Cass. Sez. III n. 11389 del 19 marzo 2024 (UP 14 dic 2023)
Pres. Ramacci Est. Aceto Ric. Oddo ed altri
Urbanistica.Lottizzazione e prosecuzione del giudizio nonostante la maturazione della prescrizione

La prosecuzione del giudizio nonostante la maturazione della prescrizione prima dell’accertamento del reato non costituisce motivo di nullità della sentenza né della confisca con essa disposta (Sez. U, Perroni non ha mai affermato questo principio, né ha mai affermato che la confisca accede necessariamente ad una sentenza di condanna). Ciò che deve essere verificato è esclusivamente se, alla data di maturazione della prescrizione, tenuto conto degli atti interruttivi e dei periodi di sospensione, il reato era stato accertato in tutte le sue componenti, oggettive e soggettive. La verifica ha natura fattuale ed è censurabile in sede legittimità nei limiti previsti dagli artt. 606 e 609 cod. proc. pen.; in quanto accertamento di fatto esso non può essere devoluto per la prima volta in sede di legittimità.


RITENUTO IN FATTO

            1. I sigg.ri Daniela Oddo, Gaetano D’Anna, Maria Michela Militello, Gaetana D’Anna, Giovan Battista Giulivo, Maria Antonietta Lupo ricorrono per l’annullamento della sentenza del 31 novembre 2022 della Corte di appello di Palermo che, rigettando le loro impugnazioni, ha confermato la sentenza dell’11 dicembre 2018 del Tribunale di Palermo che ha dichiarato non doversi procedere nei loro confronti in ordine, tra gli altri, al reato di lottizzazione abusiva di cui agli artt. 110 cod. pen., 44, lett. c, d.P.R. n 380 del 2001, perché estinto per prescrizione, ed ha ordinato la confisca degli immobili abusivamente lottizzati e delle opere edilizie ivi insistenti.  

            2. Daniela Oddo articola tre motivi.
                2.1. Con il primo deduce la nullità della sentenza siccome pronunciata da giudici diversi da quelli che avevano partecipato al dibattimento, alla assunzione delle prove e alla discussione finale.
                2.2. Con il secondo motivo deduce l’inosservanza e l’erronea applicazione degli artt. 129 cod. proc. pen., 157 e 158 cod. pen., 30 e 44, comma 2, d.P.R. n. 380 del 2001, nonché il vizio di mancanza di motivazione in ordine al reato di lottizzazione abusiva e alla disposta confisca urbanistica. La Corte di appello, afferma, a fronte di puntuali deduzioni difensive, non ha spiegato le ragioni per le quali la data di ultimazione dei lavori coincide con quella del sopralluogo piuttosto che con la data della rilevazione di Google Earth che fotografava la situazione attuale già alla data del 30 ottobre 2010. Sicché, prosegue, il reato era prescritto ancor prima dell’esercizio dell’azione penale.
                2.3. Con il terzo motivo deduce l’inosservanza e l’erronea applicazione degli artt. 30 e 44 d.P.R. n. 380 del 2001, e la mancanza di motivazione in ordine sia all’elemento psicologico del reato di lottizzazione abusiva che alle statuizioni inerenti la confisca urbanistica. Entrambi i Giudici di merito, afferma, pretermettono il fatto che la lottizzazione abusiva era stata posta in essere dal dante causa della ricorrente omettendo, in tal modo, di valutare il dato ai fini della sussistenza dell’elemento soggettivo del reato. Non solo non vengono spiegate le ragioni per le quali si ritiene sussistente in capo alla ricorrente la volontà di proseguire o comunque perpetuare, con la propria azione e/o omissione, la condotta di lottizzazione abusiva, ma manca qualsiasi motivazione in merito alla condotta materialmente posta in essere proprio dall'odierna ricorrente. Non è sufficiente a dimostrare l’elemento soggettivo la circostanza che nell’atto di vendita si parlasse di un “mandarineto”. 

            3. Gaetano D’Anna, Maria Michela Militello, Gaetana D’Anna, Giovan Battista Giulivo, Maria Antonietta Lupo articolano tre motivi.
                3.1. Con il primo deducono la mancanza e la contraddittorietà della motivazione in ordine al reato di lottizzazione abusiva.  
Lamentano, in relazione alle posizioni di Gaetana D’Anna, Gaetano D’Anna e Maria Michela Militello, la mancanza di motivazione in ordine al diverso criterio di giudizio con cui il primo Giudice aveva escluso l’elemento soggettivo nei confronti  degli imputati Cavasio e Corradi.
                3.2. Con il secondo motivo deducono l’erronea applicazione degli artt. 30 e 44, secondo comma, d.P.R. n. 380 del 2001.
Osservano che il reato di lottizzazione abusiva era prescritto già nel mese di aprile dell’anno 2017, ben prima, cioè, della conclusione dell’istruttoria dibattimentale proseguita al solo fine di accertare la sussistenza del reato ed applicare la confisca.
                3.3. Con il terzo motivo deducono l’erronea applicazione degli artt. 30 e 44, comma secondo, d.P.R. n. 380 del 2001, 129, comma 1, cod. proc. pen., e 578-bis cod. proc. pen.
Deducono, in particolare, l’inapplicabilità al caso di specie dell’art. 578-bis cod. proc. pen. perché la prescrizione non è maturata in sede di appello.


CONSIDERATO IN DIRITTO

            1. I ricorsi sono inammissibili.

            2. Va preliminarmente dato atto del decesso di Gaetano D’Anna, morto il 31 agosto 2023, come da certificazione prodotta dal difensore all’odierna udienza. 
Ciò nondimeno, poiché la sentenza impugnata ha comunque confermato la declaratoria di estinzione del reato (anche) nei suoi confronti, la stessa va comunque confermata, operando il decesso quale causa di esclusione della condanna al pagamento delle spese e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

            3. I ricorrenti sono stati giudicati penalmente responsabili del reato di lottizzazione abusiva di cui agli artt. 81, secondo comma, 110 cod. pen., 30 e 44, lett. c), d.P.R. n. 380 del 2001, perché, agendo in concorso fra loro (e con altre persone), quali proprietari e acquirenti di parti di un terreno ubicato in Palermo, via Ciaculli, 258 A (Croce Verde), ricadente in zona territoriale omogenea E1 con vincoli di P.R.G. di verde storico e parco urbano, terreno distinto in catasto al foglio 108, part.lle 149, 61, 1321, 1322, realizzavano o comunque ne consentivano la lottizzazione abusiva, negoziale e/o materiale, con l'esecuzione di una strada comune con unico accesso munito di cancello e la posa in opere di un impianto citofonico, di un cavidotto interrato per l'adduzione di energia elettrica, della tubazione per l'approvvigionamento idrico e di condotte e caditoie per la raccolta di acque meteoriche, opere effettuate successivamente agli atti negoziali e incidenti sull'assetto urbanistico dell'intera area. 
In particolare: 
    •  la particella n. 149, di proprietà di Pasquale Pace, era stata frazionata dando luogo alle particelle catastali n. 1225, 1226, 1227 e 1228: (i) la particella n. 1225 era stata adibita a strada di accesso ed alienata, pro-quota, agli acquirenti delle altre particelle; (ii) la particella n. 1226 (poi n. 1364) era stata venduta il 05/11/2004 a Maria Aiello che il 30/11/2007 l’aveva a sua volta venduta ai coniugi Daniela Oddo e Giuseppe Orlando che vi avrebbero successivamente realizzato i manufatti abusivi oggetto di separata contestazione; (iii) la particella n. 1227 (poi n. 1304) era stata venduta il 15/04/2005 a Clara Cavasio; (iv) la particella n. 1228 (poi n. 1352) era stata venduta l’8/04/2005 a Antonino Di Fresco e Giovanna Velardi che l’avevano, a loro volta, venduta il 09/11/2006 a Gaetana D’Anna, Gaetano D’Anna e Maria Michela Militello che vi avrebbero poi realizzato i manufatti abusivi oggetto di separata contestazione;
    •  la particella n. 61, di proprietà di Vincenzo Giuseppe Gargano, Calcedonia Ammirata, Giovanni Mario Gargano e Maria Maddalena Tinnirello, era stata frazionata in due lotti di proprietà, rispettivamente, di Vincenzo Corradi (particella n. 1321) e di proprietà di Giovan Battista Giulivo e Maria Antonietta Lupo (particella n. 1322).
I fatti sono contestati come accertati in Palermo il 20/04/2012 con condotta perdurante.

            4. E’ incontestato in questa sede che, come già scriveva il Tribunale, nell’area in questione sono state edificate sei ville unifamiliari e bifamiliari ad opera degli acquirenti dei singoli lotti di terreno originati dal frazionamento previamente realizzato da un comune dante causa. Oltre che da tali fabbricati, l'area è interessata da opere di urbanizzazione primaria, quali la stradella di accesso che serve le diverse ville, con un comune cancello di ferro, l'impianto citofonico, le condotte per il reflui delle acque pluviali e i cavidotti della luce elettrica. Si tratta, come affermava il Tribunale, di un insediamento abitativo di discreta estensione, realizzato su un'area destinata dal PRG del Comune di Palermo a verde agricolo.
                4.1. In particolare, dalla lettura della sentenza di primo grado risulta che:
                4.2. nel 2007 erano stati sequestrati gli immobili abusivamente realizzati sulle particelle 1321 (di proprietà di Vincenzo Corradi) e 1304 (ex 1227) di proprietà di Claudia Cavasio;
                4.3. in occasione di un ulteriore sopralluogo effettuato nel 2012, la Polizia Municipale aveva accertato: (i) la presenza di nuovi manufatti realizzati abusivamente sulle particelle 1364, 1352, 61, 1321 e 1322; (ii) la realizzazione di una stradella di accesso comune a tutti i lotti oltre alle opere di urbanizzazione sopra indicate;
                4.4. l’edificazione dell’area era iniziata in epoca successiva al mese di maggio 2003 ed alla data del sopralluogo (aprile 2012) non era ancora ultimata essendo ancora in corso i lavori di realizzazione del secondo piano del fabbricato insistente sulla particella 1364, lo scavo della particella 1322 e la realizzazione di un manufatto sulla stessa;
                4.5. tutti gli imputati avevano concorso alla realizzazione dell’illecito, sia sul piano materiale (avendo realizzato gli immobili che hanno concorso a determinare la trasformazione del terreno), sia su quello psicologico, avendo posto in essere le rispettive condotte quando era ormai chiaro che il loro intervento si inseriva in un fenomeno più complesso, contribuendo alla realizzazione di un più ampio agglomerato di abitazioni con servizi in comune; infatti, annotava il Tribunale, già nel 2007 erano presenti i due fabbricati di cui al § 4.2 che precede, la stradella di accesso comune e le opere di spianamento o disboscamento sui lotti limitrofi;  
                4.6. la permanenza del reato era cessata nel mese di aprile 2012, in concomitanza con il sopralluogo della polizia giudiziaria.   

    5.  Nel disattendere i rilievi difensivi, la Corte di appello, con riferimento ai coniugi Orlando/Oddo:
        5.1. ha escluso, sulla base di specifiche e puntuali evidenze probatorie documentali e testimoniali, che gli stessi avessero acquistato il lotto (part. n. 1364) quando già era stato edificato, ribadendo che tutti gli imputati avevano acquistato i terreni prima della loro materiale edificazione, da tutti iniziata in epoca successiva al mese di maggio dell’anno 2003 e conclusa nel mese di aprile 2012 con il sequestro dei manufatti ancora in costruzione;
        5.2. ha quindi dato atto che, all’atto del sequestro, il fabbricato di proprietà dei coniugi Orlando/Oddo era ancora in costruzione (il pianterreno era già completo e definito ed era abitato da Daniela Oddo; il primo piano era tramezzato ed allo stato grezzo, dotato di tubi per gli impianti elettrici e di un bagno; era stata attivata l’energia elettrica nel citofono apriporta collocato all’ingresso della comune stradella di accesso);
        5.3. ha escluso la mancanza di dolo o colpa osservando che l’atto di acquisto del terreno ne indicava la destinazione agricola a “mandarineto”;
        5.4. ha ribadito che la permanenza del reato di lottizzazione abusiva era cessata nel mese di aprile dell’anno 2017, in concomitanza con il sopralluogo ed il sequestro degli immobili ancora in costruzione;
        5.5. quanto alle posizioni di Gaetano D’Anna, Maria Michela Militello e Gaetana D’Anna, la Corte di appello, dopo aver ribadito quanto già ampiamente illustrato in ordine alla materiale esecuzione dei lavori da parte degli appellanti, ha ulteriormente osservato che:
        5.6. è irrilevante la circostanza che l’immobile realizzato sulla particella n. 1228 (poi 1352) fosse stato ultimato, rifinito ed abitato già nell’anno 2010, poiché il reato di lottizzazione abusiva, attesa la sua natura unitaria, permane fin quando non sia definitivamente cessata la condotta posta in essere anche dagli altri concorrenti nel reato, con conseguente impossibilità di “retrodatarne” la consumazione, anche ai soli fini della confisca, alla data di realizzazione del singolo immobile che ha concorso alla complessiva trasformazione urbanistica dell’area;
        5.7. tutti gli imputati avevano avviato la trasformazione edilizia dei rispettivi lotti di proprietà nel contesto già indicato dal Tribunale a sostegno della sussistenza quantomeno della colpa (a tal fine la Corte territoriale richiama gli argomenti già indicati al § 4.5 che precede);
        5.8. quanto alle posizioni di Giovan Battista Giulivo e Maria Antonietta Lupo, la Corte di appello ne ha stigmatizzato la genericità del gravame ed ha confermato che l’immobile sequestrato nell’aprile dell’anno 2012 non era ancora ultimato.  

    6. Premesso che non viene posta in discussione la materiale sussistenza del reato di lottizzazione abusiva (salve le questioni relative all’elemento psicologico del reato), la questione posta trasversalmente da tutti i ricorrenti riguarda la possibilità di disporre la confisca in caso di prescrizione maturata prima dell’accertamento del reato di lottizzazione abusiva. 
L’argomento è stato affrontato e risolto da Sez. U, n. 13539 del 30/01/2020, Perroni, (citata dai ricorrenti a sostegno delle proprie difese) che ha affermato i seguenti principi di diritto: «La confisca di cui all'art. 44 del d.P.R. n. 380 del 2001 può essere disposta anche in presenza di una causa estintiva determinata dalla prescrizione del reato purché sia stata accertata la sussistenza della lottizzazione abusiva sotto il profilo oggettivo e soggettivo, nell'ambito di un giudizio che abbia assicurato il contraddittorio e la più ampia partecipazione degli interessati, fermo restando che, una volta intervenuta detta causa, il giudizio non può, in applicazione dell'art. 129, comma 1, cod. proc. pen., proseguire al solo fine di compiere il predetto accertamento. 
«In caso di declaratoria, all'esito del giudizio di impugnazione, di estinzione del reato di lottizzazione abusiva per prescrizione, il giudice di appello e la Corte di cassazione sono tenuti, in applicazione dell'art. 578-bis cod. proc. pen., a decidere sull'impugnazione agli effetti della confisca di cui all'art. 44 del d.P.R. n. 380 del 2001».
Spiegano le Sezioni Unite che «la possibilità per il giudice dell'impugnazione, che dichiari la prescrizione, di decidere comunque agli effetti della confisca, non può implicare, come invece ritenuto da alcune pronunce, che il giudizio di primo grado, una volta intervenuta la prescrizione e non ancora accertato il fatto, possa comunque proseguire a tali soli fini di accertamento. Un orientamento di questa Corte, ricordato in chiave critica anche dalla ordinanza di rimessione, ha ritenuto recessivo il principio generale dell'obbligo di immediata declaratoria di una causa estintiva del reato di cui all'art. 129 cod. proc. pen. rispetto al correlativo e coesistente "obbligo di accertamento" ricavabile dall'art. 44 cit. [d.P.R. n. 380 del 2001], che, dunque, dovrebbe avere piena espansione consentendo al giudice, nell'ottica della possibilità di individuare, accanto all'azione penale tipica, una cosiddetta "azione penale complementare", di "adottare altri provvedimenti a carattere reattivo, nei quali si sostanzia l'esigenza dell'ordinamento di ripristinare l'ordine giuridico violato dal fatto illecito” (…) Sicché, in definitiva, l'unico limite a che il processo penale possa progredire relativamente ad un'azione di accertamento finalizzata alla sola decisione sulla confisca urbanistica sarebbe rappresentato dall'estinzione maturata prima dell'esercizio dell'azione penale (Sez. 3, n. 35313 del 19/05/2016, Imolese, Rv. 267534) poiché, in tal caso, sarebbe impedito al giudice di compiere, nell'ambito di un giudizio che assicuri il contraddittorio e la piena partecipazione degli interessati, l'accertamento del reato nei suoi estremi oggettivi e soggettivi». 
Le Sezioni Unite non hanno condiviso tale orientamento perché, affermano, una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 129 cod. proc. pen. osta alla prosecuzione del processo ai soli fini dell'adozione di provvedimenti ‘lato sensu’ sanzionatori: l’obbligo di immediata declaratoria della causa di estinzione del reato è derogabile unicamente ‘in melius’, dal comma 2 della stessa norma, laddove già risulti con evidenza la sussistenza di una causa di proscioglimento nel merito, e, ‘in peius’, solo in presenza di norme che espressamente statuiscano in tal senso. Il tenore letterale dell'art. 44, d.P.R. n. 380 del 2001, osservano le Sezioni Unite, non fornisce alcun argomento a sostegno dell’obbligo di compiere l'accertamento nonostante la prescrizione già maturata: «pur postulando che ai fini della confisca sia sufficiente l'accertamento del fatto, in tal modo consentendo la misura anche a fronte di maturata prescrizione, la stessa nulla dice in ordine ai rapporti in punto di successione temporale tra l'accertamento del fatto, da un lato, e la prescrizione, dall'altro, se, cioè, l'accertamento debba necessariamente precedere il termine di compimento della prescrizione, affinché sia legittimo disporre la confisca, oppure sia invece consentito che, nonostante la prescrizione ormai intervenuta, il giudizio debba proseguire oltre ai soli fini di accertare il fatto (evidentemente prima non accertato) onde potere disporre la confisca. Né poteva, una norma sostanziale come quella in oggetto, operare specificazione sui tempi e sul quomodo dell'accertamento, appartenendo fisiologicamente un tale ambito alle sole norme di carattere processuale». Nè argomenti in senso contrario possono trarsi dalla sentenza della Corte costituzionale n. 49 del 2015 o dalla sentenza della Corte EDU pronunciata nel caso G.I.E.M. c/Italia, nessuna delle quali ha espressamente riconosciuto la possibilità di proseguire il processo penale in costanza di causa estintiva del reato maturata prima dell’accertamento del reato di lottizzazione abusiva o, peggio ancora, prima dell’esercizio dell’azione penale. 
Le Sezioni Unite ricordano che da sempre l’art. 129 cod. proc. pen. è stato interpretato dalla Corte di cassazione come norma espressiva di un obbligo per il giudice di pronunciare con immediatezza, nel momento di sua formazione ed indipendentemente da quello che sia «lo stato e il grado del processo» (clausola, questa, significativamente menzionata dalla norma), sentenza di proscioglimento. Ed è emblematico, rimarcano, che, esattamente in fattispecie riguardante la confisca urbanistica, ed in conseguenza della stretta applicazione del "principio di immediatezza" di cui all'art. 129 cit., sia stato dalla Corte di cassazione ritenuto abnorme il decreto del giudice dell'udienza preliminare che, proprio al fine di consentire successivamente l'accertamento finalizzato a detta confisca, abbia disposto ugualmente il rinvio a giudizio per un reato, pur riconoscendo l'intervenuta estinzione dello stesso per prescrizione, in quanto esplicatosi al di fuori dei casi consentiti, al di là di ogni ragionevole limite (Sez. 1, n. 33129 del 06/07/2004, Confl. comp. in proc. Bevilacqua, Rv. 22938). Ricordano anche che la Corte, pur attraverso il riferimento a quanto imposto specificamente dall'art. 469 cod. proc. pen., ha ravvisato, a fronte di maturata prescrizione del reato di lottizzazione, l'impossibilità, nella fase degli atti preliminari al dibattimento, e, dunque, ad azione penale già esercitata, e dunque in un momento processuale tale, in teoria, da consentire di accertare il fatto nelle sue componenti oggettive e soggettive, di protrarre oltre il giudizio (Sez. 3, n. del 14/11/2018, dep. 2019, Bernardini, Rv. 277975).
Due sono le finalità assicurate dall’art. 129 cod. proc. pen.: a) quella di favorire l'imputato innocente (o comunque da prosciogliere o assolvere), prevedendo l'obbligo dell'immediata declaratoria di cause di non punibilità "in ogni stato e grado del processo”; b) quella di agevolare in ogni caso l'exitus del processo, ove non appaia concretamente realizzabile la pretesa punitiva dello Stato. In tali funzioni è insita una terza, consistente nel fatto che l'art. 129 rappresenta, sul piano processuale, la proiezione del principio di legalità stabilito sul piano del diritto sostanziale dall'art. 1 cod. pen. 
In definitiva, chiosano le Sezioni Unite richiamando (e riaffermando) i principi già enunciati da Sez. U, n. 17179 del 27/02/2002, Conti, Rv. 221403, il principio dell'immediata operatività della causa estintiva, fatto salvo il limite dell'evidente innocenza dell'imputato, è il frutto di una scelta legislativa che trova la sua ratio nell'intento di evitare la prosecuzione infruttuosa di un giudizio e nella finalità di assicurare la pronta definizione dello stesso, evitando così esasperati, dispendiosi ed inutili formalismi. Ove il principio dell'immediatezza del proscioglimento fosse ritenuto generalmente derogabile in ragione della necessità di accertare il fatto in vista della confisca urbanistica, in senso cioè chiaramente sfavorevole all'imputato, non ci si potrebbe sottrarre all'evidente sperequazione che verrebbe in tal modo a crearsi nel caso, invece, di accertamenti da operare ‘in melius’, essendosi sempre esclusa dalla Corte di cassazione la possibilità di prosecuzione a tal fine del processo proprio per il contrasto della stessa con quanto disposto dall'art. 129 cod. proc. pen. (a tal fine le Sezioni Unite citano Sez. 3, n. 56059 del 19/09/2017, Marvelli, Rv. 272427 e Sez. 5, n. 5586 del 03/10/2013, Fortunato, Rv. 258875, secondo cui il maturare della prescrizione del reato preclude al giudice il compimento di ulteriori accertamenti, se l'imputato non rinuncia alla causa estintiva). In buona sostanza, mentre l'assoluzione nel merito potrebbe prevalere unicamente se già emergente con evidenza al momento della maturazione della prescrizione, a fini "sanzionatori", invece, il processo, pur a prescrizione ormai decorsa, dovrebbe, secondo la soluzione non condivisa dalle Sezioni Unite, ugualmente proseguire. Pertanto, solo là dove specificamente previsto, il principio dell'immediata adozione di pronuncia di proscioglimento può trovare deroga nel contemperamento con interessi ritenuti comunque meritevoli di tutela, difettando invece, per quanto riguardante la confisca lottizzatoria, ogni disposizione in tal senso. Le norme che derogano all'art. 129 cod. proc. pen., non possono essere considerate esemplificative di un “sistema" e non possono pertanto essere applicate al di fuori dei casi da esse espressamente previsti (art. 537 cod. proc. pen., in tema di pronuncia sulla falsità di documenti; art. 301 del d.P.R. n. 43 del 1973 in tema di contrabbando). 
La confisca lottizzatoria, proseguono le Sezioni Unite, è stata costantemente qualificata dalla Corte di cassazione come sanzione amministrativa, sia pure irrogata dal giudice penale, alla stessa stregua dell'ordine di demolizione di cui all'art. 31, comma 9, d.P.R. n. 380 del 2001.  E' proprio tale natura, affermano, a far escludere che l'impossibilità di operare in sede penale la confisca, perché non sia stato possibile accertare il fatto, impedisca all'amministrazione di adottare i provvedimenti sanzionatori previsti dall'art. 30 d.P.R. n. 380 del 2001, come già affermato, per esempio, da Sez. 3, n. 5857 del 06/10/2010, dep. 2011, Grova, Rv. 249517. Nè va dimenticata la natura residuale dell’intervento del giudice il cui intervento sanzionatorio non interferisce, quindi, né si sovrappone all'autonomo potere principalmente attribuito all'autorità amministrativa dall'art. 30 d.P.R. n. 380 del 2001, per cui, ai fini del provvedimento di acquisizione in via amministrativa del terreno al patrimonio disponibile del Comune, è irrilevante che possa venire a mancare una pronuncia di confisca in sede penale. Neppure le ragioni di effettiva tutela dell'interesse collettivo alla "corretta pianificazione territoriale" potrebbero rappresentare motivo di deroga all'applicabilità, nella specie, del principio dell'art. 129, comma 1, cod. proc. pen., non potendo oltretutto situazioni patologiche come l'inerzia della pubblica amministrazione fungere da criterio interpretativo delle norme penali. 
Di qui l’affermazione dei principi di diritto sopra indicati. 

        7. I principi affermati da Sez. U, Perroni, cit., impongono al giudice un duplice accertamento: a) l’individuazione precisa della data in cui è maturata la prescrizione del reato di lottizzazione abusiva; b) la verifica dell’acquisizione, a quella data, delle prove necessarie e sufficienti a ritenere accertato il reato in ogni sua componente, oggettiva e soggettiva.
            7.1. Quanto alla prescrizione, è noto che il reato di lottizzazione abusiva può essere classificato in tre diverse tipologie in base ai modi della sua consumazione: i) lottizzazione materiale; ii) lottizzazione negoziale (o giuridica o cartolare); iii) lottizzazione mista.
            7.2. La lottizzazione materiale (o fisica) si realizza attraverso l’esecuzione di opere che comportino, di fatto, una trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati, o comunque stabilite dalle leggi statali o regionali o senza la prescritta autorizzazione; la lottizzazione negoziale (o cartolare) ricorre, invece, quando una trasformazione urbanistica o edilizia del territorio effettuata in assenza del previsto piano di lottizzazione, o in presenza di piano contrastante con gli strumenti urbanistici e le previsioni normative, venga predisposta per mezzo del frazionamento e della vendita, o di atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le loro caratteristiche, denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio (ex plurimis, Sez. 3, n. 36397 del 17/04/2019, Taranto, Rv. 277169 - 02); la lottizzazione mista consiste nell'attività negoziale di frazionamento di un terreno in lotti e nella successiva edificazione anche di uno solo degli stessi.
            7.3. La contravvenzione di lottizzazione abusiva è reato a forma libera e progressivo nell'evento, che sussiste anche quando l'attività posta in essere sia successiva agli atti di frazionamento o all'esecuzione delle opere, posto che tali iniziali attività non esauriscono l'"iter" criminoso, che si protrae attraverso gli ulteriori interventi che incidono sull'assetto urbanistico, con ulteriore compromissione delle scelte di destinazione ed uso del territorio riservate all'autorità amministrativa competente (Sez. 3, n. 14053 del 20/02/2018, Ammaturo, Rv. 272697 - 01; Sez. 3, n. 12772 del 28/02/2012, Tallarini, Rv. 252236 - 01; Sez. 3, n. 36940 dell’11/05/2005, Stiffi, Rv. 232190 - 01; cfr., altresì, in motivazione, Sez. U. n. 4708 del 24/04/1992, Fogliani: «sussiste il reato di lottizzazione abusiva anche quando l'attività posta in essere sia successiva agli atti di frazionamento o ad opere già eseguite, perché tali attività iniziali, pur integrando la configurazione del reato, non definiscono l'iter criminoso che si perpetua negli interventi che incidono sull'assetto urbanistico. Infatti, tenuto conto che il reato in questione è, per un verso, un reato a carattere permanente e progressivo e per altro verso a condotta libera, si deve considerare in primo luogo che non vi è alcuna coincidenza tra il momento in cui la condotta assume rilevanza penale e il momento di cessazione del reato, in quanto anche la condotta successiva alla commissione del reato dà luogo ad una situazione antigiuridica di pari efficacia criminosa; in secondo luogo che se il reato di lottizzazione abusiva si realizza anche mediante atti negoziali diretti al frazionamento della proprietà, con previsioni pattizie rivelatrici dell'attentato al potere programmatorio dell'autorità comunale, ciò non significa che l'azione criminosa si esaurisca in questo tipo di condotta perché l'esecuzione di opere di urbanizzazione primaria e secondaria ulteriormente compromettono le scelte di destinazione e di uso del territorio riservate alla competenza pubblica»).
            7.4. Il momento consumativo del reato deve essere individuato nel compimento dell'ultimo atto integrante la condotta illecita, che può consistere nella stipulazione di atti di trasferimento, nell'esecuzione di opere di urbanizzazione o nell'ultimazione dei manufatti che compongono l'insediamento, non rilevando a tal fine, invece, l'utilizzazione del territorio in perdurante contrasto con la pianificazione urbanistica (Sez. 3, n. 12459 del 13/01/2021, Merico, Rv. 281576 - 01).
            7.5. Ai fini della prescrizione del reato di lottizzazione non conta, pertanto, il momento nel quale è stata tenuta la specifica condotta di partecipazione, bensì quella di consumazione del reato stesso che può perfezionarsi anche ad anni di distanza.
            7.6. Nel caso, come quello in esame, di lottizzazione abusiva mista, il termine di prescrizione inizia a decorrere solo dopo l’ultimazione sia dell'attività negoziale che dell'attività di edificazione, e cioè, in quest'ultima ipotesi, dopo il completamento dei manufatti realizzati sui singoli lotti oggetto del frazionamento (Sez. 3, n. 24985 del 20/05/2015, Diturco, Rv. 264122 - 01). Tale termine vale per tutti coloro che concorrono o cooperano nel reato; ne consegue che, ai fini del calcolo del tempo necessario per la prescrizione, per il concorrente non è rilevante il momento in cui è stata tenuta la condotta di partecipazione, ma quello di consumazione del reato, che - come detto - può intervenire anche a notevole distanza di tempo (Sez. 3, n. 48346 del 20/09/2017, Bortone, Rv. 271330 - 01; Sez. 3, n. 35968 del 14/07/2010, Rusani, Rv. 248483 - 01; Sez. 3, n. 41583 del 10/09/2021, n.m.; Sez. 3, n. 12459 del 13/01/2021, cit.).
            7.7. Nel caso di specie, il fatto è contestato come unico, commesso in concorso/cooperazione colposa da tutti gli imputati; la rubrica indica come data di accertamento del fatto quella del 20 aprile 2012, in concomitanza con il sequestro dei due manufatti non ancora ultimati. 
            7.8. E’ questa, dunque, la data da prendere in considerazione ai fini del calcolo della prescrizione.
            7.9. La verifica dell’acquisizione, alla data di maturazione del tempo necessario a prescrivere, di prove necessarie e sufficienti a ritenere accertato il reato in ogni sua componente, oggettiva e soggettiva, è però questione di fatto sindacabile in sede di legittimità nei limiti stabiliti dagli artt. 606 e 609, cod. proc. pen. e sempre che sia stata devoluta in sede di merito appello.
            7.10. Deve essere al riguardo ribadito che la prosecuzione del giudizio nonostante la maturazione della prescrizione prima dell’accertamento del reato non costituisce motivo di nullità della sentenza né della confisca con essa disposta; Sez. U, Perroni, cit., non ha mai affermato questo principio, né - come già detto -  ha mai affermato che la confisca accede necessariamente ad una sentenza di condanna. Ciò che deve essere verificato è esclusivamente se, alla data di maturazione della prescrizione, tenuto conto degli atti interruttivi e dei periodi di sospensione, il reato era stato accertato in tutte le sue componenti, oggettive e soggettive. La verifica, come detto, ha natura fattuale ed è censurabile in sede legittimità nei limiti previsti dagli artt. 606 e 609 cod. proc. pen.; in quanto accertamento di fatto esso non può essere devoluto per la prima volta in sede di legittimità.
Si possono ora esaminare i singoli ricorsi.

    8. Il ricorso di Daniela Oddo
        8.1. Il primo motivo è manifestamente infondato.
        8.2. Dall’esame dei verbali delle numerose udienze celebrate in appello, non risulta che la Corte territoriale abbia mai effettuato alcuna attività istruttoria, non potendo ritenersi tale l’acquisizione del certificato di morte di uno degli imputati (prodotto alla prima udienza del 14/02/2020, celebrata da collegio in diversa composizione) e di due sentenze, una della Corte costituzionale, l’altra della Corte di cassazione.
        8.3. Non si comprende, dunque, quale “rinnovazione degli atti già compiuti” avrebbe dovuto essere effettuata o prestazione del consenso alla lettura degli atti precedentemente assunti avrebbe dovuto essere acquisita dal collegio (in diversa composizione) che aveva tenuto l’udienza del 29/09/2021 nel corso della quale era stata prodotta la sentenza Sez. U, Perroni, nel frattempo depositata, senza che si fosse tenuta la discussione e che, anzi, era stata rinviata ad altra udienza a causa del decesso di uno dei difensori. Si è trattata, dunque, di un’udienza di mero rinvio. 
        8.4. Peraltro, all’udienza del 05/07/2022 la Corte di appello, nella composizione dei magistrati che hanno pronunciato la sentenza impugnata, aveva disposto la rinnovazione degli atti compiuti dinanzi al precedente Collegio, confermando i provvedimenti già presi, dando atto della formale acquisizione della sentenza n. 146 del 2021 della Corte costituzionale ed avviando la discussione conclusa, dinanzi al medesimo Collegio, il 30/11/2022.
        8.5. Il secondo motivo è generico e manifestamente infondato e proposto per motivi non consentiti dalla legge nella fase di legittimità.
        8.6. E’ generico perché non considera che, in ogni caso, ai fini della cessazione della permanenza del reato di lottizzazione abusiva, i Giudici di merito hanno tenuto conto non solo del fatto che l’immobile della ricorrente non era stato ultimato, ma anche della circostanza che sulla particella 1322 di proprietà dei coniugi Giulivo/Lupo all’atto del sequestro erano in corso lavori di scavo e di realizzazione di un manufatto. 
        8.7. E’ manifestamente infondato perché costituisce principio consolidato di questa Corte quello secondo il quale il reato di costruzione abusiva cessa con il totale esaurimento dell'attività illecita e, quindi, soltanto quando siano terminati i lavori di rifinitura (Sez. 3, n. 3183 del 18/01/1984, Rv. 163580, con richiamo a numerosi precedenti conformi, nonché, Sez. 3, n. 48002 del 17/09/2014, Surano, Rv. 261153, secondo cui deve ritenersi "ultimato" solo l'edificio concretamente funzionale che possegga tutti i requisiti di agibilità o abitabilità, di modo che anche il suo utilizzo effettivo, ancorché accompagnato dall'attivazione delle utenze e dalla presenza di persone al suo interno, non è sufficiente per ritenere sussistente l'ultimazione dell'immobile abusivamente realizzato, coincidente generalmente con la conclusione dei lavori di rifinitura interni ed esterni; nello stesso senso, Sez. 3, n. 46215 del 03/07/2018, N., Rv. 274201 - 01; Sez. 3, n. 39733 del 18/10/2011, Ventura, Rv. 251424 - 01; Sez. 3, n. 8172 del 27/01/2010, Vitali, Rv. 246221) ovvero, se precedente, con il provvedimento di sequestro, che sottrae all'imputato la disponibilità di fatto e di diritto dell’immobile (Sez. 3, n. 5654 del 16/03/1994, Rv. 199125). 
        8.8. Orbene, costituisce dato certo, non travisato dai Giudici di merito e non contestato nemmeno dalla ricorrente, che alla data del sopralluogo e del sequestro del 20/04/2012, l’immobile di proprietà di quest’ultima era oggettivamente non ultimato, non essendovi, dunque, alcuna incertezza sulla data di cessazione della permanenza esattamente concomitante con il sequestro.
        8.9. Il terzo motivo è anch’esso generico e manifestamente infondato.
        8.10. La Corte di appello (e prima ancora il Tribunale) hanno ritenuto provata la colpevolezza della ricorrente in considerazione del fatto che la stessa aveva avviato l’attività edificatoria nella piena consapevolezza (o comunque nella colpevole ignoranza) della destinazione agricola del terreno (un mandarineto) e della concomitante attività edificatoria posta in essere dagli altri concorrenti nel medesimo contesto di tempo e di luogo.
        8.11. Le argomentazioni sviluppate sul punto dalla Corte di appello sono tutt’altro che manifestamente illogiche e fanno buon governo del dato normativo che attribuisce all’autore dell’edificazione la diretta responsabilità della conformità delle opere alla normativa urbanistica e alle previsioni di piano (art. 29, comma 1, d.P.R. n. 380 del 2001)     

    9. I ricorsi di Gaetano D’Anna, Maria Michela Militello, Gaetana D’Anna, Giovan Battista Giulivo, Maria Antonietta Lupo
        9.1. Il primo motivo parte da una premessa errata, quella secondo la quale la condotta integrante il reato di lottizzazione abusiva loro ascritto è consistita nella (sola) realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria a servizio dei terreni da loro acquistati dai precedenti proprietari i quali avevano già proceduto al frazionamento dei lotti e alla esecuzione delle prime opere di trasformazione dei terreni stessi (argomento, quest’ultimo, speso specificamente da Gaetano D’Anna, Maria Michela Militello, Gaetana D’Anna, visto che il Giulivo e la Lupo risultavano già proprietari della particella n. 1322).
        9.2. Il rilievo è totalmente errato.
        9.3. La rubrica imputa ai ricorrenti anche la abusiva realizzazione dei manufatti oggetto di specifica (ed ulteriore) contestazione; in particolare: a) ai coniugi Giulivo/Lupo, la realizzazione di un immobile in muratura e cemento armato a due elevazioni fuori terra esteso circa 140 mq. al pian terreno (di cui 40 come porticato) e 80 mq. al primo piano, ultimato, rifinito ed abitato, e un ulteriore manufatto edilizio ad una elevazione fuori terra, esteso 15 metri quadrati, in muratura, laterizi e concio di tufo, tamponato e privo di copertura e pavimentazione allo stato grezzo (capi g, f ed h della rubrica); b) a Gaetano D’Anna, Maria Michela Militello, Gaetana D’Anna la realizzazione di un manufatto edilizio esteso circa 180 metri quadrati, definito in ogni sua parte, con annesso locale tecnico ad una elevazione fuori terra, copertura piana, terrazza accessibile tramite torrino a scala (capi m, n e o della rubrica).
        9.4. Tutti i predetti immobili erano stati realizzati senza permesso di costruire, senza un progetto esecutivo redatto da un tecnico abilitato ed iscritto all’albo, senza la preventiva denunzia dei lavori al competente Genio Civile, senza il deposito ai fini del vincolo sismico; in una parola: erano totalmente abusivi. 
        9.5. Mediante la tecnica del richiamo ai capi di imputazione indicati al § 9.3 che precede, il capo a) della rubrica imputa ai ricorrenti il concorso nel reato di lottizzazione abusiva anche per aver posto in essere le attività materiali consistite, appunto, nella realizzazione dei manufatti abusivi sopra indicati mediante le quali è stata ulteriormente operata la trasformazione urbanistico-edilizia di terreni a vocazione agricola. 
        9.6. Il fatto che i Giudici di merito abbiano escluso la responsabilità di Vincenzo Corradi e Claudia Cavasio perché avevano realizzato gli immobili nel 2007, quando l’intera area si presentava inedificata e non ne era stata ancora avviata l’opera di complessiva trasformazione, non è dunque argomento spendibile sul piano logico per le ragioni già precedentemente illustrate, avendo il Tribunale e la Corte di appello desunto l’elemento psicologico del reato dal fatto che tutti gli altri imputati avevano invece posto in essere le rispettive attività edilizie in epoca successiva ma con condotte tra loro coeve. In sostanza, il Tribunale e la Corte di appello tracciano una linea ideale costituita dalla data di esecuzione del primo sequestro del 2007 avente ad oggetto gli immobili realizzati dal Corradi e dalla Cavasio; prima di tale momento non v’era ancora sentore di quel che subito dopo sarebbe accaduto e comunque non vi erano gli elementi per poterlo dimostrare; solo successivamente a tale data comincia la massiccia e collettiva trasformazione urbanistico-edilizia dell’area. 
        9.7. Non si vede dunque in che modo, sul piano logico, l’esclusione del Corradi e della Cavasio dalla consapevole partecipazione al disegno lottizzatorio possa ridondare a favore della buona fede dei ricorrenti (o quantomeno del ragionevole dubbio dell’esistenza di tale buona fede), essendo disomogenei i termini di paragone che ostano a improbabili accostamenti ed avendo costoro concorso alla realizzazione della lottizzazione abusiva mediante la realizzazione totalmente abusiva degli immobili sopra indicati. 
        9.8. Il secondo motivo è generico, manifestamente infondato e proposto al di fuori dei casi consentiti dalla legge nella fase di legittimità. 
        9.9. Il fatto che il processo di primo grado fosse proseguito nonostante la prescrizione del reato di lottizzazione fosse già maturata è questione che di per sé, per le ragioni già ampiamente illustrate, non ha alcuna rilevanza, tanto più che oggetto di contestazione non era il solo reato di lottizzazione abusiva, sicché non è dato sapere (i ricorrenti non lo deducono) quale fosse l’argomento probatorio oggetto dell’audizione del testimone Lo Duca sentito all’udienza del 03/07/2018 e del quale non viene mai fatta menzione ai fini del reato lottizzatorio.
        9.10. I ricorrenti avevano l’onere di indicare se e quali prove, acquisite dopo la maturazione della prescrizione, sono state utilizzate ai fini della decisione. Ciò non è stato fatto né in questa sede né, sopratutto, in appello (con conseguente improponibilità della relativa questione in sede di legittimità). Dalla lettura delle sentenze di primo e di secondo grado risulta, piuttosto, che le prove dichiarative utilizzate ai fini della decisione sono state acquisite non oltre l’udienza del 14/11/2016, in epoca dunque ben anteriore alla data di prescrizione del reato. 
        9.11. Il terzo motivo è generico e privo di concreto interesse alla sua coltivazione essendo evidente che il dedotto malgoverno dell’art. 578-bis cod. proc. pen., a prescindere dalla fondatezza della doglianza, non ha alcuna concreta ricaduta sulla legittimità della confisca disposta anche in caso di prescrizione in primo grado del reato di lottizzazione abusiva, venendo in rilievo, in questo caso, la latitudine applicativa dell’art. 44, secondo comma, d.P.R. n. 380 del 2001, quest’ultimo unico, vero ed effettivo argomento decisorio sul quale la Corte di appello si è pure lungamente soffermata senza alcun rilievo al riguardo da parte dei ricorrenti.

        10. Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi di Oddo Daniela, Militello Maria Michela, D’Anna Gaetana, Giulivo Giovan Battista e Lupo Maria Antonietta consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa dei ricorrente (C. Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), l'onere delle spese del procedimento nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si fissa equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di € 3.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna Oddo Daniela, Militello Maria Michela, D’Anna Gaetana, Giulivo Giovan Battista e Lupo Maria Antonietta il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 14/12/2023.