Consiglio di Stato Sez. cons. atti norm. n. 2647 del 19 dicembre 2017,
Protezione civile. Parere favorevole sullo schema di decreto legislativo di riordino della protezione civile

La sezione consultiva per gli atti normativi del Consiglio di Stato ha espresso il proprio parere sullo schema di decreto legislativo di “riordino delle disposizioni legislative in materia di sistema nazionale della protezione civile in attuazione della l. 16 marzo 2017, n. 30".

Numero 02647/2017 e data 19/12/2017 Spedizione


REPUBBLICA ITALIANA

Consiglio di Stato

Sezione Consultiva per gli Atti Normativi

Adunanza di Sezione del 19 dicembre 2017

NUMERO AFFARE 02109/2017

OGGETTO:

Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi.

Schema di decreto legislativo recante: “Riordino delle disposizioni legislative in materia di sistema nazionale della protezione civile in attuazione della legge 16 marzo 2017, n. 30”.

LA SEZIONE

Vista la nota n. 12744 del 24 novembre 2017, con la quale la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha chiesto il parere del Consiglio di Stato;

Vista l’intesa sancita alla Conferenza Unificata giusta atto 14 dicembre 2017, prot. n. 171, trasmesso dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri con nota 15 dicembre 2017, prot. 13776;

Esaminati gli atti e uditi i relatori, consigliere Vincenzo Neri all’adunanze del 7 dicembre e consigliere Claudio Boccia all’adunanza del 19 dicembre 2017;


PREMESSO E CONSIDERATO

1. La richiesta di parere e il quadro normativo attualmente vigente.

La Presidenza del Consiglio dei Ministri ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sullo schema di decreto legislativo elaborato in attuazione della legge 16 marzo 2017, n. 30, con cui il Parlamento ha delegato il Governo ad adottare, entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della legge stessa, uno o più decreti legislativi di ricognizione, riordino, coordinamento, modifica e integrazione delle disposizioni legislative vigenti che disciplinano il Servizio nazionale della protezione civile e le relative funzioni.

L’intervento normativo del Governo, nell’esercizio della delega normativa, ha come finalità il miglioramento del Servizio di protezione civile attraverso la ricognizione e la riforma della materia. Vengono, infatti, riordinate e ricondotte ad un’unità di sistema le numerose norme che in materia si sono succedute nel tempo per creare una disciplina organica in coerenza con i principi della delega.

In relazione al quadro normativo vigente prima della legge 30/2017 occorre riferire che, secondo la ricostruzione fatta dalla Corte Costituzionale con la sentenza 30 ottobre 2003 n. 327, i principi fondamentali sono rinvenibili nella legge di riforma n. 225 del 1992, istitutiva del Servizio nazionale della protezione civile.

Ai sensi di tale legge, più volte novellata negli anni, le diverse competenze e responsabilità per gli interventi di protezione civile sono definite in base a tre diverse tipologie di “eventi”: eventi fronteggiabili mediante interventi degli enti e delle amministrazioni competenti in via ordinaria; eventi che comportano l’intervento coordinato di più enti o amministrazioni competenti in via ordinaria; calamità naturali, catastrofi o altri eventi che, per intensità ed estensione, richiedono mezzi e poteri straordinari.

Le attività in cui si articolano gli interventi di protezione civile, ai sensi dell’art. 3 della citata legge, sono quelle di previsione e prevenzione, che attengono ad un momento precedente rispetto al realizzarsi di situazioni di rischio, nonché quelle di soccorso e di superamento dell’emergenza.

Con interventi normativi, che si sono succeduti nel tempo, sono state poi individuate competenze e responsabilità rispettivamente dello Stato, delle Regioni e degli enti locali in funzione della tutela delle collettività interessate. In particolare, alle Regioni sono state affidate le attività di previsione e prevenzione, senza distinzione di tipologia di eventi, da esercitare, in ossequio ai principi di sussidiarietà, cooperazione e adeguatezza, tenendo conto degli indirizzi operativi predisposti dal Presidente del Consiglio dei ministri, ovvero dal Ministro dell’interno da lui delegato, d’intesa con le Regioni stesse e gli enti locali, nonché dell’attività consultiva e propositiva della Commissione nazionale per la previsione e la prevenzione dei grandi rischi, degli indirizzi e dei criteri generali formulati dal Dipartimento della protezione civile. Alle Province e ai Comuni è stata affidata l’attuazione dei relativi programmi regionali.

Per l’attività di gestione dell’emergenza, inoltre, è stata prevista una competenza dello Stato per i soli eventi di natura straordinaria (ovvero calamità naturali o connesse con l’attività dell’uomo che, in ragione della loro intensità ed estensione, debbono, con immediatezza d’intervento, essere fronteggiate con mezzi e poteri straordinari da impiegare durante limitati e predefiniti periodi di tempo), in cui lo Stato, delibera e revoca lo stato di emergenza, emana le ordinanze per l’attuazione degli interventi di emergenza, predispone i piani di emergenza e la loro attuazione, con la precisazione che l’intervento statale avviene solo nel caso in cui l’intensità degli eventi calamitosi sia tale da superare le capacità di risposta operativa di Regioni ed enti locali. In ogni caso, va considerato che la gravità degli eventi calamitosi, nonché l’intrinseca difficoltà delle operazioni di soccorso e l’immediatezza con cui le stesse devono essere poste in atto, può coinvolgere tutte le amministrazioni pubbliche.


2. La delega.

Con la legge 16 marzo 2017, n. 30 il Governo è stato delegato ad adottare, entro nove mesi dalla data di entrata in vigore della legge stessa, uno o più decreti legislativi di ricognizione, riordino, coordinamento, modifica e integrazione delle disposizioni legislative vigenti che disciplinano il Servizio nazionale della protezione civile e le relative funzioni, in base ai principi di leale collaborazione e di sussidiarietà e nel rispetto dei principi e delle norme della Costituzione e dell’ordinamento dell’Unione europea.

Per il legislatore delegante ciò deve avvenire attraverso la ricognizione delle fonti normative primarie vigenti che regolano le materie oggetto della legge 24 febbraio 1992, n. 225, e degli ulteriori provvedimenti normativi, anche relativi a specifici eventi calamitosi, per garantirne la coerenza giuridica, logica e sistematica.

Si tratta di un intervento ad ampio raggio, che configura l’attività di protezione civile come volta a tutelare la vita, l’integrità fisica delle persone, i beni, gli insediamenti e l’ambiente dai danni o dal pericolo di danni derivanti da eventi calamitosi naturali o di origine antropica.

Per la legge delega le attività di protezione civile sono articolate in attività di previsione, prevenzione e mitigazione dei rischi connessi con gli eventi calamitosi, di pianificazione e gestione delle emergenze per favorire la ripresa delle normali condizioni di vita, per ripristinare la funzionalità dei servizi essenziali e per ridurre il rischio residuo nelle aree colpite dagli eventi medesimi.

Il legislatore delegante – già sulla scorta della normativa previgente – ha configurato inoltre un’organizzazione di tipo policentrico che opera a livello centrale, regionale e locale, e ha previsto la possibilità di definire livelli di coordinamento intermedi con l’attribuzione delle funzioni in materia di protezione civile allo Stato, alle regioni, ai comuni, alle unioni dei comuni, alle città metropolitane, agli enti di area vasta di cui alla legge 7aprile 2014, n. 56, e alle diverse componenti e strutture operative del Servizio nazionale della protezione civile.

Coerentemente ai principi oramai radicatisi nel nostro ordinamento v’è una precisa distinzione fra funzioni di indirizzo politico e di gestione amministrativa e la differenziazione tra le responsabilità, i compiti e i poteri autoritativi.

Particolare attenzione è rivolta, altresì, alla promozione e all’esercizio coordinato delle attività fra i diversi livelli di governo, secondo il principio di sussidiarietà e garantendo l’unitarietà dell’ordinamento.

Consapevoli che il sistema di protezione civile si basa anche sull’apporto imprescindibile dei singoli, la legge delega prevede anche la disciplina della partecipazione dei cittadini, singoli e associati, alle attività di protezione civile.

Merita attenzione anche l’esplicita previsione che i decreti legislativi – allo scopo di evitare il ripetersi di prassi tenute nel passato – devono identificare le tipologie dei rischi per i quali si esplica l’azione di protezione civile con la precisazione che non rientrano nell’azione di protezione civile gli interventi per eventi programmati o programmabili in tempo utile che possano determinare criticità organizzative.


3. La natura dell’intervento del Governo

La materia della protezione civile, a seguito della riforma del 2001 del titolo V della Costituzione, è di competenza legislativa concorrente tra Stato e Regioni e pertanto il provvedimento si propone di fissarne il quadro generale dei principi fondamentali e degli indirizzi.

L’intervento normativo del Governo è certamente volto a un miglioramento del servizio di protezione civile attraverso una vera e propria riforma della disciplina; esso non ha quindi una finalità meramente compilativa (che peraltro non è propria del termine “riordino”), poiché contiene numerosi elementi di sviluppo e di evoluzione della normativa scaturiti dall’analisi degli interventi di protezione civile e dall’evoluzione del quadro costituzionale e legislativo complessivamente considerato. Per tale ragione, la Sezione suggerisce di mutare la rubrica del decreto legislativo in “Codice della protezione civile” – o quantomeno in “Testo unico della disposizioni legislative in materia di sistema nazionale della protezione civile” – poiché tale risultato è la conseguenza del lavoro di “riordino” disposto dalla delega. Difatti, il termine “riordino legislativo” indica piuttosto il processo realizzato e non anche il risultato normativo finale.

I miglioramenti del Sistema di protezione civile che l’intervento normativo si propone sono, in sintesi:

- il rafforzamento della dimensione sistemica dell’azione di protezione civile con esercizio collettivo delle funzioni da parte dell’intero Servizio nazionale;

- la separazione della funzione di indirizzo politico dalla gestione operativa e amministrativa con chiara delimitazione dei rispettivi ambiti di azione e responsabilità;

- il riallineamento delle competenze territoriali;

- la precisazione degli ambiti d’intervento del Servizio nazionale;

- il riordino delle disposizioni in tema di sistemi di allertamento per assicurare il consolidamento e lo sviluppo delle reti di monitoraggio e sorveglianza, nonché delle attività di comunicazione e informazione della popolazione;

- la valorizzazione dell’azione di pianificazione in materia di protezione civile;

- il potenziamento della capacità di preparazione e risposta delle emergenze di rilievo nazionale, attraverso la semplificazione ed il consolidamento degli strumenti normativi, la riorganizzazione delle attività propedeutiche alla deliberazione dello stato di emergenza nazionale, la migliore articolazione degli ambiti in cui è consentito l’intervento con ordinanza di protezione civile, il riordino delle norme che regolano le contabilità speciali e dei procedimenti sulle attività volte al superamento dello stato di emergenza;

- il riordino degli strumenti finanziari del Fondo nazionale della protezione civile, del Fondo per le emergenze nazionali, del Fondo regionale di protezione civile;

- il rafforzamento degli strumenti di partecipazione e di cittadinanza attiva;

- il riordino della disciplina in materia di partecipazione al volontariato organizzato di protezione civile;

- il riordino delle disposizioni sull’operatività del Sistema nazionale, in particolare del Dipartimento della protezione civile presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.


4. L’intesa in sede di Conferenza unificata

Va preliminarmente rilevato che, con la richiesta di parere, il Governo non ha trasmesso l’intesa da sancire in sede di Conferenza unificata ai sensi dell’articolo 3 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281 espressamente richiesta dall’articolo 1, comma 5, l. 16 marzo 2017 n. 30.

Solo successivamente, in data 15 dicembre 2017, prot. n. 13776, è pervenuta nota con la quale è stato trasmesso l’esito della conferenza unificata.

Dal documento del 14 dicembre 2017, prot. n. 171, emerge che “le Regioni esprimono l’intesa sul testo recante le modifiche accordate in sede tecnica e formalizzate nelle note n. 19003 del 5 dicembre 2017 e n.19600 del 14 dicembre 2017 della Segreteria di questa Conferenza, espungendo l’emendamento concernente il comma aggiuntivo 2 dell’articolo 46, che viene ritirato, con la richiesta al Governo ad aprire un apposito tavolo tecnico entro 45 giorni dall’approvazione dello schema di decreto legislativo in discussione, al fine di chiarire l’attuazione dell’art. 46 specificatamente per quanto concerne le professionalità interessate ai fini della contrattazione nei diversi comparti”; inoltre “ l’ANCI, anche a nome dell’UPI, esprime l’intesa”.

È, dunque, solo dalla data del 15 dicembre 2017 che questo Consiglio – essendo in possesso di tutta la documentazione necessaria per l’esame – può validamente pronunciarsi per il parere che, ai sensi dell’articolo 1, comma 5, della legga delega, va espresso nei successivi trenta giorni.

Nel caso di specie, qualora la Sezione, in presenza di un testo così complesso decidesse di utilizzare i trenta giorni prevista dalla legge, il parere verrebbe adottato a delega scaduta.

Appare, allora, il caso di ricordare che il Consiglio di Stato, nel quadro delle sue funzioni “di consulenza giuridico-amministrativa” (articolo 100, primo comma, Cost.), è organo tecnico di ausilio, in posizione di indipendenza, nell’attività di regolazione. La “qualità” dei testi normativi viene da questo Istituto apprezzata in termini sia formali che sostanziali: le disposizioni devono essere sì chiare, coerenti, intellegibili e accessibili ma anche tradursi in regole “buone” e capaci di trovare concreta attuazione (cfr., per tutti, il parere sez. norm. 24 febbraio 2016, n. 515).

Proprio considerando l’esigenza di curare in modo adeguato la qualità dei testi normativi, prima di procedere all’emanazione del parere questo Consiglio di Stato non può non dolersi del rilevante ritardo con cui è stata completata la trasmissione dei documenti essenziali per l’esame dello schema in oggetto, considerata l’estrema prossimità della scadenza della delega, la necessità che sul testo si pronuncino ancora le Commissioni parlamentari competenti e la necessità di considerare alcune lacune rilevanti in sede di attuazione della delega (cfr. infra, § 5).

Questo ritardo non consente l’esame di un intervento così rilevante in tempi fisiologici per il necessario approfondimento tecnico-giuridico, il tutto mettendo a rischio – si ripete – la qualità finale del testo e la sua capacità di produrre i benefici attesi per il Paese.

Ciò nonostante, attesa la estrema importanza dell’intervento normativo per una materia – quella della protezione civile – di particolare rilevanza sociale, questo Consiglio – tramite la convocazione di un’ulteriore adunanza straordinaria ad hoc – ha ritenuto di procedere comunque a una trattazione per quanto possibile ampia e approfondita, pur in tempi ben inferiori a quelli previsti dalla legge per l’emanazione del parere. L’eccezionalità di tale modo di procedere non appare, però, agevolmente ripetibile, se non a scapito del corretto svolgimento delle ordinarie funzioni dell’Istituto.

La Sezione invita, pertanto, il Governo a considerare che, in futuro, in condizioni analoghe difficilmente potrà essere reso un parere in senso favorevole, soprattutto se relativo ad un testo complesso.


5. Osservazioni di carattere generale


5.1. Va in primo luogo rilevato che con l’intervento normativo in oggetto è stata esercitata in modo insufficiente la delega contenuta all’art 1, comma 1, lettera h) della legge 16 marzo 2017, n. 30, relativa alla: “previsione di disposizioni che individuino, a regime, anche sulla base di apposite norme speciali, specifiche modalità di intervento del Servizio nazionale della protezione civile per consentire l’effettività delle relative misure e stabilirne l’efficacia limitata alla durata della situazione di emergenza, in ragione della gravità dell’evento calamitoso, prevedendo trasparenti procedure di verifica successiva in relazione:

1) alle procedure di acquisizione di servizi, forniture e lavori, anche mediante strumenti di acquisto aperti ai quali possano accedere, in via preventiva, tutte le componenti e le strutture operative del Servizio nazionale della protezione civile;

2) a singole fattispecie connesse a particolari esigenze, ivi comprese quelle riguardanti la gestione dei rifiuti, delle macerie, dei materiali vegetali e delle rocce e terre da scavo prodotti in condizioni di emergenza, nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico;

3) alle modalità di reperimento delle forniture di beni di prima necessità, di servizi e di materiali necessari nelle diverse fasi dell’emergenza, prevedendo meccanismi atti a favorire il coinvolgimento delle attività produttive di beni e servizi presenti sul territorio al fine di sostenere l’economia delle aree interessate dall’evento calamitoso, compatibilmente con la normativa dell’Unione europea e con i principi vigenti in materia di disciplina della concorrenza e dei mercati”.

In considerazione di quanto stabilito dal legislatore delegante, ad avviso della Sezione, sarebbe stato opportuno disciplinare in modo più esplicito e chiaro, nelle diverse parti dell’articolato, quanto previsto ai numeri 1, 2 e 3 della predetta lettera h).

Questo per:

a) individuare le procedure per l’acquisizione di forniture e servizi e l’esecuzione di lavori, quando la concreta situazione ordinaria rende possibile l’avvio di procedure rispettose dei principi comunitari e del codice degli appalti, ferma restando, com’è naturale, la possibilità di agire con gli strumenti straordinari necessari a fronteggiare l’emergenza; in altri termini, le procedure extra ordinem devono essere l’extrema ratio da utilizzare solo per fronteggiare gli eventi contingibili e urgenti mentre deve essere disciplinato, attraverso il coordinamento con il Codice degli Appalti, l’approvvigionamento di beni e servizi programmabili;

b) introdurre, in ogni caso, dei meccanismi di verifica successivi sull’attività compiuta e il rispetto delle norme previste per l’esecuzione dei lavori e l’acquisizione dei beni e dei servizi, meccanismi di verifica espressamente richiesti dalla citata lettera h);

c) valorizzare e meglio disciplinare quanto stabilito al punto n. 3;

d) attuare un coordinamento più puntuale con il Codice degli Appalti Pubblici (d. lgs. 50/2016) che, come è noto, disciplina in modo dettagliato le procedure in caso di somma urgenza (articolo 163), precisando che tra le predette circostanze (regolate in via generale dai commi 1 e ss.) rientra anche il verificarsi degli eventi di cui all'articolo 2, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225, ovvero la ragionevole previsione, ai sensi dell'articolo 3 della medesima legge, dell'imminente verificarsi di detti eventi, che richiede l'adozione di misure indilazionabili, e nei limiti dello stretto necessario imposto da tali misure (comma 6). Tali riferimenti normativi del codice dovrebbero essere aggiornati ad opera del presente decreto legislativo.


5.2.La Sezione rileva, altresì, che dall’esame complessivo del testo non emerge una decisa azione legislativa sulla prevenzione dei rischi e non risulta neppure un sistema di monitoraggio successivo dei risultati.

Come è noto, invece – e come riconosce la stessa documentazione di accompagnamento – una parte degli “eventi di protezione civile” potrebbe anche essere scongiurata attraverso un’azione programmata e incisiva volta a radicare nella collettività la cultura della prevenzione dei rischi.

Tale disciplina, pur se in astratto ricompresa nel testo unico in esame, non appare ancora adeguata in termini di efficacia, di effettività, di fattibilità, di verifica ex post delle attività messe in campo.

Si suggerisce, dunque, di intervenire per introdurre disposizioni ad hoc in tal senso, senza dimenticare poi la necessità, in linea con gli standard nazionali e internazionali, di monitorarne i risultati (cfr. pure infra, le osservazioni su un eventuale nuovo art. 22-bis).


5.3 Con riferimento a quanto emerge dalla scheda AIR va rilevato che, in modo condivisibile, nella sezione I, C sono descritti gli indicatori che consentiranno di verificare il grado di raggiungimento degli obiettivi indicati. Tale previsione è correttamente coordinata con il monitoraggio da svolgere in fase di attuazione dell’intervento regolatorio ai fini VIR. Va, quindi, certamente apprezzato quanto stabilito nella scheda AIR; tuttavia, a giudizio della Sezione, emerge la necessità che tali indicatori siano tradotti in disposizioni normative che concretamente perseguono tali obiettivi anche disciplinando i meccanismi di verifica dell’impatto della regolazione.

Questo Consiglio in più occasioni ha osservato che, sempre per i fini di una migliore qualità della regolazione (sul versante della efficacia di essa), occorre che i decisori pubblici verifichino accuratamente, e per un certo lasso temporale, quel che accade dopo il varo di un provvedimento normativo. In dettaglio, l’Istituto ha rappresentato l’importanza cruciale del monitoraggio della fase attuativa di qualunque regolamentazione, anche in chiave comparativa rispetto ai risultati attesi e indicati preventivamente nell’AIR sin dal parere n. 515/2016 e in molti altri successivi (cfr., ex multis: Comm. spec. 30 marzo 2016, n. 839, al punto 1 del ‘considerato’; Comm. spec. 1° aprile 2016, n. 855, ai punti II. f).4, II. f).5 e II. g).1; Comm. spec.7 aprile 2016, n. 890, al punto 1 del ‘considerato’; Comm. spec. 15 aprile 2016, n. 929, punti 1.5 e 3.1 del ‘considerato’; Comm. spec. 3 maggio 2016, n. 1075, al punto 2, parte I del ‘premesso e considerato’; Comm. spec. 5 maggio 2016, n. 1113, al punto 2; Comm. spec. 9 maggio 2016, n. 1142, ai punti 2.4 e 3.3, parte I, e 6.8.1, parte II, del considerato’; Comm. spec. 12 maggio 2016, n. 1183, punto 2.2 del ‘considerato’; Comm. spec. 13 luglio 2016, n. 1640, al punto 2 del ‘premesso e considerato’; Comm. spec. 4 agosto 2016, n. 1784, - al punto 2.1 del ‘considerato’).


5.4. In ultimo, la Sezione rileva che la parte della legge delega relativa alla semplificazione (articolo 1, comma 3) risulta quasi del tutto inattuata e pertanto raccomanda al Governo di rivedere – se del caso, anche in sede di decreti integrativi e correttivi – il testo per meglio realizzare la semplificazione in parola.


6. Osservazioni sull’articolato

Il parere si limiterà a trattare soltanto le norme dello schema su cui appaiono opportuni rilievi della Sezione; su tutti gli altri articoli il parere è da intendersi favorevole senza osservazioni.


Art. 1

Con riferimento all’articolo 1, comma 1, dello schema di decreto, la Commissione rileva che il termine “integrità” “attiene allo stato di ciò che è intatto, intero, completo” (Zingarelli), che possiede tutte le sue parti, i suoi elementi e attributi, che conserva intatta la propria unità e natura; pertanto si suggerisce di sostituire l’espressione “tutelare l’integrità della vita, …” con la seguente: “tutelare la vita, l’integrità fisica, …”.


Art. 2

Il comma 1 elenca le varie attività di protezione civile che vengono poi singolarmente descritte, una ad una, nei commi successivi. Tale corretta simmetria non si rileva, però, in relazione all’attività di “mitigazione dei rischi”, di cui occorrerebbe inserire una definizione – ora assente – al comma 3, mentre invece si ravvisa solo una menzione, peraltro incidentale, al comma 5, lett. c).


Con riferimento all’articolo 2 dello schema, si suggerisce di sostituire, al comma 2, le parole “soggetti scientifici, tecnici e amministrativi competenti in materia” con le parole “soggetti dotati di competenza scientifica, tecnica e amministrativa”.


Si suggerisce altresì, al comma 3, di eliminare la virgola tra le parole “calamitosi” e “anche”.


Al comma 4, lettera c), si suggerisce l’opportunità di sostituire le parole “laprofessionalizzazione” con l’espressione “l’acquisizione di ulteriori competenze professionali”.


In relazione al comma 7, espressamente riferito al superamento dell’emergenza, va rilevato che il concetto di ripristino dei servizi essenziali potrebbe essere meglio chiarito, distinguendo tra il ripristino di quei servizi essenziali (ad esempio quello idrico o quello elettrico) che sembrano rientrare ancora nella gestione dell’emergenza di cui al precedente comma 6 e il ripristino di altri servizi essenziali che possono essere ricondotti al superamento dell’emergenza come definita al comma 7.


Art. 3

L’articolo 3 definisce al comma 1 le “autorità di protezione civile”, di natura politica (Presidente del Consiglio dei Ministri, Sindaci, Sindaci metropolitani, ecc.) e al comma 2 il “Servizio nazionale”, in cui sono ricomprese le strutture amministrative (Dipartimento della protezione civile, regioni, province autonome e comuni).

Tale distinzione tra “autorità” e “Servizio”, tuttavia, appare messa in dubbio dalla rubrica dello stesso articolo 3 (“Servizio nazionale della protezione civile”), che sembra riferirsi a entrambi i commi.

Per la Sezione è dunque opportuno chiarire se le “autorità” (politiche) “di protezione civile” fanno parte o meno del “Servizio”: in caso negativo, andrebbe valutata l’opportunità di scindere l’articolo in questione in due differenti articoli; in caso affermativo, andrebbe meglio chiarito qual è il rapporto tra i due commi, e come il “Servizio nazionale” di cui alla rubrica sia composto sia da autorità politiche che da strutture tecniche specificando meglio, anche dal punto di vista definitorio, il principio di separazione tra politica e amministrazione, previsto dalla delega.


Il Consiglio suggerisce inoltre di sostituire, nella alinea del comma 2, le parole “regionali e soggetti” con le parole “regionali, nonché soggetti”.


Art. 4

Con riferimento all’articolo 4 dello schema appare opportuno sostituire, al comma 3, le parole “ove non coperti dal vincolo di segreto di Stato” con le parole “ove non coperti da segreto di Stato”.


Art. 7

L’articolo in questione, nel testo originario, definiva le diverse tipologie di eventi emergenziali di protezione civile distinguendo tra emergenze di rilievo locale, regionale e nazionale.

Con riferimento all’articolo ora in commento, in sede di Conferenza Unificata, si è discusso circa l’opportunità di sopprimere nelle lettere a) e b) rispettivamente le locuzioni “di rilievo locale” e “di rilievo regionale”.

A parere di questo Consiglio, la formulazione attuale risulta più corretta ed efficace.

Difatti, una definizione direttamente connessa ad un’estensione territoriale può risultare inadeguata in considerazione del fatto che, come l’esperienza dimostra, possono accadere eventi di protezione civile che, pur confinati in un territorio ristretto, rivestono certamente rilievo nazionale.

Risulta dunque maggiormente corretta l’attuale formulazione dello schema, nella parte in cui distingue gli interventi fronteggiabili da singoli enti o amministrazioni competenti (lett. a) da quelli che richiedono un intervento coordinato di più enti o amministrazioni da parte delle Regioni, nonché le emergenze di rilievo nazionale.


Art 9.

All’alinea del comma 1, si suggerisce di espungere l’inciso “, in qualità di autorità amministrativa territoriale di protezione civile” atteso che detto inciso risulta da un lato superfluo, essendo definite per legge le funzioni della succitata autorità, e dall’altro foriero di dubbi, poiché il resto dello schema si riferisce soltanto ad “autorità territoriali di protezione civile” di natura politica (art. 3, comma 1, e art. 6), senza mai menzionare autorità “amministrative” di protezione civile.


Sempre in relazione all’alinea del comma 1, la Sezione rileva che sarebbe opportuno specificare come si coordinano le competenze prefettizie nel caso di emergenze di rilievo regionale che coinvolgono le competenze territoriali di differenti prefetture.


All’esito della Conferenza Unificata nella alinea del comma 1 dell’art. 9 è stata limitata la competenza del Prefetto alle emergenze di cui all’articolo 7, comma 1, lett. b) e c).

La Sezione è dell’avviso che tale limitazione risulti insoddisfacente, poiché crea un vuoto di tutela nel caso di mancato o insufficiente intervento delle autorità locali. Sarebbe, invece, più funzionale e corretto mantenere comunque una possibilità di intervento da parte del Prefetto – anche se in via sussidiaria, o sostitutiva, rispetto alle altre autorità locali – per le emergenze di cui all’articolo 7, comma 1, lett. a).


L’attuale art. 14 della l. n. 225 del 1992 prevede che il Prefetto “assume, coordinandosi con il presidente della giunta regionale, la direzione unitaria dei servizi di emergenza”; il testo originario dello schema in esame, al comma 1, lett. b), dell’art. 9, disponeva il “raccordo” tra il Prefetto e il Presidente della giunta regionale; all’esito della conferenza unificata, è stata prevista invece “l’intesa”.

Questa Sezione – pur consapevole della delicatezza dei rapporti con le autorità regionali – esprime la propria contrarietà sull’obbligo di raggiungere in ogni caso, “nell’immediatezza dell’evento” una “intesa con il Presidente della giunta regionale” per poter “assumere … la direzione unitaria di tutti i servizi di emergenza da attivare a livello provinciale”.

Difatti, uno strumento così vincolante sembra imporre (si ripete, anche “nell’immediatezza dell’evento”) non soltanto una convergenza di intenti, ma una vera e propria linea di azione comune e concordata su ogni dettaglio.

Su tale previsione si manifestano profondi dubbi di ragionevolezza, in punto di fattibilità e di operatività delle misure da adottare nella prima emergenza. Infatti, nell’immediatezza dell’evento, l’interesse pubblico primario da perseguire è quello della tempestività e dell’efficacia dell’intervento: esso richiede una assoluta celerità delle decisioni e, pertanto, una “linea di comando” chiara e univoca, che consenta di assumere comunque, anche in assenza di “intesa”, scelte tempestive (di cui poi il decidente si assume, come è fisiologico, ogni responsabilità).

Né il testo proposto dalla Conferenza unificata chiarisce lo modalità con cui l’“intesa” possa essere raggiunta e documentata nei tempi brevissimi – a volte, pochi minuti – imposti dalle emergenze; né cosa accada in caso di impossibilità, per qualsiasi ragione, di pervenire all’intesa stessa.

Tale incertezza normativa rischia di condurre a incertezze operative inammissibili di fronte a eventi gravi come quelli oggetto della normativa in esame.

Ad avviso della Sezione, quindi, è necessario ripristinare il testo oggi vigente, che già prevede un obbligo di coordinamento con il presidente della giunta.


Infine, per ragioni analoghe, in considerazione della particolarità dell’emergenza che il Prefetto si trova a gestire, si raccomanda di ripristinare la lettera c) del primo comma, quanto meno per le ipotesi più gravi e che impongono un’azione immediata, nella parte in cui dà la facoltà al Prefetto di richiedere il concorso della struttura di protezione civile della regione e delle altre strutture regionali.


Art. 11

L’art. 11, comma 1, lettera c), prevede il potere delle regioni di avvalersi del Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

All’esito della Conferenza unificata il comma c) è stato così riformulato: “le modalità per assicurare il concorso dei rispettivi sistemi regionali di protezione civile alle attività di rilievo nazionale, anche avvalendosi del Corpo nazionale dei vigili del fuoco mediante appositi atti convenzionali”. La Sezione – nell’apprezzare la previsione delle convenzioni, strumento pratico e flessibile – non può non rilevare la necessità che rimanga fermo il principio per cui il Corpo nazionale dei vigili del fuoco dipende operativamente o dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri (Dipartimento della protezione civile) o dal Ministero dell’Interno (Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del soccorso pubblico e della difesa civile). Occorre, dunque, chiarire esplicitamente, nell’articolato, che non si può trattare di un vero e proprio avvalimento di tipo gerarchico-amministrativo, ma di un sostegno funzionale che il Corpo dei vigili del fuoco deve fornire alla regioni nel rispetto della sua autonomia rispetto a queste ultime.


Art 13

Per dare risalto al ruolo fondamentale svolto dal Corpo nazionale dei vigili del fuoco si suggerisce di modificare il comma 1 inserendo, in testa all’elenco, alla lettera a), con conseguente ridenominazione della lettere successive, proprio il Corpo nazionale dei vigili del fuoco modificando conseguentemente l’alinea del primo comma.


Art. 14

In relazione all’art. 14 sul Comitato operativo nazionale della protezione civile, il Consiglio rileva che non è indicato il numero complessivo dei componenti (in particolare, nella seconda parte del comma 3 si fa riferimento a un numero indefinito di “rappresentanti delle componenti di cui all’art. 4 …”).

Considerando che il comma 2 demanda al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri unicamente le modalità di funzionamento (e non anche la definizione del numero definitivo) del compitato operativo, la Sezione ritiene necessario definire il numero complessivo dei componenti nonché reintrodurre la figura del presidente vicario (in passato svolta dal Capo dipartimento dei vigili del fuoco) per il caso di impedimento o impegno nel luogo del disastro del Capo del dipartimento della protezione civile.


Con riferimento al comma 4 va precisato che nel caso di emergenze di rilievo regionale e locale la partecipazione delle autorità di protezione civile regionali e locali deve essere prevista come obbligatoria e non facoltativa, evidentemente anche con modalità di partecipazione a distanza, sempre se la natura dell’evento consenta il collegamento a distanza ora menzionato.


Si segnala inoltre che il comma 6 dovrebbe essere più correttamente collocato dopo il primo comma eliminando la locuzione “in rappresentanza del Corpo nazionale dei vigili del fuoco” perché pleonastica.


Art. 16

L’articolo 16 definisce, in senso restrittivo, la “tipologia dei rischi di protezione civile”.

La Sezione ritiene che, nel chiarire l’esatta delimitazione dell’azione di protezione civile, occorra disciplinare, al comma 1 o in un comma aggiuntivo, anche le modalità per l’ordinaria acquisizione di beni e servizi o per l’esecuzione di lavori “ordinari”, allo scopo di evitare, così come detto nel paragrafo sulle osservazioni in generale, che tra le attività in deroga rientrino anche attività che, invece, possono essere programmate per tempo e non giustificano il ricorso a procedure di urgenza. Ad esempio, se si verifica la rottura di un argine è indubbio che si debba procedere con ogni urgenza peraltro già consentita dal citato articolo 163 d. lgs. 50/2016; se invece si deve acquistare un automezzo che sarà utilizzato in futuro per l’azione di protezione civile non v’è ragione alcuna per seguire procedure di tipo derogatorio, così come non c’è ragione di “agire in deroga” se l’evento per il quale occorre realizzare i lavori è programmato da tempo o era programmabile per tempo.


In relazione al comma 3, la Sezione condivide pienamente l’intento di vietare il ricorso a procedure in deroga per “gli interventi e le opere per eventi programmati o programmabili”. Residua, tuttavia, nello stesso comma una espressione generica e poco chiara, che potrebbe incrinare la volontà del legislatore delegato, laddove si afferma che le articolazioni territoriali delle componenti e strutture operative del Servizio nazionale possono assicurare il proprio supporto “limitatamente ad aspetti di natura organizzativa e di assistenza alla popolazione … anche ai fini dell’implementazione delle necessarie azioni in termini di tutela dei cittadini”.

Si suggerisce allora di espungere tutta questa – non chiarissima, oltre che foriera di distorsioni – disciplina derogatoria contenuta nella seconda parte del comma 3, ovvero di chiarire meglio, anche esemplificativamente, i limitati casi in cui è opportuno mantenere questo “supporto di natura operativa”.


Art. 17

Il comma 2, lett. a), ha l’effetto di cristallizzare, a livello normativo primario, la “rete dei Centri funzionali già disciplinata dalla direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri 27 febbraio 2004 …”. Ad avviso della Sezione, è opportuno evitare tale irrigidimento normativo, modificando la lettera in questione nel senso di demandare la disciplina a regime alle direttive del Presidente del Consiglio dei Ministri. Potrebbe, inoltre, precisarsi che in sede di prima applicazione si continua dare attuazione alla direttiva del 2004, evitando però che essa venga “legificata” ad opera del presente comma.


Art. 20

Da un punto di vista formale, si segnala che al comma 1, secondo periodo, dopo la parola Commissione va espunta la vocale i.


Art 22-bis

Sull’articolo 22, anche nel testo risultante all’esito della Conferenza unificata, la Sezione non ha osservazioni specifiche da fare.

Si suggerisce tuttavia di introdurre, dopo tale articolo, e comunque a conclusione del Capo III, una disposizione ad hoc per rendere effettivi e verificare, ex post, i risultati dell’attività di prevenzione, anche (e soprattutto) con riferimento all’attività di pianificazione di cui all’art. 18.

Infatti, le best practices internazionali della protezione civile, e la stessa ratio della delega, considerano l’attività di previsione, prevenzione, pianificazione di pari, se non maggiore, importanza rispetto a quella di gestione delle emergenze.

Tuttavia – in coerenza con la propria recente (e già richiamata) giurisprudenza sulla “importanza cruciale” della fase attuativa di ciascuna riforma – la Sezione è convinta che sia necessario un monitoraggio apposito di quanto fatto e quanto programmato in materia di prevenzione. Solo così si diminuirà il rischio di trovarsi di fronte a “sciagure che potevano essere evitate” (si pensi, ad esempio, a tutta la materia del dissesto idrogeologico).

Di tale attività, pure disciplinata dal Capo III del decreto legislativo in oggetto, il testo si limita invece a prevedere un generico monitoraggio che dovrebbe essere disciplinato da una “direttiva da adottarsi ai sensi dell’articolo 15”.

Tale rinvio ad un provvedimento amministrativo non sembra assicurare una piena attuazione di queste fondamentali misure, per cui si raccomanda di introdurre qualche previsione già nel testo in esame, con un articolo ad hoc relativo non soltanto all’attività di pianificazione (che pure è importantissima) ma a tutta l’attività di previsione e prevenzione di cui al Capo III.


Art 23.

In relazione all’art. 23, al comma 1, si segnala l’opportunità di sostituire le parole “integrità della vita e dei beni primari” con le parole “la vita, l’integrità fisica o beni di primaria importanza”.


Al comma 3 si suggerisce l’espunzione della preposizione “con” dopo le parole “rilievo nazionale”.


Art. 24

Il comma 3 prevede che la durata dello stato di emergenza di rilievo nazionale non può superare i 12 mesi, ed è prorogabile per non più di ulteriori 12 mesi.

Per la Sezione, l’astratta previsione della possibilità di prorogare lo stato di emergenza per ulteriori 12 mesi appare eccessiva.

Si suggerisce di rimodulare i tempi riducendo l’estensione della possibile proroga a non più di sei mesi e prevedendo la necessità di una dettagliata motivazione sulle ragioni che hanno reso necessaria la proroga anche per evidenziare eventuali responsabilità.

Il comma 3 in questione dovrebbe poi prevedere la possibilità di una “proroga flessibile” attraverso una rimodulazione degli effetti della proroga stessa.


In riferimento all’art. 24, comma 6, la Commissione speciale segnala che sarebbe opportuna una più chiara imputazione delle poste passive dei rapporti di tipo patrimoniale con un riferimento alla contabilità speciale di cui all’art 25, comma 7.


Art. 25

L’art. 25 prevede che durante lo stato di emergenza di rilievo nazionale il coordinamento dell’attuazione degli interventi da effettuare avvenga mediante ordinanze di protezione civile che sono emanate acquisita l’intesa delle Regioni e delle Province autonome territorialmente interessate.

In relazione a tale previsione si segnala alla Presidenza del Consiglio dei Ministri che lo strumento dell’intesa, sicuramente rispettoso delle autonomie, potrebbe rischiare di rendere subvalente l’interesse nazionale rispetto a quello regionale. Per tale ragione vanno individuate forme di coordinamento che comunque garantiscano la realizzazione degli scopi della protezione civile, introducendo semmai un meccanismo di superamento dell’intesa in tempi compatibili con le emergenze da fronteggiare.


Art. 26

Si segnala la possibilità di inserire ulteriori misure di semplificazione, ad esempio in materia di autorizzazioni e licenze “semplificate”, per la ripresa delle attività commerciali, produttive, edilizie.


Art. 27

In relazione all’art. 27, si segnala la necessità di eliminare la virgola al comma 5, secondo periodo, tra le parole “protezione civile” e “o ai soggetti attuatori competenti”.


Art. 28

Al comma 1, lettera c), si evidenzia l’opportunità di sostituire le parole “ripianati con l’erogazione di fondi da parte di compagnie assicuratrici” con le parole “indennizzati da compagnie assicuratrici”.


Art. 30

In relazione all’art 30, comma 2, ove è previsto che chiunque faccia indebito utilizzo dei segni distintivi “è punito con la multa da 1.000 euro a 5.000 euro, salvo che il fatto costituisca più grave reato”, la Commissione speciale rileva che, anche in considerazione della portata della legge delega, sarebbe più opportuno prevedere una sanzione amministrativa, facendo tuttavia salva l’ipotesi che il fatto costituisca reato.


Art. 31

Si ravvisa l’opportunità di sostituire, al comma 3, ultimo periodo, le parole “in concorso con l’attività delle citate organizzazioni” con le parole “in concorso e coordinandosi con l’attività delle citate organizzazioni.”


Art. 32

Si segnala la necessità di espungere la locuzione atecnica “partecipando con passione ed impegno ad una forza libera e organizzata che contribuisce a migliorare la vita di tutti”, o quantomeno di sostituirla con altra frase più consona ad un testo giuridico.


Art. 34

Con riferimento all’articolo 34 dello schema, si segnala la necessità di inserire, al comma 2, la congiunzione disgiuntiva “o” tra le parole “sul territorio nazionale” e “all’estero”.


Art. 35

La lett. b) del comma 1, nel testo proposto dall’intesa in Conferenza, dispone che “all’interno del Gruppo comunale è individuato, secondo principi di democraticità, un coordinatore operativo dei volontari… ”.

In proposito, la Sezione ritiene che il riferimento a “principi di democraticità” non sia adeguato a individuare le persone più capaci tecnicamente di gestire il coordinamento dei volontari. Conseguentemente, si suggerisce di sostituire l’espressione in parola con una più idonea allo scopo, ad esempio con una del seguente tenore: “individuato in base a requisiti di professionalità e di esperienza”.


Art. 39

In riferimento all’art 39, comma 2, la Sezione è del parere che il termine previsto per l’utilizzo dei volontari nelle attività di soccorso ed assistenza di centottanta giorni nell’anno (pari alla metà di un anno solare, ovvero a due intere stagioni) possa essere considerato eccessivamente lungo e possa essere ridotto a centoventi giorni nell’anno.


Art. 48

Il Consiglio ritiene opportuno al comma 1 inserire il riferimento al successivo articolo 50, comma 1, modificando l’alinea del comma 1 nei seguenti termini: “A decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, come stabilita dall’art. 50, comma 1, sono abrogate le seguenti disposizioni”.


Art. 50

In ordine all’art 50, il Consiglio rileva che il comma 3 (“In attuazione del comma 3, tutte le attività, deliberazioni, atti …)” sia superfluo e che sia errato il riferimento allo stesso comma 3, volendosi verosimilmente indicare il comma 1.

P.Q.M.

Nelle esposte considerazioni è il parere favorevole, con osservazioni, della Sezione.


         
         
GLI ESTENSORI    IL PRESIDENTE
Vincenzo Neri, Claudio Boccia    Luigi Carbone