Consiglio di Stato, Sez. V, n. 3808, del 15 luglio 2013
Caccia e animali.Legittimità ordinanza Sindaco di Venezia per il prelievo e soppressione di colombi mediante eutanasia

E’ legittima l’ordinanza del Sindaco di Venezia, con la quale è stato disposto il prelievo di esemplari di colombo mediante cattura nelle zone a maggiore intensità e soppressione degli stessi mediante eutanasia. Il provvedimento è stato adottato ai sensi dell’art. 32, comma 4, della l. n. 833/1978 e visto l’art. 38 della l. n. 142/1990, a seguito della nota della A.U.L.S.S. che comunicava la pericolosità per la salute e l’igiene pubblica per la presenza di agenti patogeni per l’uomo nella popolazione urbana dei colombi e proponeva prelievi di detti animali nelle zone segnalate, la disinfezione e il lavaggio dei luoghi interessati, nonché la soppressione mediante eutanasia degli esemplari prelevati.  Il provvedimento non verte in materia di caccia di fauna selvatica ma di adozione di atti contingibili ed urgenti idonei a far fronte ad una situazione di emergenza sanitaria, con conseguente inutilità logica di analisi dei motivi relativi all’esercizio della caccia e alla natura selvatica o meno dei colombi. Quanto al mancato rispetto delle disposizioni di cui all’art. 19 di detta l. n. 157/1992 per l’attuazione del controllo della fauna selvatica, va rilevato che esso riguarda la possibilità di vietare o ridurre per periodi prestabiliti la caccia a determinate specie di fauna selvatica, per importanti e motivate ragioni connesse alla consistenza faunistica o per sopravvenute particolari condizioni ambientali, stagionali o climatiche o per malattie o altre calamità. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 03808/2013REG.PROV.COLL.

N. 03583/2000 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3583 del 2000, proposto da: 
LAV - Lega Anti Vivisezione, in persona del Presidente legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Giovanni Angeloni e Maria Caburazzi, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, via Germanico, n. 168;

contro

Comune di Venezia, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avv. Nicolò Paoletti, Giulio Gidoni e Maria Maddalena Morino, con domicilio eletto presso lo studio del primo, in Roma, via Barnaba Tortolini, n. 34; 
Sindaco del Comune di Venezia, in persona del titolare dell’Ufficio pro tempore, non costituito in giudizio;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. Veneto – Venezia, Sezione II, n. 02241/1999, resa tra le parti, di reiezione del ricorso proposto per l’annullamento della ordinanza n. 13500 del 23.12.1998 del Sindaco di Venezia;

 

Visto il ricorso in appello con i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Venezia;

Vista il decreto 13 giugno 2012 n. 1547;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 gennaio 2013 il Cons. Antonio Amicuzzi e uditi per le parti gli avvocati Angeloni e Paoletti;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

 

FATTO

La L.A.V., Lega Anti Vivisezione, ha proposto ricorso al T.A.R. Veneto per l’annullamento della ordinanza n. 13500 del 23.12.1998 del Sindaco di Venezia, con la quale è stato, tra l’altro, disposto il prelievo di esemplari di colombo mediante cattura nelle zone a maggiore intensità e soppressione degli stessi mediante eutanasia.

Il T.A.R. ha ritenuto il ricorso infondato nel merito, a prescindere dalla fondatezza della eccezione del Comune di difetto di legittimazione della ricorrente, non riconosciuta come associazione ambientalista ex artt. 13 e 18 della l. n. 349/1986, ma solo come persona giuridica privata (in forza di decreto del Ministero Interni del 19.5.1998), stante la natura eccezionale della legittimazione speciale riconosciuta da detta legge, che è quindi di stretta interpretazione.

A sostegno del gravame sono stati dedotti i seguenti motivi:

1.- Violazione degli artt. 13 e 18 della l. n. 349/1986 per erronea interpretazione degli stessi. Eccesso di potere sotto il medesimo profilo.

Le disposizioni di cui agli artt. 13 e 18 della l. n. 349/1996 non sono applicabili al caso di specie, in cui la LAV agisce per la protezione e difesa di specie animali, avendo tra i propri fini istituzionali quello di impedire maltrattamenti.

La legittimazione a ricorrere sussiste comunque per le associazioni individuate con decreto del Ministero dell’Ambiente e per quelle che, per il loro grado di rappresentatività di interessi collettivi connessi alla tutela ambientale, sono in possesso dei requisiti da accertarsi caso per caso.

Comunque ogni associazione può tutelare avanti l’autorità giudiziaria i propri fini istituzionali.

2.- Eccesso di potere per motivazione insufficiente e contraddittoria. Violazione del combinato disposto dell’art. 19 della l. n. 1034/1971, degli artt. 64 e 65 del r. d. n. 642/2007 e dell’art. 132 c.p.c. per carenza o difetto di motivazione.

Violazione degli artt. 1, comma 1, 2, comma 1, 3, 18, comma 1, della l. n. 157/1992 per omessa applicazione degli stessi. Violazione art. 13, 14, comma 1, 16, comma 2, della l.r. Veneto n. 50/1993 per omessa applicazione degli stessi. Violazione dell’art. 30, comma 1, della l. n. 157/1992.

Eccesso di potere per erronea valutazione dei presupposti di fatto e contraddittorietà della motivazione. Contraddittorietà di comportamento. Insufficienza della motivazione. Violazione dell’art. 3 della l. n. 241/1990, dell’art. 3, dell’art. 18, comma 1, dell’art. 19, dell’art. 21, comma 1, lett. u), , e dell’art. 21, comma 1, lett. a) ed e), della l. n. 157/1992, per omessa applicazione.

Violazione dell’art. 1 della l. n. 157/1992 per incompetenza del Sindaco.

L’impugnata sentenza ha disatteso i primi otto motivi di ricorso nell’assunto che con la impugnata ordinanza il Comune si è limitato a fronteggiare la situazione di emergenza rappresentata dalla proliferazione incontrollata della popolazione dei colombi e l’ordinanza non inerisce alla caccia.

Il TAR senza analizzare detti motivi e senza escludere la natura selvatica dei colombi si è limitato a disattenderli erroneamente giustificando le misure adottate perché destinate a fronteggiare una situazione di emergenza.

3.- Eccesso di potere per motivazione insufficiente e contraddittoria.

Violazione del combinato disposto dell’art. 19 della l. n. 1034/1971, degli artt. 64 e 65 del r. d. n. 642/2007 e dell’art. 132 del c.p.c. per carenza e difetto di motivazione. Eccesso di potere per genericità del provvedimento assunto. Sviamento di potere. Violazione dell’art. 3 della l. n. 241/1990 per contraddittorietà della motivazione.

Contraddittoriamente la sentenza, nel non considerare inutilmente cruente ed indifferenziate le misure adottate, elenca fattori che hanno portato ad un accrescimento della popolazione dei colombi senza considerare che il ricorso ad altri accorgimenti sarebbe sufficiente a contenerne il numero.

4.- Eccesso di potere per mancanza e carenza di motivazione. Violazione del combinato disposto dell’art. 19 della l. n. 1034/1971, degli artt. 64 e 65 del r. d. n. 642/2007 e dell’art. 132 c.p.c.; carenza e difetto di motivazione. Violazione dell’art. 1 della l. n. 281/1991; omessa e erronea applicazione degli stessi. Violazione dell’art. 1 della l.r. Veneto n. 60/1993.

La sentenza, pur escludendo che i piccioni rientrino nella fauna selvatica, non si pronuncia circa la compatibilità della ordinanza con la normativa vigente in materia di animali di affezione e legittima catture indiscriminate di animali.

5.- Violazione del combinato disposto dell’art. 19 della l. n. 1034/1971, degli artt. 64 e 65 del r. d. n. 642/2007 e dell’art. 132 c.p.c.; carenza e difetto di motivazione.

Il richiamo al pericolo di malattie trasmissibili all’uomo ed al possibile contagio della popolazione sana dei volatili è frutto di infondato allarmismo e non trova giustificazione nella documentazione prodotta e nella sentenza impugnata.

6.- Eccesso di potere per motivazione insufficiente.

Violazione del combinato disposto dell’art. 19 della l. n. 1034/1971, degli artt. 64 e 65 del r. d. n. 642/2007 e dell’art. 132 c.p.c.; carenza e difetto di motivazione. Violazione dell’art. 3 della l. n. 241/1990 per omessa applicazione dello stesso e per mancanza ed insufficienza della motivazione del provvedimento sindacale. Contraddittorietà della stessa.

Il TAR ha giustificato la mancanza di un termine finale con il richiamo alla natura e dalla finalità delle misure da adottare e alla loro correlazione al permanere delle condizioni di emergenza, mentre il carattere permanente degli interventi non risulta condizionato al permanere di dette condizioni.

7.- Violazione del combinato disposto dell’art. 19 della l. n. 1034/1971, degli artt. 64 e 65 del r. d. n. 642/2007 e dell’art. 132 c.p.c.; carenza e difetto di motivazione. Violazione dell’art. 38 della l. n. 142/1990 per erronea interpretazione dello stesso e omessa applicazione.

Il motivo n. 7 di primo grado è stato erroneamente compreso tra quelli relativi alla pratica venatoria e al riguardo la sentenza non si è pronunciata.

Con atto depositato l’11.5.2000 si è costituito in giudizio il Comune di Venezia, che ha dedotto la infondatezza dell’appello, chiedendone la reiezione.

Con decreto 13 giugno 2012 n. 1547 il Presidente della Sezione ha revocato il decreto di perenzione n.2897 del 2012 e ha disposto la reiscrizione del ricorso in epigrafe sul ruolo di merito.

Alla pubblica udienza dell’11.1.2013 il ricorso in appello è stato trattenuto in decisione alla presenza degli avvocati delle parti, come da verbale di causa agli atti del giudizio.

DIRITTO

1.- Il giudizio in esame verte sulla richiesta, formulata dalla L.A.V. Lega Anti Vivisezione, di annullamento della sentenza del T.A.R. in epigrafe indicata con la quale, a prescindere dalla legittimazione attiva della ricorrente, è stato respinto il ricorso proposto per l’annullamento della ordinanza n. 13500 del 23.12.1998 del Sindaco di Venezia, con la quale è stato, tra l’altro, disposto il prelievo di esemplari di colombo mediante cattura nelle zone a maggiore intensità e soppressione degli stessi mediante eutanasia.

2.- Con il primo motivo di appello è stato dedotto che le disposizioni di cui agli artt. 13 e 18 della l. n. 349/1996, in quanto riferite alle associazioni di protezione ambientale che a causa di danni ambientali sono legittimate a richiedere il risarcimento del danno, non sono applicabili al caso di specie, in cui la L.A.V. agisce per la protezione e difesa di specie animali, avendo tra i propri fini istituzionali quello di impedire maltrattamenti.

Ma, secondo l’appellante, sussiste legittimazione a ricorrere di tutte le associazioni individuate con decreto del Ministero dell’Ambiente e di quelle che, per il loro grado di rappresentatività di interessi collettivi connessi alla tutela ambientale, sono in possesso dei requisiti da accertarsi caso per caso. Comunque ogni associazione può tutelare avanti l’autorità giudiziaria i propri fini istituzionali.

2.1.- Va in proposito rilevato che il primo Giudice ha osservato che la L.A.V. non risulta riconosciuta come associazione ambientalista ai sensi e per gli effetti degli artt. 13 e 18 della l. n. 349/1986, ma unicamente come persona giuridica di diritto privato (in forza di D.M. degli Interni del 19.5.1998), sicché, essendo la giurisprudenza orientata nel senso che la legittimazione speciale riconosciuta dalla l. n. “349/1969” ha natura eccezionale ed è di stretta interpretazione, difetterebbe la sua legittimazione.

Ritiene, invece, la Sezione che sia riconoscibile la legittimazione attiva dell’appellante in base alla giurisprudenza per la quale, oltre alla legittimazione riconosciuta “ex lege” (artt. 13 e 18 della l. n. 349/1986 e art. 310 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152), continuano ad applicarsi, a tutte le associazioni, anche se sprovviste della suddetta legittimazione legale, i criteri fondati sull'effettivo e non occasionale impegno a favore della tutela di determinati interessi diffusi o superindividuali, sull'esistenza di una previsione statutaria che qualifichi detta protezione come un istituzionale compito dell'associazione, nonché sulla rispondenza del paventato pregiudizio agli interessi giuridici protetti posti al centro principale dell'attività dell'associazione (Cons. giust. amm. Sicilia, sez. giurisd., 16 ottobre 2012, n. 933).

Risulta nel caso di specie dall’atto costitutivo e dallo statuto, emendato in data 21.6.1992 (depositati in giudizio in primo grado), della L.A.V., che essa ha lo scopo non occasionale della opposizione ad ogni forma di violenza sul mondo animale e della tutela del diritto alla vita di ogni essere vivente.

Orbene, facendo applicazione dei citati principi giurisprudenziali alla fattispecie in esame, sembra indubbia la sussistenza, a prescindere dal riconoscimento di cui all’art. 13 della l. n. 349/1996, di una posizione differenziata e qualificata della ricorrente L.A.V., che, in quanto associazione non occasionale, deve ritenersi titolare sia di legittimazione alla proposizione del ricorso indicato in epigrafe (sussistendo piena coerenza tra l’interesse fatto valere in giudizio e gli scopi statutari della stessa), sia dell’interesse ad agire.

Il motivo in esame è quindi fondato e può procedersi alla disamina dei motivi di appello volti a contestare le decisioni assunte dal T.A.R. nel merito del ricorso.

3.- Con il secondo motivo di gravame è stato dedotto che l’impugnata sentenza ha disatteso i primi otto motivi di ricorso, in cui veniva evidenziato che i colombi appartengono alla specie “Columba Livia” e come tali rientravano nell’ambito delle specie della fauna selvatica per le quali la caccia è vietata (con indicazione delle norme relative), senza analizzare detti motivi e senza escludere la natura selvatica dei colombi. Le misure adottate con la impugnata ordinanza dal Comune sono state giustificate dal T.A.R. con l’assunto che erano destinate a fronteggiare una situazione di emergenza, rappresentata dalla proliferazione incontrollata della popolazione dei colombi, che il provvedimento rientrava tra quelli di cui all’art. 19 della l. n. 157/1992 e che l’ordinanza non ineriva alla caccia.

Ma nella nota prot. n. 66586 del 23.12.1998 della AUSSL richiamata dal Sindaco, non vi sarebbe la segnalazione della necessità ed urgenza di misure atte a contrastare la gravità della situazione, anche perché, se un pericolo per l’igiene e la salute pubblica fosse sussistito o ipotizzato, avrebbe dovuto essere sospesa immediatamente la distribuzione di granturco in Piazza S. Marco.

Comunque non sarebbero state rispettate le disposizioni di cui all’art. 19 di detta l. n. 157/1992 per l’attuazione del controllo della fauna selvatica.

3.1.- Osserva la Sezione che condivisibilmente il T.A.R. ha disatteso i primi otto motivi del ricorso introduttivo del giudizio nell’assunto che contestavano la cattura e la uccisione dei piccioni come se fossero prelievo venatorio, mentre l’ordinanza impugnata non ineriva alla pratica della caccia ma si sostanziava nella adozione di misure urgenti (di cui faceva anche parte la cattura e uccisione dei volatili) dirette a fronteggiare la situazione di emergenza rappresentata dalla proliferazione della popolazione dei colombi.

Invero il provvedimento impugnato è stato adottato ai sensi dell’art. 32, comma 4, della l. n. 833/1978 e visto l’art. 38 della l. n. 142/1990 (a seguito della nota del 23.12.1998 della A.U.L.S.S. che comunicava la pericolosità per la salute e l’igiene pubblica per la presenza di agenti patogeni per l’uomo nella popolazione urbana dei colombi e proponeva prelievi di detti animali nelle zone segnalate, la disinfezione e il lavaggio dei luoghi interessati, nonché la soppressione mediante eutanasia degli esemplari prelevati).

L’art. 32, comma 4, della l. n. 833/1978 stabilisce che il Sindaco può emettere ordinanze di carattere contingibile ed urgente, in materia di igiene e sanità pubblica e di polizia veterinaria, con efficacia estesa al territorio comunale.

L’art. 38, comma 2, della l. n. 142/1990 stabilisce, tra l’altro, che il Sindaco, quale ufficiale del Governo, adotta, con atto motivato e nel rispetto dei principi generali dell'ordinamento giuridico, provvedimenti contingibili e urgenti in materia di sanità ed igiene, al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità dei cittadini.

Il provvedimento effettivamente non verteva in materia di caccia di fauna selvatica ma di adozione di atti contingibili ed urgenti idonei a far fronte ad una situazione di emergenza sanitaria, con conseguente inutilità logica di analisi dei motivi relativi all’esercizio della caccia e alla natura selvatica o meno dei colombi.

E’ irrilevante la circostanza che la nota della A.U.L.S.S. non contenesse la segnalazione della necessità ed urgenza di misure atte a contrastare la gravità della situazione, essendo esse conseguenza logica della segnalazione della pericolosità per la salute e l’igiene effettuata da detta Azienda e compito del Sindaco, ex art. 38, comma 2, della l. n. 142/1990, valutarne la sussistenza e disporre le misure atte a preservarle con la massima urgenza.

E’ insuscettibile a comportare la illegittimità dell’atto impugnato anche la censura che, se un pericolo per l’igiene e la salute pubblica fosse effettivamente sussistito o ipotizzato, avrebbe dovuto essere sospesa immediatamente la distribuzione di granturco in Piazza S. Marco; infatti un tale provvedimento è inidoneo a determinare l’immediato contrasto degli inconvenienti sanitari rilevati, ma al più può essere considerato un accorgimento accessorio di lungo termine volto a scoraggiare la presenza dei colombi nella zona de qua.

Quanto al mancato rispetto delle disposizioni di cui all’art. 19 di detta l. n. 157/1992 per l’attuazione del controllo della fauna selvatica, va rilevato che esso riguarda la possibilità di vietare o ridurre per periodi prestabiliti la caccia a determinate specie di fauna selvatica, per importanti e motivate ragioni connesse alla consistenza faunistica o per sopravvenute particolari condizioni ambientali, stagionali o climatiche o per malattie o altre calamità.

Non dovevano quindi essere seguite le prescrizioni in esso contenute nel caso di specie, volto alla tutela con mezzi contingibili ed urgenti della pubblica sanità, anche se con misure comportanti, tra l’altro, l’abbattimento dei colombi, e non a regolare in via principale il controllo della fauna selvatica.

4.- Con il terzo motivo di gravame la L.A.V. ha asserito che la sentenza impugnata, nel non considerare inutilmente cruente ed indifferenziate le misure adottate, contraddittoriamente elenca fattori che hanno portato ad un accrescimento della popolazione dei colombi (riduzione predatori, abbondanza di cibo e siti idonei alla nidificazione) senza considerare che accorgimenti come la somministrazione controllata del cibo, l’uso di dissuasori, l’installazione di colombaie, la chiusura mirata di siti di nidificazione e l’uso di antifecondativi sarebbe sufficiente a contenerne il numero; l’uccisione di detti volatili senza l’adozione di dette misure sarebbe un inutile rimedio.

4.1.- La Sezione non può condividere la censura, atteso che la sentenza ha indicato i fattori di accrescimento della popolazione dei colombi solo per descrivere le cause che hanno portato al verificarsi della situazione di emergenza sanitaria in atto segnalata dalla A.U.L.S.S., stante la presenza di volatili affetti da salmonellosi nella misura del 50 % dei campioni prelevati, ed ha poi ragionevolmente asserito che gli interventi previsti nella ordinanza, volti in larga parte alla pulizia e disinfezione delle parti della città più colpite dal fenomeno in questione, apparivano sostanzialmente i più idonei a porre rimedio nell’immediato, con provvedimento contingibile ed urgente, a detta situazione di emergenza.

I rimedi indicati dall’appellante, infatti, appaiono, per comune esperienza, idonei a tenere sotto controllo il numero dei volatili in questione nel lungo periodo, mentre il provvedimento impugnato era invece principalmente volto a fronteggiare, con immediatezza, la situazione di emergenza sanitaria in atto, senza che dovesse necessariamente affrontare contestualmente anche il problema della individuazione dei rimedi permanenti indicati nell’atto di appello, eventualmente adottabili con ulteriori deliberazioni di natura non contingibile ed urgente.

5.- Con il quarto motivo di gravame è stato dedotto che la sentenza, pur escludendo che i piccioni rientrino nella fauna selvatica, nulla dice circa la compatibilità della ordinanza con la normativa vigente in materia di animali di affezione e legittimerebbe catture indiscriminate, sia di animali malati che sani ed in qualsiasi periodo dell’anno, con ogni mezzo.

5.1.- Va in proposito osservato che l’art. 1 della l. n. 281/1991, di cui è dedotta la violazione con il motivo in esame, stabilisce che “Lo Stato promuove e disciplina la tutela degli animali di affezione, condanna gli atti di crudeltà contro di essi, i maltrattamenti ed il loro abbandono, al fine di favorire la corretta convivenza tra uomo e animale e di tutelare la salute pubblica e l'ambiente.” L’art. 1 della l.r. Veneto n. 60/1993, di cui pure è stata affermata la violazione, stabilisce che “La Regione Veneto promuove e disciplina la tutela degli animali d'affezione, condanna gli atti di crudeltà, i maltrattamenti nonché il loro abbandono”.

Ritiene la Sezione che dette norme siano inapplicabili alla fattispecie in esame, perché volte a regolare la normale convivenza tra uomo ed animali di cui trattasi, mentre nel caso di specie sono stati adottati provvedimenti eccezionali volti in via esclusiva, alla tutela della salute pubblica, sicuramente prevalente su quella oggetto delle sopra citate norme.

6.- Con il quinto motivo di gravame è stato affermato che il richiamo al pericolo di malattie trasmissibili all’uomo ed al possibile contagio della popolazione sana dei volatili sarebbe frutto di infondato allarmismo e non troverebbe giustificazione nella documentazione prodotta e nella sentenza impugnata, non essendo stata fornita alcuna prova di causa ed effetto tra la presenza dei piccioni e le malattie elencate in sentenza.

6.1.- La censura è, ad avviso della Sezione, insuscettibile di favorevole valutazione, atteso che, in presenza di una segnalazione della competente A.U.L.S.S. che la affezione riguardante una alta percentuale di piccioni esponeva a rischio di contagio sia la popolazione sana di essi che gli abitanti della città, nessun provvedimento che disattendesse tale affermazione avrebbe potuto essere adottato nell’immediato dalla autorità competente a tutelare in situazioni contingibili ed urgenti l’igiene e la salute pubblica.

7.- Con il sesto motivo di appello è stato affermato che il TAR ha giustificato la mancanza di un termine finale con il richiamo alla natura e dlla finalità delle misure da adottare e alla loro correlazione, attraverso attività di monitoraggio, al permanere delle condizioni di emergenza, ma dalla lettura della ordinanza trasparirebbe che il carattere permanente degli interventi di cui ai punti da 1 a 5 non è condizionato al permanere delle condizioni di emergenza né è prevista attività di monitoraggio; tanto escluderebbe la riconoscibilità ad essi di natura di rimedi contingibili ed urgenti.

7.1.- Osserva la Sezione che condivisibilmente è riconosciuta in sentenza la giustificabilità nel particolarissimo caso di specie della mancata apposizione di un formalmente prefissato termine finale al provvedimento de quo, stante la particolarità della situazione contrastata e del fine perseguito e considerato che, nel prevedere il prelievo con attrezzatura idonea di esemplari di colombo nelle aree adiacenti alle segnalazioni dei cittadini o nelle situazioni di rischio, è individuabile l’attività di monitoraggio tesa ad individuare il permanere delle situazioni di rischio che esso provvedimento ha inteso contrastare.

La ordinanza in questione, nel prevedere detto monitoraggio, è da ritenere, infatti, sostanzialmente adottata in regime di contingibilità, intesa come urgente necessità di provvedere con efficacia e immediatezza nei casi di pericolo attuale o imminente, e da quello della provvisorietà, intesa nel duplice senso di imposizione di misure non definitive e a efficacia temporalmente limitata al permanere delle condizioni di emergenza che hanno giustificato l’adozione del provvedimento.

In tal senso deve essere intesa l’asserzione contenuta nel provvedimento stesso che “Gli interventi di cui ai punti 1, 2, 3, 4 e 5 abbiano carattere di misura permanente di tutela e prevenzione della salute e dell’igiene pubblica” e non nel senso che il provvedimento ha durata illimitata nel tempo a prescindere dal venir meno delle cause di pericolo per l’igiene e la sanità pubblica che l’hanno determinata.

8.- Con il settimo motivo di gravame è stato evidenziato che il motivo n. 7 di primo grado è stato erroneamente compreso tra quelli relativi alla pratica venatoria e sullo stesso la sentenza non si è espressa.

8.1. Osserva la Sezione che il motivo, puntualmente riportato in punto di fatto nella impugnata sentenza, deduceva violazione dell’art. 38 della l. n. 142/1990 che prevede l’esercizio del potere di ordinanza del Sindaco solamente se non esistono altri strumenti giuridici per la tutela dell’interesse pubblico e che la ordinanza impugnata, nel prevedere che “Gli interventi di cui ai punti 1, 2, 3, 4 e 5 abbiano carattere di misura permanente di tutela e prevenzione della salute e dell’igiene pubblica” violava il carattere contingibile ed urgente di detti provvedimenti.

Ad esso il T.A.R. ha dato idoneo riscontro con la motivazione che la mancanza di un termine finale è giustificata dalla natura e dalla finalità delle misure da adottare e dalla loro correlazione al permanere delle condizioni di emergenza, della quale è stata sopra delineata la valenza e la condivisibilità.

Tanto comporta la reiezione della censura.

9.- L’appello deve essere conclusivamente respinto e deve essere confermata la prima decisione, nei sensi e nei termini di cui in motivazione.

10.- Nella complessità e parziale novità delle questioni trattate il collegio ravvisa eccezionali ragioni per compensare, ai sensi degli artt. 26, comma 1, del c.p.a. e 92, comma 2, del c.p.c., le spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente decidendo respinge l’appello in esame, come da motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 11 gennaio 2013 con l'intervento dei magistrati:

Pier Giorgio Trovato, Presidente

Carlo Saltelli, Consigliere

Paolo Giovanni Nicolo' Lotti, Consigliere

Antonio Amicuzzi, Consigliere, Estensore

Antonio Bianchi, Consigliere

 

 

 

 



 

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 15/07/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)