Cass. Sez. III n. 30583del 11 luglio 2014 (Ud. 3 giu. 2014)
Pres. Squassoni Est. Andreazza Ric. Briganti ed altro
Rifiuti. Discarica abusiva o non autorizzata

E' configurabile il reato di discarica non autorizzata o abusiva nel caso di abbandono reiterato di rifiuti anche se il loro deposito abbia durata inferiore ad un anno, in quanto la protrazione del deposito dei rifiuti per un periodo superiore all’anno non individua un elemento costitutivo della fattispecie, in particolare non incidendo l'equiparazione del deposito temporaneo protrattosi per oltre un anno alla realizzazione di una discarica, contenuta nell'art. 2 del D. Lgs. 13/01/2003, n. 36, sulla configurabilità del reato di discarica abusiva ove si sia appunto in presenza, come nella specie, di un abbandono reiterato di rifiuti

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 26/04/2013 la Corte d'Appello di Lecce ha confermato la sentenza del Tribunale di Lecce di condanna di B.A. e B.L. per i reati di cui al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 1, lett. b), e comma 2 (capo a) in relazione alla realizzazione di discarica abusiva e art. 349 c.p. (capo c).

2. Hanno presentato ricorso gli imputati.

Con un primo motivo lamentano la mancanza e contraddittorietà della motivazione in ordine alla individuazione dei presupposti della fattispecie di reato di cui al capo a) non essendo dato rinvenire nella sentenza quali siano state le opere di realizzazione della discarica e se i giudici abbiano ritenuto sussistere il necessario degrado dell'area interessata. Lamentano che la sentenza impugnata non ha offerto elementi per ritenere superato il termine di durata annuale del deposito dei materiali e perchè detto deposito abbia integrato l'ipotesi di discarica e non le diverse ipotesi previste dall'art. 256, tanto più non essendo stata individuata una struttura organizzativa ed un comportamento ripetuto nel tempo. E' inoltre mancata ogni risposta alle doglianze contenute nell'atto d'appello relativamente, tra l'altro, alla mancanza del requisito di ingente quantità, alla natura del materiale non rientrante nella categoria dei rifiuti, ma in materiale da riutilizzare o da destinare allo smaltimento selettivo, alla prova della non definitività dell'abbandono dei rifiuti attraverso dati documentali del tutto pretermessi, alla contiguità dell'area all'abitazione dei ricorrenti e all'uso della stessa per il parcheggio di macchine e di mezzi utilizzati per l'esercizio di attività imprenditoriale.

3. Con un secondo motivo, in riferimento al delitto contestato al capo c), lamenta il mancato accertamento in ordine al fatto che sia stato B.L. a rimuovere i sigilli ovvero ad utilizzare l'area sottoposta a sequestro, essendo stata la sua responsabilità unicamente tratta dalla sua qualità di custode dell'area stessa.

4. Con un terzo motivo lamenta carenza di motivazione in ordine alla sussistenza dell'aggravante teleologica contestata al capo b) non affermando nulla la sentenza impugnata sulla finalità della violazione dei sigilli.

5. Con un quarto motivo lamenta che la Corte non abbia adeguatamente considerato alcune circostanze che avrebbero dovuto condurre al riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche non essendo sufficiente l'esistenza, per B.L., di un precedente penale per contravvenzione in materia edilizia; nè la Corte ha considerato che egli, insieme al fratello B.A., dopo la consumazione dei reati si è attivato per eliminare o limitare il danno mediante l'avvio, presso gli uffici della provincia di Lecce, della procedura per ottenere l'autorizzazione alla rimozione dei rifiuti e alla bonifica dell'area.


CONSIDERATO IN DIRITTO

6. Il primo motivo è inammissibile perchè ripropositivo di doglianza già puntualmente disattesa dalla Corte territoriale e comunque manifestamente infondato.

La Corte territoriale ha spiegato in termini esaustivi e logici come dalle risultanze probatorie sia emersa una situazione di abbandono reiterato e prolungato di una ingente quantità di rifiuti, di tipologia assai differenziata, depositata alla rinfusa in una pluralità di cumuli, contenenti materiale spesso corroso dalla ruggine e sovrastato da sterpaglia ed erbacce, con complessivo degrado dell'area; di qui, tra l'altro, la congruente conclusione, del tutto in linea con le pronunce di questa Corte che hanno tracciato i criteri distintivi tra le varie condotte afferenti la gestione dei rifiuti, in ordine alla esclusione delle ipotesi, invocate dalla Difesa in alternativa, di deposito preliminare, di messa in riserva o di deposito incontrollato (cfr. Sez. 3, n. 49911 del 10/11/2009, Manni, Rv. 245865); quanto poi al deposito temporaneo, va ricordato come, secondo l'orientamento di questa Corte, sia configurabile il reato di discarica non autorizzata o abusiva nel caso di abbandono reiterato di rifiuti anche se il loro deposito abbia durata inferiore ad un anno, in quanto la protrazione del deposito dei rifiuti per un periodo superiore all'anno non individua un elemento costitutivo della fattispecie, in particolare non incidendo l'equiparazione del deposito temporaneo protrattosi per oltre un anno alla realizzazione di una discarica, contenuta nel D.Lgs. 13 gennaio 2003, n. 36, art. 2, sulla configurabilità del reato di discarica abusiva ove si sia appunto in presenza, come nella specie, di un abbandono reiterato di rifiuti (Sez. 3, n. 9849 del 29/01/2009, Gonano, Rv. 243116).

7. Anche il secondo motivo è inammissibile.

Questa Corte ha più volte affermato che il custode giudiziario, per la sua qualità di soggetto destinatario di uno specifico obbligo di vigilanza sulla cosa affinchè ne venga assicurata o conservata l'integrità, risponde della violazione di sigilli a meno che non dimostri che si verte in ipotesi di caso fortuito o di forza maggiore (Sez. 3, n. 29040 del 20/02/2013, Conti e altro, Rv. 256670; Sez. 3, n. 19424 del 24/05/2006, Donato, Rv. 233830).

Nella specie la Corte territoriale, ha logicamente tratto la responsabilità dell'imputato B.L., nominato appunto custode, dalla circostanza fattuale del continuo controllo dell'area, prospiciente la sua abitazione, ove venne portato il materiale non presente in occasione del sopralluogo del (OMISSIS) e segnatamente rappresentato da un centinaio di basoli, da due enormi pietre di forma cubica e da grossi tubi in ghisa e altri rifiuti ferrosi; tale conclusione appare ancor più logica attesa la quantità e varietà del materiale apportato sull'area.

Sicchè, anche a volere considerare il motivo di ricorso, intriso di valutazioni attinenti al piano puramente fattuale, sotto il solo profilo del vizio motivazionale, lo stesso è comunque manifestamente infondato.

8. Il terzo motivo è inammissibile ex art. 606 c.p.p., comma 3, in quanto non dedotto con l'atto di appello.

9. Il quarto motivo, infine, è parimenti inammissibile.

A fronte del principio, reiteratamente affermato da questa Corte, secondo cui, ai fini della concessione o del diniego delle circostanze attenuanti generiche, il giudice può limitarsi a prendere in esame, tra gli elementi indicati dall'art. 133 c.p., quello che ritiene prevalente ed atto a determinare o meno il riconoscimento del beneficio, sicchè anche un solo elemento attinente alla personalità del colpevole o all'entità del reato ed alle modalità di esecuzione di esso può essere sufficiente in tal senso (cfr. Sez.2, n. 3609 del 18/01/2011, Sermone e altri, Rv. 249163). Nella specie, quindi, correttamente, i giudici d'appello hanno valorizzato, in senso negativo, l'elemento della sussistenza, a carico degli imputati, di un precedente specifico a fronte del quale, dunque, le considerazioni svolte in ricorso con riferimento alla richiesta di autorizzazione per la rimozione dei rifiuti appaiono recessive e insufficienti a fondare la richiesta di annullamento della sentenza.

10. L'inammissibilità del ricorso comporta la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 in favore della Cassa delle ammende.


P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 in favore della Cassa delle ammende.

Così deciso in Roma, il 3 giugno 2014.
Depositato in Cancelleria il 11 luglio 2014