Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 4043, del 31 luglio 2014
Acque.Legittimità diniego autorizzazione scarico acque reflue provenienti dalla villa, posta in prossimità dell’arenile

Appare inconferente la circostanza che la villa fosse stata edificata in forza di una singola concessione edilizia e fosse fornita di autonomi impianti di servizi, essendo incontestabilmente comunque inserita all’interno del complesso residenziale. Va condivisa la ricostruzione del giudice di prime cure, secondo cui l’insediamento in cui è collocata la villa poiché rientra nella seconda classe di insediamento civile ex art. 1 R. R. della Puglia n. 1/1988, deve conformarsi alle disposizioni previste per gli scarichi delle pubbliche fognature. L’immobile di proprietà dell’appellante non poteva essere considerato isolatamente rispetto al contesto unitario di cui fa parte. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 04043/2014REG.PROV.COLL.

N. 06688/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6688 del 2012, proposto da: 
Italo D'Alessio, rappresentato e difeso dall'avv. Mauro Ruffo, con domicilio eletto presso Gianfranco D'Onofrio in Roma, piazza Antonio Mancini, 4;

contro

Comune di Maruggio, Azienda Unita' Sanitaria Locale Taranto 1;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. PUGLIA - SEZ. STACCATA DI LECCE: SEZIONE II n. 00250/2012, resa tra le parti, concernente diniego autorizzazione scarico acque reflue



Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 giugno 2014 il Cons. Umberto Realfonzo e uditi per le parti l’avv. Gianfranco D'Onofrio su delega dell'avvocato Mauro Ruffo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO

Con il presente gravame l’appellante impugna la sentenza con cui il T.A.R. ha respinto la sua richiesta di annullamento del diniego di autorizzazione allo scarico provvisorio delle acque reflue di tipo civile provenienti dalla villa, posta in prossimità dell’arenile, di proprietà del sig. D’Alessio.

La predetta residenza estiva è posta all’interno di un complesso residenziale di oltre cinque ettari interamente recintato, a cui si accede soltanto mediante tre cancelli ed è internamente attraversata da stradine in terra battuta le quali uniscono, fra di loro, le altre ventitre ville facenti parte del complesso.

In esito all’ordinanza n. 66 del 4 agosto 2004 del Comune di Maruggio, l’appellante presentava richiesta di autorizzazione allo scarico provvisorio delle acque reflue della sua abitazione, nell’impianto esistente consistente in un vasca di tipo Imhoff e in una vasca di stoccaggio in cemento armato a tenuta stagna.

Il Comune di Maruggio, sul presupposto che lo smaltimento degli scarichi avrebbe dovuto essere complessivamente conforme alle disposizioni del regolamento regionale n. 1 del 20 febbraio 1988, rigettava la richiesta in ragione del fatto che la villa era inserita in un complesso residenziale unitario di notevole estensione territoriale.

L’appello, diretto all’annullamento della sentenza con cui il T.A.R. ha rigettato il ricorso dell’appellante, è affidato alla denuncia, già proposta e in primo grado, relativa all’inesatta applicazione del citato regolamento n. 1/1988 e alla violazione delle norme di cui alla legge n. 241/1990.

Il Comune e l’A.U.S.L. TA/1 non si sono costituiti in giudizio.

Chiamata all’udienza pubblica di discussione, udito il patrocinatore dell’appellante, la causa è stata ritenuta in decisione.

DIRITTO

L’appello è infondato.

__ 1. Il sig. D’Alessio censura, primariamente, la statuizione del giudice di prime cure che ha ritenuto “[…] corretta la qualificazione dell’immobile in questione operata dal provvedimento comunale impugnato come elemento costitutivo di un ‘complesso residenziale’” (p. 6 sentenza appellata).

L’appellante afferma al contrario che, seppure la villa di sua proprietà è collocata all’interno di un’area delimitata da un’unica recinzione, essa dovrebbe essere considerata del tutto indipendente rispetto alle altre ville limitrofe, sia in quanto realizzata in virtù di un singolo titolo edilizio e nulla osta paesaggistico, sia perché fornita di tutti i servizi idrici, sanitari ed energetici idonei che la rendono indipendente.

L’assunto va respinto.

Preliminarmente si deve annotare che il Regolamento Regionale n. 1 del 1988 - che disciplina lo smaltimento sul suolo di insediamenti civili di consistenza inferiore a 50 vani o 5000 mc - dispone, all’art. 1, che “la presente normativa disciplina gli scarichi dei nuovi insediamenti civili che non recapitano in pubbliche fognature”, distinguendo tali insediamenti civili in due classi:

-- alla prima classe appartengono quelli “di consistenza inferiore a 50 vani o a 5.000 mc ed aventi comunque un numero di abitanti inferiore o uguale a 50 unità”;

-- alla seconda classe appartengono gli insediamenti “che hanno un numero di abitanti superiore”.

L’art. 2 del medesimo regolamento disciplina in modo differenziato le modalità di smaltimento degli scarichi provenienti da insediamenti civili a seconda dell’appartenenza alla prima od alla seconda classe. Mentre, nella prima ipotesi, è ammessa la “chiarificazione e stabilizzazione in vasche settiche tipo Imhoff”, nel secondo caso è necessario rispettare la “disciplina fissata per gli scarichi delle pubbliche fognature”.

Ciò premesso, il complesso edilizio su cui sono state edificate le ventitre abitazioni e la villa dell’appellante è stato esattamente considerato in modo unitario, in quanto si tratta di un’area delimitata da una recinzione continua e da cancelli (che dunque limitano gli accessi ai soli proprietari) ed è strutturata in modo uniforme con stradine interne ed alberi dall’alto fusto.

Nel caso in esame assume decisivo rilievo l’esistenza di parti comuni del complesso immobiliare. Infatti, si ha condominio anche nel caso di compendi composti da più edifici “autonomi”, ma che sono “…caratterizzate dal rapporto di accessorietà necessaria che le lega alle singole proprietà individuali, delle quali rendono possibile l’esistenza stessa o l’uso, come per esempi [..., le reti viarie interne, gli impianti dei servizi idraulici o energetici dei complessi residenziali”: per cui in tali casi si configura l’ipotesi di cui agli artt. 1117 cod. civ. e 62 disp. att. cod. civ. ( Cass. Civ., sez. II, 18 aprile 2005 n. 8066).

Il ricordato Regolamento Regionale per la qualificazione del parco residenziale ai fini della disciplina degli scarichi, non fa alcun riferimento alle vicende della loro costruzione, ma si aggancia al parametro oggettivo concernente la consistenza del complesso residenziale superiore a 50 vani o a 5.000 mc e del numero di abitanti superiore a 50 unità.

In tale quadro del tutto inconferente appare pertanto la circostanza che la villa di proprietà dell’appellante fosse stata edificata in forza di una singola concessione edilizia e fosse fornita di autonomi impianti di servizi, essendo incontestabilmente comunque inserita all’interno del complesso residenziale.

In definitiva, va condivisa la ricostruzione del giudice di prime cure, secondo cui l’insediamento in cui è collocata la villa di proprietà dell’appellante, poiché rientra nella seconda classe di insediamento civile ex art. 1 regol. n. 1/1988, deve conformarsi alle disposizioni previste per gli scarichi delle pubbliche fognature.

Non vi sono dunque dubbi sulla consequenziale applicabilità all’intero complesso dell’ultima disposizione richiamata, stante il superamento dei limiti di cubatura ivi previsti.

__ 2. Con la seconda rubrica l’appellante assume la non applicabilità, in ogni caso, della richiamata disciplina stabilita per gli insediamenti civili di seconda classe, in quanto lo smaltimento delle acque reflue del complesso residenziale avrebbe dovuto essere regolato in base alle disposizioni derogatorie stabilite per i villaggi turistici, ed a tal fine evidenzia lo sfruttamento meramente stagionale, da parte dei rispettivi proprietari, di tutte le ville componenti l’insediamento, nonché la loro prossimità al mare.

Il motivo non è fondato.

La legge regionale n. 11 dell’11 febbraio 1999, all’art. 15 definisce i villaggi turistici come “le strutture ricettive, aperte al pubblico, a gestione unitaria, attrezzate su aree recintate, per la sosta e il soggiorno di turisti, anche sprovvisti di mezzi autonomi di pernottamento, costituite da unità abitative fisse, quali appartamenti, bungalow, villette e simili, dotate di tutti i servizi”.

Appare del tutto evidente come la definizione di villaggio turistico fornita dalla legge regionale n. 11/1999 è riferita esclusivamente a strutture aperte al pubblico dei turisti e non consente in alcun modo di ricondurre il complesso residenziale oggetto del presente giudizio, nell’alveo della disciplina suindicata.

__ 3. Infine si lamenta, sotto il profilo procedimentale, l’illegittimità del diniego di autorizzazione n. 8624 del 23 agosto 2005, adottato dal Comune di Maruggio:

-- per la carenza dell’istruttoria, connessa alla mancata adozione dell’obbligatorio parere preventivo ad opera dell’A.U.S.L. Ta/1;

-- per l’omessa comunicazione al ricorrente del preavviso di rigetto ai sensi dell’art. 10-bis l. n. 241/1990;

-- per la carenza di motivazione del provvedimento, in violazione dell’art. 3 della l. n. 241/1990.

L’assunto non convince.

In primo luogo, per far luogo al diniego allo scarico individuale non era necessario alcun parere preventivo dell’A.U.S.L. Ta/1. Anche in relazione a quanto si diceva in precedenza, era evidente che il provvedimento era esclusivamente condizionato alla ricognizione dei presupposti oggettivi previsti dal ricordato Regolamento. Devono al riguardo senz’altro condividersi le considerazioni del Primo Giudice, per il quale l’autorizzazione allo scarico è un’attività amministrativa sostanzialmente vincolata, in quanto tipicamente connotata dall’assenza, in capo al soggetto pubblico, di margini di scelta discrezionale delle relative valutazioni (arg. ex Consiglio di stato, sez. IV, 27 marzo 2008 n. 1259).

E’ infatti evidente l’obbligo dell’amministrazione di accertare gli elementi di fatto alla cui concreta sussistenza è agganciata l’applicazione delle diverse fattispecie previste dal regolamento regionale n. 1 del 1988 e la riconducibilità del caso all’art. 21-octies della l. n. 241/1990, per il quale pur in presenza della violazione delle norme sul procedimento o sulla forma degli atti, il provvedimento non è annullabilequando la sua adozione abbia natura vincolata e sia palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.

Sono tutti casi nei quali il paradigma legislativo tende a privilegiare i profili sostanziali (qui relativi alla tutela della salute pubblica e dell’ambiente) sulle garanzia formali del singolo.

In tale prospettiva, parimenti irrilevanti erano sia l’omessa comunicazione al ricorrente del preavviso di rigetto ai sensi dell’art. 10-bis l. n. 241/199, sia la pretesa carenza di motivazione del provvedimento.

Quanto al preavviso di rigetto, la giurisprudenza ha infatti chiarito che tale istituto è volto a far conoscere alle amministrazioni, in contraddittorio rispetto alle motivazioni da esse assunte in base agli esiti dell’istruttoria espletata, le ragioni dell’interessato, di fatto o di diritto, che potrebbero contribuire a far assumere agli organi competenti una diversa determinazione finale (cfr. Consiglio di Stato, sez. VI, 6 agosto 2013 n. 4111).

Tuttavia, “l’omissione di tale formalità non vizia il procedimento quando il contenuto di quest’ultimo sia interamente vincolato, pure con riferimento ai presupposti di fatto, nonché tutte le volte in cui la conoscenza sia comunque intervenuta, sì da ritenere già raggiunto in concreto lo scopo cui tende siffatta comunicazione” (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 15 dicembre 2011 n.6618).

Quanto invece alla dedotta violazione dell’art. 3 della l. n. 241/1990 si ricorda che, come è noto, quando l’attività amministrativa è vincolata, l’obbligo di motivazione deve considerarsi assolto se il provvedimento indichi con precisione i presupposti di fatto e di diritto la cui presenza o la cui mancanza ne ha reso necessaria l’adozione, senza che occorrano ulteriori e più ampie garanzie rivolte a confutare analiticamente le deduzioni svolte dalle parti interessate (ex multis: Cons. Stato sez. IV, 1 ottobre 2004, n. 6361; Cons. Stato, 9 settembre 2003, n. 5044; Cons. Stato, sez. V, 11 dicembre 2013 n. 5957).

In conclusione, considerando che l’immobile di proprietà dell’appellante non poteva essere considerato isolatamente rispetto al contesto unitario di cui fa parte deve concludersi per la legittimità del provvedimento in quanto è evidente che il Comune di Maruggio ha correttamente applicato la normativa regionale individuando esattamente i presupposti di fatto sottesi alla fattispecie concreta.

__ 4. In definitiva l’appello deve essere respinto.

In considerazione della mancata costituzione del Comune di Maruggio e dell’ A.U.S.L. TA/1, non vi è luogo a pronuncia sulle spese.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando:

___ 1. Respinge l’appello, come in epigrafe proposto

___ 2. Nulla per le spese.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 giugno 2014 con l'intervento dei magistrati:

Giorgio Giaccardi, Presidente

Sandro Aureli, Consigliere

Fabio Taormina, Consigliere

Diego Sabatino, Consigliere

Umberto Realfonzo, Consigliere, Estensore

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 31/07/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)