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Le onde elettromagnetiche all’interno dell’abitazione e dell’ufficio

di Giovanni Cagnazzo A.N.A.B. (Associazione Nazionale Architettura Bioecologica)

DECRETO

Desidero premettere che sono solito muovermi più in un ambito di “filosofia della bioarchitettura” che non della tecnica specifica, per cui la mia esposizione assumerà i caratteri di una visione semplificata e forse “approssimativa” agli occhi di coloro che, a buon diritto, ma a volte troppo scientificamente, sono soliti esprimere le proprie convinzioni in nanotesla, in milliwatt o in altre qualsivoglia unità di misura, corredando la logicità del pensiero della necessaria e assiomatica presenza di infinite schede di dati dimostrativi.

Un ormai inosservato e accantonato postulato di antica saggezza, recita che “nulla è più misterioso e difficile da perpetrare dell’evidente”, ed invita l’uomo a catturare l’aspetto celato proprio di ciò che più appare evidente e scevro di necessità alcuna di riflessione o, per meglio dire, di meditazione.

L’oggetto cardine delle dissertazioni in convegni, seminari, e quant’altro sotto diversa forma, al dibattimento delle problematiche inerenti il benessere dell’essere umano e la sua salvezza dall’inquinamento tecnologico, è sempre definibile con termini corredati dai prefissi “bio” o “eco”: bio-eco-compatibile, bio-eco-logico, bio-eco-sostenibile, ecc.

Addirittura elementare argomentare sul fatto che “bios” significa vita e che vita sia sinonimo concettuale di un tutto difficilmente riconducibile a sole fenomenologie di tipo scientifico-dimostrativo, nonostante il tentativo di una prassi ormai consolidata.

Il relatore che mi ha preceduto ha perfettamente esemplificato l’abituale atteggiamento o approccio, che dir si voglia, nei confronti delle tematiche oggetto di questo e di altri convegni, utilizzando e ribadendo più volte, nell’ambito della Sua esposizione, il termine “razionale” come postulato o parametro necessario alla veridicità di quanto scientificamente documentabile e quindi assumibile in forma assiomatica.

Nessun timore mi coglie nell’affermare che, nella identificazione e nella disamina delle argomentazioni da tenere in considerazione in una trattazione sulle problematiche indotte da alterazioni di campi magnetici sull’essere umano, pur condividendo la concretezza e la veridicità dell’approccio scientifico, sia altrettanto significativa la ricerca in ambiti senza dubbio più ostici e meno semplicemente percorribili dalle usuali attività di sperimentazione scientifica. Per essere più esplicito, reputo necessaria la dismissione di un atteggiamento sostanzialmente “solo cartesiano”, dipendente dalla logicità o dall’aspetto “razionale” del pensiero interattivo con la più o meno complessa strumentazione in dotazione, a favore di una riscoperta umanità che esplori territori di ricerca più sottili, espressione di quell’inconscio o “irrazionale”, che governa effettivamente dall’interno la complessità di ogni evento.

Quasi sempre ho sentito dibattere di problemi inerenti le influenze sull’essere umano indotte da sistemi di onde elettromagnetiche solo sulla base di dati certi, dell’assioma, del logicamente confermato, e sempre con tentativi di risoluzione o di tesi conclusive in una alternanza di esiti positivi o negativi, dettati il più delle volte dagli interessi delle parti economiche di appartenenza, o ditte sponsorizzatrici, da cui le corrispondenti tendenze alla “santificazione” se si è produttori di onde, e alla “demonizzazione” se si è di fazione avversa, produttori di qualcosa che serve a schermare le onde prodotte.

Non si può considerare dannoso per l’essere umano, per il suo equilibrio magnetico, o ancor meglio energetico, solo ciò che riusciamo a dotare di “misura” e di “intensità sempre secondo unità di misura”.

Mi sia concesso un esempio che sono solito fare, tacciato giustamente il più delle volte di “scoperta dell’acqua calda”, ma che mi sembra significativo e quantomeno degno di un minimo di riflessione: se tutto dovesse essere ricondotto allo stato di veridicità sulla base della effettiva dimostrazione scientifica, qual “tecnico-razional-scienziato” riuscirebbe, con cotanta strumentazione, a convincermi della veridicità e della misura dell’intensità dei sentimenti di un individuo, compresi i propri per la moglie o per i figli? Eppure questa forma di energia esiste, senza prova concreta della sua esistenza, con forza e intensità incommensurabili, nella certezza di un irrazionale ormai lasciato in disparte dal modello attuale di “uomo-cartesiano”, troppo occupato a “pensarsi addosso”.

A che pro questa riflessione, se non semplicemente a suscitare il dubbio che, nonostante nazioni come Germania, Austria, Paesi Scandinavi, Stati Uniti, siano enormemente avanti con il grado di ricerca nell’ambito dell’interazione uomo-onde elettromagnetiche, nonostante sia fortunatamente negli ultimi tempi più attenta e costante la valutazione dei correlati aspetti di tipo psicologico, tutto ciò non possa essere il solo aspetto di una verità che si intuisca ben più complessa.

Si è soliti liquidare la questione sulla gravità dell’inquinamento elettromagnetico, sulla base di documentazione composta da test effettuati per lo più su tipologie di campioni di età media e prevalentemente sani, cioè a basso rischio: e che dire dei più deboli, di coloro che già colpiti da patologie di stesso o altro tipo, amplificano al massimo le loro capacità ricettive?

Quanta parte degli attuali problemi di malessere psicologico, primo fra tutti il sempre crescente numero di casi di bulimia e anoressia in età giovanile, trova riscontro di causa in una ricerca poliedrica che vada a esplorare anche luoghi di permanenza e tecnologie in uso da parte dei pazienti?

Il 90% del nostro tempo, in città, lo trascorriamo in abitazioni, in uffici, in edifici con altre funzioni; in luoghi dove sappiamo esistere il più alto grado di inquinamento generale, da quello elettromagnetico a quello atmosferico a quello di emissione da parte di materiali usati in edilizia, e solo una piccola parte del nostro tempo lo trascorriamo in ricongiunzione con un intorno naturale, di cui facciamo parte, a scaricarci più o meno consciamente di quanto accumulato negativamente sul piano energetico.

Ora non siamo più al sicuro neppure all’aperto: se non a debita distanza da fonti emittenti e, nonostante ci pensiamo immersi in una natura amica, sfrecciano in continuazione su di noi miriadi di onde che volteggiano e si intrecciano, trapanandoci sornione a nostra insaputa.

Giorni fa un articolo su La Stampa, intitolato "Si spegne antenna selvaggia", riportava un disegno di legge per effettuare un sistema-scudo contro le onde ad "alta frequenza".

Vi voglio citare i dati della Germania, che ha deciso, a ragion veduta, di cambiare la propria normativa a fronte di quanto emerso da un veloce censimento: attualmente sul territorio tedesco esistono 10.000 emittenti radiotelevisive, 4.000 emittenti radio mobili, 12.000 ponti radio cui vanno aggiunti 10.000 emittenti private, le radio di servizio, gli autotelefoni, gli impianti dei radioamatori. E i satelliti? Ci si trova indubbiamente in una situazione da collasso e da regolamentare!

Come si può dunque pensare di affrontare un qualsiasi analogo problema asserendo o che non c’è nessun pericolo, che è tutto sotto controllo, che le onde non fanno male, oppure facendosi portavoce di piccoli accorgimenti da adottare in casa o in ufficio per contrapporci all’esposizione a queste o quelle radiazioni? È un problema di elettro-stress di ben più ampia proporzione per l’essere umano.

Per quanto concerne le onde a bassa frequenza, ecco il risultato di un esperimento fatto esponendo un arnia di api ad un campo di 50 Hertz per sette giorni, ove ogni giorno è stato definito come “fase”: dopo il primo giorno di esposizione, fase 0, le api si comportano normalmente; in fase 1 (secondo giorno), le api diventano irrequiete ed agitate; in fase 2 (terzo giorno), l'irritazione delle api aumenta: fase 3 (quarto giorno), le api iniziano a pungersi reciprocamente, le larve vengono buttate fuori dalle celle e non ne vengono ricreate; in fase 4 (quinto giorno), il polline e il miele vengono consumati ma non viene raccolto altro polline; in fase 5 (sesto giorno), le api sciamano in continuazione dalla propria arnia alle altre; in fase 6 (è il settimo e ultimo giorno) le api sigillano dall'interno tutte le vie d'uscita dell'alveare, con esito letale per tutta la popolazione: ”un volontario suicidio di massa mediante asfissia”.

L’uomo ha sempre trovato verità, imparato a crescere ed evolvere con lo studio e l’osservazione dei fenomeni naturali: ed è ora che riprenda questo obsoleto costume.

Per fornirvi un piccolo parametro esemplificativo, le onde elettromagnetiche di tal tipo, proprio quelle dell’esperimento sulle api, per essere espliciti, sono le stesse (e non mi interessa se di 50 Hertz, o di 150, o di non so qual entità), per cui pochi mesi fa è stato fortunatamente proibito un sistema di baby-phone, cioè di un ammennicolo domestico per sentire se un bambino piange mentre si è in un’altra stanza: una ditta produttrice aveva pensato “commercialmente”, poiché oggi quello che conta è più che altro il risultato economico, di inserire il sistema baby-phone direttamente dentro un orsetto.

Qual miglior operazione commerciale, se non il rendere estremamente appetibili questi prodotti direttamente da parte del bambino? Riusciamo ad immaginare, misurazioni e tesi lasciate in disparte, il grado di nocività dell’interazione tra effetto-antenna dell'orsetto e il naturale campo elettromagnetico del bambino, ignaro nel dormire abbracciato al proprio orsetto?

Siamo ormai a conoscenza, e ci sono documenti scientificamente provati, di tutte quelle problematiche mediche inerenti emicranie, insonnie, patologie varie, dovute al dormire costantemente in interazione con campi magnetici generati da radio-sveglie posizionate in prossimità della testa, da televisori di fianco al letto, dalla continua tensione nell'impianto elettrico e nelle prese che abitualmente convivono con noi e il nostro letto, dai telefonini appoggiati sul comodino.

Per citare un ulteriore esperimento a tal proposito, una famiglia di topi è stata esposta alle radiazioni dello schermo di un televisore: i ratti sottoposti alle radiazioni elettromagnetiche, ad una distanza di 30 centimetri per 4 ore al giorno, hanno subito un fenomeno di riduzione di crescita con compromissione delle funzioni cerebrali.

Si è riscontrata nella femmina una riduzione di peso generale, e la riduzione di peso dei feti nel caso di esposizione a radiazione per sessanta giorni continuativi.

Come poter serenamente pensare che i nostri figli vivano quotidianamente in scuole in cui è costantemente praticato il sistema didattico mediante uso del computer?

Non penso che la consapevolezza della gravità del problema possa tranquillizzarci nell’accettazione di certificazioni o inesistenti o semplicisticamente redatte sulla base di pochi elementi campione: come possiamo stabilire, ciascuno vivendo la propria unicità e individualità biologica, il punto limite esatto di sopportazione da parte del nostro organismo prima dell’alterazione necessaria all’innescarsi di una qualsiasi patologia conseguente?

Mi perdoni dunque la scienza esatta, che ringrazio peraltro per lo sforzo di ricerca e la documentazione risultante, ma preferisco pensare individualmente che l’intuizione inconscia, frutto di attenzione e di tanto navigare nell’imperscrutabilità di ciò che non può essere dimostrato, almeno per ora, mi metta al riparo, quantomeno sul piano delle probabilità, e mi faccia stare alla larga, per quanto possibile, da onde di ogni tipo.

In conclusione, nessuna documentazione sugli effetti delle onde elettromagnetiche, per ora mi può rassicurare con una visione o procedura di tipo olistico, cioè considerando non solo la singolarità tipologica e di effetto dell’onda tal dei tali, astraendola da un contesto generale di mille interazioni, sovrapposizioni, coesistenze, bensì definendomi una situazione di causa-effetto in un tutto che tiene conto della connivenza di tutte le energie presenti in campo.

Ecco perché medicina, architettura, psicologia, antropologia, sociologia, fisica, ecc. ecc., devono imparare a lavorare gomito a gomito, a confrontarsi, a interagire continuativamente a livello di ricerca, in modo da ottenere quei confortanti risultati di tipo universale, giusti per il benessere del genere umano, e non del singolo individuo o del singolo gruppo.