TAR Basilicata Sez. I n.127 21 marzo 2012
Beni Ambientali. Compatibilità paesaggistica
Il sistema di cui al comma 5 dell'articolo 146 D.Lv. 42\2004, incentrato sul parere obbligatorio ma non vincolante del Soprintendente, affinchè diventi operativo, presuppone infatti l’avvenuta adozione, da parte delle regioni, dei piani paesaggistici disciplinati dagli articoli 135 e 143 che, non a caso, richiedono che l’elaborazione del piano avvenga congiuntamente tra Ministero e regioni proprio con riguardo, fra gli altri, ai beni dichiarati di notevole interesse pubblico ai sensi del predetto art. 136.
N. 00127/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00240/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 240 del 2011, proposto da:
Valle Sinni Solare Srl, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avv. Mario Busiri Vici, Pasquale De Luca, con domicilio eletto presso la Segreteria del T.A.R. in Potenza, via Rosica, n.89;
contro
Regione Basilicata in persona del Presidente p.t., rappresentato e difeso dall'avv. Anna Carmen Possidente, con domicilio eletto presso la stessa in Potenza, Uff. Legale Regione Basilicata;
Regione Basilicata Dipartimento Ambiente,Territorio, Politiche della Sostenibilita'- Uff. Urbanistica e Tutela del Paesaggio, n.c.;
Comune di Montalbano Jonico in persona del Sindaco p.t., n.c.;
Ministero Per i Beni e Le Attivita' Culturali, Ministero Per i Beni e Le Attivita' Culturali - Direzione Generale Per i Beni Architettonici e Paesaggio di Potenza, Ministero Per i Beni e Le Attivita' Culturali -Soprintendenza Beni Architettonici e Paesaggio di Basilicata- Sede di Matera, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distr.le di Potenza, domiciliata per legge in Potenza, corso 18 Agosto 1860;
per l'annullamento
-della determinazione dirigenziale n. 400 dell'8/4/2011, con la quale l'Ufficio Urbanistica e Tutela del Paesaggio, Dipartimento Ambiente,Territorio, Politiche della Sostenibilità della Regione Basilicata respingeva la richiesta presentata dalla società ricorrente, relativa alla autorizzazione del progetto presentato in data 24/3/2010, consistente nella realizzazione di un impianto fotovoltaico per la produzione di energia elettrica, denominato "Lopatriello", in conformità del parere del Soprintendente citato nella medesima determinazione;
-della nota prot. n. 0002924 dell'11/3/2011 sottoscritta dal Soprintendente ad interim, con la quale la Direzione Generale per i Beni Architettonici e per il Paesaggio di Potenza esprimeva il proprio definitivo parere negativo in ordine all’istanza di autorizzazione paesaggistica relativa al detto impianto;
- di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale con particolare riferimento: alla nota prot. n.9074 dell’8/10/10 (mai partecipata alla ricorrente) con la quale la Soprintendenza per i Beni Architettonici e per il Paesaggio della Basilicata di Matera riteneva sussistere motivi ostativi alla realizzazione dell’intervento per cui è causa; all’avviso ex art. 10 bis l. n. 241/90 prot. n.193686/75AF col quale la Regione Basilicata comunicava i motivi ostativi all’accoglimento della domanda di autorizzazione paesaggistica, alla nota prot. n.71164/75AF del 27/4/11 col quale la Regione partecipava alla ricorrente la determinazione dirigenziale di cui al punto 1 che precede.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione e dell’amministrazione statale intimate;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 gennaio 2012 il dott. Giancarlo Pennetti e uditi per le parti i difensori Antonietta Pitrelli, su delega dell'Avv. Pasquale De Luca, Anna C. Possidente e Domenico Mutino;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La società ricorrente dispone di terreni in Montalbano Ionico, località Panetta (foglio 55 particella 135) sui quali vuole realizzare un impianto di produzione di energia da fonte solare (495,88 kwp di potenza, denominato “Lopatriello”). Di conseguenza, con istanza dell’1/2/10, ha chiesto alla Regione Basilicata il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica ai sensi del d. lgs. 42/04; l’amministrazione regionale, con nota del 17/8/10 (prot. n.158745/75AF), a sua volta ha chiesto alla Soprintendenza il parere vincolante ex art. 146 comma 7 del d.lgs. 42/04 allegando alla richiesta, oltre agli elaborati tecnici, anche la scheda dalla quale risultava il parere favorevole emesso dall’ufficio urbanistica e tutela del paesaggio di Matera del competente dipartimento regionale. Con nota del 22/10/10 detto ufficio comunicava il preavviso di rigetto in ragione del parere negativo del competente Soprintendente che, con nota n.9074 dell’8/10/10, si era espresso in senso sfavorevole. Con la nota prot. n.0002924 dell’11/3/11 il Soprintendente formulava il proprio definitivo parere negativo col quale confermava il proprio parere precedentemente formulato. Dopo, la Regione con la determina dirigenziale impugnata, respingeva definitivamente l’istanza di autorizzazione paesaggistica della ricorrente. Quest’ultimo provvedimento, stante il suo tenore letterale, pare basato sul carattere vincolante del parere della Soprintendenza.
Col presente gravame, notificato l’11/5/11 e depositato l’8/6/11, si desume quanto segue:
1.- Violazione dell’art. 10 bis della legge n.241/90 e dell’art. 146 comma 8 del d. lgs. n.42/04- violazione del principio del giusto procedimento.
Premesso che dopo l’avviso di avvio del procedimento l’istante ha fatto le proprie osservazioni e, dopo, l’amministrazione statale ha emesso un nuovo parere, la cui motivazione non consente di comprendere le ragioni per cui le osservazioni della ricorrente sono state disattese benchè approfondite, l’amministrazione avrebbe invece soltanto introdotto una formula di mero stile (pur prendendo atto delle motivazioni addotte) priva di alcun significato concreto. Premesso poi che l’amministrazione statale aveva prima espresso un parere negativo limitandosi ad affermare genericamente che la realizzazione dell’opera avrebbe comportato l’inserimento di elementi non compatibili con le esigenze di tutela per poi aggiungere a ciò, solo sol parere definitivo successivo, l’indicazione di tutta una serie di elementi tecnico progettuali che renderebbero l’intervento incompatibile con la salvaguardia dei luoghi, si sostiene che un tal modo di operare contrasta con l’art. 10 bis della legge n.241/90 perché nell’atto conclusivo del procedimento l’amministrazione avrebbe inserito motivazioni nuove rispetto a quelle in precedenza espresse e partecipate alla ricorrente in sede di preavviso di diniego che non contiene indicazione alcuna circa aspetti tecnico progettuali ostativi all’autorizzazione ambientale. A ulteriore riprova si cita il riferimento alla natura spiccatamente agricola dell’area in questione, assente nel parere reso successivamente alle osservazioni e nel quale l’elemento di incompatibilità dell’opera viene individuato non più nella natura agricola dell’area ma nelle peculiarità di interesse paesaggistico dell’area. Data la non corrispondenza fra la motivazione originariamente apposta dall’amministrazione e le motivazioni apposte al parere definitivo, sarebbe violato l’art. 10 bis e il co. 8 dell’art. 146 del d. lgs. 42/04 perché sarebbe venuta a mancare la fase partecipativa che detta norma impone sulle argomentazioni nuove rispetto a quelle rappresentate dalla p.a. prima del provvedimento conclusivo; su queste ultime l’istante lamenta che gli sia stato negato il diritto di contraddire;
2.- violazione dell’art. 3 della legge n.241/90- difetto di motivazione.
Un primo ordine di motivazioni contenute nel parere definitivo non spiegherebbe nulla circa le ragioni sulle quali sarebbe fondato il contrasto tra opera e vincolo esistente. Sarebbe dovuta intervenire una motivazione specifica che desse contezza dell’avvenuta ponderazione degli interessi sottesi alla realizzazione dell’intervento in parola dato anche l’interesse primario alla produzione e consumo di energia elettrica proveniente da fonti rinnovabili;
3.- violazione del D.M. 18/4/85- eccesso di potere per macroscopica illogicità- difetto di istruttoria- travisamento dei presupposti di fatto e di diritto.
Si osserva che l’impianto, in quanto localizzato nel territorio di Montalbano Ionico e quindi nell’entroterra, cioè non nella pianura alla quale si fa riferimento nel decreto di imposizione del vincolo, doveva essere valutato con esclusivo riferimento alla compatibilità dell’impianto stesso rispetto alla scenografia paesaggisticamente unitaria ma non anche con riguardo alla presenza di opere di bonifica e degli appoderamenti che, come si evince dal decreto istitutivo del vincolo, hanno trovato rilevo solo per la fascia posta in pianura cioè per una zona diversa rispetto a quella ove è sito il comune di Montalbano Ionico. Ciò non sarebbe avvenuto dato che la Soprintendenza ha fatto riferimento, nel parere espresso all’inizio, alla natura spiccatamente agricola dell’area considerata come ragione stessa per cui la località è vincolata. Sarebbe quindi evidente che l’amministrazione statale non avrebbe tenuto presente l’aspetto solo panoramico dell’area ma, piuttosto, le caratteristiche legate all’antropizzazione del territorio che, di contro, in sede di apposizione del vincolo sono state ritenute rilevanti solo per le zone di pianura;
4.-violazione dell’art. 135 del d. lgs. n.42/04- violazione degli articoli 3 e 4 della l.r. Basilicata n.3/90- violazione dell’art. 32 della normativa tecnica di attuazione del p.t.p. del metapontino- eccesso di potere per difetto di istruttoria e sviamento.
Si osserva che il parere gravato sarebbe illegittimo nella parte in cui afferma il contrasto tra l’intervento proposto e il vincolo paesaggistico prescindendo del tutto da qualsiasi considerazione della pianificazione regionale e delle prescrizioni specifiche in essa contenute. Più specificamente la Soprintendenza, nella fattispecie, non avrebbe tenuto in alcuna considerazione che le norme del p.t.p. renderebbero evidente che, in una zona come quella in questione (identificata come di valore medio e non eccezionale), non vi sono elementi ostativi alla sua trasformazione anche mediante infrastrutture e insediamenti produttivi.
Pure censurabile sarebbe il parere nella parte in cui trascura di considerare che l’area, proprio in quanto classificata come di medio valore geomorfologico non è stata ritenuta degna di tutela sotto il profilo degli elementi naturalistici, presi in considerazione dall’art. 4 delle nn.tt.aa. del PTPM e degli elementi percettivi considerati dall’art. 8 delle medesime nn.tt.aa., ma piuttosto sotto il diverso profilo della sensibilità geologica degli elementi naturalistici fisici considerato dall’art. 9 del piano. Avuto riguardo a ciò ne deriverebbe che la “naturalità dei luoghi” non ha alcun rilievo nella valutazione di un’opera localizzata in una zona che, in quanto classificata di valore geomorfologico medio, è stata ritenuta degna di tutela in virtù di elementi estranei alla loro naturalità ma afferenti piuttosto con la loro conformazione geomorfologica. Ciò troverebbe conferma nella cartografia del p.t.p. nella quale l’area de qua è classificata come zona di trasformabilità -previa verifica ambientale- compresa quella infrastrutturale e produttiva;
5.-violazione dell’art. 143 co.3 del d.lgs. n.42/04.
La determina regionale sarebbe quindi illegittima in via derivata dai vizi dedotti a carico del parere, ma sarebbe pure viziata ex se dato che avrebbe ritenuto vincolante un parere statale che tale non sarebbe alla luce dell’articolo in rubrica. Nella specie l’esistenza del p.t.p.m. consentirebbe di ritenere che la stessa non rientri fra le previsioni di cui alle lettere b), c) e d) del co. 1 dell’art. 143, atteso chè: -la zona in questione non rientra tra quelle dichiarate di notevole interesse pubblico ai sensi dell’art. 136; -non rientra nemmeno tra le aree di cui al comma 1 dell’art. 142 considerate alla lettera c) del primo comma dell’art. 143 del codice del paesaggio trattandosi di zona agricola non rientrante tra i beni tutelati ex lege; -infine, neppure rientra tra quelle aree che possono essere individuate col piano paesaggistico regionale secondo quanto stabilito dall’art. 134 co. 1 lettera c) del codice alle quali fa riferimento la lettera d) dell’art. 143 co. 1 del codice. La zona in questione dovrebbe considerarsi come zona in relazione alla quale sono state individuate le misure necessarie per il corretto inserimento paesaggistico degli interventi di trasformazione del territorio al fine di realizzare uno sviluppo sostenibile delle aree interessate; quindi, alla stregua delle zone descritte alla lettera h) dell’art. 143 co. 1 del d. lgs. 42/04, ne conseguirebbe che il parere soprintendizio non è vincolante;
6.- difetto motivazionale- violazione dell’art. 3 l.n. 241/90- eccesso di potere per difetto istruttorio, macroscopica illogicità, ingiustizia manifesta, sviamento, travisamento dei presupposti di fatto.
Si sostiene che gli aspetti tecnico progettuali elencati nel parere negativo non compongono la motivazione del provvedimenti in quanto, come già detto, l’amministrazione statale non ha rappresentato, nel parere poi posto a base del preavviso di rigetto, alcun elemento specifico ostativo alla realizzazione dell’intervento, svolgendo solo considerazioni relative all’asserito contrasto con i valori tutelati dal vincolo. Non sarebbe stato consentito il diritto di partecipare al procedimento anche in relazione agli aspetti tecnico progettuali, con la conseguenza che ogni motivazione aggiuntiva rispetto a quella rappresentata nel preavviso sarebbe da considerarsi tamquam non esset. Ove tale prospettazione non venisse accolta e si giudicasse rilevante la motivazione aggiunta dall’amministrazione statale solo in sede di provvedimento definitivo, si contestano i seguenti aspetti progettuali, ritenuti non compatibili con la salvaguardia dei luoghi: -quanto al movimento terra o la realizzazione di fondazioni scaturente dalla posa in opera dei moduli si sostiene che la documentazione tecnica del progetto dimostra che il sistema di supporto dei moduli non richiede opere di fondazione. Inoltre tale rilievo non tiene conto del fatto che il parere favorevole regionale prescrive comunque il divieto di movimenti terra salvo modesti livellamenti locali; -quanto al fatto che l’altezza ridotta della struttura d’acciaio dal piano di campagna determina un impoverimento del terreno e dello strato vegetale superiore trasformando nel tempo la naturalità dei luoghi, si ribadisce che il vincolo sull’area esiste non per fattori legati alla sua naturalità ma alla conformazione dei terreni; inoltre, in realtà il terreno viene messo a riposo e recupera le sostanze nutritive dopo lo sfruttamento agricolo. La documentazione predetta spiega che, a ciclo produttivo esaurito, verranno realizzate opere di rinverdimento dei terreni; -si contesta il preteso forte impatto visivo del colore nero dei pannelli e si rileva l’esistenza di opere di mitigazione e la scarsa visibilità dell’impianto dai punti sensibili del territorio, rilevata dagli uffici regionali ma non dalla Soprintendenza; -quanto al fatto che le cabine sono costituite da un monoblocco standard di dimensioni non irrilevanti ed estraneo al territorio si rileva che necessariamente tali impianti devono essere muniti di cabine omologate per contenere gli “inverter”. Comunque, trattandosi di zona di medio valore geomorfologico sono possibili le trasformazioni del territorio; -quanto alla strada interna prevista, quella della Soprintendenza, più che una contestazione è una descrizione della stessa e della recinzione. Inoltre la stessa regione, col proprio parere, ha rilevato l’esistenza di opere di mitigazione lungo la recinzione; -quanto infine al non sufficientemente documentato posizionamento dei cavi elettrici nonché il collegamento con la rete distributiva che determineranno interventi collaterali si replica facendo riferimento alla tavola 7 del progetto e al punto 5 della relazione dalle quali si evince il percorso dei cavi necessari per il funzionamento degli impianti; -infine si osserva che i predetti aspetti tecnico progettuali ben potevano costituire semplici prescrizioni;
7.- eccesso di potere per illogicità- ingiustizia manifesta- disparità di trattamento- sviamento.
Altro impianto in comune di Pisticci pure situato in area vincolata è stato autorizzato dalla Soprintendenza. In altro caso l’impianto è stato negato dalla Soprintendenza con le medesime formule utilizzate per quello della ricorrente.
Si è costituita l’amministrazione statale intimata che resiste e deduce l’inammissibilità e l’infondatezza del gravame. Si è costituita la Regione Basilicata che resiste e chiede il rigetto del gravame.
Alla pubblica udienza del 12 gennaio 2012 il ricorso è stato ritenuto per la decisione.
DIRITTO
Si può prescindere dall’esame della eccezione d’inammissibilità sollevata dall’amministrazione statale (per omessa tempestiva impugnazione del parere soprintendizio dell’8/10/10, considerato quale solo atto recante una lesione definitiva atteso chè quello successivo dell’11/3/11 sarebbe meramente confermativo) in quanto il ricorso è infondato nel merito.
Occorre partire dalla ricostruzione del “decisum” provvedimentale soprintendizio reso nell’esercizio della propria potestà consultiva (di natura vincolante) prevista, nella fattispecie, dal comma 8 dell’art.146 del decreto legislativo 22 gennaio 2004 n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della L. 6 luglio 2002, n. 137) dopo che la Regione ha trasmesso tutta la documentazione necessaria per pervenire alla verifica di compatibilità fra l’interesse paesaggistico tutelato e l’oggetto della progettazione (nella specie, un parco fotovoltaico) per la cui approvazione la società ricorrente aveva fatto istanza alla Regione Basilicata. Col primo parere la Soprintendenza si è espressa in senso sfavorevole ritenendo l’intervento riferito a “opere non compatibili con le imprescindibili esigenze di tutela e conservazione dei valori paesistici intrinseci di natura spiccatamente agricola dell’area in questione che sono la ragione stessa per cui la località è sottoposta a vincolo”. Col secondo, successivo parere, di conferma del precedente, si chiarisce, sul punto, che il sito presenta “peculiarità di interesse paesaggistico tali da non consentire un armonico inserimento delle strutture previste che creerebbero un contrasto stridente con la specifica naturalità dei luoghi”.
Ciò premesso è anzitutto infondato il secondo motivo di gravame. Il Legislatore ha chiesto che il parere riguardi soltanto la “compatibilità paesaggistica” dell’intervento nel suo complesso e la conformità dello stesso alle disposizioni contenute nel piano paesaggistico ovvero alla specifica disciplina di cui all’art. 140 comma 2. Ora, ad avviso del collegio (e tenuto conto che nella specie non si è in presenza dell’esercizio d’un potere di annullamento per ragioni d’illegittimità d’un nulla osta previamente rilasciato), sotto questo profilo, non è dubitabile che i citati pareri espongano adeguatamente e in modo sufficiente motivato le ragioni della ritenuta incompatibilità paesaggistica. In buona sostanza, nel provvedimento impugnato, l’amministrazione ritiene che vi sia un contrasto netto e stridente fra le opere e i valori paesaggistici tutelati, tale cioè da precludere un armonico inserimento delle strutture progettate nel contesto di riferimento. Trattasi, come è evidente, di un giudizio rigoroso che però appare al Collegio sufficientemente motivato e non contrastante col dettame normativo di cui all’art. 3 della legge n.241/90. Parimenti legittimamente la Soprintendenza ha escluso di pronunciarsi in merito a valutazioni incentrate su comparazioni di interessi (quello di tutela del paesaggio in confronto a quello della promozione delle energie rinnovabili) avuto riguardo alla lettera della norma che espressamente lega (e limita) la valutazione di compatibilità paesaggistica ai parametri sopramenzionati.
Anche il terzo motivo è infondato. Esso si basa, ad avviso del collegio, su una lettura eccessivamente schematica del D.M. istitutivo del vincolo paesaggistico, in virtù della quale l’istante assegna, alla fascia di pianura del territorio considerato, una sorta di monopolio della rilevanza (paesaggistico-ambientale) del paesaggio agrario (di cui sarebbero espressione i riferimenti alle “estese opere di bonifica” e agli “appoderamenti individuabili nella organizzazione delle colture e nella tipologia uniforme della casa colonica….”), laddove nelle altre zone (fra cui quella di insistenza dell’area destinata al progetto “de quo”, rientrante nel territorio detto delle “colline argillose”) i valori paesaggistici sarebbero solo quelli connessi al mero concorso del territorio alla formazione d’una ampia scenografia paesisticamente unitaria, nonostante gli aspetti differenziali.
Ora, anche a prescindere dal fatto che anche quest’ultimo profilo ha una sua non trascurabile rilevanza ai fini di tutela dato che un insieme unitario è, alla fine, composto delle distinte parti che lo compongono, è in realtà dalla stessa relazione paesaggistica allegata all’istanza di autorizzazione che si evince che il contesto entro cui si inserisce l’area interessata dal progetto è tutt’altro che priva di un’impronta di tipo agrario costituita da coltivazioni estensive di cereali e subordinatamente da coltivazioni arboree quali frutteti ed oliveti oltre che a pascolo (vedi pagg. 12 e 13); anzi, sempre dalla relazione (vedi pagg.20 e ss.) si evince la coesistenza, nell’area interessata, di sistemi naturalistici (calanchi e macchia mediterranea) e paesaggi agrari (costituiti da appoderamenti a campi aperti). Ciò detto, se ne ricava dunque la necessità d’una lettura meno ancorata al dato solo formale del decreto di vincolo e che consideri le diverse articolazioni territoriali, lasciando quindi all’amministrazione il necessario spazio discrezionale di individuazione specifica dei valori di volta in volta rilevanti all’interno dell’ampio contesto tutelato. Del resto l’amministrazione si è mossa proprio in questa logica, come si evince dal fatto che nei due pareri ha sottolineato, sul piano dei valori messi a rischio dall’opera, sia gli elementi agrari e sia quelli naturalistici, in quanto ambedue aspetti del medesimo contesto territoriale.
Anche il quarto motivo è infondato. Le disposizioni del piano territoriale paesaggistico richiamate dal ricorrente attengono all’uso antropico del territorio in questione che, in base alla normativa di legge regionale (L.R. Basilicata n.3/90 sui piani paesistici di area vasta) antecedente all’entrata in vigore del codice dell’ambiente, si intende consentire una volta stabilita la compatibilità paesaggistica dell’intervento; viceversa, l’amministrazione statale, nella specie, con i due pareri impugnati, ha chiaramente ritenuto il progetto non compatibile col vincolo paesaggistico. Il comma ottavo del citato articolo 146 dispone infatti che il Soprintendente renda il proprio parere con riferimento al merito della compatibilità paesaggistica. La previsione, accanto a tale valutazione di compatibilità, di un’altra e distinta disamina, quella inerente la “conformità” dell’intervento medesimo alle disposizioni contenute nel piano paesaggistico, attiene invece ad un ulteriore riscontro, di natura diversa, volto a verificare che, oltre alla ritenuta compatibilità del progetto, ricorra comunque l’osservanza delle norme che, pur sempre nel segno della tutela e valorizzazione del territorio con riferimento ai profili paesistico- ambientali, fissano gli usi ammessi nella zona considerata e le prescrizioni tecniche inerenti la progettazione. Ciò perché compito del p.t.p. è proprio quello di declinare tutela e valorizzazione degli elementi paesistico- ambientali presenti sul territorio con riferimento agli usi, attraverso cioè la delineazione d’una correlazione possibile fra le prime e i secondi; laddove invece la valutazione di compatibilità paesaggistica attiene piuttosto ad un giudizio tendenzialmente assoluto, che ha cioè ha a suo parametro essenziale la possibilità stessa di inserire l’intervento progettato “nel suo complesso” (co. 8 cit.) all’interno del territorio assoggettato a vincolo, cioè, in altri termini, di intravederne la possibilità di inserimento senza pregiudizio alcuno per i beni paesaggistici e ambientali tutelati. Proprio questa possibilità, nella fattispecie, è stata invece esclusa, in modo radicale, dall’amministrazione.
Il precedente giurisprudenziale richiamato dal ricorrente (TAR Campania, Napoli, VII, n.17333/10) è inconferente poichè attiene alla diversa fattispecie dell’annullamento (disposto dalla Soprintendenza in punto di legittimità) d’un precedente nulla osta ambientale; in sentenza, il TAR, sostanzialmente, ammette il ricorso, da parte dell’amministrazione statale, alle disposizioni normative del piano territoriale paesistico- ambientale per pervenire all’annullamento dell’autorizzazione ambientale rilasciata.
Anche il quinto motivo è infondato. Come rilevato dalla difesa della Regione Basilicata, nella fattispecie, come si evince chiaramente dal tenore del D.M. 18/4/85 istitutivo del vincolo (cfr. punto 1 del dispositivo), si verte in ipotesi di immobili e aree dichiarati di notevole interesse pubblico ai sensi dell’art. 1 della legge n.1497 del 1939 (corrispondente all’attuale articolo 136 del codice del paesaggio); di conseguenza, l’intervento è compreso fra quelli di cui alle lettere b), c) e d) del comma 1 dell’art. 143 del codice medesimo. Il sistema di cui al comma 5 del citato articolo 146, incentrato sul parere obbligatorio ma non vincolante del Soprintendente, affinchè diventi operativo, presuppone infatti l’avvenuta adozione, da parte delle regioni, dei piani paesaggistici disciplinati dagli articoli 135 e 143 che, non a caso, richiedono che l’elaborazione del piano avvenga congiuntamente tra Ministero e regioni proprio con riguardo, fra gli altri, ai beni dichiarati di notevole interesse pubblico ai sensi del predetto art. 136. Allo stato, come precisato dalla difesa regionale, la Regione ha solo stipulato l’intesa col Ministero ed è in procinto di elaborare in modo congiunto il nuovo piano paesaggistico, sulla base del quale verrà effettuata la “ricognizione degli immobili e delle aree dichiarati di notevole interesse pubblico ai sensi dell’art.136, loro delimitazione e rappresentazione in scala idonea alla identificazione, nonché determinazione delle specifiche prescrizioni d’uso….”.
Il settimo motivo è invece inammissibile dato che gli impianti assentiti indicati in ricorso sono comunque dislocati in località differenti da quella di cui all’impianto “de quo”; in particolare, quest’ultimo ricade nel territorio di Montalbano Ionico, mentre gli altri ricadono nel territorio di Pisticci. Il che preclude alla base qualsiasi confronto fra dati del tutto eterogenei.
Anche il primo motivo va poi giudicato infondato. Come più volte ribadito dalla giurisprudenza (cfr. CdS, VI, 11 aprile 2006, n. 1999; T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 23 dicembre 2009 , n. 13300), l'onere di cui al menzionato art. 10-bis non comporta la puntuale confutazione analitica delle argomentazioni svolte dalla parte privata, essendo sufficiente ai fini della giustificazione del provvedimento adottato la motivazione complessivamente e logicamente resa a sostegno dell'atto stesso, ulteriormente e condivisibilmente soggiungendosi (Tar Liguria, II, 11 aprile 2008, n. 543) che “in subiecta materia” quel che rileva è la valutazione della sufficienza della motivazione in relazione all'ampiezza dei poteri affidati all'amministrazione.
In altre parole -e nell'ottica sostanzialistica della prevalente elaborazione giurisprudenziale che in tema di garanzie partecipative è orientata a dare prevalenza alla c.d. teorica del risultato piuttosto che a esigenze formalistiche- quel che rileva ai fini di legittimità è la congruità della decisione e della motivazione in rapporto alle risultanze istruttorie complessivamente acquisite.
Ciò detto, ritiene il collegio che, da questo punto di vista, avuto pure riguardo al fatto che le osservazioni formulate dalla ricorrente in risposta al parere soprintendizio dell’8/10/10 coincidono sostanzialmente con alcuni dei motivi di gravame sopra esaminati e giudicati infondati, la motivazione resa col secondo parere soprintendizio (“considerata la natura dell’opera progettata, valutate le caratteristiche panoramico- ambientali del sito interessato, ritenendo che lo stesso presenti peculiarità di interesse paesaggistico tali da non consentire un armonico inserimento delle strutture previste che creerebbero un contrasto stridente con la specifica naturalità dei luoghi, nel confermare le motivazioni già esplicitate con il parere n.0009075 dell’8/10/10, ritiene di non potere rivedere la posizione assunta nei confronti dell’istanza presentata…”), deve ritenersi sufficientemente congrua rispetto alle osservazioni formulate dalla società ricorrente.
Il sesto motivo è inammissibile per carenza d’interesse come del resto prospettato dalla stessa società ricorrente e dalla difesa statale. Infatti il parere soprintendizio dell’11/3/11 si compone a ben vedere di due parti: la prima è di sostanziale conferma del parere di incompatibilità paesaggistica dell’8/10/10, con una illustrazione solo un po’ più ampia; la seconda invece, in risposta non già alle osservazioni formulate dal ricorrente a seguito dell’inoltro, da parte della Regione, del preavviso di rigetto di cui all’art. 10 bis ma piuttosto alla nota prot. n.228551/75AF dell’1/12/10 con cui l’amministrazione regionale riteneva accoglibili le osservazioni della ricorrente sulla base, fra l’altro, di alcuni aspetti di carattere tecnico- progettuale. Ove quindi pure quest’ultima parte fosse illegittima in relazione alle censure formulate a suo carico col motivo in esame, nessuna utilità ne deriverebbe alla ricorrente stante l’autonomo sostegno giuridico assicurato all’atto impugnato dal giudizio di incompatibilità paesaggistica strettamente inteso.
Quanto alle spese, sussistono comunque giusti motivi per disporne l’integrale compensazione fra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Basilicata (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Potenza nella camera di consiglio del giorno 12 gennaio 2012 con l'intervento dei magistrati:
Giancarlo Pennetti, Presidente FF, Estensore
Pasquale Mastrantuono, Consigliere
Paola Anna Gemma Di Cesare, Referendario
IL PRESIDENTE, ESTENSORE | ||
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 21/03/2012