Cass. Sez. III n. 36612 del 5 ottobre 2007 (Ud. 19 set. 2007)
Pres. Postiglione Est. Grassi Ric. Sguassero
REATO - CIRCOSTANZE - ATTENUANTI COMUNI - RIPARAZIONE DEL DANNO - Reati in materia paesaggistica - Richiesta di rilascio dell\'autorizzazione in sanatoria - Rilevanza - Esclusione - Ragioni.

In tema di reati paesaggistici, ai fini del riconoscimento della circostanza attenuante dell\'art. 62, n. 6, seconda parte, cod.pen., costituisce fatto irrilevante l\'essersi il reo attivato per ottenere il rilascio dell\'autorizzazione in sanatoria, in quanto detta autorizzazione non comporta da sola nè l\'eliminazione nè l\'attenuazione delle conseguenze del reato paesaggistico.

Osserva
Con sentenza del Tribunale, in composizione monocratica, di Udine - sez. dist. di Palmanova, datata 27 settembre 2005, Antonio Sguassero veniva condannato, in esito a giudizio abbreviato condizionato, previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e della diminuente per il rito, nonché con i benefici di cui agli artt. 163 e 175 c.p., alla pena di 1 mese e 10 giorni d’arresto ed € 13.333,00 di ammenda, quale colpevole dei reati, unificati dalla continuazione, previsti dagli artt. 151 D.Lgs. 490/99 e 51 co. 2 D.Lgs. 22/97, dei quali era chiamato a rispondere per avere, quale rappresentante legale della “ Sguassero Costruzioni S.p.a.” proprietaria di un’area sita in località Busuz del Comune di S. Giorgio di Nogaro, compresa nel Parco intercomunale del fiume Corno e soggetta a vincolo ambientale siccome situata all’interno della fascia di rispetto del detto fiume, modificato l’aspetto esteriore dei luoghi effettuandovi, senza preventiva autorizzazione della competente autorità regionale, lo scarico di ingente quantità di terra di scavo e l’abbandono incontrollato di rifiuti costituiti da materiali inerti da demolizione, quali pozzetti e conglomerati in cemento, spezzoni di treccia di rame, materiale plastico e mattonelle da pavimentazione, come accertato il 27 agosto 2001.
Con la stessa sentenza veniva dichiarato non doversi procedere, a carico dello Sguassero, in ordine al reato di cui all’art. 20 co. 1 lett. a) L. 47/85, pure contestatogli, perché estinto per avvenuto rilascio di autorizzazione in sanatoria.
Contro i capi di tale decisione relativi alle contravvenzioni delle quali era stato dichiarato colpevole l’imputato proponeva impugnazione per chiedere di esserne assolto con formula piena ed invocare, in subordine, il riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 6 c.p. e la riduzione della pena inflittagli.
Argomentava, l’appellante:
- che a norma degli artt. 151 e 152 D.Lgs. 490/99 e 131 L. Reg. Friuli Venezia Giulia 52/91, le opere da lui poste in essere dovevano ritenersi non abbisognevoli di autorizzazione paesaggistica in quanto, relative alla sistemazione o manutenzione ordinaria di un fondo agricolo, non avevano determinato alterazione permanente dello stato dei luoghi e dell’assetto idrogeologico della zona;
- che le fotografie scattate dai denuncianti e non dai verbalizzanti, sarebbero state utilizzate illegittimamente, provenendo da soggetti non qualificati;
- che l’attenuante di cui all’art. 62 n. 6 c.p. avrebbe dovuto essergli riconosciuta essendosi egli adoperato per ottenere l’autorizzazione in sanatoria, così eliminando o attenuando le conseguenze dannose dei reati.
La Corte d’Appello di Trieste confermava, con sentenza del 10 agosto 2006, la decisione impugnata affermando e ritenendo:
a) che la contravvenzione di cui all’art. 163 D.Lgs. 490/99, come sostituito dall’art. 181 D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, ha natura di reato di pericolo, si consuma con la mera realizzazione di lavori, attività o interventi in zona vincolata, senza la necessaria autorizzazione paesaggistica e prescinde da ogni accertamento in ordine all’avvenuta alterazione, al danneggiamento o al deturpamento del paesaggio;
b) che, nel caso in esame, come era reso evidente dalle foto scattate dai verbalizzanti e da quanto riferito da funzionari del Comune, sul terreno di che trattasi, trasportati da autocarri, erano stati riversati ingenti cumuli di terra, frammisti a blocchi di calcestruzzo di notevoli dimensioni, coperchi di chiusini, pezzi di tubi in plastica, spezzoni di treccia di rame, mattonelle da pavimentazione per marciapiedi, tubi idraulici in ferro ed altri pezzi di materiale plastico;
c) che, in conseguenza, il terreno aveva subito un innalzamento del livello di campagna di circa cinquanta centimetri e lo stato dei luoghi era stato alterato in via definitiva, avendo le opere abusivamente su di esso realizzate interessato un’ampia area, con alterazione dei profili altimetrici e dell’assetto idrogeologico della zona;
d) che le foto scattate dai denuncianti, acquisite al fascicolo processuale, erano utilizzabili perché il chiesto rito abbreviato non era stato condizionato alla loro estromissione e, comunque, lo stato dei luoghi era stato desunto dalle foto scattate dai verbalizzanti e da quanto riferito dagli stessi e da funzionari del Comune;
e) che la circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 6 c.p. non poteva essere riconosciuta all’imputato essendosi egli attivato, per chiedere la sanatoria, non spontaneamente, ma solo dopo che il fondo era stato sottoposto a sequestro preventivo;
f) che la pena inflitta in primo grado era da ritenersi congrua e non suscettibile di riduzione, in considerazione della gravità dei fatti e dell’ampiezza dell’area sulla quale si era agito.
Avverso la sentenza di appello lo Sguassero ha proposto ricorso per Cassazione e ne chiede l’annullamento per violazione di legge e difetto di motivazione.
Deduce, in particolare, il ricorrente:
I. che le opere effettuate sul terreno di che trattasi non avrebbero determinato alcuna alterazione permanente del territorio, né del relativo assetto idrogeologico ed erano destinate al miglioramento delle condizioni di esercizio dell’attività agricola;
II. che dall’avvenuto rilascio dell’autorizzazione in sanatoria si dovrebbe trarre argomento per ritenere che l’Autorità amministrativa competente non ha ravvisato alcuna alterazione permanente ed irreversibile della zona, anche perché i materiali da scarto frammisti a terra, rinvenuti, erano depositati ai margini del terreno ed erano stati poi rimossi;
III. che la circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 6 c.p. gli sarebbe stata illegittimamente negata, essendosi egli adoperato spontaneamente per il rilascio della autorizzazione in sanatoria, subito dopo che i fatti gli erano stati contestati.

Motivi della decisione
Il ricorso è manifestamente infondato e, come tale, deve essere dichiarato non ammissibile, con conseguente condanna del ricorrente - a mente dell’art. 616 c.p.p. - al pagamento delle spese processuali e, non vertendosi in ipotesi di causa di inammissibilità non dovuta a colpa, anche al versamento, alla Cassa delle ammende, della somma di denaro indicata in dispositivo, equa in considerazione delle ragioni di palese infondatezza dell’impugnazione.
Con la prima delle censure mosse alla sentenza impugnata si deduce una questione di fatto, attinente allo stato dei luoghi accertato in sede di merito con motivazione incensurabile, in questa sede, perché adeguata e non manifestamente illogica, fondata sui rilievi dedotti dalla foto in atti scattate dai verbalizzanti e sugli accertamenti da costoro esperiti.
I Giudici di merito hanno evidenziato come fra gli ingenti cumuli di terra trasportati e scaricati sul terreno “de quo” vi fossero materiali da scarto e rifiuti di ogni genere ed hanno accertato che il livello del piano di campagna era stato sopraelevato di circa cinquanta centimetri, con alterazione del profilo altimetrico della zona, in un sito soggetto a vincolo ambientale perché ricadente nella fascia di rispetto del fiume Corno, che scorre all’interno di un parco intercomunale.
L’alterazione del territorio, pur non necessaria essendo quello di cui all’art. 163 D.Lgs. 490/99 un reato di pericolo astratto, risulta motivatamente e legittimamente ritenuta.
La circostanza attenuante di cui all’art. 62 n. 6 parte 2^ c.p. è stata correttamente ritenuta non applicabile al ricorrente in quanto essa presuppone che, prima del giudizio, l’autore del fatto si sia spontaneamente ed efficacemente adoperato per elidere o attenuare le conseguenze dannose o pericolose del reato.
Nel caso di specie la valutazione, sotto tali profili, della condotta dello Sguassero è stata effettuata dai Giudici di merito con motivazione incensurabile perché adeguata, giuridicamente corretta e non manifestamente illogica, fondata sulla valutazione dell’avvenuta alterazione del profilo altimetrico della zona, dell’innalzamento del livello del piano di campagna e della natura dei rifiuti depositati, fattori dai quali si è desunta la non eliminabilità o sensibile attenuazione delle conseguenze dannose o pericolose del reato.
L’essersi l’imputato attivato per l’ottenimento dell’autorizzazione in sanatoria è stato considerato legittimamente un fatto irrilevante ai fini del riconoscimento dell’attenuante in parola, sia perché tale condotta era successiva al sequestro dell’immobile, sia perché la detta autorizzazione non comporta, da sola, né l’eliminazione, né l’attenuazione del conseguenze del reato.
La manifesta infondatezza del ricorso è causa di inammissibilità originaria di esso, ostativa alla dichiarazione di estinzione dei reati per prescrizione maturata -tenuto conto della sospensione del relativo termine dal 20 agosto 2004 al 3 marzo 2005 per rinvii del dibattimento chiesti dalla difesa non per ragioni di acquisizione della prova - il 7 settembre 2006, vale a dire in epoca successiva alla pronuncia della decisione di secondo grado.