Cass. Sez. III n. 19207 del 13 maggio 2008 (Ud. 27 mar. 2008)
Pres. Onorato Est. Petti Ric. Scalzo
Rifiuti. Abbandono da parte di imprenditore di fatto

In tema di gestione dei rifiuti, ai fini della configurabilità del reato di abbandono di rifiuti cui all\'art. 51, comma secondo, D.Lgs. n. 22 del 1997 (ora art. 256, comma secondo, D.Lgs. n. 152 del 2006), per titolare di impresa o responsabile di ente non deve intendersi solo il soggetto formalmente titolare dell\'attività ma anche colui che eserciti di fatto l\'attività imprenditoriale inquinante.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Udienza pubblica
Dott. DE MAIO Guido - Presidente - del 27/03/2008
Dott. PETTI Ciro - Consigliere - SENTENZA
Dott. LOMBARDO Alfredo Maria - Consigliere - N. 800
Dott. MARMO Margherita - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. GAZZARA Santi - Consigliere - N. 27498/2007
ha pronunciato la seguente:



SENTENZA
sul ricorso proposto da:
difensore di Scalzo Michele, nato a Feroleto Antico il 6 giugno del 1963;
avverso la sentenza del GUP presso il tribunale di Aosta del 30 maggio del 2007;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Ciro Petti;
sentito il Sostituto Procuratore Generale Dott. Ciampoli Luigi, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso;
letti il ricorso e la sentenza denunciata.
osserva quanto segue:
IN FATTO
Con sentenza del 30 maggio del 2007, il giudice dell\'udienza preliminare presso il tribunale di Aosta condannava Scalzo Michele alla pena complessiva di Euro 7.000,00 di ammenda, di cui Euro 5000,00, 00 per i reati in concorso formale ed Euro 2000,00 per quello contestato al capo e), quale responsabile dei seguenti reati:
c) del reato p. e p. dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256 per avere, quale titolare di impresa, abbandonato o comunque depositato in modo incontrollato rifiuti misti di demolizione e costruzione; In Etroubles fino ad epoca antecedente e prossima al 15 maggio 2006;
b) del reato di cui all\'art. 734 c.p., per avere, con la condotta di cui al capo che precede, deturpato le bellezze naturali sottoposte a speciale protezione dell\'autorità; in Etroubles fino ad epoca antecedente e prossima al 15 maggio 2006;
c) del reato p. e p. dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 1 in relazione al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 212, comma 8 per aver effettuato, nella qualità di titolare dell\'impresa ICO 6 di Scalzo Michele, attività di trasporto di rifiuti non pericolosi in via ordinaria senza la necessaria iscrizione all\'albo dei gestori ambientali. Fatto commesso dal 17 maggio al 28 giugno del 2006. Il tribunale osservava che trattavasi per lo più di rifiuti edili provenienti dall\'attività esercitata dal prevenuto; che la riprova della natura di rifiuto si desumeva dalla circostanza che all\'esito dell\'intervento dell\'autorità essi erano stati trasferiti in due diverse discariche; che sussisteva altresì il reato di cui all\'art. 734 c.p. trattandosi di area di elevato valore paesaggistico; che il reato di cui al capo c) risultava provato dai formulari in atti in base ai quali si desumeva che erano stati effettuati trasporti per conto della ditta ICO non più esistente.
Ricorre per cassazione l\'imputato deducendo:
la violazione della norma incriminatrice ossia del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256 nonché contraddittorietà di motivazione sul punto:
assume che quel materiale non era costituito da rifiuti; che la circostanza addotta a riprova della natura del rifiuto dal tribunale, era erronea perché solo 2,5, mc di quel materiale era stato portato in discarica e proveniva dall\'operazione di pulitura e raschiamento del suolo; che all\'epoca del fatto egli non era più titolare dell\'impresa ICO;
la violazione dell\'art. 734 c.p. poiché non era stato indicato il provvedimento amministrativo d\'imposizione del vincolo;
la violazione dell\'art. 256 in relazione al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 212, in quanto, non essendo lo Scalzo all\'epoca del fatto titolare della ditta ICO, non rivestita la qualifica richiesta dalla fattispecie;che l\'art. 212 non era applicabile alla fattispecie perché all\'epoca non era stata ancora emanata la normativa di esecuzione; che il fatto non era punibile a norma del D.Lgs. n. 22 del 1997, art. 30 trattandosi di trasporto di rifiuti propri non pericolosi, in quanto, a seguito dell\'ordinanza n. 264 del 16 maggio del 2007 del Presidente della Regione Valle D\'Aosta, solo a partire dal 16 agosto del 2006 era sorto per le imprese l\'obbligo di iscrizione nell\'apposito registro per il trasporto dei rifiuti propri non pericolosi;
la violazione della L. n. 241 del 2006 perché il fatto era stato commesso prima del mese di maggio del 2006.
IN DIRITTO
Il primo motivo è infondato perché gli inerti provenienti da demolizioni edili o da scavi costituivano sotto la vigenza del decreto Ronchi e costituiscono tuttora un rifiuto. Invero l\'art. 7, Decreto Ronchi li includeva tra i rifiuti speciali, salvo che fossero destinati ad essere riutilizzati secondo le previsioni di cui al D.L. 18 luglio 2002, n. 138, art. 14 convertito nella L. n. 178 del 2002 e cioè a condizione che fosse certa: a) l\'individuazione del produttore o del detentore; b) la provenienza degli stessi; c) la sede ove erano destinati; d) il loro riutilizzo in un ulteriore ciclo produttivo senza trasformazioni preliminari; e) la mancanza di danno per l\'ambiente, (cfr Cass. 46680 del 2004; 37508 del 2003;) Siffatte condizioni sono state ribadite e puntualizzate meglio con il D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 186. Orbene l\'abbandono di rifiuti provenienti da scavi o da attività di demolizione integrava sotto la vigenza del decreto Ronchi il reato di cui all\'art. 51, comma 1 ed integra ora quello di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 2. La riprova che trattasi proprio di rifiuto è stata dal tribunale desunta, oltre che dalla obiettiva situazione d\'abbandono, anche dalla circostanza che parte di quei rifiuti era stata trasportata dallo stesso prevenuto in discarica. È quindi configurabile il reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 2 contestato al capo c).
Il tribunale ha disatteso la tesi dell\'imputato, sia in ordine all\'epoca di consumazione del reato che in ordine alla circostanza che quei rifiuti si sarebbero prodotti a seguito delle manipolazioni sul luogo dei materiali utilizzati nei cantieri, in base alle fotografie allegate agli atti ed alle considerazioni espresse in sentenza. Trattandosi di apprezzamenti fattuali esenti da vizi logici o giuridici non possono essere censurati in questa sede. Per quanto concerne la qualifica soggettiva, si osserva che la locuzione "titolari di imprese o responsabili di enti" è sempre stata interpretata estensivamente da questa corte nel senso che sono escluse dalla responsabilità penale solo le attività del privato che si limiti ad abbandonare i propri rifiuti al di fuori di qualsiasi intento economico (Cass. Sez. 3^ n. 9554 del 2004, Rainaldi). Pertanto, ai fini della configurabilità del reato di cui all\'art. 51, comma 2, Decreto Ronchi (ora D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 2), per titolare d\'impresa o responsabile di ente non deve intendersi solo il soggetto formalmente titolare dell\'attività ma colui che, sia pure di fatto, effettivamente eserciti l\'attività imprenditoriale inquinante. Tale interpretazione è imposta dalla rado della legge per la quale è rilevante l\'effettiva attività d\'inquinamento che viene posta in essere e non la qualificazione formale dell\'agente, il quale, se agisce nell\'ambito di un\'attività economica, ancorché non formalmente titolare dell\'impresa, risponde del reato di cui al comma 2 eventualmente in concorso con il soggetto che appare formalmente come titolare dell\'attività. In altre parole rileva l\'attività in concreto svolta e non la qualificazione formale.
Fondate sono invece le censure contenute nel secondo e terzo motivo relative alla configurabilità dei reati contestati ai capi d) ed e). Al capo d) all\'imputato si è contestata la contravvenzione di cui all\'art. 734 c.p. per avere, mediante l\'abbandono dei rifiuti innanzi indicati, deturpato le bellezze naturali sottoposte a speciale tutela dell\'autorità. La norma tutela l\'interesse di rango costituzionale - art. 9 - alla conservazione della ricchezza estetica naturale del territorio nazionale. La configurabilità del reato presuppone quindi che la bellezza naturale su cui il comportamento dell\'agente incide sia soggetta a speciale protezione dell\'autorità, presuppone cioè una preventiva apposizione del vincolo. La legge (D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 136) distingue tra bellezze naturali individue (le cose immobili di particolare pregio, le ville, i giardini, ecc - lettere a) e b) del citato art.) e bellezze naturali d\' insieme (i complessi di cose immobili che compongono un caratteristico aspetto avente valore estetico, le bellezze panoramiche considerate come quadri naturali, ecc - lettere c) e d) del citato art.). I beni anzidetti sono dichiarati di notevole interesse nazionale con provvedimento regionale sulla base della proposta della commissione (art. 140. D.Lgs. citato).
Alla "speciale protezione dell\'autorità", rilevante ai fini della configurabilità dell\'art. 734 c.p., sono altresì soggette alcune categorie di luoghi analiticamente indicate dal legislatore, quali ad esempio i litorali marini, i fiumi, le montagne alpine superiori a m 1600 e quelle appenniniche superiori a m 1200, ecc. (D.Lgs. n. 42 del 2004, art. 142).
Orbene, ai fini della configurabilità del reato, quando il bene non rientra tra quelli tutelati per legge, come nella fattispecie, deve essere indicato il provvedimento d\'imposizione del vincolo che costituisce il presupposto del reato. Nella sentenza impugnata il giudicante, pur invocando la bellezza della località in questione, non ha compiuto alcuna indagine in merito alla sussistenza dell\'atto amministrativo impositivo del vincolo. Pertanto sul punto la sentenza impugnata va annullata con rinvio. Il giudice del rinvio dovrà accertare la sussistenza del provvedimento impositivo del vincolo e indicarlo nella motivazione.
Parzialmente fondate sono anche le censure relative al reato contestato al capo e). A tale capo si è contestato il reato di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 1 in relazione all\'art. 212, comma 8, medesimo Decreto per avere l\'imputato effettuato, quale titolare dell\'impresa ICO 6 di Scalzo Michele, attività di trasporto di rifiuti non pericolosi in via ordinaria senza la necessaria iscrizione all\'albo dei gestori ambientali. Fatto ritenuto commesso dal 17 maggio al 28 giugno del 2006.
Nella motivazione della sentenza il tribunale ha giustificato l\'affermazione di responsabilità, sia in base ad una presunta confessione che in base all\'esistenza dei formulari attestanti il trasporto, sia pure per conto di una ditta non più esistente poiché, come risulta dalla stessa sentenza, la ICO 6 aveva cessato la propria attività fin dal 20 febbraio del 2000.
L\'anzidetta motivazione è obiettivamente carente sotto diversi profili. Anzitutto si osserva che confessare eventualmente l\'effettuazione di un trasporto non equivale a confessore l\'omessa iscrizione all\'albo dei gestori ambientali. In secondo luogo si rileva che manca sia nella contestazione che nella sentenza la precisazione dell\'oggetto del trasporto ossia se trattasi di rifiuto proprio o di terzi. Siffatta circostanza era determinante sia in base al Decreto Ronchi che al D.Lgs. n. 152 del 2006. Invero in base all\'art. 30, Decreto Ronchi erano escluse dall\'obbligo dell\'iscrizione tutte le imprese che raccoglievano e trasportavano rifiuti non pericolosi da esse stesse prodotti, anche se il trasporto era abituale o a titolo professionale. L\'art. 30, Decreto Ronchi è rimasto in vigore fino all\'entrata in vigore del D.Lgs. n. 152 del 2006. Le relative norme regolamentari e tecniche che disciplinavano il trasporto sono rimaste in vigore fino all\'adozione delle corrispettive norme tecniche adottate in attuazione della parte quarta del D.Lgs. n. 152 del 2006 (D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 265 disp. trans., parte quarta). Secondo il difensore sarebbero rimaste in vigore fino al 16 agosto del 2006 per effetto di un\'ordinanza del Presidente della regione Valle D\'Aosta. Con l\'entrata in vigore del D.Lgs. n. 152 del 2006 anche le imprese che effettuano il trasporto di propri rifiuti non pericolosi devono essere iscritte all\'albo a condizione però che il trasporto sia esercitato in via ordinaria. Sull\'ordinarietà del trasporto, che non può desumersi dalla contestazione, manca completamente la motivazione. Anche in ordine a tale reato la sentenza impugnata va annullata con rinvio. Il giudice del rinvio dovrà accertare se trattasi di rifiuti propri o altrui: nella prima ipotesi dovrà escludere il reato per i fatti eventualmente commessi prima dell\'entrata in vigore del D.Lgs. n. 152 del 2006 ed affermare la responsabilità per il trasporto eventualmente effettuato sotto la vigenza del D.Lgs. n. 152 del 2006 a condizione però che si dimostri l\'ordinarietà del trasporto stesso.
Nell\'eventualità che il reato di cui al capo d) o e) dell\'originario capo d\'imputazione dovesse essere escluso, il tribunale dovrà rideterminare la pena per quello contestato al capo c), per il quale l\'affermazione di responsabilità deve ritenersi passata in giudicato.
Anche il quarto motivo è infondato perché il fatto contestato al capo c) è stato considerato commesso anche dopo il due maggio del 2006. Sul punto, come già precisato, l\'apprezzamento delle risultanze processuali da parte del tribunale non presenta profili di manifesta illogicità o errori di diritto.
P.Q.M.
La Corte Letto l\'art. 623 c.p.p.; annulla la sentenza impugnata con rinvio al tribunale di Aosta limitatamente ai reati di cui ai capi d) ed e) nonché alla rideterminazione della pena. Rigetta nel resto. Così deciso in Roma, il 27 marzo 2008.
Depositato in Cancelleria il 13 maggio 2008