Cass. Sez. III n. 20434 del 15 maggio 2009 (Cc. 18 mar. 2009)
Pres. De Maio Est. Amoresano Ric. Ceradini ed altri
Polizia Giudiziaria. Fonte confidenziale anonima

Se la notitia criminis è costituita da una fonte confidenziale anonima, il decreto di perquisizione e sequestro, fondato esclusivamente su di essa, è nullo. Infatti la denuncia confidenziale o anonima, che non è inseribile negli atti e non è utilizzabile, non può qualificarsi notizia di reato idonea a dare inizio alle indagini preliminari, cosicché l’accusa non può procedere a perquisizioni, sequestri ed intercettazioni telefoniche. trattandosi di atti che implicano e presuppongono l’esistenza di indizi dì reità (fattispecie in tema di caccia).

OSSERVA

1) Con decreto in data 30 ottobre 2008 il Procuratore della Repubblica di Verona, rilevato che sulla base della comunicazione di notizia di reato, risultava il coinvolgimento degli indagati C.A., P.E., P.M. nell'esercizio della caccia all'interno del Parco naturale regionale della (OMISSIS) e nell'abbattimento di ungulati nei cui confronti la caccia è vietata, ordinava la perquisizione personale e locale ed il contestuale sequestro del corpo del reato (resti di animali abbattuti).

In esecuzione del provvedimento sopraindicato il Comando Stazione Forestale di Bosco Chiesanuova, in data (OMISSIS), effettuava il sequestro di numerosi resti di animali abbattuti (carne di caprioli, cervi e lepri).

A seguito di richiesta di riesame, presentata dai predetti indagati, il Tribunale di Verona, con ordinanze in data 21 novembre 2008, confermava il "decreto di convalida di sequestro probatorio emesso dal P.M. in data 30 ottobre 2008".

Disattendendo i rilievi difensivi, riteneva il Tribunale che la disciplina della fonte confidenziale (art. 203 c.p.p.) era diversa da quella della fonte anonima (art. 333 c.p.p., comma 3); che nel caso di specie (a parte il fatto che non si conosceva se l'informatore era stato o meno assunto a s.i.t.) il regime di inutilizzabilità non si applicava alle misure cautelari reali (in mancanza di una norma come quella di cui all'art. 273, comma 1 bis che per le misure cautelari personali richiama espressamente l'art. 203 c.p.. In ogni caso, secondo i giudici del riesame, risultava assorbente la considerazione che l'eventuale illegittimità della perquisizione non riverberava effetti invalidanti sul sequestro, trattandosi di corpo di reato.

2) Propongono ricorso per cassazione C.A., P. E. e P.M., a mezzo del difensore, eccependo la nullità del decreto di sequestro per violazione dell'art. 125 c.p.p., comma 3, artt. 203, 253, 252 e 247 c.p.p. e art. 185 c.p.p., comma 1.

La notizia di reato richiamata nel decreto del P.M., era fondata esclusivamente su quanto riferito alla P.G. da una "fonte confidenziale attendibile e riconosciuta", per cui il decreto medesimo e illegittimo.

Il Tribunale ipotizza un diverso regime normativo tra fonte confidenziale e fonte anonima, limitando la portata dell'art. 203 c.p. che si applicherebbe fuori dal dibattimento solo alle misure cautelari personali.

A parte gli erronei richiami normativi e l'errata qualificazione del sequestro probatorio come misura cautelare reale, non sussiste alcuna differenza tra fonte confidenziale e fonte anonima, vietando di entrambe il codice ogni utilizzazione.

Il regime della fonte confidenziale, peraltro, non si diversifica a seconda della fase procedimentale (l'introduzione del comma 1 bis con la L. 1 marzo 2001, n. 63, ha eliminato ogni residuo dubbio in proposito).

La fonte confidenziale e la fonte anonima, per giurisprudenza pacifica, non possono essere poste a base di un decreto di perquisizione e sequestro. Essendo fondato su una denuncia confidenziale e mancando un verbale di sommarie informazioni del delatore, il decreto non può che essere ritenuto illegittimo.

Ma anche a voler ritenere che l'invalidità, per difetto di motivazione, riguardi il solo decreto di perquisizione, il contestuale provvedimento di sequestro sarebbe nullo ex art. 185 c.p.p., comma 1.

Il sequestro del corpo di reato, eventualmente rivenuto, da parte della P.G. non trae legittimazione dai decreti di perquisizione e sequestro nulli, ma dall'autonomo potere della P.G. previsto dal comma secondo dell'art. 354 c.p. (che come tale richiede però la convalida). Mancando tale provvedimento di convalida, il Tribunale avrebbe dovuto restituire le cose all'avente diritto.

Chiedono, pertanto, l'annullamento dell'ordinanza impugnata e del decreto di sequestro, con restituzione delle cose sequestrate.

3) All'udienza camerale, preliminarmente si procedeva alla riunione, per connessione oggettiva e soggettiva, dei procedimenti n. 043630/2008 e 043631/2008.

4) Il ricorso è fondato e va, pertanto, accolto.

4.1) Risultando denunciata la violazione di norme processuali, il giudice di legittimità è giudice anche del fatto, per cui è consentito l'esame degli atti. Con la informativa del Corpo Forestale dello Stato di Bosco Chiesanuova dei 27 ottobre 2008 veniva comunicato alla Procura della Repubblica di Verona che "una fonte confidenziale attendibile e conosciuta a questo ufficio, ha segnalato una persistente attività illecita di caccia (bracconaggio) esclusivamente nei confronti di ungulati (capriolo, camoscio, cinghiale)". Sulla base di tale comunicazione di reato, fondata soltanto sulla fonte confidenziale (non risulta dagli atti nè vi è menzione nel provvedimento che l'informatore sia stato assunto a sommarie informazioni), la Procura della Repubblica di Verona emetteva, in data 30 ottobre 2008, decreto di perquisizione e sequestro. Non c'è dubbio quindi che la motivazione dei decreto in ordine, al fumus dei reati ipotizzati nei confronti degli indagati derivasse dalla informazione della fonte confidenziale.

3.1.1) Tanto premesso in fatto, l'art. 203 c.p.p., comma 1 dopo aver stabilito che il giudice non può obbligare gli ufficiali e gli agenti di P.G. giudiziaria ... a rivelare i nomi dei loro informatori e che se questi non sono esaminati come testimoni, le informazioni da essi fornite non possono essere acquisite nè utilizzate, al comma 1 bis (aggiunto dalla L 1 marzo 2001, n. 63, art. 7) dispone che la inutilizzabilità opera anche nelle fasi diverse dal dibattimento, se gli informatori non sono stati interrogati nè assunti a sommarie informazioni. Il comma 1 bis,venne aggiunto dalla L. n. 63 del 2001 proprio per evitare le incertezze che si erano manifestate in ordine alla applicazione del divieto di utilizzazione delle informazioni fornite dalle fonti confidenziali anche alle fasi diverse del dibattimento. Il legislatore ha quindi voluto eliminare ogni dubbio in proposito, prevedendo l'assoluta inutilizzabilità nel processo, a prescindere dalla fase in cui esso si trova, della fonte confidenziale. Il chiaro tenore lettera della norma e la sua "ratio" escludono ogni possibilità di limitarne la portata o di distinguere, come ritiene il Tribunale, tra misure cautelari personali e reali.

La giurisprudenza di questa Corte si è più volte pronunciata in proposito ribadendo tale interprelazione della norma (cfr. ex multis Cass. Pen. sez. 5^ n. 80 del 24.10.2005; Cass. sez. 6^, n. 3 6003 del 21.9.2006).

4.1.2) Essendo la notitia criminis, costituita da una fonte confidenziale anonima, il decreto di perquisizione e sequestro, fondato esclusivamente su di essa, è nullo. Infatti la denuncia confidenziale o anonima, che non è inseribile negli atti e non è utilizzabile, non può qualificarsi notizia di reato idonea a dare inizio alle indagini preliminari, cosicchè l'accusa non può procedere a perquisizioni, sequestri ed intercettazioni telefoniche, trattandosi di atti che implicano e presuppongono l'esistenza di indizi di reità (in termini vedi Cass. pen., Sez. 3^, sent. n. 2450 del 26 settembre 1997). Espunta dagli atti utilizzabili la indicata notizia confidenziale non vi erano altri elementi per ritenere sussistente il fumus commissi delicti.

4.2) Non a caso il Tribunale finisce per ritenere assorbente la considerazione che l'inosservanza delle formalità prescritte per il compimento della perquisizione non hanno effetto invalidante sul sequestro del corpo del reato.

E' giurisprudenza, ormai consolidata di questa Corte che "Allorquando la perquisizione sia stata effettuata senza l'autorizzazione del magistrato e non nei "casi" e nei "modi" stabiliti dalla legge, come prescritto dall'art. 13 Cost., si è in presenza di un mezzo di ricerca della prova che non è compatibile con la tutela del diritto di libertà del cittadino, estrinsecabile attraverso il riconoscimento dell'inviolabilità del domicilio. Ne consegue che non potendo essere qualificato come inutilizzabile un mezzo di ricerca dello prova, ma solo la prova stessa, la perquisizione è nulla e il sequestro eseguito all'esito di essa non è utilizzabile come prova nel processo, salvo che ricorra l'ipotesi prevista dall'art. 253 c.p.p., comma 1, nella quale il sequestro del corpo del reato o delle cose pertinenti al reato, costituendo un atto dovuto, rende del tutto irrilevante il modo con cui ad esso si sia pervenuti" (Cass. sez. un. n. 5021/1996 - Sala).

In tal caso, però, il sequestro deve ritenersi operato per iniziativa della P.G., non potendo derivare la sua legittimità dai decreto di perquisizione e sequestro nulli.

Gli artt. 352 e 354 c.p.p., attuando la direttiva 31 quinta parte della legge delega, prevedono il potere dovere della polizia giudiziaria di procedere, in casi predeterminati di necessità e di urgenza, quando cioè non sia possibile un intervento tempestivo del P.M., a perquisizioni e sequestri.

Il legislatore ha previsto, però, un rigoroso potere di controllo da parte dell'autorità giudiziaria per verificare la legittimità dell'operato della polizia giudiziaria.

L'art. 355 c.p.p., riproducendo l'art. 224 bis c.p.p. (introdotto con la L. 12 agosto 1982, n. 532, art. 21) abrogato, stabilisce che il P.M., cui spetta funzionalmente il potere di disporre il sequestro, convalidi, entro quarantotto ore dalla trasmissione del verbale, il sequestro medesimo o restituisca le cose sequestrate.

Tale controllo successivo ha ovviamente la funzione di verificare che il potere discrezionale riconosciuto in materia alla polizia giudiziaria sia stato esercitato nei limiti circoscritti previsti, sia sotto il profilo dei presupposti che della natura dell'oggetto sequestrato (corpo del reato e cose a questo pertinenti).

Non può minimamente revocarsi in dubbio, inoltre, che si verta nella medesimo situazione sia che la polizia operi di sua iniziativa ex art. 354 c.p.p. sia che intervenga in esecuzione di un decreto di perquisizione e sequestro nulli.

Il sequestro operato dalla p.g. in danno dei ricorrenti andava, pertanto, convalidato a norma dell'art. 355 c.p.p..

Lo stesso Tribunale si avvede di siffatta "necessità", tant'è che nel dispositivo del provvedimento si legge testualmente: "visti gli artt. 355, 324 e 309 c.p.p.. Conferma il decreto di convalida di sequestro probatorio emesso dal P. M. in data 30 ottobre 2008.

Senonchè, come si è visto, il decreto del 30 ottobre 2008 era quello che disponeva la perquisizione ed il sequestro sulla base della notizia di reato fondata sulla fonte confidenziale. Di un decreto di convalida dei sequestri, operati dalla p.g. in data (OMISSIS), non vi è invece traccia agli atti.

4.3) Le ordinanze impugnate ed i provvedimenti di sequestro vanno, conseguentemente, annullati, con restituzione agli aventi diritto di quanto in sequestro.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio le ordinanze impugnate, nonchè i relativi provvedimenti di sequestro ed ordina la restituzione agli aventi diritto di quanto in sequestro.
Così deciso in Roma, il 18 marzo 2009.