Cass. Sez. III n. 679 del 9 gennaio 2024 (UP 11 ott 2023)
Pres. Ramacci Rel. Aceto Ric. Olivieri
Beni ambientali.Interventi di ristrutturazione edilizia e necessità autorizzazione paesaggistica

Ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 146 e 149, d.lgs. n. 42 del 2004, gli interventi di ristrutturazione edilizia, sia se eseguibili mediante "semplice" denuncia di inizio attività ai sensi dell'art. 22, commi primo e secondo, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, sia se eseguibili in base alla cosiddetta super DIA, prevista dall’art. 23, comma 1, lett. a), stesso d.P.R., necessitano del preventivo rilascio dell'autorizzazione paesaggistica da parte dell'autorità preposta alla tutela del vincolo. Solo per gli interventi di restauro e risanamento conservativo e per quelli di manutenzione straordinaria non comportanti alterazione dello stato dei luoghi o dell'aspetto esteriore degli edifici, la D.I.A. non deve essere preceduta dall'autorizzazione paesaggistica.


RITENUTO IN FATTO

            1. I sigg.ri Maria Luigia Olivieri e Andrea Benedetto ricorrono per l’annullamento della sentenza del 2 dicembre 2022 della Corte di appello di Firenze che, pronunciando sulle loro impugnazioni, ha confermato la condanna alla pena di trenta giorni di arresto e 14.000,00 euro di ammenda irrogata con sentenza del 28 ottobre 2020 del Tribunale di Pistoia per il reato di cui agli artt. 110, 81, cpv., cod. pen., 44, lett. a), 93, 94 e 95, d.P.R. n. 380 del 2001, 181, comma 1, d.lgs. n. 42 del 2004, contestato come commesso in Montecatini in data imprecisata tra il febbraio e l’aprile dell’anno 2017. 
                    1.1. Con il primo motivo deducono, con riferimento all’art. 44, lett. c), in relazione all’art. 33, d.P.R. n. 380 del 2001, l’inosservanza degli artt. 533, comma 1, e 192, comma 1, cod. proc. pen., nonché la mancanza, la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione per travisamento di prove decisive così come risultante dal testo del provvedimento impugnato e da altri del processo.
Non vi sono prove, affermano, per affermare che nei tredici giorni che vanno dal 9 maggio 2017, data di acquisto dell’immobile, al 22 maggio 2017, giorno del sopralluogo, possano aver realizzato un manufatto in muratura in luogo di una capanna con muri a secco.
La planimetria catastale allegata all’atto di vendita attesta e documenta inequivocabilmente la vendita alla Olivieri di una struttura in muratura (realizzata da altri). La Corte di appello, senza affrontare la questione, si limita ad osservare che la baracca era stata trasformata e a contestare interventi di ristrutturazione che i testimoni Marco Maglio (funzionario area governo del territorio del Comune di Montecatini) e Doriano Pinochi (geometra che aveva seguito la pratica di accatastamento su incarico del venditore e aveva disposto la relazione tecnica su incarico dell’acquirente) avevano limitato alla parziale intonacatura e sostituzione di una copertura, opere che non riguardano le strutture portanti e sono soggette a edilizia libera. 
                    1.2. Con il secondo motivo deducono, con riferimento al reato di cui all’art. 95 d.P.R. n. 380 del 2001, l’inosservanza o l’erronea applicazione degli artt. 93 e 94 d.P.R. n. 380 del 2001, nonché la mancanza, la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione sul punto così come risultante dal testo del provvedimento impugnato e da altri atti del processo, in particolare dalle deposizioni dei testimoni Nicola Cirocco e Doriano Pinochi secondo i quali gli interventi effettuati consistevano in un semplice risanamento che non necessitava il deposito degli elaborati processuali presso il genio civile, trattandosi di opere di completamento e rifinitura, non di realizzazione o modificazione di strutture edilizie.
                    1.3. Con il terzo motivo, che si riallaccia alle allegazioni in fatto oggetto dei primi due (la natura degli interventi effettuati), deducono, con riferimento al reato di cui all’art. 181, comma 1, d.lgs. n. 42 del 2004, l’inosservanza o l’erronea applicazione degli artt. 136 e 146, d.lgs. n. 42 del 2004, nonché la mancanza, la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione sul punto così come risultante dal testo del provvedimento impugnato.

                    2. Con memoria del 02/10/2023, il ricorrenti hanno replicato alle richieste del PG di declaratoria di inammissibilità dei ricorsi ed hanno concluso insistendo per l’annullamento della sentenza impugnata.


CONSIDERATO IN DIRITTO

            1. Il ricorsi sono inammissibili.

            2. Osserva il Collegio:
                2.1. si contesta ai ricorrenti di aver proceduto alla abusiva ristrutturazione di un immobile situato in zona sismica e sottoposta a vincolo paesaggistico, in assenza di permesso di costruire, dell’autorizzazione dell’autorità preposta al vincolo e senza aver provveduto a depositare i progetti presso gli uffici del genio civile; in particolare, si imputa loro di aver trasformato una rimessa in lamiera parzialmente crollata in un piccolo manufatto in blocchetti di cemento con copertura inclinata in pannelli di sandwich delle dimensioni in pianta di mt. 9,35x4,68 e altezza variabile (all’interno) da mt. 2,60 a mt. 2,90;
                2.2. dalla lettura della sentenza impugnata risulta che la vecchia baracca preesistente (una semplice “capanna” con muri a secco e copertura in lamiera, così la definisce la Corte territoriale) era stata trasformata in un manufatto con i muri esterni riparati, in parte riedificati e intonacati, e con una copertura non più in lamiera ma in laterizio, completamente rinnovata;
                2.3. quanto alla responsabilità degli odierni ricorrenti, la Corte di appello ha spiegato che il geom. Pinochi era stato incaricato di completare l’accatastamento e che, recatosi sul posto tra il mese di febbraio ed il maggio 2017, l’immobile si presentava ancora nelle condizioni fatiscenti precedenti alla sua ristrutturazione e che gli odierni ricorrenti ne erano già stati immessi nel possesso giusta contratto preliminare di vendita che l’imputazione indica come stipulato nel mese di maggio 2016.
                2.4. nel dedurre il malgoverno della logica ed il travisamento delle prove (nei termini sopra indicati), i ricorrenti trascurano il ragionamento seguito dalla Corte di appello, tanto meno deducono il travisamento delle dichiarazioni rese dal geom. Pinochi sul punto;  
                2.5. ne deriva che: a) il primo motivo è aspecifico perchè omette di confrontarsi con la ratio decidendi nella sua interezza; b) il dedotto travisamento delle (altre) prove non è decisivo;
                2.6. ed, invero, quanto al primo aspetto, è stato più volte affermato che è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che risultano carenti della necessaria correlazione tra le argomentazioni riportate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione (Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012, Pezzo, Rv. 253849; Sez. 4, n. 256 del 18/09/1997, Ahmetovic, Rv. 210157; Sez. 4, n. 5191 del 29/03/2000, Barone, Rv. 216473; Sez. 1, n. 39598 del 30/09/2004, Burzotta, Rv. 230634; Sez. 4, n. 34270 del 03/07/2007, Scicchitano, Rv. 236945 - 01);
                2.7. quanto al secondo profilo (il travisamento), poiché il vizio (di natura percettiva) riguarda la ricostruzione del fatto effettuata utilizzando la prova travisata, se l’errore è imputabile al giudice di primo grado la relativa questione deve essere devoluta al giudice dell'appello, pena la sua preclusione nel giudizio di legittimità, non potendo essere dedotto con ricorso per cassazione, in caso di c.d “doppia conforme”, il vizio di motivazione in cui sarebbe incorso il giudice di secondo grado se il travisamento non gli era stato rappresentato (Sez. 5, n. 48703 del 24/09/2014, Biondetti, Rv. 261438; Sez. 6, n. 5146 del 2014, cit.), a meno che, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, il giudice di secondo grado abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice (nel qual caso il vizio può essere eccepito in sede di legittimità, Sez. 4, n. 4060 del 12/12/2013, Capuzzi, Rv. 258438);  
                2.8. i ricorrenti non specificano se il travisamento delle prove indicate dalla Corte territoriale fosse stato già dedotto in appello o se tali prove non fossero state scrutinate in primo grado, così rendendo inammissibilmente fattuali le loro deduzioni;
                2.9. resta, dunque, il fatto così come descritto in sede di merito che qualifica l’intervento come di ristrutturazione edilizia avendo comportato, da parte degli odierni ricorrenti, la sostituzione di elementi portanti del precedente immobile e della sua copertura;
                2.10. va aggiunto, peraltro, che - anche a voler stare alle prospettazioni difensive - il completamento dell’opera abusivamente iniziata da altri non consente di frazionare il fatto e di qualificarlo in base alle porzioni di fabbricato oggetto delle singole condotte. L’intervento edilizio deve essere valutato unitariamente sicché chi completa l’opera abusivamente iniziata da altri concorre nell’unico reato urbanistico-edilizio posto in essere con il concorso di tutte le azioni, anche indipendenti tra loro;
                2.11. per le stesse ragioni è inammissibile anche il secondo motivo con il quale i ricorrenti, sul presupposto della non ascrivibilità alla loro condotta della ristrutturazione dell’intero manufatto, contestano la applicazione nei loro confronti del reato di cui all’art. 95 d.P.R. n. 380 del 2001 (nel duplice profilo dell’inosservanza degli artt. 93 e 94);
                2.12. l’ultimo motivo è totalmente infondato giacché, ai sensi del combinato disposto di cui agli artt. 146 e 149, d.lgs. n. 42 del 2004, gli interventi di ristrutturazione edilizia, sia se eseguibili mediante "semplice" denuncia di inizio attività ai sensi dell'art. 22, commi primo e secondo, del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, sia se eseguibili in base alla cosiddetta super DIA, prevista dall’art. 23, comma 1, lett. a), stesso d.P.R., necessitano del preventivo rilascio dell'autorizzazione paesaggistica da parte dell'autorità preposta alla tutela del vincolo (Sez. 3, n. 8739 del 21/01/2010, Perna, Rv. 246218 - 01, secondo cui solo per gli interventi di restauro e risanamento conservativo e per quelli di manutenzione straordinaria non comportanti alterazione dello stato dei luoghi o dell'aspetto esteriore degli edifici, la D.I.A. non deve essere preceduta dall'autorizzazione paesaggistica; nello stesso senso, più recentemente, Sez. 3, n. 24410 del 09/02/2016, Pezzuto, Rv. 267190 - 01; Sez. 3, n. 21192 del 04/04/2023, Orlando, n.m.; Sez. 3, n. 43530 del 28/03/2019, Abatecola, n.m.);
                2.13. restano escluse dall’ambito applicativo della norma le sole condotte che si palesino inidonee, anche in astratto, a compromettere i valori del paesaggio (Sez. 3, n. 39429 del 12/06/2018, Scrocchi, Rv. 273903 - 01; Sez. 3, n. 38525 del 25/09/2012, Gruosso, Rv. 253690 - 01), ciò sul rilievo che il reato previsto dall'art. 181, comma 1, d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, è di pericolo formale ed astratto per la cui sussistenza non è necessario un effettivo pregiudizio per il paesaggio e pertanto non sono penalmente rilevanti soltanto le condotte di entità talmente minima da essere inidonee, già in astratto, a pregiudicare il bene paesaggistico - ambientale (Sez. 3, n. 4567 del 10/10/2017, dep. 2018, Airò, Rv. 273067 - 01; Sez. 3, n. 37337 del 16/04/2013, Ciacci, Rv. 257347 - 01; Sez. 3, n. 39049 del 20/03/2013, Bortini, Rv. 256426 - 01).

                3. Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., non potendosi escludere che essa sia ascrivibile a colpa dei ricorrenti (C. Cost. sent. 7-13 giugno 2000, n. 186), l'onere delle spese del procedimento nonché del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, che si fissa equitativamente, in ragione dei motivi dedotti, nella misura di € 3.000,00.

P.Q.M.

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 11/10/2023.