Cass. Sez. III n. 46479 del 10 ottobre 2017 (Cc 13 lug 2017)
Presidente: Fiale Estensore: Di Nicola Imputato: PG in proc.Innocenti
Beni Culturali.Esecuzione opere in assenza di autorizzazione

Il reato di cui all'articolo 169, comma 1, lettera a) si configura con l'esecuzione di opere aventi ad oggetto un bene culturale ed in mancanza di autorizzazione alla loro esecuzione, indipendentemente dalla realizzazione di un effettivo pregiudizio al valore culturale del bene oggetto materiale della condotta, con la conseguenza che si è al cospetto di un reato di pericolo astratto, in cui ciò che rileva non è il danno eventualmente arrecato al bene oggetto di intervento, che potrebbe non esistere in assoluto, bensì la mancata osservanza di obblighi formali nei confronti delle autorità preposte al controllo sui beni culturali, sul rilievo che soltanto in forza di tale osservanza si possa prevenire l'esecuzione di opere intrinsecamente pericolose per l'integrità e la conservazione dei beni culturali, pur dovendo essere tale impostazione temperata attraverso una lettura costituzionalmente orientata del principio di necessaria offensività che presiede a tale tipologia di condotte


RITENUTO IN FATTO

1. Il Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Firenze ricorre per cassazione impugnando la ordinanza indicata in epigrafe con la quale il tribunale della libertà, in parziale accoglimento dell'istanza di riesame proposta nell'interesse di Pierino Innocenti avverso il decreto di sequestro preventivo emesso dal giudice per le indagini preliminari avente ad oggetto i locali della canonica facente parte del Complesso Monumentale di San Martino a Corella, ha annullato il decreto di sequestro preventivo limitatamente alle opere di cui ai punti B.1), B.2), B.4), B.5), B.6) e A.3) dei capi della provvisoria imputazione, confermando nel resto il decreto impugnato.

1.1. All'indagato erano stati contestati, in via cautelare, la contravvenzione (capo A) di cui all'articolo 169, comma 1, lettera a), D.Lgs. 22 gennaio 2004, n. 42 perché, quale presidente ed effettivo gestore del circolo MCL affittuario dei locali dell'immobile di interesse storico artistico "complesso di San Martino a Corella" come da decreto n. 7 del 10.1.2007, col consenso e dunque col concorso morale del Direttore dell'Ente Proprietario Istituto Diocesano per il Sostentamento del Clero) eseguiva su tali beni opere edilizie consistenti in: A.1) tettoia, in pannelli metallici tipo sandwich, tamponata e con copertura in simil-laterizio realizzata per la protezione del forno esterno, ancorata alla muratura perimetrale dell'edificio casa canonica (anno di realizzazione 2014); A.2) tettoia in metallo e vetro installata sopra la porta di collegamento con i locali "cucina" dell'edificio casa canonica (anno di realizzazione 2014); A.3) installazione di canna fumaria in acciaio proveniente dai locali "cucina" dell'edificio casa canonica con estensione fino al tetto dell'edificio (anno di realizzazione 2014); A.4) installazione di due terminali (scambiatori di calore) dell'impianto dell'aria condizionata (anno di realizzazione 2014); A.5) ampliamento antibagno; nonché (capo B) la contravvenzione di cui all'articolo 44, comma 1, lettera c), D.Lgs. 6 giugno 2001, n. 380 perché, quale presidente ed effettivo gestore del circolo MCL affittuario dei locali dell'immobile di interesse storico artistico "complesso di San Martino a Corella" come da decreto n. 7 del 10.1.2007, col consenso e dunque col concorso morale del Direttore dell'Ente Proprietario Istituo Diocesano per il Sostentamento del Clero, eseguiva su tali beni opere edilizie consistenti in: B.1) installazione di gazebo con struttura metallica e teli plastificati (anno di realizzazione tra 2010 e 2013); B.2) realizzazione di tettoia con struttura portante in legno e sovrastante copertura in telo plastificato, apposizione di pali e montanti in legno o metallo 2 per l'esposizione di bandiere e stendardi pubblicitari (anno di realizzazione tra 2010 e 2013); B.3) tettoia, in pannelli metallici tipo sandwich, tamponata e con copertura in simil-laterizio realizzata per la protezione del forno esterno, ancorata alla muratura perimetrale dell'edificio casa canonica; B.4) ampliamento antibagno (anno di realizzazione 2014); B.5) tettoia in metallo e vetro installata sopra la porta di collegamento con i locali "cucina" dell'edificio casa canonica (anno di realizzazione 2014); B.6) installazione di canna fumaria in acciaio proveniente dai locali "cucina" dell'edificio casa canonica con estensione fino al tetto dell'edificio (anno di realizzazione 2014), tutte opere che nel loro complesso, nonché insieme ad altre già precedentemente eseguite, e comunque anche da sola quella di cui al punto B.3), sono state qualificate come ristrutturazione con aumento di volumetrie e mutamento di destinazione d'uso (tanto che la canonica è divenuta una pizzeria con locali all'aperto, dotata di forno, bagno e antibagno, gazebo, tettoie, etc.), come tali soggette a permesso di costruire.

1.2. Nel pervenire alla suddetta conclusione il tribunale del riesame ha ritenuto che erano stati posti sotto sequestro tutti i locali costituenti la Canonica (che il Circolo MCL aveva presso in affitto dall'Ente ecclesiastico) e non solo gli specifici manufatti/opere di cui alle provvisorie imputazioni, tanto più che lo stesso Gip procedente aveva già escluso dall'area della rilevanza penale i manufatti di cui al capo B.1), B.2) B.4), B.5) e B.6), nonché di quella sub A.3) (canna fumaria) per il quale il Direttore dell'Ufficio tecnico del Comune di Dicomano — in sede di s.i.t. aveva segnalato la conformità al vigente Regolamento Edilizio (pur rappresentando la mancanza dei prescritti nulla osta da parte degli organi competenti sui vincoli sismici ed artistici esistenti), manufatti che, pertanto, sono stati esclusi dal vincolo cautelare.

2. Per l'annullamento dell'impugnata ordinanza il ricorrente solleva un unico motivo di impugnazione, qui enunciato, ai sensi dell'articolo 173 delle disposizioni di attuazione al codice di procedura penale, nei limiti strettamente necessari per la motivazione. Con esso lamenta l'inosservanza della legge penale (articolo 606, comma 1, lettere b), del codice di procedura penale) sottolineando come l'ordinanza impugnata sia errata nella misura in cui afferma che le opere di cui al capo B) sarebbero penalmente irrilevanti, atteso che l'UTC avrebbe concluso nel senso della "conformità al vigente regolamento edilizio (pur segnalando la mancanza dei prescritti nulla osta)".
Osserva il ricorrente come la mancanza dei prescritti nulla osta costituisca oggetto di intrinseca irregolarità dell'opera e come il tribunale del Riesame abbia omesso di applicare i principi di diritto in base ai quali la natura dell'opera andava esaminata nel suo complesso ed in ottica funzionale, laddove invece tutte le opere si erano risolte in una serie di interventi sistematici volti a stravolgere in via permanente il complesso edilizio di particolare pregio, trasformando la canonica in una pizzeria, mediante una serie di addizioni anche volumetriche, ma comunque stabili, che avevano: - creato un forno, - creato un locale cucina-pizzeria, - creato un bagno con antibagno, - creato una serie di strutture coperte per la recettività degli ospiti. Tutte opere che, nel loro complesso, avevano portato ad un organismo significativamente diverso dal precedente, e per di più stravolgendone radicalmente la natura monumentale per i materiali utilizzati e le scelte architettoniche, del tutto sottratte a qualsiasi vaglio della P.A. (trattandosi di opere integralmente abusive).

3. Il Procuratore Generale nella requisitoria scritta ha concluso per l'annullamento con rinvio dell'impugnata ordinanza, sul rilievo che l'attività di ristrutturazione può attuarsi attraverso una serie di interventi che, singolarmente considerati, ben potrebbero ricondursi ad altre tipologie, ma l'elemento caratterizzante è la connessione finalistica delle opere eseguite, le quali non devono essere riguardate singolarmente, ma valutate nel loro complesso, al fine di individuare se esse siano o meno rivolte al recupero edilizio dello spazio attraverso la realizzazione di un edificio in tutto o in parte nuovo, con la conseguenza che il tribunale del riesame non ha applicato tale principio al caso in esame, avendo omesso di esaminare le opere di cui al capo B) nella prospettiva integrata e finalistica posta alla base della provvisoria contestazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato.

2. L'articolo 169, comma primo, lettera a), d.lgs. n. 42 del 2004 punisce "... chiunque senza autorizzazione demolisce, rimuove, modifica, restaura ovvero esegue opere di qualunque genere sui beni culturali indicati nell'articolo 10".
La norma penale in esame ricalca sostanzialmente le previsioni dell'articolo 118 d.lgs. 29 ottobre 1999, n. 490 e rientra nella figura delle norme penali a più fattispecie (cosiddette a condotta mista alternativa), comportanti l'esclusione del concorso di reati anche al cospetto di più condotte tra quelle descritte nel modello legale, con la conseguenza che, da un lato, il reato è configurabile allorché il soggetto abbia posto in essere anche una sola delle condotte ivi previste, dall'altro, deve escludersi il concorso formale di reati quando un unico fatto concreto integri contestualmente più azioni tipiche alternative previste dalla norma ed aventi come oggetto materiale il medesimo bene culturale.

3. All'indagato è stata provvisoriamente contestata, tra l'altro, la condotta prevista dall'articolo 169, comma 1, lettera a), di esecuzione di opere di qualunque genere sui beni culturali indicati nell'articolo 10.
Dal testo del provvedimento impugnato emerge come risulti incontestato sia il fatto che l'esecuzione delle opere abbia avuto ad oggetto un bene culturale e sia la mancanza di autorizzazione alla loro esecuzione, circostanze che integrano il reato ipotizzato (e, come sarà più chiaro in seguito, in presenza delle condizioni non esaminate con il provvedimento impugnato, il concorrente reato urbanistico) indipendentemente dalla realizzazione di un effettivo pregiudizio al valore culturale del bene oggetto materiale della condotta, con la conseguenza che si è al cospetto di un reato di pericolo astratto, in cui ciò che rileva non è il danno eventualmente arrecato al bene oggetto di intervento, che potrebbe non esistere in assoluto, bensì la mancata osservanza di obblighi formali nei confronti delle autorità preposte al controllo sui beni culturali, sul rilievo che soltanto in forza di tale osservanza si possa prevenire l'esecuzione di opere intrinsecamente pericolose per l'integrità e la conservazione dei beni culturali, pur dovendo essere tale impostazione temperata attraverso una lettura costituzionalmente orientata del principio di necessaria offensività che presiede a tale tipologia di condotte (Sez. 3, n. 47258 del 21/07/2016, Tripi, Rv. 268495; nonché, con riferimento all'omologo articolo 118 d.lgs. n. 490 del 1999, Sez. 3, n. 46082 del 08/10/2008, Fiorentino, in motiv.).

4. Gli interventi de quibus sono stati eseguiti, come si evince dal testo dell'impugnata ordinanza, in aggiunta ad altri interventi che avevano interessato il bene immobile, ed il ricorrente fondatamente lamenta che il tribunale non avrebbe erroneamente ritenuto (né motivato su tale decisivo punto del tema cautelare) che le opere, nel loro complesso, avevano portato ad un organismo significativamente diverso dal precedente, tanto da stravolgerne radicalmente la natura monumentale per i materiali utilizzati e le scelte architettoniche, del tutto sottratte a qualsiasi vaglio della pubblica amministrazione, trattandosi perciò di opere integralmente abusive, per la mancanza delle prescritte autorizzazioni (sia da parte dell'autorità preposta alla tutela del bene culturale e sia di quella preposta alla tutela urbanistica per la natura degli interventi edili realizzati).

5 5. Sotto tale ultimo aspetto, è corretta l'affermazione del Procuratore generale il quale ha ricordato il principio costantemente affermato dalla Corte regolatrice, secondo il quale il regime dei titoli abilitativi edilizi non può essere eluso attraverso la suddivisione dell'attività edificatoria finale nelle singole opere che concorrono a realizzarla, astrattamente suscettibili di forme di controllo preventivo più limitate per la loro più modesta incisività sull'assetto territoriale, con la conseguenza che l'opera deve essere considerata unitariamente nel suo complesso, senza che sia consentito scindere e considerare separatamente i suoi singoli componenti (Sez. 3, n. 30147 del 19/04/2017, Tomasulo, Rv. 270256; Sez. 3, n. 16622 del 08/04/2015, Casciato, Rv. 263473; Sez. 3, n. 15442 del 26/11/2014, dep. 2015, Prevosto, Rv. 263339; Sez. 3, n. 5618 del 17/11/2011, dep. 2012, Forte, Rv. 252125; Sez. 3, n. 34864 del 22/04/2010, Macchi, in motiv.; Sez. 3, n. 4048 del 06/11/2002, dep. 2003, Tucci, Rv. 223365).
Cosicché quando gli interventi realizzati portano, come lamenta il ricorrente, ad un organismo edilizio diverso dal precedente, tanto da stravolgere l'impianto originario del bene e così da configurare tanto il reato di abusivo intervento su beni culturali quanto il reato urbanistico, è legittimo il sequestro dell'intera opera che deve essere considerata unitariamente nel suo complesso, senza che sia consentito scindere e considerare separatamente i suoi singoli componenti giacché la parcellizzazione delle opere, se anche eseguite non contestualmente, non può eludere, senza il rilascio del permesso di costruire, il divieto di ristrutturazione con aumento di volumetrie e mutamento di destinazione d'uso, a maggior ragione se tali interventi siano stati eseguiti su beni culturali senza il rilascio del previsto nulla osta da parte dell'autorità preposta alla tutela del bene. Il tribunale del riesame ha, da un lato, considerato le opere separatamente, liberando dal vincolo cautelare quelle esonerate dal rilascio del permesso di costruire ed incorrendo perciò nel vizio di erronea applicazione della legge penale, e, dall'altro, non ha minimamente motivato, incorrendo nel vizio di violazione di legge per omessa motivazione su un punto decisivo del tema cautelare, sulla circostanza se gli interventi nel loro complesso, nonché unitamente a quelli precedentemente eseguiti, avessero comportato una ristrutturazione edilizia con aumento di volumetrie e mutamento di destinazione d'uso (tanto che la canonica sarebbe divenuta una pizzeria con locali all'aperto, dotata di forno, bagno e antibagno, gazebo, tettoie, etc.), come tali interventi soggetti a permesso di costruire.
Trattandosi di un accertamento di fatto rientrante nella competenza esclusiva del giudice del merito, a ciò dovrà porre riparo, previo annullamento dell'ordinanza impugnata, il giudice del rinvio il quale, nel riesaminare la regiudicanda cautelare, si atterrà ai principi di diritto in precedenza enunciati.

P.Q.M.

Annulla con rinvio la ordinanza impugnata al tribunale per il riesame di Firenze.
Così deciso il 13/07/2017