in Europa non ci sono pressoché più settori dell’ambiente che non siano più o meno intensamente influenzati dall’uomo. In base a tale logica, non sarebbero informazioni ambientali le informazioni concernenti le foreste di produzione di legname relative, ad esempio, allo loro distruzione.

60. Per quanto riguarda le colture agricole, esse sono da ricondurre in ogni caso all’ambiente quando entrano in interazione con gli elementi naturali dell’ambiente. È il caso della coltivazione in campo aperto delle piante di insalata in quanto le medesime possono entrare in contatto in particolare col suolo e con gli animali selvatici, ma essa può avere effetti indiretti anche sulle acque, in particolare sulle acque sotterranee.

61. Le informazioni controverse relative ai residui sulle piante di insalata costituiscono, pertanto, informazioni ambientali in forma di informazioni concernenti elementi dell’ambiente ai sensi dell’art. 2, punto 1, lett. a), della direttiva sull’informazione ambientale.

3.      Sull’art. 2, punto 1, lett. b), della direttiva sull’informazione ambientale – informazioni concernenti fattori ambientali

62. Occorre prendere in considerazione anche l’art. 2, punto 1, lett. b), della direttiva sull’informazione ambientale. In questa categoria rientrano informazioni concernenti fattori quali le sostanze, l’energia, il rumore, le radiazioni o i rifiuti, compresi quelli radioattivi, le emissioni, gli scarichi e altri rilasci nell’ambiente, che incidono o possono incidere sugli elementi dell’ambiente di cui alla lett. a).

63. La Stichting Natuur en Milieu e anche la Commissione sostengono che gli studi e i protocolli contengono informazioni concernenti fattori che incidono o possono incidere su elementi dell’ambiente.

64. Ciò è vero in quanto la sostanza attiva propamocarb e il prodotto fitosanitario Previcur N sono sostanze il cui rilascio è destinato ad avere effetti su elementi dell’ambiente. Questi effetti non riguardano soltanto le piante di insalata trattate, ma anche altri elementi dell’ambiente, in particolare piante, animali e funghi, ma anche l’acqua, il suolo o l’aria ambiente.

65. Anche nel caso in cui – contrariamente all’opinione qui sostenuta – non si dovessero considerare le colture agricole quali elementi dell’ambiente, si tratterebbe pur sempre, quindi, di informazioni concernenti fattori dell’ambiente. Anche le informazioni concernenti i residui sulle piante di insalata sono, infatti, informazioni concernenti il rilascio di sostanze che hanno effetti su elementi dell’ambiente. I residui stessi possono, infatti, avere effetti su elementi dell’ambiente, ad esempio quando vengono ingeriti da animali selvatici.

66. Pertanto, le informazioni controverse relative al trattamento delle piante di insalata costituiscono informazioni ambientali rientrando anche nella categoria delle informazioni concernenti fattori dell’ambiente ai sensi dell’art. 2, punto 1, lett. b), della direttiva sull’informazione ambientale.

4.      Sull’art. 2, punto 1, lett. c), della direttiva sull’informazione ambientale – informazioni concernenti misure amministrative

67. Potrebbe altresì trattarsi di informazioni ambientali ai sensi dell’art. 2, punto 1, lett. c), della direttiva sull’informazione ambientale. Questa categoria comprende informazioni concernenti le misure (comprese quelle amministrative) quali le politiche, le disposizioni legislative, i piani, i programmi, gli accordi ambientali e le attività che incidono o possono incidere sugli elementi e sui fattori dell’ambiente di cui all’art. 2, punto 1, lett. a) e b), nonché le misure o attività intese a proteggere i suddetti elementi.

68. Le informazioni su misure amministrative, non rivolte alla tutela dell’ambiente, non sono tuttavia informazioni ambientali (31). Potrebbe dubitarsi della presenza di informazioni ambientali ai sensi dell’art. 2, punto 1, lett. c), della direttiva sull’informazione ambientale, dal momento che gli studi e i protocolli sono stati utilizzati per la determinazione della quantità massima di residui, la cui principale finalità, secondo la Bayer e i Paesi Bassi, consiste nella tutela dei consumatori e nella commerciabilità del prodotto interessato, e non, prioritariamente, nella tutela dell’ambiente. Il dodicesimo ‘considerando’ della direttiva 90/642 e il secondo ‘considerando’ del regolamento n. 396/2005 (32), qui non applicabile per motivi temporali, confermano tale opinione.

69. La Grecia, tuttavia, giustamente osserva, nella fase scritta del procedimento, che le informazioni in questione sono state fornite, in base a quanto riferito dalla domanda di pronuncia pregiudiziale, nella procedura per la proroga dell’autorizzazione di un prodotto fitosanitario. E la Commissione segnala che siffatti studi, ai sensi dell’art. 13, n. 1, lett. b), e dell’allegato II, parte A, punto 6.3 della direttiva sui prodotti fitosanitari, devono essere forniti nella procedura di autorizzazione. Deve pertanto ritenersi che gli studi e i protocolli non sono rilevanti solo per la determinazione del quantitativo massimo di residui, ma costituiscono anche parte del fondamento di un’autorizzazione. La decisione in merito all’autorizzazione di prodotti fitosanitari è una misura amministrativa ai sensi dell’art. 2, punto 1, lett. c), della direttiva sull’informazione ambientale, che può incidere sullo stato di elementi dell’ambiente.

70. Per poter valutare in modo completo tale misura, risulta ragionevole considerare, in via di principio, tutte le informazioni concernenti la procedura quali informazioni ambientali. Spesso, in pratica, dovrebbe essere possibile valutare se le informazioni in questione siano rilevanti per l’ambiente solo in base al contesto in cui sono di volta in volta inserite. Gli studi controversi nel caso di specie potrebbero ad esempio chiarire se e a quali condizioni l’utilizzo del prodotto può determinare la presenza di quantità particolarmente alte di residui sulle piante coltivate che potrebbero essere di rilievo non solo per la tutela dei consumatori ma anche per l’ambiente.

71. Pertanto, le informazioni che vengono fornite nella procedura di autorizzazione sono informazioni concernenti tale misura amministrativa, e quindi informazioni ambientali anche ai sensi dell’art. 2, punto 1, lett. c), della direttiva sull’informazione ambientale (33).

5.      Conclusione

72. Sulla base delle considerazioni svolte in relazione all’art. 2, punto 1, lett. a), b) e c), della direttiva sull’informazione ambientale, gli studi e i protocolli controversi costituiscono informazioni ambientali rientrando nella categoria delle informazioni concernenti la contaminazione della catena alimentare ai sensi dell’art. 2, punto 1, lett. f), della direttiva sull’informazione ambientale.

73. In sintesi, la nozione di «informazione ambientale» di cui all’art. 2 della direttiva sull’informazione ambientale deve essere interpretata in modo da ricomprendere anche le informazioni fornite nell’ambito di una procedura nazionale di (estensione dell’) autorizzazione di un prodotto fitosanitario al fine di fissare la quantità massima di un antiparassitario, o di un suo componente o di un suo prodotto di degradazione, contenuta in cibi o bevande.

C – Sulla seconda questione – il rapporto tra la direttiva sull’informazione ambientale e l’art. 14 della direttiva sui prodotti fitosanitari

74. Con la seconda questione il giudice a quo desidera sapere quale rapporto sussista tra la direttiva sull’informazione ambientale e l’art. 14 della direttiva sui prodotti fitosanitari e, in particolare, se l’art. 14 della direttiva sui prodotti fitosanitari possa essere applicato solo se la sua applicazione non pregiudichi gli obblighi derivanti dall’art. 4, n. 2, della direttiva sull’informazione ambientale.

75. Benché la determinazione delle quantità massime di residui sottostia ad apposite disposizioni del diritto dell’Unione – all’epoca della decisione olandese sul propamocarb: l’art. 5 ter, n. 2, della direttiva 90/642 – che non contengono alcuna disciplina del trattamento delle informazioni industriali o commerciali riservate, nondimeno l’art. 14 della direttiva sui prodotti fitosanitari è in via di principio applicabile, in quanto le informazioni controverse sono state fornite nell’ambito di una procedura di autorizzazione di un prodotto fitosanitario.

1.      Sull’applicazione dell’art. 4, n. 2, lett. d), della direttiva sull’informazione ambientale alla luce dell’art. 14 della direttiva sui prodotti fitosanitari

76. Poiché l’art. 14 della direttiva sui prodotti fitosanitari si applica fatte salve le disposizioni della direttiva sull’informazione ambientale, una richiesta di informazioni ambientali, fornite in una procedura di autorizzazione di prodotti fitosanitari, deve essere in via di principio valutata sulla base della direttiva sull’informazione ambientale (34). Ove intendano negare l’accesso a informazioni ambientali, le autorità competenti devono prima di tutto verificare specificamente se la divulgazione possa recare pregiudizio alla riservatezza di informazioni commerciali o industriali giuridicamente tutelate e se si tratti di informazioni concernenti emissioni nell’ambiente ed, eventualmente, infine ponderare l’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione con l’interesse tutelato dal rifiuto della divulgazione.

77. La tutela giuridica della riservatezza delle informazioni commerciali e industriali è già stata riconosciuta nel diritto in materia di concorrenza e di appalti pubblici come un principio generale (35) e addirittura come parte del principio fondamentale alla tutela della vita privata (36); essa costituisce inoltre un obbligo di diritto internazionale dell’Unione ai sensi dell’art. 39 dell’accordo TRIPS e, nel presente caso, risulta altresì dalla direttiva sui prodotti fitosanitari e dal diritto olandese.

78. L’art. 14 della direttiva sui prodotti fitosanitari è utile anche per individuare le informazioni riservate da tutelare secondo la medesima. Per un verso, tale disposizione menziona varie informazioni che non beneficiano della tutela della riservatezza delle informazioni commerciali e industriali (37). Il presente caso, tuttavia, non vi rientra. Per altro verso, l’art. 14 della direttiva sui prodotti fitosanitari prevede una procedura attraverso la quale le autorità competenti, insieme con le imprese interessate, stabiliscono quali tra le informazioni fornite contengono informazioni commerciali o industriali riservate. La considerazione di determinate informazioni come riservate presuppone, infatti, una domanda la cui motivazione deve essere accettata dalle autorità competenti.

79. Secondo la Bayer e i Paesi Bassi, la decisione delle autorità competenti in merito al riconoscimento della riservatezza delle informazioni, prevista all’art. 14 della direttiva sui prodotti fitosanitari, dovrebbe ripercuotersi sulla decisione in merito alla richiesta d’accesso, prevista dalla direttiva sull’informazione ambientale. La Bayer sostiene, in proposito, che l’autorità pubblica effettua già in occasione della domanda dell’impresa un’adeguata ponderazione di interessi. Ciò comporterebbe, in definitiva, che la tutela della riservatezza delle informazioni industriali e commerciali dovrebbe essere valutata soltanto sulla scorta dell’art. 14 della direttiva sui prodotti fitosanitari.

80. Tale tesi non mi convince del tutto. Benché vi siano validi argomenti che inducono a fondare la valutazione della meritevolezza di tutela della riservatezza delle informazioni industriali o commerciali sull’art. 14 della direttiva sui prodotti fitosanitari, ciò non può tuttavia precludere l’applicazione degli ulteriori elementi previsti dalla direttiva sull’informazione ambientale. Sul punto occorre soffermarsi in dettaglio.

81. Se la procedura prevista all’art. 14 della direttiva sui prodotti fitosanitari viene svolta correttamente, si può in via di principio ritenere che siano state individuate le informazioni la cui divulgazione recherebbe pregiudizio alla riservatezza delle informazioni industriali e commerciali. A tal proposito, occorre tenere in considerazione segnatamente la tutela derivante dai diritti fondamentali a tali posizioni ma anche già la sua limitazione ammissibile in base ad altri interessi preponderanti, in particolare attraverso le disposizioni relative all’accesso alle informazioni ambientali.

82. Una corretta decisione ai sensi dell’art. 14 della direttiva sui prodotti fitosanitari presuppone, di conseguenza, l’osservanza non solo del testo di tale disposizione, bensì anche delle prescrizioni contenute nella direttiva sull’informazione ambientale. Così l’art. 4, n. 2, quarta frase della direttiva sull’informazione ambientale vieta di qualificare come informazioni commerciali e industriali da considerare riservate le informazioni concernenti le emissioni nell’ambiente. Ne consegue che le autorità competenti non possono accettare alcuna domanda di tutela della riservatezza di informazioni di tal tipo.

83. Nondimeno, anche in caso di corretta applicazione dell’art. 14 della direttiva sui prodotti fitosanitari, non può escludersi che i motivi fondanti la meritevolezza di tutela delle informazioni siano venuti meno al momento della decisione in merito alla richiesta d’accesso (38). In un caso del genere, il mantenimento della riservatezza non sarebbe più giustificato e la decisione presa ai sensi dell’art. 14 della direttiva sui prodotti fitosanitari non potrebbe più essere opposta al richiedente.

84. Potrebbe altresì ipotizzarsi il caso che la richiesta d’accesso a informazioni ambientali richiami ulteriori interessi pubblici tutelati dalla divulgazione delle informazioni, di cui l’autorità competente non ha tenuto conto in occasione della originaria decisione sulla tutela della riservatezza. In tal caso, la decisione presa ai sensi dell’art. 14 della direttiva sui prodotti fitosanitari non avrebbe ponderato in modo esaustivo la tutela della riservatezza con l’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione. Piuttosto occorrerebbe ripetere tale ponderazione.

85. Pertanto, la decisione correttamente presa ai sensi dell’art. 14 della direttiva sui prodotti fitosanitari in merito alla tutela della riservatezza delle informazioni commerciali e industriali è vincolante per la decisione in merito alla divulgazione di informazioni ambientali di cui all’art. 4, n. 2, lett. d), della direttiva sull’informazione ambientale, (solo) fatti salvi eventuali nuovi sviluppi e ulteriori informazioni sull’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione.

2.      Sulle informazioni concernenti emissioni nell’ambiente

86. In base all’art. 4, n. 2, quarta frase, della direttiva sull’informazione ambientale la divulgazione di informazioni ambientali non può essere rifiutata in nome della riservatezza delle informazioni commerciali o industriali se la richiesta concerne informazioni sulle emissioni nell’ambiente. Quantunque la domanda di pronuncia pregiudiziale non contenga alcuna questione relativa alla definizione di tali informazioni, è tuttavia evidente che tale questione è di fondamentale rilevanza per il procedimento principale e pertanto viene affrontata anche dai soggetti che hanno presentato osservazioni alla Corte.

87. Le linee guida per l’applicazione della Convenzione di Århus (39) rinviano, per la nozione di emissioni, alla definizione della direttiva IPPC (40). In base all’art. 2, punto 5, di tale direttiva, per emissione si intende lo scarico diretto o indiretto, da fonti puntiformi o diffuse dell’impianto, di sostanze, vibrazioni, calore o rumore nell’aria, nell’acqua ovvero nel suolo. I Paesi Bassi e la Commissione propongono pertanto di circoscrivere la nozione di emissioni alle emissioni di impianti ai sensi della direttiva IPPC, sicché il rilascio di prodotti fitosanitari utilizzati in colture in campo non costituirebbe emissione.

88. In teoria, le linee guida costituiscono un utile aiuto per l’interpretazione di concetti giuridici indeterminati della direttiva sull’informazione ambientale (41). È vero che esse non possono determinare in modo vincolante l’interpretazione della Convenzione di Århus, tuttavia le parti della Convenzione erano quantomeno a conoscenza delle medesime ed hanno appoggiato la loro elaborazione (42). E si può presumere che le linee guida fossero note al legislatore in occasione dell’adozione della direttiva sull’informazione ambientale.

89. Ma già la circostanza che le linee guida, richiamando la direttiva IPPC, intendessero limitare la nozione di emissione ai soli impianti è dubbia. La nozione di impianto compare nella menzionata definizione di emissioni solo perché la direttiva IPPC si riferisce agli impianti. Una siffatta limitazione della nozione di emissione non è invece desumibile né dalla direttiva sull’informazione ambientale, né dalla Convenzione di Århus.

90. Al contrario, in base all’art. 4, n. 4, lett. d), della Convenzione di Århus devono essere divulgate le informazioni sulle emissioni rilevanti ai fini della tutela dell’ambiente. Che le emissioni provengano da impianti non ha, tuttavia, alcuna importanza per la loro rilevanza ai fini della tutela dell’ambiente. Si pensi solo alle emissioni prodotte dalla circolazione di veicoli.

91. A prescindere dalla sua limitazione agli impianti, tuttavia, la definizione di emissione fornita dalla direttiva IPPC è assolutamente sensata. Pertanto, essa, se si mette da parte il riferimento agli impianti, può essere recepita per l’applicazione della direttiva sull’informazione ambientale. L’art. 4, n. 2, quarta frase della direttiva sull’informazione ambientale riguarda quindi le informazioni concernenti lo scarico diretto o indiretto, da fonti puntiformi o diffuse, di sostanze, vibrazioni, calore o rumore nell’aria, nell’acqua ovvero nel suolo.

92. Così intesa, la nozione di emissione corrisponde, inoltre, in larga misura alla definizione dell’art. 2, punto 8, della direttiva 2004/35 sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale (43), che viene fatta valere dalla Vereniging Milieudefensie. Secondo tale disposizione, vanno intese come emissioni il rilascio nell’ambiente, a seguito dell’attività umana, di sostanze, preparati, organismi o microrganismi. Tale direttiva, che all’epoca dell’elaborazione della guida non esisteva ancora, corrisponde, quanto al suo ambito di applicazione, più alla direttiva sull’informazione ambientale che alla direttiva IPPC, in quanto non è limitata agli impianti.

93. Tuttavia, anche secondo tale direttiva le informazioni sulle emissioni non si estendono alle informazioni concernenti sostanze che prima o poi vengono rilasciate. Come la Commissione giustamente rileva, di regola ogni sostanza viene prima o poi rilasciata nell’ambiente nel corso del suo ciclo vitale. Si tratta piuttosto di informazioni concernenti tale rilascio in quanto tale.

94. Per quanto risulta, il presente caso riguarda solo marginalmente informazioni concernenti il rilascio di sostanze in quanto tale. È vero che occorre partire dal presupposto che i protocolli sulle sperimentazioni indicano le quantità di prodotto fitosanitario applicate. Essi, tuttavia, interessano soprattutto per le informazioni concernenti i residui che rimangono sulle piante di insalata. Si tratta a tal proposito di determinate conseguenze del rilascio.

95. Siffatte conseguenze costituiscono proprio il motivo per cui, di regola, si rendono pubbliche le informazioni sulle emissioni nell’ambiente. Il pubblico, infatti, ha un grande interesse a sapere come può essere coinvolto da un’emissione. Prima dell’emissione conseguenze per l’uomo o l’ambiente erano abbastanza improbabili o, almeno, erano limitate alla sfera del detentore del segreto commerciale. Le sostanze rilasciate invece interagiscono per forza di cose con l’ambiente e forse anche con l’uomo. Pertanto, la guida all’applicazione della Convenzione di Århus sottolinea che la tutela della riservatezza delle informazioni commerciali dovrebbe cessare nel momento in cui vengono rilasciate le sostanze alle quali si riferiscono le informazioni riservate. Secondo la guida, proprio i possibili effetti sull’ambiente non devono essere concepiti come informazioni commerciali riservate (44). Tale situazione degli interessi giustifica in particolare l’arretramento, senza alcuna ponderazione nei singoli casi, della tutela derivante dai diritti fondamentali ai segreti commerciali con riferimento alle informazioni sulle emissioni. Anche l’art. 39, n. 3 dell’Accordo TRIPS consente una divulgazione di informazioni di tale tipo qualora ciò sia necessario per la protezione del pubblico.

96. Conseguentemente, le informazioni concernenti i residui di emissioni nell’ambiente dovrebbero essere considerate come parte delle informazioni concernenti le emissioni ai sensi della Convenzione di Århus.

97. Ciò vale a maggior ragione per la clausola sulle emissioni contenuta nella direttiva sull’informazione ambientale, formulata in termini sensibilmente più ampi rispetto alla clausola sulle emissioni contenuta nella Convenzione di Århus.

98. All’art. 4, n. 4, lett. d), della Convenzione si prevede solamente che la riservatezza delle informazioni commerciali o industriali non deve ostare alla divulgazione di informazioni su emissioni rilevanti ai fini della tutela dell’ambiente. Il riferimento a tale rilevanza potrebbe essere inteso come un limite alla clausola sulle emissioni (45).

99. Per contro, l’art. 4, n. 2, quarta frase della direttiva sull’informazione ambientale non contiene il passaggio sulla rilevanza ai fini della tutela dell’ambiente, ed estende l’ambito di applicazione della clausola sulle emissioni ad altri motivi di tutela della riservatezza.

100. Questa estensione rappresenta l’esito di un controverso dibattito nel corso del procedimento legislativo. Nella proposta originaria la Commissione ha rinunciato a pretendere la rilevanza ai fini della tutela dell’ambiente, ma ha escluso, nell’ambito delle informazioni sulle emissioni, l’applicazione della riservatezza per le sole informazioni commerciali o industriali (46). Per contro, la posizione comune del Consiglio è ritornata alla formulazione della Convenzione (47). Il Parlamento ha invece preteso che le informazioni sulle emissioni nell’ambiente non fossero mai considerate come riservate (48). Solo in sede di comitato di conciliazione alla fine si è raggiunto l’accordo sull’attuale disciplina, che esclude l’applicazione alle informazioni sulle emissioni nell’ambiente della maggior parte dei motivi di riservatezza, e che rinuncia alla rilevanza delle informazioni stesse ai fini della tutela dell’ambiente. L’estensione della clausola sulle emissioni risale pertanto ad una consapevole decisione del legislatore.

101. Per tali motivi gli studi e i protocolli sulle sperimentazioni, oggetto della presente controversia, costituiscono informazioni sulle emissioni nell’ambiente, la cui divulgazione non può essere rifiutata in nome della riservatezza delle informazioni commerciali o industriali.

D – Sulla terza questione – ponderazione ad opera del legislatore

102. Con la terza questione il giudice a quo desidera sapere se la ponderazione, disposta dall’art. 4, n. 2, terza frase, della direttiva sull’informazione ambientale, dell’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione con l’interesse specifico tutelato dal rifiuto della divulgazione debba aver luogo in fase applicativa, oppure possa intervenire anche in fase di legislazione nazionale.

103. In base a tale disposizione, in ogni caso specifico l’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione è ponderato con l’interesse tutelato dal rifiuto della divulgazione.

104. La Bayer sottolinea che la Convenzione di Århus non richiede una ponderazione nel caso specifico. Nello stesso senso si è espressa anche la Finlandia all’atto dell’adozione della direttiva, in quanto ponderazioni nel caso specifico farebbero temere un’arbitraria limitazione del diritto d’accesso (49).

105. Come, tuttavia, rilevano la Grecia e la Commissione, non è conforme alla lettera dell’art. 4, n. 2, della direttiva sull’informazione ambientale, la sostituzione della ponderazione riferita al caso specifico con una ponderazione generale operata dal legislatore nazionale. E contrariamente all’opinione espressa dalla Finlandia in tal modo non si appone una limitazione al diritto d’accesso rispetto alla Convenzione di Århus, giacché tale ponderazione consente di divulgare informazioni nonostante il pregiudizio che ne deriva per altri beni tutelati, allorché l’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione risulti prevalente.

106. Secondo l’opinione dei Paesi Bassi e della Bayer, una siffatta ponderazione viene effettuata già in sede di applicazione dell’art. 14 della direttiva sui prodotti fitosanitari. Il riconoscimento della riservatezza delle informazioni commerciali o industriali presupporrebbe, infatti, tale ponderazione. I limiti apposti alla ponderazione da tale disposizione e dalla sua trasposizione nel diritto nazionale sarebbero funzionali alla certezza del diritto e sarebbero pertanto necessari.

107. Come sopra esposto, tuttavia, la ponderazione effettuata ai sensi dell’art. 14 della direttiva sui prodotti fitosanitari è probabilmente incompleta. Essa, pertanto, non può sostituire in modo esaustivo la ponderazione di cui all’art. 4, n. 2, terza frase, della direttiva sull’informazione ambientale.

108. Ai sensi dell’art. 4, n. 2, terza frase, della direttiva sull’informazione ambientale, la ponderazione prevista in tale disposizione dell’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione con l’interesse specifico tutelato dal rifiuto della divulgazione va effettuata, di conseguenza, in ogni singolo caso in fase applicativa.

V –    Conclusioni

109. Alla luce di quanto sopra esposto, propongo alla Corte di statuire come segue in merito alla domanda di pronuncia pregiudiziale:

1)      La nozione di «informazione ambientale» di cui all’art. 2 della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, 2003/4/CE, sull’accesso del pubblico all’informazione ambientale e che abroga la direttiva 90/313/CEE del Consiglio, deve essere interpretata in modo da ricomprendere anche le informazioni fornite nell’ambito di una procedura nazionale di (estensione dell’) autorizzazione di un prodotto fitosanitario al fine di fissare la quantità massima di un antiparassitario, o di un suo componente o di un suo prodotto di degradazione, contenuta in cibi o bevande.

2)      Fatti salvi eventuali nuovi sviluppi e ulteriori informazioni sull’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione, una decisione correttamente presa ai sensi dell’art. 14 della direttiva del Consiglio, 91/414/CEE, relativa all’immissione in commercio dei prodotti fitosanitari, in merito alla tutela della riservatezza delle informazioni commerciali e industriali è vincolante per la decisione in merito alla divulgazione di informazioni ambientali di cui all’art. 4, n. 2, prima frase, lett. d), della direttiva 2004/3. Tuttavia, gli studi e i protocolli sulle sperimentazioni, oggetto della presente controversia, costituiscono informazioni sulle emissioni nell’ambiente, la cui divulgazione non può essere rifiutata in nome della riservatezza delle informazioni commerciali o industriali.

3)      Ai sensi dell’art. 4, n. 2, terza frase, della direttiva 2004/3, la ponderazione prevista in tale disposizione dell’interesse pubblico tutelato dalla divulgazione con l’interesse specifico tutelato dal rifiuto della divulgazione va effettuata in ogni singolo caso in fase applicativa.


1 – Lingua originale: il tedesco.


2 – GU L 41, pag. 26.


3 – GU L 230, pag. 1; gli allegati della direttiva vengono spesso integrati, ma le disposizioni rilevanti non sono state interessate da modifiche.


4 – GU 2005 L 124, pag. 4.


5 – Adottata con decisione del Consiglio 17 febbraio 2005, 2005/370/CE (GU L 124, pag. 1).


6 – GU L 336, pag. 1.


7 – GU L 158, pag. 56.


8 – Punto 160 dell’allegato I della direttiva sui prodotti fitosanitari, introdotto dalla direttiva della Commissione 23 aprile 2007, 2007/25/CE (GU L 106, pag. 34).


9 – GU L 350, pag. 71, come modificato dalla direttiva della Commissione 27 ottobre 1998, 98/82/CE (GU L 290, pag. 25).


10 – Sentenze 12 novembre 1981, cause riunite 212/80 - 217/80, Meridionale Industria Salumi e a. (Racc. pag. 2735, punto 9); 23 febbraio 2006, causa C‑201/04, Molenbergnatie (Racc. pag. I‑2049, punto 31), nonché sentenza 14 febbraio 2008, causa C‑450/06, Varec (Racc. pag. I‑581, punto 27).


11 – Sentenza 24 settembre 2002, cause riunite C‑74/00 P e C‑75/00 P, Falck e Acciaierie di Bolzano/Commissione (Racc. pag. I‑7869, punto 119, e la giurisprudenza ivi citata).


12 – Sentenze 14 aprile 1970, causa 68/69, Brock (Racc. pag. 171, punto 7); 5 dicembre 1973, causa 143/73, SOPAD (Racc. pag. 1433, punto 8); 10 luglio 1986, causa 270/84, Licata/EWS (Racc. pag. 2305, punto 31); 2 ottobre 1997, causa C‑122/96, Saldanha e MTS (Racc. pag. I‑5325, punto 14); 29 gennaio 2002, causa C‑162/00, Pokrzeptowicz-Meyer (Racc. pag. I‑1049, punto 50); 11 dicembre 2008, causa C‑334/07 P, Commissione/Freistaat Sachsen (Racc. pag. I‑9465, punto 43), nonché sentenza 6 luglio 2010, causa C‑428/08, Monsanto Technology (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 66).


13 – Sentenze 16 maggio 1979, causa 84/78, Tomadini (Racc. pag. 1801, punto 21); 14 gennaio 1987, causa 278/84, Germania/Commissione (Racc. pag. 1, punto 36); 20 settembre 1988, causa 203/86, Spagna/Consiglio (Racc. pag. 4563, punto 19); 29 giugno 1999, causa C‑60/98, Butterfly Music (Racc. pag. I‑3939, punto 25); Pokrzeptowicz-Meyer, cit. alla nota 12 (punto 55), nonché sentenza Commissione/Freistaat‑Sachsen, cit. alla nota 12 (punto 43).


14 – Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio del 30 maggio 2001 (GU 2001 L 145, pag. 43).


15 – Anche le sentenze 11 gennaio 2000, cause riunite C‑174/98 P e C- 189/98 P, Niederlande und van der Wal/Kommission (Racc. pag. I-1), e 29 giugno 2010, causa C-139/07 P, Commissione/Technische Glaswerke Ilmenau (non ancora pubblicata nella Raccolta) riguardavano documenti di cui la Commissione era entrata in possesso prima dell’entrata in vigore della disciplina relativa all’accesso applicata.


16 – In tal senso anche le conclusioni dell’avvocato generale Sharpston, presentate il 22 dicembre 2008, nella causa Azelvandre (sentenza 17 febbraio 2009, causa C‑552/07, Racc. pag. I-987, paragrafi 6 e segg.). La Corte ha lasciato aperta tale questione nella sua sentenza 17 febbraio 2009 (punto 52).


17 – Conclusioni dell’avvocato generale Trstenjak, presentate il 3 maggio 2007 nella causa ZF Zefeser (sentenza 18 dicembre 2007, causa C‑62/06, Racc. pag. I‑11995, nota 8).


18 – V. sentenza Falck e Acciaierie di Bolzano/Commissione, cit. alla nota 11 (punti 115 e segg.).


19 – Sul regolamento n. 1049/2001 v. sentenza 26 gennaio 2010, causa C‑362/08 P, Internationaler Hilfsfonds/Commissione (non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 56 e seg.), nonché le conclusioni presentate il 15 settembre 2009 in tale causa dall’avvocato generale Mengozzi (paragrafi 136 e segg.).


20 – Sentenze 10 settembre 1996, causa C‑61/94, Commissione/Germania (Racc. pag. I‑3989, punto 52); 1° aprile 2004, causa C‑286/02, Bellio F.lli (Racc. pag. I‑3465, punto 33), e 10 gennaio 2006, causa C ‑ 344/04, IATA e ELFAA, (Racc. pag. I ‑ 403, punto 35).


21 – Sentenze Commissione/Germania, cit. alla nota 20 (punto 52); 14 luglio 1998, causa C‑341/95, Bettati (Racc. pag. I‑4355, punto 20); Bellio F.lli, cit. alla nota 20 (punto 33); 7 dicembre 2006, causa C‑306/05, SGAE (Racc. pag. I‑11519, punto 35), nonché sentenza 14 maggio 2009, causa C‑161/08, Internationaal Verhuis- en Transportbedrijf Jan de Lely (Racc. pag. I‑4075, punto 38).


22 – Sentenze 17 giugno 1998, causa C‑321/96, Mecklenburg (Racc. pag. I‑3809, punto 19), e 12 giugno 2003, causa C‑316/01, Glawischnig (Racc. pag. I‑5995, punto 24).


23 – Sentenza Glawischnig, cit. alla nota 22 (punto 5).


24 – V. sentenza Glawischnig, cit. alla nota 22 (punto 25).


25 – Stec/Casey-Lefkowitz/Jendroska, The Aarhus Convention: An Implementation Guide, New York, 2000, pag. 38 e seg. (pag. 47 e seg. della versione francese).


26 – Per la definizione di tale nozione v. art. 1, lett. c), della direttiva del Consiglio 21 maggio 1992, 92/43/CEE, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche (GU L 206, pag. 7); v. anche la definizione di danno ambientale di cui all’art. 2, punto 1, della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 21 aprile 2004, 2004/35/CE, sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale (GU L 143, pag. 56).


27 – V., oltre alla direttiva 92/43, cit. alla nota 26, la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 30 novembre 2009, 2009/147/CE, concernente la conservazione degli uccelli selvatici (GU L 20, pag. 7).


28 – Allegato IV, punto 3, della direttiva del Consiglio 27 giugno 1985, 85/337/CEE, concernente la valutazione dell’impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati (GU L 175, pag. 40), come modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 23 aprile 2009, 2009/31/CE, relativa allo stoccaggio geologico di biossido di carbonio e recante modifica della direttiva 85/337/CEE del Consiglio, delle direttive del Parlamento europeo e del Consiglio 2000/60/CE, 2001/80/CE, 2004/35/CE, 2006/12/CE, 2008/1/CE e del regolamento (CE) n. 1013/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio (GU L 140, pag. 114).


29 – Art. 4, n. 1, lett. a), sub iii), della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 23 ottobre 2000, 2000/60/CE, che istituisce un quadro per l’azione comunitaria in materia di acque (GU L 327, pag. 1), come modificata dalla direttiva 2009/31, cit. alla nota 28.


30 – V. la sentenza Glawischnig (citata alla nota 22, punto 5).


31 – Sentenza Glawischnig, cit. alla nota 22 (punti 29 e segg.).


32 – Regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 23 febbraio 2005, n. 396, concernente i livelli massimi di residui di antiparassitari nei o sui prodotti alimentari e mangimi di origine vegetale e animale e che modifica la direttiva 91/414/CEE del Consiglio (GU L 70, pag. 10).


33 – V. sentenza Mecklenburg, cit. alla nota 22 (punto 21).


34 – Quanto al significato dell’espressione «fatte salve» v. le conclusioni da me presentate il 18 luglio 2007 nella causa Promusicae (sentenza 29 gennaio 2008, causa 275/06, Racc. pag. I-271, paragrafo 47), implicitamente confermate dalla sentenza 29 gennaio 2008, punti 42 e segg., nonché l’undicesimo ‘considerando’ della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 15 gennaio 2008, 2008/1/CE, sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento (GU L 24, pag. 8).


35 – Sentenze 24 giugno 1986, causa 53/85, AKZO Chemie/Commissione (Racc. pag. 1965, punto 28); 19 maggio 1994, causa C‑36/92 P, SEP/Commissione (Racc. pag. I‑1911, punto 37), nonché sentenza Varec, cit. alla nota 10 (punto 49).


36 – Sentenza Varec (citata alla nota 10, punto 48).


37 – A tal riguardo, la disposizione è analoga alla disposizione della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 12 marzo 2001, 2001/18/CE, sull’emissione deliberata nell’ambiente di organismi geneticamente modificati e che abroga la direttiva 90/220/CEE del Consiglio (GU L 106, pag. 1) interpretata nella sentenza 17 febbraio 2009, causa C-552/07, Azelvandre, (Racc. pag. I-987, punto 52).


38 – V. supra, paragrafo 27 e seg.


39 – Stec e a., cit. alla nota 25 (pag. 60; pag. 76 della versione francese).


40 – Direttiva del Consiglio 24 settembre 1996, 96/61/CE, sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento (GU L 257, pag. 26), nel frattempo sostituita dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 15 gennaio 2008, 2008/1/CE, sulla prevenzione e la riduzione integrate dell’inquinamento (versione codificata) (GU L 24, pag. 8).


41 – Evidentemente anche l’avvocato generale Sharpston parte da tale presupposto nelle sue conclusioni presentate il 2 luglio 2009 nella causa Djurgården-Lilla Värtans Miljöskyddsförening (sentenza 15 ottobre 2009, causa C-263/08, non ancora pubblicata nella Raccolta, paragrafi 17, 18 e 32).


42 – V. i rapporti sulla prima conferenza dei sottoscrittori della Convenzione di Århus, tenutasi a Chisinau, Moldavia, dal 19 al 21 aprile 1999 (CEP/WG.5/1999/2, punto 40), e sulla seconda conferenza, tenutasi a Dubrovnik, Croazia, dal 3 al 5 luglio 2000 (CEP/WG.5/2000/2, punto 43).


43 – Cit. alla nota 25.


44 – Stec e a., cit. alla nota 25 (pag. 60; pag. 76 della versione francese).


45 – In senso contrario v., tuttavia, Stec e a., cit. alla nota 25 (pag. 60; pag. 76 della versione francese).


46 – Art. 4, n. 2, lett. d), della proposta della Commissione, COM(2000) 402 def., pag. 25.


47 – Posizione comune del 28 gennaio 2002 (documento del Consiglio 11878/1/01 REV 1, pag. 12).


48 – V. il ventunesimo emendamento del Parlamento del 14 marzo 2001 (GU 2001 C 343, pag. 165, in particolare pag. 172), e il trentatreesimo emendamento del 30 maggio 2002 (documento del Consiglio 9445/02, pag. 12).


49 – Documento del Consiglio 14917/02 ADD 1 REV 1 del 13 dicembre 2002.