TAR Puglia (LE) Sez. I n. 1038 del 28 aprile 2010
Beni Culturali. Potere espropriativo

La previsione dell’art. 95, 1° e 2° comma del d.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) prevede la possibilità, per il Ministero per i beni e le attività culturali, di <<autorizzare, a richiesta, le regioni, gli altri enti pubblici territoriali nonché ogni altro ente ed istituto pubblico ad effettuare l'espropriazione….(di) beni culturali immobili e mobili ….. quando l'espropriazione risponda ad un importante interesse a migliorare le condizioni di tutela ai fini della fruizione pubblica dei beni medesimi>>; in tal caso, il Ministero <<dichiara la pubblica utilità ai fini dell'esproprio e rimette gli atti all'ente interessato per la prosecuzione del procedimento>>. Con tutta evidenza, si tratta di un’attribuzione di potere espropriativo che è caratterizzata da presupposti evidentemente differenti rispetto alle successive previsioni degli artt. 96 (<<possono essere espropriati per causa di pubblica utilità edifici ed aree quando ciò sia necessario per isolare o restaurare beni culturali immobili, assicurarne la luce o la prospettiva, garantirne o accrescerne il decoro o il godimento da parte del pubblico, facilitarne l'accesso>>) e 97 (<<il Ministero può procedere all'espropriazione di immobili al fine di eseguire interventi di interesse archeologico o ricerche per il ritrovamento delle cose indicate nell'articolo 10>>) del citato d.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42; in particolare, una differenza sostanziale è indubbiamente costituita dalla possibilità di delegare il potere espropriativo agli enti locali o ad altri enti pubblici che è prevista dall’art. 95 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, ma non dalle successive previsioni degli artt. 96 e 97 del d.lgs. 42 del 2004.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

N. 01037/2010 REG.SEN.
N. 01675/2008 REG.RIC.


Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

Lecce - Sezione Prima


ha pronunciato la presente


SENTENZA


Sul ricorso numero di registro generale 1675 del 2008, proposto da:
Calabrese Aversini Maria, rappresentata e difeso dall'avv. Antonio Natrella, con domicilio eletto presso Antonio Natrella in Lecce, via 95 Rgt Fanteria, 9;
contro
Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti - Roma, Direzione Regionale Beni Culturali e Paesaggistici, Soprintendenza Beni Archeologici per la Puglia e Soprintendenza per il paesaggio e per il patrimonio Storico e Demoantropologico, Soprintendenza per i beni Architettonici Prov. Lecce Brindisi Taranto, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale, domiciliata per legge in Lecce, via F. Rubichi 23;
Comune di Lecce, rappresentato e difeso dagli avv. Maria Luisa De Salvo, Laura Astuto, Elisabetta Ciulla, con domicilio eletto presso Maria Luisa De Salvo in Lecce, c/o Municipio;
Regione Puglia – Bari, non costituita in giudizio;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
della nota prot. n.110333 del 17.09.2008 a firma del Responsabile dell'Ufficio Espropriazioni Patrimonio avente ad oggetto "Progetto definitivo per il completamento dei lavori di funzionalizzazione valorizzazione e fruizione del Parco Archeologico Rudiae" e dell'allegato decreto definitivo di espropriazione (prot. gen. 110333) n.825 del 15.09.2008 a firma congiunta del Dirigente del Settore Lavori Pubblici e del Responsabile dell'Ufficio Espropriazioni, notificati il 22.09.2008, nonchè del verbale di immissione in possesso, mai notificato; della delibera di G.C. di Lecce n.73 dell'11.02.2008 avente ad oggetto: "Approvazione progetto definitivo relativo all'intervento di Funzionalizzazione, valorizzazione e fruizione del Parco Archeologico Rudiae. Importo progetto definitivo Euro 635.000,00" e dei suoi elaborati ed allegati progettuali; nonchè di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale, tra cui ogni atto relativo al richiamato procedimento ablatorio nello stesso richiamati.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti - Roma, Direzione Regionale Beni Culturali e Paesaggistici, Soprintendenza Beni Archeologici per la Puglia e Soprintendenza per il paesaggio e per il patrimonio Storico e Demoantropologico, Soprintendenza per i beni Architettonici Prov. Lecce Brindisi Taranto e di Comune di Lecce;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 marzo 2010 il dott. Luigi Viola e uditi altresì, il Prof. Avv. Ernesto Sticchi Damiani in sostituzione dell’Avv. Natrella per la ricorrente, l’Avv. dello Stato Pedone per le Amministrazioni statali resistenti e l’Avv. Ciulla per l’Amministrazione comunale di Lecce;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO


La ricorrente è proprietaria dell’area sita nel Comune di Lecce e censita in catasto al foglio n. 248, p.lla 215, coltivata ad oliveto e seminativo; l’area in questione è sottoposta fin dal 1970 (d.m. 6 novembre 1970) al vincolo archeologico ex l. 1089/1939, è classificata come Ambito Territoriale Distinto “C” dal P.U.T.T./Paesaggio della Regione Puglia ed è tipizzata come zona agricola “E2” dallo strumento urbanistico vigente nel Comune di Lecce (che prevede altresì l’applicabilità all’area del regime di inedificabilità assoluta previsto dall’art. 123 delle N.T.A.).


Con deliberazione n. 42 dell’11 maggio 2004, il Consiglio Comunale di Lecce approvava il Bilancio Pluriennale di Previsione con l’allegato Programma Triennale delle opere pubbliche e relativo Elenco annuale dei lavori 2004, inserendo anche l’intervento di <<funzionalizzazione, valorizzazione e fruizione del parco archeologico di Rudiae>> (intervento inserito e finanziato dal Programma di riqualificazione urbana e sviluppo sostenibile del territorio, cd. PRUSST); con la successiva delibera 14 settembre 2005 n. 63, il Consiglio comunale di Lecce approvava il progetto preliminare dell’intervento in variante allo strumento urbanistico, ai sensi dell’art. 8 della l.r. n. 3/2005.


Dopo la dichiarazione di pubblica utilità dell’intervento (decreto 12 aprile 2007 del Direttore Generale per i Beni Archeologici del Ministero per i beni e le attività culturali), era quindi approvato, con delibera G.C. 11 febbraio 2008 n. 73, il progetto definitivo delle opere; in data 22 settembre 2008, era quindi notificato alla ricorrente il decreto 15 settembre 2008 avente ad oggetto l’espropriazione di una parte dell’area di proprietà.


Gli atti meglio specificati in epigrafe erano impugnati dalla ricorrente per: 1) violazione degli artt. 7 e 8 della l. 241 del 1990 e degli artt. 12 e 16 del t.u. n. 327 del 2001 e successive modifiche ed integrazioni; 2) violazione degli artt. 117 lett. s) e 118, 3° comma della Costituzione, violazione degli artt. 4 e 88 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42; 3) violazione degli artt. 117 lett. s) e 118, 3° comma della Costituzione, violazione degli artt. 2, 4, 10, 88, 91, 97, 98 e 100 del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, eccesso di potere per erronea presupposizione in fatto e in diritto, difetto di istruttoria, illogicità, perplessità ed irragionevolezza dell’azione amministrativa, violazione del principio del giusto procedimento, incompetenza assoluta, nullità ex art. 1164 del d.lgs. 42 del 2004, nullità ex art. 21-septies l. 241 del 1990; 4) violazione, falsa ed erronea interpretazione ed applicazione degli artt. 95 e 98 del d.lgs. 42 del 2004, nullità ex art. 164 del d.lgs. 42 del 2004, nullità ex art. 21-septies l. 241 del 1990, incompetenza, eccesso di potere per erronea presupposizione in fatto e in diritto, difetto di istruttoria, perplessità e contraddittorietà dell’azione amministrativa, violazione del principio di tipicità degli atti amministrativi; 5) eccesso di potere per perplessità dell’azione amministrativa, disparità di trattamento, violazione dell’art. 3 della Costituzione; 6) violazione degli artt. 8, 9, 12 e 19 del t.u. n. 327 del 2001, violazione art. 11 e 12 della l.r. n. 20/2001, violazione e falsa applicazione dell’art. 8, 2° comma della l.r. n. 3/2005, violazione del principio del giusto procedimento; 7) violazione artt. 135 e 136 del d.lgs. 42 del 2004, violazione dell’art. 16 della l.r. n. 56 del 1980, violazione artt. 11, 7° comma e 12 della l.r. n. 11/2001, violazione del P.U.T.T./Paesaggio della Regione Puglia, violazione dei principi in materia di pianificazione urbanistica, violazione del principio del giusto procedimento; 8) eccesso di potere per perplessità e contraddittorietà dell’azione amministrativa sotto altro profilo, sviamento della causa tipica dell’atto.


Si costituivano in giudizio le Amministrazioni statali intimate e il Comune di Lecce, controdeducendo sul merito del ricorso.


All'udienza del 24 marzo 2010 il ricorso passava quindi in decisione.


DIRITTO


Il ricorso deve, in parte, essere rigettato, in quanto infondato nel merito ed in parte, essere dichiarato inammissibile per difetto di legittimazione ed interesse in capo a parte ricorrente.


In particolare, la Sezione deve richiamare, in via preliminare, la previsione dell’art. 95, 1° e 2° comma del d.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio) che prevede la possibilità, per il Ministero per i beni e le attività culturali, di <<autorizzare, a richiesta, le regioni, gli altri enti pubblici territoriali nonché ogni altro ente ed istituto pubblico ad effettuare l'espropriazione….(di) beni culturali immobili e mobili ….. quando l'espropriazione risponda ad un importante interesse a migliorare le condizioni di tutela ai fini della fruizione pubblica dei beni medesimi>>; in tal caso, il Ministero <<dichiara la pubblica utilità ai fini dell'esproprio e rimette gli atti all'ente interessato per la prosecuzione del procedimento>>.


Con tutta evidenza, si tratta di un’attribuzione di potere espropriativo che è caratterizzata da presupposti evidentemente differenti rispetto alle successive previsioni degli artt. 96 (<<possono essere espropriati per causa di pubblica utilità edifici ed aree quando ciò sia necessario per isolare o restaurare beni culturali immobili, assicurarne la luce o la prospettiva, garantirne o accrescerne il decoro o il godimento da parte del pubblico, facilitarne l'accesso>>) e 97 (<<il Ministero può procedere all'espropriazione di immobili al fine di eseguire interventi di interesse archeologico o ricerche per il ritrovamento delle cose indicate nell'articolo 10>>) del citato d.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42; in particolare, una differenza sostanziale è indubbiamente costituita dalla possibilità di delegare il potere espropriativo agli enti locali o ad altri enti pubblici che è prevista dall’art. 95 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, ma non dalle successive previsioni degli artt. 96 e 97 del d.lgs. 42 del 2004.


Una volta delineato il quadro normativo di riferimento, la Sezione non può convenire con quanto rilevato da parte ricorrente in ordine alla sostanziale impossibilità di riportare gli interventi posti a base della presente procedura alla categoria degli interventi tesi a <<migliorare le condizioni di tutela ai fini della fruizione pubblica dei beni medesimi>> ex art. 95 del d.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42, trattandosi, in realtà, di interventi di ricerca archeologica più agevolmente inquadrabili nella successiva previsione dell’art. 97 del Codice dei beni culturali; a ben guardare, la descrizione degli interventi contenuta negli elaborati progettuali depositati in giudizio evidenzia, infatti, una serie di interventi (in particolare, la recinzione delle aree) che, oltre ad integrare la parte quantitativamente più importante dei lavori progettati, possono sicuramente essere considerati finalizzati al miglioramento delle <<condizioni di tutela ai fini della fruizione pubblica>> del bene culturale in questione; del resto, anche gli interventi di scavo archeologico e stratigrafico costituenti la residua parte dell’intervento non possono certo essere considerati estranei al miglioramento della fruizione pubblica del bene, soprattutto quando, come nel caso di specie, si inseriscano in un contesto più ampio di complessiva valorizzazione delle condizioni di fruizione del bene.


È quindi sostanzialmente corretto l’inquadramento dell’intervento nel quadro della previsione dell’art. 95, 2° comma del d.lgs. 42 del 2004 che, come già rilevato, permette la delegazione del potere espropriativo agli enti locali e quindi anche al Comune di Lecce, come avvenuto nel caso di specie.


Per quello che riguarda, poi, l’esercizio concreto della facoltà di delega del potere espropriativo, è sufficiente rilevare come non possa trovare accoglimento la censura proposta da parte ricorrente e relativa alla insufficiente valutazione da parte del Ministero per i beni culturali ed ambientali dell’effettiva consistenza del progetto, trattandosi, in realtà, di una valutazione limitata solo ad un progetto “di massima”; la semplice lettura della nota 7 marzo 2007 prot. n. 2893 della Soprintendenza archeologica della Puglia evidenzia, infatti, chiaramente come al Ministero sia stata trasmessa l’intera documentazione progettuale in data anteriore all’emanazione del decreto 12 aprile 2007 che ha dichiarato la pubblica utilità dell’opera; non sussistono quindi sicuramente elementi sintomatici idonei ad evidenziare una valutazione parziale o generica del progetto da parte dell’organo che ha dichiarato la pubblica utilità dell’intervento, ai fini della previsione dell’art. 95 del d.lgs. 42 del 2004.


Con riferimento alle censure relative alla partecipazione della ricorrente al procedimento, è sufficiente rilevare come la stessa abbia indubbiamente partecipato al procedimento presentando anche un’osservazione rigettata dal Consiglio comunale di Lecce, con la deliberazione 14 settembre 2005 n. 63 del Consiglio comunale di Lecce; al di là di ogni considerazione formalistica, è quindi indubbio come la ricorrente abbia avuto cognizione dell’esistenza di un procedimento espropriativo riguardante il bene ed abbia anzi in parte esercitato le proprie facoltà partecipative anche se con riferimento ad un procedimento che non assume certamente, per quanto più oltre rilevato, importanza centrale ai fini della definizione della fattispecie.


Non sussiste poi alcuna incompatibilità concettuale ad inserire un intervento come quello in discorso all’interno degli interventi ricadenti nei cc.dd. P.R.U.S.S.T., trattandosi sicuramente di progetto finalizzato ad uno <<sviluppo sostenibile sotto il profilo economico, ambientale e sociale…(ed) alla promozione turistico-ricettiva>>, proprio per effetto del miglioramento delle condizioni di fruizione pubblica di un bene sicuramente di grande importanza sotto l’aspetto culturale e turistico.


In definitiva, siamo quindi in presenza dell’esercizio di un potere espropriativo che si inserisce perfettamente nel quadro della previsione dell’art. 95, 1° e 2° comma del d.lgs. 22 gennaio 2004. n. 42 ed è quindi legittimato da una previsione caratterizzata da presupposti normativi completamente diversi da quelli previsti dalla normativa relativa all’urbanistica o alla realizzazione delle opere pubbliche; nella vicenda che ci occupa, sostanzialmente inutile si presenta quindi la modificazione della destinazione urbanistica dell’area disposta con la deliberazione 14 settembre 2005 n. 63 del Consiglio comunale di Lecce, trattandosi di adempimento che è sicuramente necessario nella materia delle opere pubbliche, ma che non è per nulla richiesto ai fini del legittimo esercizio del potere espropriativo previsto dalla normativa in materia di tutela dei beni culturali (caratterizzato dagli autonomi presupposti oggi previsti dagli artt. 95 e ss. del d.lgs. 42 del 2004), che può essere legittimamente esercitato indipendentemente da ogni considerazione in ordine alla destinazione urbanistica dell’area.


In definitiva, quanto sopra rilevato permette di concludere per la sostanziale superfluità della deliberazione 14 settembre 2005 n. 63 del Consiglio comunale di Lecce (che ha disposto una modificazione in variante della destinazione urbanistica dell’area, certo non necessaria in una vicenda in cui l’espropriazione del bene era sostanzialmente garantita dal legittimo esercizio del potere previsto dall’art. 95 del d.lgs. 42 del 2004) e, sotto altro profilo, per il difetto di legittimazione e interesse in capo a parte ricorrente a sollevare censure con riferimento alla modificazione del regime urbanistico o al regime proprietario (come per le censure relative alla proprietà del materiale archeologico eventualmente rivenuto nel corso delle campagne di scavo) di aree che non rientrano più nella disponibilità privata, per effetto del legittimo esercizio del potere espropriativo finalizzato all’incremento delle condizioni di fruizione pubblica del bene culturale; con tutta evidenza, si tratta, infatti, di problematiche che non possono essere sollevate da chi abbia perso la proprietà del bene, per effetto dell’esercizio legittimo di un potere espropriativo che si regge esclusivamente attraverso il riferimento all’art. 95 del Codice dei beni culturali e del paesaggio.


Il ricorso deve pertanto essere, in parte, rigettato (per quanto riguarda le censure relative all’esercizio del potere ex art. 95 del d.lgs. 42 del 2004) ed in parte, dichiarato inammissibile per difetto di legittimazione ed interesse (per quello che riguarda le residue censure) in capo a parte ricorrente.


Sussistono ragioni per procedere alla compensazione delle spese di giudizio tra le parti.


P.Q.M.


Il Tribunale amministrativo regionale della Puglia, I Sezione di Lecce, definitivamente pronunciando sul ricorso in premessa, in parte, lo rigetta ed in parte, lo dichiara inammissibile, come da motivazione.


Compensa le spese di giudizio tra le parti.
Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 24 marzo 2010 con l'intervento dei Signori:
Aldo Ravalli, Presidente
Luigi Viola, Consigliere, Estensore
Massimo Santini, Referendario