Cass. Sez. III n. 6564 del 16 febbraio 2009 (Cc 9 gen. 2009)
Pres. Lupo Est. Squassoni Ric. Anatriello
Rifiuti. Sequestro e confisca
Il disposto dell\'art. 256 c.3 D.Lv. 152/2006 prevede che, alla sentenza di condanna o di pena concordata, consegua la confisca del sito sul quale è stata realizzata la discarica se di proprietà dell\'autore o del compartecipe del reato "fatti salvi gli obblighi di bonifica o di ripristino dello stato dei luoghi" (obblighi che devono essere ottemperati prima della acquisizione definitiva della area al patrimonio pubblico). La norma è esplicita nel precisare che la confisca è applicabile anche se il sito è stato bonificato per cui tale circostanza ( che fa venire meno le esigenze di cautela di cui all\'art,321 c. l cpp) non ha rilievo per la ipotesi del c.2 dello articolo.
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Sez. III Penale
Composta dagli Ill.mi Signori
Dott. Ernesto LUPO Presidente
Dott. SQUASSONI Consigliere
Dott. A. FRANCO Consigliere
Dott. M. MARNO Consigliere
Dott. MULLIRI Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Sul ricorso proposto da Anatriello Sosio n. 8.1.1947 Frottomaggiore e del suo difensore avv. Luigi Tuccillo
Avverso l’ordinanza 13.6.2008 del Tribunale di Napoli
Sentita la relazione fatta dal Consigliere Squassoni
Udito il Pubblico Ministero nella persona del dott. Meloni Vittorio che ha concluso per il rigetto del ricorso
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con ordinanza 13 giugno 2008, il Tribunale di Napoli ha respinto l\'appello proposto dallo indagato Anatriello Sosio avverso il provvedimento 3 marzo 2008 del Giudice per le indagini preliminari della stessa città di reiezione della istanza di revoca di un sequestro preventivo che grava su di un sito oggetto di discarica abusiva.
A sostegno della conclusione, il Tribunale ha rilevato che la misura cautelare era stata disposta sia a sensi del c.1 sia a sensi del c.2 dell\'art. 321 cpp e che l\'area era passibile di confisca obbligatoria, per la previsione dell\'art. 256 DLvo 152/2006, benché fosse stata bonificata.
Per l\'annullamento della ordinanza, l\'indagato ed il suo difensore hanno proposto ricorso per Cassazione deducendo difetto di motivazione e violazione di legge, in particolare, rilevando:
- che il provvedimento di sequestro non è chiaro nel disporre il vincolo anche per la ipotesi dell\'art. 321 c.2 cpp;
- che la confisca obbligatoria che impedisce la restituzione delle cose, a mente dell\'art. 324 c. 7 cpp, è solo quella dell\'art. 240 c.2 cp;
- che la misura prevista dall\'art. 256 D. L.vo 152/2006 differisce da quella codicistica perché si applica solo in caso di condanna, o di pena concordata, e non si estende agli estranei al reato.
Nei motivi aggiunti, l\'indagato ribadisce ed approfondisce quanto asserito in quelli principali.
I ricorsi non sono meritevoli di accoglimento.
E\' appena il caso di rilevare come il sequestro preventivo, disciplinato dall\'art. 321 c.1 cpp, sia applicabile in presenza di esigenze cautelari, cioè, quando la libera disponibilità del bene può protrarre nel tempo o aggravare in intensità le conseguenze del reato oppure agevolare la commissione di ulteriori illeciti.
L\'art. 321 c.2 cpp prevede la possibilità di disporre la misura cautelare su cose di cui è consentita la confisca; trattasi di una figura specifica ed autonoma rispetto a quella introdotta nel c.1 che prescinde dalla prognosi di pericolosità dei beni ed ha come presupposto la confiscabilità, discrezionale o obbligatoria, delle res.
Entrambi i tipi di sequestro presuppongono la sussistenza di indizi di commissione del fatto per il quale si procede ad indagini e la sua sussunzione nella ipotesi di reato enucleata dal Pubblico Ministero.
Su questo tema, il ricorrente non ha formulato censure, ma ha rilevato come il decreto di sequestro non fosse esplicito nel disporre la misura anche per la ipotesi dell\'art. 321 c.2 cpp.
La tesi difensiva è superabile dalla lettura del testo del provvedimento impositivo del vincolo ove il Giudice ha avuto cura di rilevare che i beni sequestrati sono passibili di confisca, pur non precisando la norma che lo consente; la omissione non influisce sulla chiarezza della disposizione e sui diritti della difesa dal momento che l\'obbligo in oggetto è inserito nello stesso articolo, citato nel provvedimento, (art. 256 DLvo 152/2006) che punisce la gestione di discarica abusiva. La proposta lettura del decreto di sequestro trova conforto nella analoga interpretazione fornita dal Giudice per le indagini preliminari che ha respinto la istanza di restituzione dei beni motivando sulla confiscabilità della area.
Ora il disposto dell\'art. 256 c.3 DLvo. 152/2006 prevede che, alla sentenza di condanna o di pena concordata, consegua la confisca del sito sul quale è stata realizzata la discarica se di proprietà dell\'autore o del compartecipe del reato "fatti salvi gli obblighi di bonifica o di ripristino dello stato dei luoghi" (obblighi che devono essere ottemperati prima della acquisizione definitiva della area al patrimonio pubblico).
La norma è esplicita nel precisare che la confisca è applicabile anche se il sito è stato bonificato per cui tale circostanza (che fa venire meno le esigenze di cautela di cui all\'art. 321 c.1 cpp) non ha rilievo per la ipotesi del c.2 dello articolo.
Il ricorrente sostiene che il divieto di revoca della misura riguarda, a sensi dell\'art. 324 c.7 cpp, solo la confisca obbligatoria prevista dall\'art. 240 c. 2 cp; l\'esegesi della norma è puntuale (la previsione, ponendo una eccezione al generale principio di revocabilità dei sequestri, non è suscettibile di interpretazione analogica), ma la sua citazione non è pertinente.
L\'art. 324 c.7 cpp richiama le disposizioni contenute nello art. 309 c.9 e c.10 cpp che prevedono la perdita di efficacia della misura per il mancato rispetto dei termini della procedura del riesame e permette, in tale caso, il mantenimento del vincolo; nella ipotesi che ci occupa, non si è verificata la perenzione della misura per la ricordata causa per cui la disposizione dell\'art. 324 c.7 cpp non rileva.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Roma, 9 gennaio 2009
Deposito in Cancelleria 16/02/2009