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DECRETO SALVA EMERGENZA

 di Giuseppe SOMMA

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Con la legge 8 aprile 2003 n. 62, il Parlamento ha provveduto a convertire in legge il decreto legge 7 febbraio 2003 n.15, recante: “Misure urgenti per il finanziamento di interventi nei territori colpiti da calamità naturali e per l’attuazione delle disposizioni di cui all’articolo 13, comma 1, della legge 1 agosto 2002, n. 166. Disposizioni urgenti per il superamento di situazioni di emergenza ambientale”

Il contenuto del provvedimento

La prima parte del decreto (articoli 1 e 1-bis) prevede misure volte al finanziamento di interventi nei territori colpiti da calamità naturali, ma il nucleo essenziale del provvedimento è rappresentato dall’articolo 1-ter il cui contenuto può essere così illustrato:

a) sono confermati i decreti con i quali il Presidente del Consiglio dei Ministri ha dichiarato e poi prorogato fino al 2004 lo stato di emergenza ambientale nella Regione siciliana in materia di risorse idriche, smaltimento rifiuti, bonifica e risanamento dei suoli ed in materia di tutela delle acque (comma1).

b) sono confermate la nomina del Presidente della Regione siciliana a commissario delegato ed i poteri e competenze attribuiti allo stesso e agli altri organi commissariali dalle ordinanze del Ministero dell’Interno delegato al coordinamento della protezione civile e “sono comunque fatti salvi tutti gli effetti derivati dall’attuazione delle ordinanze stesse, nonché le conseguenti attività svolte dall’Ufficio del Commissario delegato – Presidente della Regione siciliana”. (comma 2)

c) “le disposizioni di conferma e di salvezza, di cui ai commi 1 e 2 del presente articolo, si applicano altresì ai decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, alle ordinanze di protezione civile ed ai conseguenti provvedimenti emanati in regime emergenziale sul territorio nazionale”(comma 3).

Il contesto normativo.

Come è noto, i poteri delle autorità che operano in regime d’emergenza e la disciplina dei provvedimenti adottati dalle stesse sono regolati dalla normativa in tema di protezione civile.

La legge 24 febbraio 1992 n.225, rappresenta ancor oggi la principale norma di riferimento in tema di protezione civile. L’art. 5 della indicata legge stabilisce che al verificarsi di eventi che per l’intensità ed estensione debbono essere fronteggiati con mezzi e poteri straordinari, il Consiglio dei Ministri delibera lo stato di emergenza. Ed aggiunge:“Per l’attuazione degli interventi di emergenza conseguenti alla dichiarazione di cui al comma 1, si provvede, nel quadro di quanto previsto dagli articoli 12, 13, 14, 15 e 16, anche a mezzo di ordinanze in deroga ad ogni disposizione vigente, e nel rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico”.

Per il successivo comma IV, poi, Il Presidente del Consiglio dei Ministri ovvero il Ministro dell’interno “ per l’attuazione degli interventi di cui ai commi 2 e 3 del presente articolo, può avvalersi di commissari delegati. Il relativo provvedimento di delega deve indicare il contenuto della delega dell’incarico, i tempi e le modalità del suo esercizio”

Infine, “Le ordinanze emanate in deroga alle leggi vigenti devono contenere l’indicazione delle principali norme a cui si intende derogare e devono essere motivate” (comma 5) e pubblicate in Gazzetta Ufficiale (comma 6).

Le ordinanze extra ordinem, dunque, possono essere adottate in deroga ad ogni disposizione vigente ma soggiacciono a precisi limiti, quali il rispetto dei principi generali dell’ordinamento, l’obbligo di motivazione, l’indicazione delle principali norme giuridiche cui si intende derogare, il rispetto degli stabiliti limiti temporali. Si tratta di impedire che le deroghe apportate al quadro normativo vigente, finiscano nella sostanza per determinare uno stravolgimento dello stesso. Ed invero, il potere di adottare ordinanze in deroga non può che dar luogo a“deroghe temporalmente limitate non anche ad abrogazione o modifica di norme vigenti” (Corte Costituzionale 127/1995; 418/1992; 201/1987; 4/1977; 8/1956; Cons. di Stato, V, n. 6809 e 6280/2002; Cons. di Stato, IV, n. 197/98).

Fin dall’entrata in vigore della legge 225/1992 si è tuttavia posta una questione dirimente, rispetto alla quale, ancora oggi, si registrano divergenti posizioni sul piano giurisprudenziale. Il riferimento è a quelle ordinanze extra ordinem con le quali gli organi commissariali incidono sulle competenze degli enti locali determinando una compressione della loro autonomia.

Orbene, la Corte Costituzionale, all’indomani dell’entrata in vigore della citata legge 225/1992, ha avuto modo di chiarire (sentenza n. 418 del 9.11.92) che la stessa non "… ha inteso modificare la ripartizione delle materie e delle competenze tra Stato e Regioni. Essa ha voluto invece assicurare che i molteplici organismi, a vario titolo interessati alle attività di protezione civile, agiscano in modo armonico e razionale, di modo che le risorse disponibili vengono impegnate opportunamente e conducano alla maggiore efficacia degli interventi" ed ancora che "alle attività di protezione civile provvedono «secondo i rispettivi ordinamenti e le rispettive competenze», le amministrazioni dello Stato, le Regioni, le Province, i Comuni e le Comunità montane".

In seguito, la stessa Corte (sentenza 127 del 1995) ha indicato nel principio di congruità e di proporzionalità, il criterio che deve ispirare il giudice nel verificare se le ordinanze extra ordinem, (avuto riguardo alle dimensioni e all’intensità dell’emergenza) determinano o meno un’alterazione dei principi del decentramento e dell’autonomia locale.

Intanto, il legislatore, nell’esercizio della delega conferita dalla legge 15 marzo 1997 n.59, ha proceduto, con il D.Lgs. 31 marzo 1998 n.112 ad una riallocazione dei compiti in materia di Protezione civile, mantenendo in capo allo Stato funzioni d’indirizzo e di coordinamento e demandando alle Regioni il compito di attuare gli interventi volti al superamento dell’emergenza. In direzione di un miglior coordinamento delle competenze e degli interventi in materia tra Stato, regioni, ed enti locali è poi stato adottato il,Dl. 7 settembre 2001 n.343 (convertito dalla legge 9 novembre 2001 n. 401) che ha istituito presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri un Comitato paritetico Stato-regioni-enti locali, riconoscendo, ancora una volta, al Presidente del Consiglio dei Ministri esclusivamente funzioni di coordinamento. 

In seguito al nuovo intervento del legislatore in materia, la Corte Costituzionale ha avuto modo di pronunciarsi nuovamente sul rapporto tra ordinanze extra ordinem e salvaguardia dell’autonomia degli enti locali affermando (sentenza n. 39 del 5 febbraio 2003) che la normativa in materia di protezione civile va interpretata “non nel senso di aver determinato l’accentramento di competenze e poteri, ovvero aver organizzato gli stessi secondo schemi di dipendenza gerarchico – funzionale, ma piuttosto nel senso di essersi limitata a prevedere ed a disciplinare nelle loro specifiche esplicazioni funzioni dirette alla promozione e al coordinamento ti tutte le attività che possono convergere a finalità di tutela dei beni messi in pericolo” così “nella più recente legge n. 401 del 2001 è prevista l’istituzione di un apposito comitato paritetico Stato – regioni – enti locali ed è richiesta l’intesa con le regioni e gli enti locali per la definizione dei programmi e per la predisposizione degli interventi e delle strutture organizzative necessari a fronteggiare gli eventi calamitosi”

Il ricorso a forme di concertazione e di leale collaborazione tra Stato ed autonomie territoriali risulta oggi tanto più necessario alla luce della legge costituzionale 18 ottobre 2001, n.3 recante modifiche al titolo quinto della Costituzione. Ed infatti “il nuovo disegno costituzionale dell’autonomia degli enti locali circonda con una garanzia immediata le competenze amministrative dei comuni” e degli altri enti locali “ - nell’ordinamento precedente affidate invece ad una disciplina fissata con leggi ordinarie - in tal senso dispone l’attuale primo comma dell’art. 118. Su tale presupposto è innegabile che anche il novero dei poteri di deroga consentiti per motivi di protezione civile deve tener conto della nuova realtà ed inserirsi in un sistema diverso e più avanzato di ripartizione di competenze tra Stato ed Enti locali territoriali, che conserva al primo funzioni di promozione e coordinamento degli interventi, ma lascia ai secondi la gestione degli interventi sul territorio alla stregua del principio di sussidiarietà verticale”. (Consiglio di Stato V, 6809/2002; C.d.S V, n.6280 del 2002)

Risulta rilevante, in questo ordine di idee, il significato di un'altra modifica della Costituzione (derivante dalla nuova formulazione dell’art.117) in ordine ai poteri legislativi in materia di protezione civile, che sono stati sottratti alla legislazione esclusiva dello Stato ed attribuiti alla legislazione concorrente Stato-Regioni.

In tal modo la materia della Protezione civile diviene oggetto di disciplina legislativa regionale, essendo riservata allo Stato solo la determinazione dei principi fondamentali.

“Emerge anche da tale angolazione un disegno non invasivo delle competenze degli Enti Locali voluto dal legislatore costituzionale con riguardo all’autonomia dei diversi livelli di governo delle comunità locali, sulla base del principio di sussidiarietà”. (Consiglio di Stato V, 6809/2002 cit.)

Le osservazioni.

Scorrendo i tre commi dell’art. 1 ter è agevole verificare come, mentre nei commi 1 e 2 si opera la puntuale ed analitica individuazione delle disposizioni relative all’emergenza ambientale in Sicilia delle quali si dispone conferma e salvezza (ordinanza del Ministro dell'interno delegato per il coordinamento della protezione civile in data 31 maggio 1999, n. 2983, eccetto quanto previsto agli articoli 3, comma 2, e 5, comma 2, 4, 5 e 6, nonché di cui alle successive ordinanze in data 31 marzo 2000, n. 3048, e 21 luglio 2000, n. 3072, 25 maggio 2001, n. 3136, e 22 marzo 2002, n. 3190), nel comma terzo, invece, la conferma e la salvezza vengono genericamente estesi ai decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, alle ordinanze di protezione civile ed ai conseguenti provvedimenti emanati in regime commissariale, sul territorio nazionale, inerenti alle situazioni di emergenza.

In tal modo si opera la salvezza di un intero ed indistinto complesso normativo genericamente individuato, un complesso a tal punto confuso e generico che il legislatore....rinuncia a metterci le mani per operarne un’analitica individuazione.

Al di là della infelice formulazione delle indicate disposizioni, non sembra possa revocarsi in dubbio che con le stesse il legislatore, ha inteso garantire la continuità di quelle gestioni commissariali che l’autorità giudiziaria ha riconosciuto illegittime per avere travalicato i limiti che la legge sulla protezione civile e la Costituzione impongono di rispettare, in una materia già di per se al limite della costituzionalità, determinando un’illegittima compressione dell’autonomia degli enti locali. (si veda sul punto, Consiglio di Stato V, nn. 2154/2003; 6809/2002 e 6280/2002 cit.).

Di qui le notevoli perplessità sul piano della legittimità costituzionale del decreto in esame che fa salvi gli effetti di ordinanze già espunte dall’ordinamento con le riferite decisioni del Consiglio di Stato.

Quanto poi alla conferma dei poteri attribuiti agli organi commissariali dalle ordinanze extra ordinem per la gestione dell’emergenza, in aderenza al noto principio ermeneutico per il quale tra una pluralità di interpretazioni possibili occorre privilegiare quella che conservi conformità alla Costituzione del testo sindacato (tra le infinite: Corte Costituzionale 22.6.2000 n.233; 31.7.2000 n. 408; Cass. 1.8.2001 n. 10482; Cons. di Stato V, 30.10.97 n. 1207) occorre concludere che le norme de quibus abbiano sì operato conferma dei poteri attribuiti agli organi commissariali ma solo di quelli conformi alla legge ed alla Costituzione e che non siano stati già dichiarati illegittimi per effetto delle riferite decisioni del Consiglio di Stato.

A ritenere diversamente si giunge alla conclusione che tutta la normativa in tema di protezione civile sia stata abrogata e che dunque i poteri commissariali siano oggi del tutto liberi ed incondizionati.

In conclusione, se norme sopravvenute impediscano l’espunzione dal quadro normativo secondario delle disposizioni contrastanti con i principi costituzionali, l’effetto ineludibile di tale manovra è solo quello di trasferire la verifica costituzionale dalle norme secondarie a quelle primarie le quali dovranno, esse, essere espunte in ragione della loro incostituzionalità.

 

Dott.Giuseppe Somma.

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