TAR Campania (SA) Sez. II n. 361 del 11 marzo 2020
Urbanistica.Sanzioni edilizie e comunicazione di avvio del procedimento
La funzione della partecipazione del cittadino al procedimento amministrativo mediante la prospettazione di osservazioni e controdeduzioni è quella di far emergere gli interessi, anche spiccatamente privati, che sottostanno all'azione amministrativa discrezionale, in modo da orientare correttamente ed esaustivamente la stessa scelta della Pubblica amministrazione mediante una ponderata valutazione di tutti gli interessi, pubblici e privati, in gioco per il raggiungimento della maggiore soddisfazione possibile dell'interesse pubblico; se ciò non comporta che l'Amministrazione sia tenuta ad accogliere le osservazioni del privato, un rilievo invalidante del provvedimento amministrativo deve invece riconoscersi quando sia provato che l'Amministrazione non abbia neppure esaminato le osservazioni e le controdeduzioni formulate dall'interessato a seguito della rituale comunicazione dell'avviso di avvio del procedimento
Pubblicato il 11/03/2020
N. 00361/2020 REG.PROV.COLL.
N. 01597/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso, numero di registro generale 1597 del 2018, proposto da:
Grimaldi s. r. l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Marcello Fortunato, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto, in Salerno, alla via SS. Martiri Salernitani, 31;
contro
Comune di Olevano sul Tusciano, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituito in giudizio;
nei confronti
Luigi Vinciguerra, non costituito in giudizio;
per l’annullamento
A) dell’ordinanza n. 45 del 17.07.2018 (prot. n. 5646), successivamente conosciuta, con la quale il Responsabile dell’Area Urbanistica ha ordinato la demolizione di alcune opere, realizzate alla Via Festola del Comune di Olevano sul Tusciano e disposto il ripristino dello stato dei luoghi;
B) ove e per quanto occorra, della nota, prot. n. 1137 del 6.02.2018, recante la comunicazione d’avvio del procedimento;
C) ove e per quanto occorra, della nota, prot n. 2059 del 16.03.2018, recante la relazione dell’U. T. C., presupposta all’ordinanza sub A);
D) di tutti gli atti, anche non conosciuti, presupposti, connessi, collegati e consequenziali;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 4 marzo 2020, il dott. Paolo Severini;
Uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue;
FATTO
La società ricorrente, proprietaria di un immobile (destinato alla produzione di energia elettrica e di forza motrice, sita alla località Petraia o Cartiera del Comune di Olevano sul Tusciano), realizzato in epoca antecedente all’1.09.1967 e pervenutole, a seguito di atto di compravendita sottoscritto in data 27.04.2009 con altra società, il quale immobile non aveva subito alcuna modifica dello stato dei luoghi, quanto meno dalla data di trasferimento della proprietà in proprio favore, premesso che, in data 19.06.2015, il controinteressato aveva segnalato presunti abusi edilizi, nell’ambito della sua proprietà, producendo la seguente documentazione: - copia del titolo di compravendita della società; - copia della relazione del c. t. u.; originale fotogramma dell’I. G. M. del volo dell’1.08.1974; - originale della scheda catastale; - originario elaborato planimetrico del 7.01.1997; e che, all’esito dell’istruttoria, la P.A., in data 6.02.2018, aveva comunicato l’avvio del procedimento, volto alla “emissione di ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi di opere eseguite in assenza di titoli edilizi”, in particolare contestando la realizzazione di un capannone, ricadente sulla p.lla 503, foglio n. 20, del Comune di Olevano, in assenza del prescritto titolo abilitativo, e in riscontro alla quale comunicazione, aveva depositato articolata memoria, “con la quale ha chiarito e documentato l’epoca di costruzione di tutti gli immobili, ovvero ante 1967 e fuori dal perimetro del centro urbano”; lamentava che, ciò nonostante, con nota del 17.07.2018, la P.A., “ignorando completamente le suddette osservazioni”, aveva ordinato la “demolizione del manufatto abusivamente realizzato sul terreno, distinto al catasto terreni del Comune di Olevano sul Tusciano al foglio n. 20, p.lla n. 503, consistente in un capannone delle dimensioni di circa m. 22,00 x m. 7,00 ed altezza di m. 5,00”, “senza tuttavia considerare: - la propria estraneità nella realizzazione di tali opere; - la relativa irrilevanza edilizia; - la conformità alla disciplina di zona; - l’epoca di realizzazione”; ed articolava, avverso il provvedimento in epigrafe, le seguenti censure in diritto:
- I) VIOLAZIONE DI LEGGE (ARTT. 3 E 10 – COMMA 1, LETT. B) L. 241/1990 – ART. 97 COST.) – ECCESSO DI POTERE (DIFETTO ASSOLUTO DEL PRESUPPOSTO – DI MOTIVAZIONE – ARBITRARIETÀ – SVIAMENTO):
il provvedimento impugnato era, anzitutto, “illegittimo per difetto assoluto del presupposto ed erroneità manifesta”: a dire della P. A., infatti, “non è stata dimostrata la preesistenza del capannone in questione alla data dell’1.09.1967”; peraltro, “la documentazione versata in atti dimostra in maniera univoca che il capannone in oggetto è stato realizzato prima dell’1.09.1967”; ciò s’evinceva, in particolare, dalla seguente documentazione:
A) “RELAZIONE TECNICA PER LA RISTRUTTURAZIONE DELLA CARTIERA ALLA VIA CAMPO DELLA FRAZIONE MONTICELLO DEL COMUNE DI OLEVANO SUL TUSCIANO DI PROPRIETÀ DEL SIG. (OMISSIS)” DEL 12.03.1977:
a.1) tale relazione era stata predisposta, per il rilascio della concessione edilizia volta alla “ristrutturazione della cartiera”; in tale ambito, andava considerata la “planimetria con tabella riepilogativa delle superfici”, la quale comprendeva, tra le aree coperte, “spogliatoi, w. c. e piazzale coperto”: ebbene, “il capannone contestato rientrava tra tali aree coperte e, in considerazione dell’epoca antica di realizzazione, già nel 1977 necessitava di ristrutturazione edilizia”; la ricostruzione trovava “ulteriore conferma nel fatto che, nella medesima relazione, il tecnico abilitato ha univocamente chiarito che la volumetria sarà la stessa di quella esistente, senza alcuna alterazione”; insomma, “il capannone contestato è stato realizzato sicuramente prima del 1977”;
a.2) né valeva in contrario sostenere – come aveva fatto la P. A. – che “dall’immagine del fotogramma dell’Istituto Geografico Militare (...) volo 01.08.1974 (...) il manufatto (capannone) descritto (...) non appare raffigurato”;
a.3) la stessa P. A., infatti, rilevava che tale fotogramma non era attendibile, tenuto conto: -della qualità dell’immagine; - della quota della ripresa; - della tecnologia fotografica dell’epoca”; in ogni caso, “l’ulteriore documentazione prodotta dalla ricorrente non lasciava spazio a qualsivoglia dubbio, in ordine alla preesistenza del manufatto al 1967;
B) “RELAZIONE DI CONSULENZA TECNICA DI UFFICIO RELATIVA AL FALLIMENTO DELLA S. D. F. (OMISSIS) E DEL PRETE LIDIA DI OLEVANO SUL TUSCIANO”, DEL 26.09.1984:
b.1) con tale relazione, il c. t. u. nominato dal Tribunale di Salerno aveva stimato i beni mobili ed immobili di proprietà di (omissis), prima della relativa vendita alla società (omissis), propria dante causa; ebbene, dalla pagina n. 4 di detta relazione, s’evinceva che “il Sig. (omissis) ha proceduto di recente a trasformazioni ed ampliamenti, occupando anche le particelle 503 e 504”; tale percezione del c. t. u. (ossia la “recente” realizzazione) doveva essere considerata in rapporto alla restante parte del complesso immobiliare, risalente al 1800, e alla ristrutturazione avvenuta, a seguito del rilascio della concessione edilizia sub A); in pratica, il c. t. u. “ha considerato il capannone di recente costruzione tenuto conto: - dell’epoca di realizzazione del complesso immobiliare originario (‘800); - della ristrutturazione realizzata a seguito del rilascio della concessione edilizia del 1977”;
C) SCHEDA CATASTALE DELLA PARTICELLA N. 503 DEL FOGLIO N. 20 DEL COMUNE DI OLEVANO SUL TUSCIANO DEL 21.12.1991:
c.1) con tale documentazione, la società, propria dante causa, aveva provveduto all’accatastamento del fabbricato, sito al foglio n. 20, p.lla n. 503; in particolare, il punto “D” di tale scheda catastale, con riferimento ai “riferimenti temporali”, indicava il termine “antica”; ciò, a conferma della realizzazione, in epoca antecedente al 1967, del capannone in oggetto;
D) ATTO DI NOTORIETÀ DEL 7.12.2007:
d.1) con detto atto di notorietà, i sig.ri (omissis) hanno dichiarato: “Siamo in grado di assicurare sulla nostra coscienza e sotto la nostra più stretta responsabilità che l’intera consistenza dei volumi edilizi posti a piano terra e piano seminterrato, ubicati in Olevano sul Tusciano in località Petraia o Cartiera, sulle particelle catastali n. 7 – 503 – 504 del foglio n. 20 del Comune di Olevano Sul Tusciano, adibiti ad opificio industriale, sono di antica costruzione, antecedente l’anno 1967, realizzati dal defunto (omissis)”; tale dato dimostrava, in modo chiaro, “che la consistenza edilizia di cui alla particella n. 503 è stata realizzata in epoca antecedente al 1967”; in ogni caso, era “evidente la totale estraneità della ricorrente alla realizzazione di qualsivoglia abuso edilizio”;
E) ATTO DI COMPRAVENDITA DEL 27.04.2009:
e.1) nell’art. 7 dell’atto di compravendita del 27.04.2009 la parte venditrice espressamente dichiarava che “i lavori di costruzione del fabbricato di cui fa parte l’immobile venduto, sono stati iniziati (oltre che ultimati) anteriormente all’1.09.1967”.
In definitiva, ad avviso della ricorrente, “tutta la documentazione versata in atti conduce all’univoca conclusione che tutte le consistenze immobiliari, site nell’ambito della proprietà della ricorrente, sono state realizzate in epoca antecedente al 1967”;
II) VIOLAZIONE DI LEGGE (ARTT. 3, 10, 31 e 33 – 34 E 37 D. P. R. 380/2001) – ECCESSO DI POTERE (DIFETTO ASSOLUTO DEL PRESUPPOSTO – D’ISTRUTTORIA – ERRONEITÀ – SVIAMENTO):
sotto altro profilo, la ricorrente era “del tutto estranea alla realizzazione delle opere di cui alla disposta demolizione”; invero, nel tempo, detta consistenza immobiliare aveva subito plurimi passaggi di proprietà; in particolare: - fino al 9.12.1976, la stessa era stata di proprietà del Sig. (omissis); - dal 9.12.1976 al 26.02.1991, di proprietà del Sig. (omissis); - dal 26.02.1991 al 27.04.2009, di proprietà della società (…), propria dante causa; - dal 27.04.2009, infine, la proprietà le era stata trasferita; e, in occasione dell’acquisto della consistenza immobiliare da parte sua, non erano stati rappresentati eventuali abusi, commessi in precedenza; e, ove l’acquirente e attuale proprietario del manufatto, destinatario del provvedimento di rimozione, non sia responsabile dell’abuso, l’alienazione non sia avvenuta al solo fine di eludere il successivo esercizio dei poteri repressivi e tra la realizzazione dell’abuso, il successivo acquisto, e più ancora, l’esercizio da parte dell’autorità dei poteri repressivi, sia intercorso un lasso temporale ampio, stante il “palese stato di buona fede del privato”, l’Amministrazione doveva motivare, in ordine alla sussistenza di rilevanti esigenze pubblicistiche, tali da far ritenere recessivo lo stato di buona fede dell’attuale proprietario dell’opera abusiva (era citata giurisprudenza a sostegno); nella specie, ricorrevano, per l’appunto, i detti presupposti; inoltre, nella specie, “l’intera consistenza immobiliare di proprietà della ricorrente è stata realizzata prima del 1967”, onde l’abuso non sussisteva e comunque “la buona fede dei ricorrenti e l’assoluta estraneità alla realizzazione di qualsivoglia difformità” erano “evidenti”, venendo così meno i presupposti per l’irrogazione di qualsivoglia sanzione nei suoi confronti; (era, quindi, spiegato perché, nel caso in esame, ad avviso della ricorrente non avrebbero dovuto trovare applicazione i principi, di cui alla sentenza dell’A. P. del Consiglio di Stato, n. 9/2017);
- III) VIOLAZIONE DI LEGGE (ARTT. 3 E 10 – COMMA 1, LETT. B) DELLA L. 241/1990 – ART. 97 COST.) - ECCESSO DI POTERE (DIFETTO ASSOLUTO DEL PRESUPPOSTO – DI MOTIVAZIONE – ARBITRARIETÀ – SVIAMENTO):
il provvedimento impugnato era, poi, illegittimo per violazione dell’art. 10 – comma 1, lett. b) della l. 241/1990, ove è stato previsto l’obbligo, per la P. A., di valutare le osservazioni depositate dal privato, a seguito della comunicazione d’avvio del procedimento e, soprattutto, di controdedurre alle stesse, nell’ipotesi di mancato accoglimento, mentre nella specie ciò non era avvenuto, posto che “in seguito alla comunicazione d’avvio del procedimento, la ricorrente ha depositato articolata memoria con la quale ha rappresentato l’erroneità, nel merito, dei presupposti in virtù dei quali la P. A. ha comunicato l’avvio del procedimento di annullamento e la successiva ordinanza di demolizione”, documentando: - a) la realizzazione del capannone in epoca antecedente all’1.09.1967; - b) in ogni caso, la propria assoluta buona fede, essendo la consistenza in oggetto descritta in plurimi atti pubblici di trasferimento, intervenuti in seguito alla relativa realizzazione; ma “di tale documenti e delle osservazioni formulate dalla ricorrente non vi era alcuna traccia, nell’ambito del provvedimento impugnato”, essendosi la P. A. limitata ad assumere che “non è stata dimostrata la preesistenza del capannone in questione alla data dell’1.09.1967”, senza alcuna effettiva valutazione della documentazione depositata dalla ricorrente, e conseguente violazione della normativa rubricata (era citata giurisprudenza a sostegno);
- IV) VIOLAZIONE DI LEGGE (ARTT. 3, 10, 31 E 34 D.P.R. 380/2001) – ECCESSO DI POTERE (DIFETTO ASSOLUTO DEL PRESUPPOSTO – D’ISTRUTTORIA – ERRONEITÀ – SVIAMENTO):
in ogni caso, anche a voler ritenere che il capannone fosse stato realizzato in epoca successiva al 1967, la disposta demolizione sarebbe stata in ogni caso illegittima, secondo la ricorrente, per i seguenti motivi: “Il d. P. R. 380/2001, con efficacia innovativa sul punto, ha parzialmente modificato i titoli edilizi previsti dalla disciplina previgente; il riferimento, per quanto di interesse, andava all’art. 10 – comma 1, ove sono elencati gli interventi subordinati al permesso di costruire e, tra questi “a – gli interventi di nuova costruzione”; ai fini dell’individuazione dell’esatta portata delle singole categorie edilizie, lo stesso testo unico, all’art. 3, ha definito, in dettaglio, ciascun intervento; e gli “interventi di nuova costruzione” sono descritti alla lett. e) del predetto art. 3, in virtù del quale, con riferimento alle opere di natura pertinenziale, sono da considerarsi interventi di nuova costruzione “e6) gli interventi pertinenziali che le norme tecniche degli strumenti urbanistici (...) qualifichino come interventi di nuova costruzione ovvero che comportino la realizzazione di un volume superiore al 20% del volume dell’edificio principale”, con l’ovvia conseguenza, a contrario, che gli interventi di natura pertinenziale che non superano il 20% della volumetria dell’immobile principale non sono riconducibili agli interventi di nuova costruzione e, quindi, non sono assoggettati al regime del permesso di costruire, ai sensi dell’art. 10 – comma 1 – d. P. R. 380/2001”; orbene, “l’ordinanza di demolizione impugnata attiene ad opere del tutto irrilevanti sotto il profilo volumetrico e/o, comunque, di pertinenza dell’immobile principale, regolarmente assentito”; era del pari pacifica “l’assenza di qualsiasi incremento volumetrico e, quindi, il mancato superamento del parametro del 20% della volumetria dell’immobile principale”; ne conseguiva, in base al combinato disposto di cui agli artt. 3 – comma 1 lett. e) e 10 - comma 1 lett. a), che le opere oggetto dell’ordinanza impugnata erano riconducibili agli “interventi di edilizia libera”;
- V) VIOLAZIONE DI LEGGE (ARTT. 31 D.P.R. 380/2001 E 3 L. 241/1990 – ART. 97 COST.) – ECCESSO DI POTERE (DIFETTO ASSOLUTO DEL PRESUPPOSTO – DI MOTIVAZIONE – ARBITRARIETÀ – SVIAMENTO):
ai fini dell’irrogazione della sanzione della demolizione, non era sufficiente l’esistenza di un mero interesse al ripristino della legalità violata, dovendo essere dimostrata l’esistenza di ragioni di pubblico interesse, concrete ed attuali, prevalenti sull’interesse del privato al mantenimento delle opere realizzate; l’Amministrazione, cioè, era tenuta a fornire una congrua motivazione, circa l’esistenza dell’interesse pubblico che l’aveva indotta ad irrogare la sanzione della demolizione, e ciò, soprattutto, allorquando, come nella specie, si trattava di opere, preesistenti da oltre 50 anni e che avevano incidenza, urbanistica ed edilizia, praticamente nulla (era citata giurisprudenza a sostegno); ciò era ancora più vero allorché, come nel caso concreto, l’esistenza della costruzione fosse nota, all’Amministrazione, da oltre quarant’anni, sicché l’affidamento del privato (peraltro acquirente dal costruttore) risultava “ancora più evidente”; mentre “di siffatta motivazione non vi è traccia nel provvedimento impugnato”;
VI) VIOLAZIONE DI LEGGE (ARTT. 6 E SS. D.P.R. 380/2001 – ART. 3 L. 241/1990) – ECCESSO DI POTERE (DIFETTO ASSOLUTO DEL PRESUPPOSTO – D’ISTRUTTORIA – TRAVISAMENTO – SVIAMENTO):
il Comune di Olevano sul Tusciano, con il provvedimento impugnato, aveva applicato la sanzione demolitoria, di cui all’art. 31 d. P. R. 380/2001, senza alcuna ulteriore indicazione, in merito alle ragioni che l’avevano indotto all’irrogazione di tale – più grave – sanzione; in pratica, “il provvedimento impugnato non contiene alcuna qualificazione giuridica delle opere contestate”, con conseguente illegittimità dello stesso, per difetto assoluto di motivazione (art. 3 l. 241/1990);
- VII) VIOLAZIONE DI LEGGE (ARTT. 27 E 37 D.P.R. 380/2001) – ECCESSO DI POTERE (DIFETTO ASSOLUTO D’ISTRUTTORIA – DEL PRESUPPOSTO – ERRONEITÀ – TRAVISAMENTO):
per le opere, oggetto dell’ordinanza impugnata, doveva altresì rilevarsi “la conformità al vigente strumento urbanistico”, dovendo allora, la P. A., motivare in ordine all’irrogazione della demolizione, “ogni qualvolta l’opera risulti, come nella specie, comunque conforme alla disciplina di zona”; e ciò, ad avviso della ricorrente, “a prescindere dalla richiesta del privato di sanatoria”;
- VIII) VIOLAZIONE DI LEGGE (ARTT. 27, 31 E 33 D.P.R. 380/2001, IN REL. ART. 3 L. 241/1990 – ART. 97 COST.) – ECCESSO DI POTERE (DIFETTO ASSOLUTO DEL PRESUPPOSTO – ARBITRARIETÀ – SVIAMENTO):
l’ordinanza era “generica ed immotivata” e non dava conto delle prescrizioni urbanistiche eventualmente violate, il che, del pari, rendeva il provvedimento impugnato illegittimo, per difetto assoluto di motivazione.
Il Comune di Olevano sul Tusciano non si costituiva in giudizio.
Con ordinanza, resa all’esito dell’udienza in camera di consiglio del 21.11.2018, la Sezione accoglieva la domanda cautelare, proposta dalla ricorrente, e compensava le spese di fase, con la seguente motivazione: “Rilevato che al danno irreparabile, paventato in ricorso, può ovviarsi, in sede cautelare, disponendo la sospensione degli effetti dell’ordinanza di demolizione gravata, onde pervenire alla definizione del contesto, re adhuc integra; Rilevato che la peculiarità della specie impone la compensazione delle spese di fase”.
Seguiva, nell’imminenza della discussione, la produzione di memoria riepilogativa, per la ricorrente.
Alla pubblica udienza del 4.03.2020, il ricorso passava in decisione.
DIRITTO
Ritiene il Collegio come, ai fini della decisione, s’imponga una preliminare ricognizione del contenuto del provvedimento (l’ordinanza di demolizione del Comune di Olevano sul Tusciano, precisata in epigrafe) impugnato.
In essa, il Responsabile dell’Area Urbanistica del prefato Comune,
“- Vista la relazione dell’U.T.C. assunta al protocollo generale in data 16.03.2016 al n. 2059 (…);
- Rilevato che:
- con esposto del 19.06.2015, prot. n. 4653, il (controinteressato) segnalava i seguenti presunti abusi edilizi eseguiti su immobili siti alla via Festola, presso l’ex opificio Cartiera (…), e precisamente:
- a) Realizzazione totalmente priva di qualsiasi atto di concessione edilizia e/o condono del capannone, meglio rappresentato nell’allegata tavola grafica (All. n. 1);
- b) Apertura di un ampio vano porta carrabile (All. n. 1);
- c) Ampliamento del vano porta posto all’incrocio nord – est dei due adiacenti corpi (All. n. 1);
- d) Realizzazione totalmente priva di qualsiasi atto di concessione edilizia e/o condono del casotto posto al limite del piazzale condominiale (All. n. 2).
A supporto di quanto asserito, veniva allegata la seguente documentazione:
Copia del titolo di compravendita della società ricorrente (…);
Copia della relazione del c. t. u. (…);
Originale del fotogramma dell’Istituto Geografico Militare, prot. n. 5298/07 n. 198-1974, volo dell’1.08. 1974;
Originaria scheda catastale allegata al Mod. D n. 88 a firma del P. Agr. (…);
Originario elaborato planimetrico del 7.01.1997 a firma del P. Agr. (…);
con nota del 24.06,2015, prot. n. 4814, l’Ufficio Tecnico invitava il (legale rappresentante della società ricorrente) a voler comunicare il giorno e l’ora per effettuare sopralluogo tecnico agli immobili indicati, per gli accertamenti del caso;
il mancato riscontro della richiesta non ha consentito l’accesso ai luoghi (…).
- Accertato, dalla documentazione in atti, che:
-in data 20.05.1977, prot. n. 953, a seguito di richiesta del 13.04.1977, prot. n. 953, veniva rilasciata concessione edilizia n. 4/25 al sig. (…) per la ristrutturazione di un complesso industriale in via Festola/Campo; nella suddetta concessione viene esplicitato che: “Trattasi di lavori dl ristrutturazione di un complesso industriale già esistente i cui lavori non comportano alterazione del volume”;
- negli elaborati tecnici contenuti nel fascicolo della richiesta di concessione edilizia del 13.04.1977, prot, n. 953, il manufatto (capannone) sopra descritto con la lett. a), indicato nella tavola grafica (all. 1) acclusa all’esposto a firma del (controinteressato), non risulta rappresentato ugualmente il casotto posto sull’area condominiale, sopra descritto con la lett. d), indicato nella tavola grafica (all. 2) acclusa all’esposto;
- inoltre, dall’originale del fotogramma dell’Istituto Geografico Militare, prot. n. 5298/07, n. 198-1974, volo dell’1.08.1974, prodotto dal (controinteressato) in data 19.06.2015 – per quanto è possibile desumere, considerata la qualità dell’immagine, la quota di ripresa e la tecnologia fotografica dell’epoca – il manufatto (capannone) sopra descritto con la lett. a) non appare raffigurato, mentre sembra essere raffigurato il casotto descritto in premessa con la lett. d).
- Constatato, dalla documentazione sopra spiegata, che, alle date sopra esplicitale: - il capannone di cui alla lett. a) non risultava edificato; - il casotto di cui al punto d), salvo eventuali errori d’interpretazione del fotogramma dell’IGM (per i motivi sopra esplicitati e per l’esiguità del manufatto), dovrebbe essere stato edificato antecedentemente alla data dell’1.08.1974, ribadendo che però non risulta rappresentato nei grafici, allegati alla richiesta di concessione edilizia del 13.07.1977.
- Dato atto che:
- la mancanza d’accesso ai luoghi non ha consentito di accertare i segnalati abusi edilizi di cui ai punti b) - Apertura dl un ampio vano porta carrabile - e c) - Ampliamento del vano porta posto all’incrocio nord – est dei due adiacenti corpi -;
- le dimensioni e la tipologia costruttiva dei manufatti, di cui alle lett. a) e d), dovrebbero essere quelle indicate nella relazione del Comando Vigili datata 22.08.2007, prot. 39/E, e nel verbale di sopralluogo dell’U. T. C. – Comando Vigili del 24.06.2008, prot. n. 7320, e precisamente: mt. 22,00 x mt. 7,00 ed altezza di ml. 5,00 (capannone); m. 4.00 x m. 4.00 ed altezza di mt. 2.50 (casotto), salve eventuali modifiche e/o trasformazioni postume alle date di accertamento;
- gli immobili di cui trattasi, dall’atto di compravendita stipulato con scrittura privata del 27.04.2009, prodotto in copia dal (controinteressato), risultano appartenere alla società (ricorrente); (…);
- all’art. 7 della citata scrittura privata (dichiarazioni urbanistiche) viene riportato che: “I lavori di costruzione del fabbricato di cui fa parte l’immobile venduto, sono stati iniziali (oltre che ultimati) anteriormente al l settembre 1967”;
- catastalmente l’immobile di cui alla lett. a) ricade sulla particella n. 503 del foglio 20 – come desunto dall’allegato prodotto in copia dal (controinteressato) (porzione del capannone rappresentato sulla planimetria catastale) – mentre il casotto di cui alla lett. d) è posto sul piazzale antistante il fabbricato.
- Ritenuto, per quanto accertato dalla documentazione in atti e dalla documentazione allegata all’esposto, che il capannone ricadente sulla particella catastale n. 503 del foglio 20, sopra descritto alla lett, a), è stato edificato successivamente al 1° settembre 1967, in assenza di titoli edilizi;
- Vista la comunicazione d’avvio del procedimento, teso all’emissione di ordinanza di demolizione e ripristino dello stato dei luoghi di opere, eseguite in assenza di titoli edilizi, ai sensi degli artt. 7 e seguenti della legge 7.08.1990 n. 241, regolarmente notificata al (legale rappresentante della società ricorrente);
- Esaminate le memorie, ex art. 10 della legge 241/90, e i relativi allegati, prodotte dal (legale rappresentante della società ricorrente), assunte al protocollo generale in data 28.05.2018, al n. 4360;
- Ritenute prive di pregio le memorie anzidette, poiché non è stata dimostrata la preesistenza del capannone in questione alla data dell’1.09.1967;
- Ritenuto che ricorrono i presupposti per ordinare al proprietario dell’immobile la demolizione delle opere abusive ed il ripristino dello stato dei luoghi, precedente l’esecuzione degli abusi, ai sensi dell’art. 31 del d. P. R. 380/2001;
(…)
ordinava al legale rappresentante della società ricorrente “di provvedere, a propria cura e spese, alla demolizione del manufatto abusivamente realizzato (…) consistente in un capannone delle dimensioni di circa m. 22,00 x m. 7,00 ed altezza di m. 5,00.
La demolizione delle opere abusive indicate dovrà avvenire a cura e spese della proprietaria nel termine di giorni 90 (novanta) dalla data di notifica del presente provvedimento (…)”.
Tal essendo il contenuto del provvedimento gravato, risulta fondata – e dirimente – la doglianza, sopra rubricata sub III), con la quale è stato denunziato il malgoverno, da parte del Comune intimato, delle disposizioni di cui agli artt. 3, 7 e 10 della l. 241/90, in tema di obbligo di motivazione e comunicazione d’avvio del procedimento, in relazione all’omessa valutazione, da parte dell’ente, delle memorie controdeduttive prodotte dalla società ricorrente, all’esito della ricezione dell’avviso dell’inizio del procedimento, e tese a dimostrare – sulla base dei supporti documentali e probatori dettagliatamente esposti nel contesto della doglianza, di cui sopra sub I) – la legittimità, ai fini urbanistico – edilizi, del capannone, di cui è stata ingiunta la demolizione.
A fronte, in particolare, della consistenza degli elementi probatori, addotti da parte ricorrente al fine di dimostrare la preesistenza della citata consistenza edilizia, come riportati nel contesto della prefata censura dell’atto introduttivo del giudizio, e sostanzialmente corrispondenti al contenuto della memoria ex art. 10 l. 241/90, depositata dalla medesima ricorrente, al Comune di Olevano sul Tusciano, in data 27.05.2018, il Responsabile dell’Area Urbanistica avrebbe dovuto motivare in maniera approfondita ed adeguata, circa le ragioni per le quali tali elementi non erano tali da dimostrare l’edificazione del cespite immobiliare de quo alla data fatale dell’1.09.1967.
Al contrario, il dirigente comunale s’è limitato, in maniera anodina e del tutto priva di giustificazione, ad affermare lapidariamente, nel contesto dell’ordinanza di demolizione del medesimo: “Esaminate le memorie, ex art. 10 della legge 241/90, e i relativi allegati, prodotte dal (legale rappresentante della società ricorrente), assunte al protocollo generale in data 28.05.2018, al n. 4360” e “Ritenute prive di pregio le memorie anzidette, poiché non è stata dimostrata la preesistenza del capannone in questione alla data dell’1.09.1967”.
In tal modo, peraltro, l’Amministrazione s’è praticamente sottratta all’obbligo di motivare circa il mancato accoglimento delle osservazioni del privato, spiegando in dettaglio le ragioni per le quali, nonostante gli elementi probatori addotti dalla ricorrente e consacrati nella memoria controdeduttiva di cui sopra, pur tuttavia gli stessi non erano tali da rappresentare idonea dimostrazione dell’edificazione del capannone ante 1967.
Né può ritenersi che la motivazione, precedentemente offerta dal Responsabile dell’Area Urbanistica e sostanzialmente fondata sulla documentazione, di segno contrario, prodotta dal controinteressato in allegato al suo esposto, con cui lo stesso denunziava i presunti abusi edilizi de quibus, potesse esimere lo stesso dirigente comunale dall’onere di adeguata giustificazione suddetto.
E ciò, per la semplice ma decisiva ragione che occorreva una dettagliata comparazione dei dati, emergenti dalla documentazione esibita dal controinteressato (ritenuta immotivatamente decisiva) e quelli, addotti dalla ricorrente in chiave difensiva, onde dimostrare la legittimità del cespite immobiliare in oggetto, e tanto al fine di assolvere in maniera adeguata e legittima all’obbligo di congrua motivazione, che deve accompagnarsi all’emanazione di qualsivoglia provvedimento amministrativo, ivi compresa – evidentemente – l’ordinanza ex artt. 31 e ss. d. P. R. 380/2001.
Del resto, non rileva che la giurisprudenza sia prevalentemente orientata, nel senso della non necessità, in generale, dell’invio al destinatario della comunicazione, ex art. 7 l. 241/90, nel caso di provvedimenti che irrogano sanzioni edilizie: le circostanze che, in ogni caso, nella specie, tale comunicazione sia stata, pur tuttavia, inviata alla ricorrente, e che, alla stessa, abbia fatto seguito il deposito di articolate controdeduzioni, implica – evidentemente – che il Comune avrebbe dovuto necessariamente, a quel punto, esaminarle e valutarle, onde supportare, in modo razionale e convincente, la determinazione finale adottata.
Tra l’altro, ed al netto di quanto sinora osservato, non può sottacersi la natura perplessa della stessa motivazione, addotta a supporto della medesima determinazione conclusiva del procedimento, quanto meno nella parte in cui si riportano gli esiti dell’aerofotogrammetria, relativa al volo dell’I. G. M. dell’1.08.1974 (“per quanto è possibile desumere, considerata la qualità dell’immagine, la quota di ripresa e la tecnologia fotografica dell’epoca”), ai quali esiti, pure, è stato assegnato, dall’ente, decisivo rilievo, al fine di pervenire alla conclusione dell’edificazione del cespite immobiliare in questione, dopo l’1.09.1967.
Né tampoco il Comune intimato ha ritenuto di costituirsi in giudizio, in tal modo mancando d’offrire una spiegazione del perché le suddette osservazioni, promananti dal privato, non erano state affatto valutate, il che avrebbe potuto, eventualmente, assumere rilievo, non certamente ai fini d’offrire, all’atto impugnato, una motivazione postuma, bensì, se del caso, ai fini dell’operatività, nella specie, della sanatoria dei vizi formali, ex art. 21 octies cpv., secondo alinea, l. 241/90 (“Il provvedimento amministrativo non è comunque annullabile per mancata comunicazione dell'avvio del procedimento qualora l'amministrazione dimostri in giudizio che il contenuto del provvedimento non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato”: ipotesi alla quale può essere assimilata, ad avviso del Collegio, quella della mancata presa in carico delle osservazioni difensive, rassegnate dal destinatario del provvedimento finale, dopo la ricezione dell’avviso d’inizio del procedimento).
Confortano, del resto, la decisione del Tribunale le seguenti massime, espressione di orientamenti consolidati in giurisprudenza: “L’art. 10, l. n. 241 del 1990 configura come un vero e proprio diritto dell'interessato la facoltà di "presentare memorie scritte e documenti, che l'amministrazione ha l'obbligo di valutare ove siano pertinenti all'oggetto del procedimento". Pertanto, mentre nel caso di esercizio di tale diritto sorge l'obbligo dell'Amministrazione di tenere nella dovuta considerazione le osservazioni dell'interessato, di converso non può ritenersi che il mancato esercizio del diritto si traduca in una sorta di acquiescenza rispetto all'esercizio del potere preannunciato con la comunicazione di avvio del procedimento, in carenza di espressa previsione normativa in tal senso” (T. A. R. Trentino – Alto Adige – Trento, Sez. I, 10/11/2017, n. 302); “Il dovere di esame delle memorie prodotte dall'interessato a seguito della comunicazione di avvio del procedimento non comporta la confutazione analitica delle allegazioni presentate dall'interessato, purché il provvedimento finale sia corredato da una motivazione che renda nella sostanza percepibili le ragioni del mancato adeguamento dell'azione amministrativa a quelle osservazioni; pertanto, l'Amministrazione, nell'adottare un provvedimento, non è tenuta a riportare il testo integrale delle deduzioni del potenziale destinatario, essendo sufficiente che le valuti nel loro complesso o per questioni omogenee” (Consiglio di Stato, Sez. IV, 1/03/2017, n. 941); “La funzione della partecipazione del cittadino al procedimento amministrativo mediante la prospettazione di osservazioni e controdeduzioni è quella di far emergere gli interessi, anche spiccatamente privati, che sottostanno all'azione amministrativa discrezionale, in modo da orientare correttamente ed esaustivamente la stessa scelta della Pubblica amministrazione mediante una ponderata valutazione di tutti gli interessi, pubblici e privati, in gioco per il raggiungimento della maggiore soddisfazione possibile dell'interesse pubblico; se ciò non comporta che l'Amministrazione sia tenuta ad accogliere le osservazioni del privato, un rilievo invalidante del provvedimento amministrativo deve invece riconoscersi quando sia provato che l'Amministrazione non abbia neppure esaminato le osservazioni e le controdeduzioni formulate dall'interessato a seguito della rituale comunicazione dell'avviso di avvio del procedimento” (T. A. R. Piemonte, Sez. I, 30/06/2011, n. 718).
In conformità alle suddette considerazioni, assorbenti d’ogni altro profilo di censura, il ricorso va accolto e il provvedimento gravato va, di conseguenza, annullato.
Le spese seguono la soccombenza del Comune di Olevano sul Tusciano, e sono liquidate come in dispositivo, laddove emergono eccezionali motivi per compensarle, quanto al controinteressato, estraneo al rilevato illegittimo esercizio del potere, da parte dell’Amministrazione.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania – Sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, l’accoglie, nei sensi di cui in motivazione, e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.
Condanna il Comune di Olevano sul Tusciano al pagamento, in favore della società ricorrente, di spese e compensi di lite, che complessivamente liquida in € 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre accessori come per legge, e lo condanna altresì al rimborso, in favore della stessa ricorrente, del contributo unificato versato.
Spese compensate, quanto al controinteressato.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso, in Salerno, nella camera di consiglio del giorno 4 marzo 2020, con l’intervento dei magistrati:
Maria Abbruzzese, Presidente
Paolo Severini, Consigliere, Estensore
Igor Nobile, Referendario