 Corte Costituzionale sent. 49 11 febbraio 2010
Corte Costituzionale sent. 49 11 febbraio 2010
Oggetto: Telecomunicazioni - Regione Marche - Divieto di installazione di impianti di telefonia mobile negli impianti sportivi al fine di tutela ambientale e sanitaria della popolazione.
Dispositivo: inammissibilità
 SENTENZA N. 48 ANNO 2011 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE COSTITUZIONALE composta dai signori:  Presidente: Ugo DE SIERVO; Giudici : Paolo MADDALENA, Alfio  FINOCCHIARO, Alfonso QUARANTA, Franco GALLO, Luigi MAZZELLA, Gaetano  SILVESTRI, Sabino CASSESE, Giuseppe TESAURO, Paolo Maria NAPOLITANO,  Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, ha pronunciato la seguente SENTENZA nel giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo  7, comma 2, lettera b), della legge della Regione Marche 13 novembre  2001, n. 25 (Disciplina regionale in materia di impianti fissi di  radiocomunicazione al fine della tutela ambientale e sanitaria della  popolazione), promosso dal Tribunale amministrativo regionale della  Regione Marche nel procedimento vertente tra il Comitato Civico  Quartiere Saline ed altri e il Comune di Senigallia ed altri con  ordinanza del 12 marzo 2010, iscritta al n. 192 del registro ordinanze  2010 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 26, prima  serie speciale, dell’anno 2010. Visti gli atti di costituzione del Comune di Senigallia,  della Wind Telecomunicazioni s.p.a. nonché l’atto di intervento della  Regione Marche; udito nell’udienza pubblica del 14 dicembre 2010 il Giudice relatore Paolo Maddalena; uditi gli avvocati Filippo Lubrano per il Comune di  Senigallia, Giuseppe Sartorio per la Wind Telecomunicazioni s.p.a. e  Stefano Grassi per la Regione Marche. Ritenuto in fatto 1. ― Con ordinanza del 12 marzo 2010, notificata il  successivo 2 aprile ed iscritta al n. 192 del registro ordinanze  dell’anno 2010, il Tribunale amministrativo regionale della Regione  Marche, ha sollevato, in riferimento agli articoli 3, 15, 21, 41 e 117,  commi secondo, lettera s), e terzo, della Costituzione, questione di  legittimità costituzionale dell’articolo 7, comma 2, lettera b), della  legge della Regione Marche 13 novembre 2001, n. 25 (Disciplina regionale  in materia di impianti fissi di radiocomunicazione al fine della tutela  ambientale e sanitaria della popolazione). Il  predetto art. 7, comma 2, lettera b), vieta  l’installazione di impianti per la telefonia mobile «su ospedali, case  di cura e di riposo, edifici adibiti al culto, scuole ed asili nido,  parchi pubblici, parchi gioco, aree verdi attrezzate e impianti  sportivi». Il remittente censura questa disposizione limitatamente alla  parte in cui vieta l’installazione di impianti per la telefonia mobile  «negli impianti sportivi». 2. ― In punto di fatto il Tribunale amministrativo regionale remittente afferma: a) di dover decidere in merito alla impugnazione di un  permesso a costruire rilasciato dal Comune di Senigallia a Nokia Siemens  Network per la costruzione di un impianto di telefonia mobile, la quale  è stata proposta da alcuni proprietari di beni immobili siti nelle  vicinanze e da un comitato civico di cittadini residenti in zone  limitrofe, tra i vari motivi, per la presunta violazione dell’art. 7,  comma 2, lettera b), della legge della Regione Marche n. 25 del 2001; b) che dall’istruttoria svolta è emerso che l’impianto  di telefonia mobile è «ubicato immediatamente all’esterno della rete di  recinzione» di una pista di pattinaggio regolamentare destinata anche a  manifestazioni e raduni di rilevanza nazionale e «a una distanza  (stimabile attraverso la scala cartografica) di circa 60 mt dal centro  della piattaforma e di circa 30 mt dal punto più vicino della stessa». 2.1. ― In ordine alla rilevanza della questione, il TAR  sostiene che il permesso a costruire impugnato dai ricorrenti nel  giudizio a quo andrebbe annullato – per violazione dell’art. 7, comma 2,  lettera b), della legge della Regione Marche n. 25 del 2001, che vieta  l’installazione di impianti per telefonia mobile su impianti sportivi – a  meno che non fosse accolta la proposta questione di costituzionalità e,  conseguentemente, fosse espunto tale divieto di installazione. Secondo il TAR remittente la violazione dell’impugnato  art. 7, comma 2, lettera b), della legge della Regione Marche n. 25 del  2001, sussisterebbe, ancorché, nel caso di specie, l’antenna sia stata  formalmente collocata all’esterno della rete di recinzione dell’impianto  sportivo. Alla luce della nozione ampia di impianto sportivo che  sarebbe enucleabile dalla normativa regionale (Regolamento della Regione  Marche 28 febbraio 2005, n. 1, recante “Requisiti degli impianti e  delle attrezzature per l’esercizio di attività motoria ricreativa, ai  sensi dell’articolo 7 della legge regionale 1° agosto 1997, n. 47”) e  statale (decreto del Ministro dell’interno 18 marzo 1996, recante “Norme  di sicurezza per la costruzione e l’esercizio degli impianti sportivi”,  nonché le Norme CONI per l’impiantistica sportiva, approvate dalla G.E.  del CONI con deliberazione n. 851 del 15 luglio 1999) e che  comprenderebbe sia lo spazio destinato allo svolgimento dell’attività  sportiva sia gli spazi di supporto ed accessori, secondo il remittente,  l’antenna in questione «andrebbe comunque considerata all’interno dello  spazio che contraddistingue l’impianto sportivo nel suo complesso;  spazio rappresentato dalla piattaforma di pattinaggio (così detta sala  di attività motoria o spazio di attività sportiva) e dagli spazi  accessori, accessibili e utilizzabili, come la zona spettatori, il  parcheggio e i percorsi di accesso ivi comprese le due piste ciclabili  che corrono lungo i lati Est ed Ovest a pochi metri dalla piattaforma». Dal rilievo che il Comune di Senigallia non avrebbe  offerto «elementi per comprendere attraverso quali criteri o normative  sia stata collocata la recinzione della pista di pattinaggio, in  aderenza alla quale (sul lato esterno) è stato poi realizzato l’impianto  di telefonia mobile in esame», il remittente deduce, infatti, che ciò  sarebbe avvenuto «secondo logiche esclusivamente discrezionali ed  arbitrarie, anche in considerazione della particolare forma perimetrale  delineata dalla predetta recinzione che disegna un esagono irregolare,  il quale sembra seguire più che altro la particolare conformazione dei  luoghi, caratterizzata, a Est e Ovest della pista di pattinaggio, dalla  presenza di 2 piste ciclabili oltre le quali non sarebbe stato possibile  estendere la recinzione». E, pertanto, pur formalmente collocata  all’esterno della recinzione delimitativa dell’impianto sportivo,  l’antenna per la telefonia mobile il cui permesso di costruzione è  contestato dai ricorrenti nel giudizio a quo andrebbe allora considerata  come posta all’interno dell’impianto stesso. 2.2. ― In ordine alla non manifesta infondatezza della  questione il TAR remittente sostiene che la disposizione censurata si  porrebbe in contrasto con la Costituzione sotto due profili. Sotto un primo profilo, essa violerebbe l’art. 117,  commi secondo, lettera s), e terzo, Cost., in quanto il divieto di  installazione degli impianti di telefonia mobile sarebbe generale,  generico (stante l’assenza di una definizione di impianto sportivo),  immediatamente applicabile in presenza di ogni impianto sportivo  indipendentemente dal contesto di riferimento e quindi idoneo a  pregiudicare gli interessi alla realizzazione delle reti di  telecomunicazione protetti dalla legislazione nazionale. Essa, in  particolare, si porrebbe in contrasto con i principi fondamentali delle  materie “tutela della salute, ordinamento sportivo, governo del  territorio e ordinamento della comunicazione” dettati dagli artt. 3,  comma 1, lettera c) e 8, comma 1, lettera e), della legge 22 febbraio  2001, n. 36 (Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi  elettrici, magnetici ed elettromagnetici), che, rispettivamente, non  contemplano espressamente gli impianti sportivi tra i luoghi sensibili  in cui è esclusa la installazione di siffatta tipologia di impianti e  che demandano alla Regione la individuazione di criteri localizzativi e  non consentirebbero la introduzione di divieti specifici e  indiscriminati diversi dalle tipologie contemplate dalla legge quadro  statale. Il remittente mostra di conoscere la giurisprudenza  della Corte costituzionale (sentenza n. 307 del 2003), che ha ritenuto  non in contrasto con la Costituzione l’art. 10, comma 1, della legge  della Regione Puglia 8 marzo 2002, n. 5 (Norme transitorie per la tutela  dell’inquinamento elettromagnetico prodotto da sistemi di  telecomunicazioni e radiotelevisivi operanti nell’intervallo di  frequenza tra 0 Hz e 300GHz), che vieta l’installazione di sistemi  radianti relativi agli impianti di emittenza radiotelevisiva e di  stazioni base per telefonia mobile su ospedali, case di cura e di  riposo, scuole e asili nido, e reputando, in particolare, non in  contrasto con i principi fondamentali dettati dalla legge n. 36 del 2001  la fissazione da parte delle Regioni non solo di criteri localizzativi,  ma anche di veri e propri divieti di localizzazione su luoghi  determinati. Il remittente, tuttavia, ritiene che l’indeterminatezza e  l’ampiezza della nozione di impianto sportivo enucleabile dalla  normativa regionale e statale rendano il divieto fissato dall’impugnato  art. 7, comma 2, lettera b), della legge della Regione Marche n. 25 del  2001 idoneo a pregiudicare l’interesse nazionale alla realizzazione  delle reti di telecomunicazioni e ricorda, altresì, come «la genericità  ed eterogeneità delle categorie di aree e di edifici costituì il  presupposto per affermare l’illegittimità costituzionale dell’art. 7,  comma 3, della L.r. marche n. 25/2001 perché eccedente i limiti della  competenza regionale e in contrasto con il principio di legalità  sostanziale (cfr. Punto 11 Corte Cost. n. 307/2003 cit.)». Sotto altro profilo, l’art. 7, comma 2, lettera b),  della legge della Regione Marche violerebbe gli arti. 3, 15, 21, 41  Cost., in quanto la previsione di un divieto di installazione di  impianti per la telefonia mobile negli impianti sportivi realizzerebbe  un bilanciamento irragionevole e non proporzionato tra l’interesse alla  protezione della salute e le libertà costituzionalmente garantite di  comunicazione e di manifestazione del pensiero degli utenti dei servizi  di telefonia e di iniziativa economica delle imprese che gestiscono tali  servizi e perché tale divieto nella sua inderogabilità non terrebbe  conto delle singole realtà territoriali e dell’effettivo rischio per la  salute provocato dagli impianti di telefonia mobile. 3. ― Si è costituito il Comune di Senigallia con una  memoria nella quale eccepisce l’irrilevanza delle questioni, sostenendo  che la norma contestata non debba trovare applicazione nel giudizio a  quo, posto che il divieto di installazione degli impianti di telefonia  mobile non potrebbe applicarsi estensivamente e, pertanto, non potrebbe  applicarsi, come invece proposto dal remittente, ad una antenna posta  all’esterno di un impianto sportivo. Nel merito la difesa del Comune di Senigallia si limita  ad aderire alla prospettazione dell’ordinanza di remissione,  riproducendone larghi brani o riassumendone gli argomenti. 4. ― Si è costituita la Wind Telecomunicazioni s.p.a.,  interveniente ad opponendum nel giudizio a quo (quale soggetto nel cui  interesse la Nokia Siemens Network aveva richiesto il permesso per la  costruzione del contestato impianto di telefonia mobile), con una  memoria nella quale, dopo avere analiticamente ricostruito il giudizio  pendente davanti al TAR Marche, sostiene anch’essa l’irrilevanza delle  questioni, giacché la norma contestata non si applicherebbe al caso di  specie, essendo l’antenna telefonica esterna all’impianto sportivo. Nel merito la difesa della Wind aderisce, in buona  sostanza, alla prospettazione del remittente, rimarcando, in  particolare, «l’assoluta estraneità degli “impianti sportivi”,  genericamente intesi, rispetto alle tre categorie (“ambienti abitativi,  scolastici e nei luoghi adibiti a permanenza prolungate”) specificamente  individuate dalle legge quadro» n. 36 del 2001 «come aree ed immobili  da sottoporre alla più pregnante tutela di cui ai valori di attenzione»  (art. 3, comma 1, lettera e), legge n. 36 del 2001) e sostenendo che la  individuazione di criteri localizzativi degli impianti da parte delle  Regioni non potrebbe riguardare la tutela di tali aree “sensibili”. La Wind, inoltre, sostiene che la disposizione  censurata determinerebbe una disparità di trattamento sul territorio  nazionale tra i cittadini oltre che una lesione dei principi di  unitarietà delle forme e criteri di tutela apprestati dall’ordinamento. E  rimarca, infine, come la legge regionale n. 25 del 2001, al suo art. 1,  individua tra le finalità perseguite dall’intervento normativo la  tutela ambientale e sanitaria della popolazione, sebbene la competenza  in materia di tutela dell’ambiente sia riservata allo Stato dall’art.  117, secondo comma, lettera s), Cost. 5. ― E’ intervenuta in giudizio la Regione Marche con  una memoria nella quale sostiene l’inammissibilità e l’infondatezza  delle questioni. 5.1. ― Per la difesa regionale le questioni sarebbero inammissibili sotto vari profili. Anzitutto, sarebbero inammissibili per irrilevanza,  posto che la disposizione censurata, contrariamente a quanto ritenuto  dal remittente, non sarebbe applicabile nel giudizio a quo. Per la difesa regionale, da una attenta disamina delle  medesime disposizioni normative regionale e statali richiamate dal  remittente, emergerebbe che «la presenza di una recinzione in grado di  delimitare l’area di pertinenza dell’impianto (o area annessa) rispetto  all’area esterna costituisce l’unico elemento dirimente ed inequivoco  per stabilire la portata spaziale del divieto di installazione degli  impianti di telefonia mobile» contenuto nella disposizione impugnata.  Sicché la collocazione dell’antenna radiante al di fuori della  recinzione dell’impianto sportivo e solo in prossimità della stessa  escluderebbe in radice una applicazione del divieto contenuto  nell’impugnato art. 7, comma 2, lettera b), della legge della Regione  Marche n. 25 del 2001 al caso di specie. L’errore in cui sarebbe incorso il remittente, laddove  ha ritenuto facenti parte dell’impianto sportivo anche ambiti esterni  alla recinzione, quali «i percorsi di accesso ivi comprese le due piste  ciclabili che corrono lungo i lati Est e Ovest a pochi metri dalla  piattaforma» sarebbe dimostrato, secondo la difesa regionale, dal  disposto dell’art. 2 del decreto ministeriale 18 marzo 1996 e dell’art.  2, comma 6, del regolamento della Regione Marche 28 febbraio 2005, n. 1  (Requisiti degli impianti e delle attrezzature per l’esercizio di  attività motoria ricreativa, ai sensi dell’articolo 7 della legge  regionale 1° agosto 1997, n. 47), che definiscono come via d’uscita «il  percorso senza ostacoli al deflusso che conduce dall’uscita dello spazio  riservato agli spettatori e dallo spazio di attività sportiva all’area  di servizio annessa o all’area di servizio esterna». Questa definizione  renderebbe, a dire della difesa regionale, evidente che «gli unici  “percorsi” considerabili come facenti parte dell’impianto sportivo  possono essere solo quelli posti all’interno dell’area recintata di  pertinenza dell’impianto». 5.2. ― Le questioni sarebbero, poi, inammissibili, in  quanto il TAR remittente avrebbe omesso di effettuare qualunque  tentativo di dare alla disposizione censurata una interpretazione  conforme a Costituzione ed, in particolare, di dare una interpretazione  sufficientemente determinata e definita alla nozione di impianto  sportivo. 5.3. ― La questione proposta in riferimento all’art.  117 Cost. sarebbe, inoltre, inammissibile, in quanto il remittente non  avrebbe individuato con chiarezza il parametro del giudizio. Non potrebbe, infatti, ritenersi sufficientemente  determinato e chiaro il richiamo unico ed indistinto all’art. 117,  secondo comma, lettera s), e terzo comma, Cost. (in relazione,  quest’ultimo alle materie tutela della salute, ordinamento sportivo,  governo del territorio e ordinamento della comunicazione), giacché si  tratta di competenze statali sia esclusive sia concorrenti e,  conseguentemente, non sarebbe chiaro se la disposizione regionale  impugnata sarebbe viziata da incompetenza assoluta o relativa. Né  maggior valore individuativo avrebbe il richiamo delle norme interposte  costituite dagli arti. 3, comma 1, lettera c), e 8, comma 1, lettera e),  della legge n. 36 del 2001, posto che il remittente non chiarirebbe a  quale materia tali norme sarebbero riferibili. 5.4. ― La questione proposta in riferimento agli artt.  3, 15, 21 e 41 Cost. sarebbe, infine, inammissibile non essendo chiari i  presupposti sostanziali della questione e lo stesso petitum, che  avrebbe natura ancipite. Da un lato, infatti, il remittente sembrerebbe ritenere  illegittimo di per sé il divieto di installazione di apparati radianti  per telefonia mobile riferito agli impianti sportivi, dall’altro,  alquanto contraddittoriamente, sembrerebbe lamentare solo la circostanza  che il divieto sia assoluto e non tenga adeguatamente conto delle  singole realtà territoriali e dell’effettivo rischio per la salute. 5.5. ― Nel merito la questione proposta in riferimento  all’art. 117 Cost. sarebbe infondata, posto che, alla luce della  giurisprudenza costituzionale (viene richiamata la sentenza n. 307 del  2003), la Regione non incontrerebbe limiti nella individuazione di  criteri localizzativi ed anche nella fissazione di divieti specifici, se  non quello di riferirli a luoghi sufficientemente determinati (quali  sarebbero, nella lettura proposta dalla difesa regionale, anche gli  impianti sportivi), ed in questo ambito non assumerebbero alcun rilievo i  luoghi individuati dall’art. 3, comma 1, lettera c), della legge n. 36  del 2001 quali luoghi nei quali non sono superabili i valori di  attenzione di inquinamento elettromagnetico fissati dal legislatore  statale. Parimenti infondata sarebbe la questione proposta in  riferimento agli artt. 3, 15, 21 e 41 Cost., dato che non sarebbe  affatto irragionevole omologare nel divieto tutte le tipologie di  impianti sportivi, essendo questi, indipendentemente dalle loro  tipologie e dimensioni, tutti funzionali alla pratica sportiva e potendo  essere data, in via interpretativa, una stretta delimitazione spaziale a  tali impianti. 6. ― In prossimità dell’udienza pubblica del 14  dicembre 2010 il Comune di Senigallia ha depositato una memoria nella  quale sviluppa argomenti a favore dell’accoglimento delle questioni  proposte. In via preliminare il Comune di Senigallia sostiene che  la localizzazione delle infrastrutture quali gli impianti di telefonia  rientri nella materia di competenza legislativa concorrente del governo  del territorio ma, richiamando le sentenze numeri 307 e 331 del 2003  della Corte costituzionale, afferma che le Regioni non potrebbero  introdurre divieti di ubicazione generalizzati, generici, eterogenei o  comunque idonei a pregiudicare l’interesse, protetto dalla legislazione  nazionale, alla realizzazione delle reti degli impianti. In merito alla questione proposta in riferimento  all’art. 117 Cost., la difesa del Comune sostiene che la disposizione  impugnata violerebbe la competenza esclusiva dello Stato in materia di  tutela dell’ambiente, giacché contrasterebbe con il principio di  uniformità ed omogeneità della disciplina in materia ambientale  sull’intero territorio nazionale, e violerebbe i principi fondamentali  dettati dalla legislazione statale in materia di tutela della salute,  governo del territorio e ordinamento della comunicazione, in quanto  estendendo a luoghi diversi da quelli individuati dallo Stato per la  fissazione dei valori di attenzione dell’inquinamento elettromagnetico  eluderebbe il bilanciamento fissato dal legislatore statale tra il  diritto alla salute e gli altri interessi costituzionalmente protetti e,  stante la indeterminatezza del concetto di impianto sportivo (che, a  dire del Comune, non potrebbe essere determinato in base alla normativa  secondaria regionale, ostandovi il principio di legalità sostanziale)  verrebbe non tanto a individuare un criterio localizzativo, quanto a  introdurre una illegittima limitazione alla localizzazione, rendendo in  pratica «impossibile o comunque estremamente 	difficile la realizzazione  di una rete complessa di infrastrutture per le telecomunicazioni». In merito alla questione proposta in riferimento agli  artt. 3, 15, 21 e 41 Cost. la difesa del Comune sostiene la  irragionevolezza della disposizione impugnata e lamenta la eccessiva  compressione degli interessi costituzionalmente protetti alla libertà di  comunicazione ed all’attività di impresa. 7. ― In prossimità dell’udienza pubblica del 14 dicembre  2010 anche Wind ha depositato una memoria, nella quale ribadisce  sinteticamente le argomentazioni già svolte. 8. ― In prossimità dell’udienza pubblica del 14 dicembre  2010 anche la Regione Marche ha depositato una memoria nella quale  amplia e sviluppa gli argomenti proposti nell’atto di intervento a  favore dell’inammissibilità e dell’infondatezza delle questioni. La difesa regionale sottolinea, anzitutto, come entrambe  le parti costituite concordino sulla non applicabilità nel giudizio a  quo della disposizione impugnata. La difesa regionale, inoltre, svolge una articolata  disamina della giurisprudenza costituzionale in materia (vengono  richiamate le sentenze numeri 307 e 331 del 2003, 336 del 2005, 103 del  2006 e 303 del 2007), rimarcando come non sia affatto precluso alla  Regione fissare divieti di localizzazione degli impianti di telefonia in  relazione a luoghi diversi da quelli per i quali il legislatore statale  fissa i valori di attenzione ai sensi dell’art. 3, comma 1, lettera c),  della legge n. 36 del 2001, purché si tratti (non necessariamente di  edifici, ma anche) di luoghi sufficientemente delimitati (rientrando,  peraltro, in questo ambito anche aree di non piccola dimensione, quali i  parchi giochi o i biotopi naturali protetti) e purché si tratti di  divieti che non pregiudichino in senso assoluto la realizzazione delle  reti di telecomunicazioni. Considerato in diritto 1. ― Il Tribunale amministrativo regionale della Regione  Marche, nel corso di un giudizio avente ad oggetto l’impugnazione di un  permesso a costruire rilasciato dal Comune di Senigallia per la  costruzione di un impianto di telefonia mobile, ha sollevato questione  di legittimità costituzionale dell’articolo 7, comma 2, lettera b),  della legge della Regione Marche 13 novembre 2001, n. 25 (Disciplina  regionale in materia di impianti fissi di radiocomunicazione al fine  della tutela ambientale e sanitaria della popolazione), nella parte in  cui vieta l’installazione di impianti per la telefonia mobile negli  (recte sugli) impianti sportivi. Per il remittente la disposizione impugnata violerebbe  l’articolo 117, commi secondo, lettera s), e terzo, della Costituzione,  in quanto fisserebbe un divieto generale, generico (stante l’assenza di  una definizione di impianto sportivo) e immediatamente applicabile in  presenza di ogni impianto sportivo indipendentemente dal contesto di  riferimento e sarebbe così idonea a pregiudicare gli interessi alla  realizzazione delle reti di telecomunicazione protetti dalla  legislazione nazionale e, in particolare, in quanto si porrebbe in  contrasto con i principi fondamentali delle materie “tutela della  salute, ordinamento sportivo, governo del territorio e ordinamento della  comunicazione” dettati dagli artt. 3, comma 1, lettera c), e 8, comma  1, lettera e), della legge 22 febbraio 2001, n. 36 (Legge quadro sulla  protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed  elettromagnetici), che, rispettivamente, non contemplano espressamente  gli impianti sportivi tra i luoghi sensibili in cui è esclusa  l’installazione di siffatta tipologia di impianti e che demandano alla  Regione la individuazione di criteri localizzativi e non consentirebbero  la introduzione di divieti specifici e indiscriminati, diversi dalle  tipologie contemplate dalla legge quadro statale. La disposizione impugnata violerebbe, inoltre, gli  artt. 3, 15, 21, 41 Cost., in quanto la previsione di un divieto di  installazione di impianti per la telefonia mobile negli impianti  sportivi realizzerebbe un bilanciamento irragionevole e non  proporzionato tra l’interesse alla protezione della salute e le libertà  costituzionalmente garantite di comunicazione e di manifestazione del  pensiero degli utenti dei servizi di telefonia e di iniziativa economica  delle imprese che gestiscono tali servizi e perché tale divieto nella  sua inderogabilità non terrebbe conto delle singole realtà territoriali e  dell’effettivo rischio per la salute provocato dagli impianti di  telefonia mobile. 2. ― Le questioni sono inammissibili per difetto di rilevanza. Il remittente ritiene di dovere fare applicazione della  disposizione impugnata sull’assunto che il concetto di impianto  sportivo (non definito dalla stessa legge regionale n. 25 del 2001, ma)  enucleabile dalla normativa regionale (Regolamento della Regione Marche  28 febbraio 2005, n. 1 recante “Requisiti degli impianti e delle  attrezzature per l’esercizio di attività motoria ricreativa, ai sensi  dell’articolo 7 della legge regionale 1° agosto 1997, n. 47”) e statale  (decreto del Ministro dell’interno 18 marzo 1996, recante “Norme di  sicurezza per la costruzione e l’esercizio degli impianti sportivi", e  le Norme CONI per l’impiantistica sportiva, approvate dalla G.E. del  CONI con deliberazione n. 851 del 15 luglio 1999) comprenderebbe, oltre  lo spazio destinato allo svolgimento dell’attività sportiva, anche  quella parte dei percorsi di accesso esterni alla recinzione  dell’impianto stesso, dovendo essere considerati anche questi come spazi  di supporto ed accessori. Tale ipotesi interpretativa è del tutto implausibile,  dovendosi necessariamente ritenere che la rete esterna di recinzione  delimita lo spazio fisico costituente l’impianto, mentre d’altro canto  non è possibile considerare come spazio di supporto l’intera rete  stradale che conduce all’accesso allo stesso. L’erroneità della lettura del remittente risulta,  altresì, palese se, sotto altro profilo, si considera l’interpretazione  restrittiva che deve necessariamente darsi ad una norma di divieto,  quale è quella in questione. Escluso, pertanto, che il giudice a quo debba fare  applicazione della disposizione censurata, le questioni proposte in  ordine ad essa risultano irrilevanti e, quindi, inammissibili. per questi motivi LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara inammissibili le questioni di legittimità  costituzionale dell’articolo 7, comma 2, lettera b), della legge della  Regione Marche novembre 2001, n. 25 (Disciplina regionale in materia di  impianti fissi di radiocomunicazione al fine della tutela ambientale e  sanitaria della popolazione) 	sollevate, in relazione agli articoli 3,  15, 21, 41 e 117, commi secondo, lettera s), e terzo, della  Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale della Regione  Marche con l’ordinanza indicata in epigrafe. Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della consulta, il 7 febbraio 2011. F.to: Ugo DE SIERVO, Presidente Paolo MADDALENA, Redattore Gabriella MELATTI, Cancelliere Depositata in Cancelleria l'11 febbraio 2011. Il Cancelliere F.to: MELATTI
 
 
 
 
                    




