Cass. Sez. III n. 36367 del 23 agosto 2019 (UP 5 apr  2019)
Pres. Izzo  Est. Cerroni Ric. Bernardi
Rifiuti.Pratica della fertirrigazione

La fertirrigazione, quale presupposto di sottrazione delle deiezioni animali alla disciplina sui rifiuti, richiede, in primo luogo, l’esistenza effettiva di colture in atto sulle aree interessate dallo spandimento, nonché l’adeguatezza di quantità e qualità degli effluenti e dei tempi e modalità di distribuzione al tipo e fabbisogno delle colture e, in secondo luogo, l’assenza di dati sintomatici di una utilizzazione incompatibile con la fertirrigazione, quali, ad esempio, lo spandimento di liquami lasciati scorrere per caduta a fine ciclo vegetativo


RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 7 maggio 2018 la Corte di Appello di Lecce ha confermato la sentenza del 30 marzo 2016 del Tribunale di Brindisi resa in esito a giudizio abbreviato, in forza della quale Antonio Lucio Bernardi era stato condannato, quale amministratore unico della s.r.l. Orta.Vin.Oil., alla pena di mesi due di arresto per il reato di cui agli artt. 81 capoverso cod. pen. e 256, comma 1, lett. a) d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, stante lo smaltimento in proprio fondo delle acque di lavaggio delle olive e di vegetazione.
2. Avverso la predetta decisione è stato proposto ricorso per cassazione con tre motivi di impugnazione.
2.1. Col primo motivo il ricorrente ha osservato che il fondo sul quale avveniva lo spandimento era oggetto di relativa autorizzazione allo spandimento stesso, e l’azienda di cui lo stesso ricorrente era legale rappresentante era tra quelle autorizzate al riutilizzo agronomico delle acque di vegetazione del frantoio. Al più la condotta avrebbe potuto integrare la violazione sanzionata in via amministrativa dall’art. 8 della legge 11 novembre 1996, n. 574.
2.2. Col secondo motivo, invocando sempre vizio di legge e motivazionale, il ricorrente ha in ogni caso osservato che doveva al più applicarsi la speciale fattispecie di cui all’art. 137, comma 14, del d.lgs. 152 cit., idonea a sanzionare l’utilizzo agronomico delle acque di vegetazione con modalità non corrette. In specie, il comportamento sanzionato sarebbe consistito nell’avere proceduto allo spandimento tramite collettamento diretto e continuo e non tramite autobotte.
In ogni caso avrebbe dovuto operare la speciale causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen., in ragione dell’occasionalità della condotta, in sé incidente sul giudizio di ridotta offensività del fatto, tenuto anche conto della condotta successiva di corretto spandimento dei reflui residui.
2.3. Col terzo motivo infine è stata lamentata l’omessa motivazione in ordine alla mancata concessione delle attenuanti generiche ed all’invocata applicazione della sola pena pecuniaria dell’ammenda, tenuto conto della modestia oggettiva del fatto, nonché dell’impossibilità, per ragioni meramente cronologiche, di fruire della speciale causa di estinzione prevista dall’art. 318-bis e seguenti T.U. ambiente, siccome prevista dalla legge 22 maggio 2015, n. 68.
2.3.1. E’ stata altresì depositata memoria ad integrazione del terzo motivo di ricorso, in relazione alla novella legislativa di modifica dell’art. 442, comma 2, cod. proc. pen..
3. Il Procuratore generale ha concluso nel senso dell’annullamento della sentenza quanto al trattamento sanzionatorio, stante la previsione più favorevole di cui all’art. 442 comma 2 cod. proc. pen., e per l’inammissibilità nel resto.

CONSIDERATO IN DIRITTO

4. Il ricorso va accolto nei limitati termini di seguito indicati.
4.1. In ordine al primo motivo di censura, è insegnamento risalente che la pratica della “fertirrigazione”, la cui disciplina si pone in deroga alla normativa sui rifiuti, presuppone l’effettiva utilizzazione agronomica delle sostanze e la compatibilità di condizioni e modalità di utilizzazione delle stesse con tale pratica (Sez. 3, n. 15043 del 22/01/2013, Goracci, Rv. 255248). Allo stesso tempo, quanto alla fertirrigazione quale presupposto di sottrazione delle deiezioni animali alla disciplina sui rifiuti, è stato appunto affermato da questa Corte che la pratica richiede, in primo luogo, l’esistenza effettiva di colture in atto sulle aree interessate dallo spandimento, nonché l’adeguatezza di quantità e qualità degli effluenti e dei tempi e modalità di distribuzione al tipo e fabbisogno delle colture e, in secondo luogo, l’assenza di dati sintomatici di una utilizzazione incompatibile con la fertirrigazione, quali, ad esempio, lo spandimento di liquami lasciati scorrere per caduta a fine ciclo vegetativo (Sez. 3, n. 5039 del 17/01/2012, Di Domenico, Rv. 251973; Sez. 3, n. 40782 del 06/05/2015, Valigi, Rv. 264991).
4.1.1. In specie, entrambi i provvedimenti di merito hanno escluso che lo sversamento delle acque con materiale palabile avesse effetto alcuno di utilità agronomica, proprio in ragione delle modalità dello spandimento (continuo ed incontrollato e destinato ad un solo determinato punto del fondo ricevente, rappresentato quest’ultimo da un terreno agricolo coperto da vegetazione di macchia mediterranea, e quindi privo di coltivazioni in atto). Né in proposito possono evocarsi in questa sede differenti considerazioni in fatto, laddove in realtà l’unica divaricazione tra le due sentenze di merito è stata legata alla verifica della proprietà del fondo oggetto dello sversamento, accreditata al Comune di Erchie da parte del Tribunale ed invece individuata nell’azienda del ricorrente da parte della Corte territoriale.
4.2. Del pari, e per analoghe ragioni, va disatteso anche il secondo motivo di ricorso, che appunto si collega all’auspicato riconoscimento di una fertirrigazione in realtà esclusa con motivazione adeguata, tant’è che i rilievi in fatto siccome svolti, e che davano conto dell’assenza dell’utilizzazione agronomica, non hanno ricevuto alcuna puntuale smentita.
4.2.1. Al riguardo, vero è, altresì, che il riconoscimento della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto non è precluso dall’esistenza di precedenti penali gravanti sull’imputato, pur quando, sulla base di essi, si sia applicata una pena superiore al minimo edittale, atteso che i parametri di valutazione di cui all’art. 131-bis cod. pen. hanno natura e struttura oggettiva, ed operano su un piano diverso da quelli sulla personalità del reo (Sez. 3, n. 35757 del 23/11/2016, dep. 2017, Sacco, Rv. 270948). Ciò non toglie, peraltro, che sfugge del tutto il senso della “particolare” tenuità del fatto, laddove è stato altresì sottolineato dalla Corte territoriale l’utilizzo all’uopo di uno strumentario non proprio marginale (una pompa elettrica, un tubo di oltre duecento metri), circostanza invero rilevante a norma dell’art. 133, comma 1, n. 1, cod. pen.. Sì che, se l’episodio è senz’altro modesto, il rilievo oggettivo si pone come fattore di sicura esclusione dell’invocato istituto.  
4.3. Analogamente, quanto al terzo motivo, il ricorso è infondato.
In proposito, infatti, non sono state allegate ragioni di sorta idonee a ravvisare la riconoscibilità delle attenuanti generiche, ed invero nell’atto di appello la richiesta all’uopo formulata non recava in sé alcuna specifica giustificazione.
Allo stesso tempo, quanto alla determinazione della pena, è vero che il giudice, nell’esercizio del potere di scelta fra l’applicazione della pena detentiva o di quella pecuniaria, alternativamente previste, ha l’obbligo di indicare le ragioni che lo inducano ad infliggere la pena detentiva (Sez. 6, n. 10772 del 20/02/2018, F., Rv. 272762). Ma in specie, da un lato il Tribunale aveva espressamente richiamato tanto i precedenti (“che impediscono la concessione di qualunque beneficio”) quanto la modestia oggettiva del fatto, così determinando la pena in quella minima detentiva, laddove la stessa doglianza d’appello si era limitata a censurare l’eccessività della dosimetria e il concreto articolarsi del fatto con la successiva autorizzazione allo spandimento dei rifiuti, peraltro nulla osservando in ordine al richiamo dei precedenti, all’evidenza decisivi nella discrezionale determinazione del trattamento sanzionatorio. Né risulta aggiunto alcunché neppure in questa sede, laddove la pena era stata comunque colà espressamente giudicata “congrua ed idonea ai fini rieducativi”.
Mentre in sede di merito alcunché era stato allegato in ordine alla speciale causa di estinzione di cui all’art. 318-bis  e segg. del Testo unico ambientale, laddove infine mai è stata censurata l’affermazione secondo la quale i precedenti erano ostativi a qualsiasi beneficio (ivi compreso quanto previsto dagli artt. 163 e 175 cod. pen., invocati senza alcun supporto motivazionale solo nella presente sede di legittimità).
4.4. Fondato è invece quanto dedotto con la memoria difensiva aggiunta, in ragione della novella di cui all’art. 1, comma 44, della legge 23 giugno 2017, n. 103, che ha modificato l’art. 442, comma 2, cod. proc. pen. nel senso che, in caso di giudizio abbreviato e di condanna, la pena è diminuita della metà (e non di un terzo come in precedenza) se si procede, come in specie, per una contravvenzione.    
5. In ragione di ciò, e della conseguente applicabilità ex officio della nuova legge tenuto conto della mera automaticità della riduzione, e della superfluità di qualsivoglia ulteriore indagine, la sentenza impugnata va annullata limitatamente al trattamento sanzionatorio, con la conseguente rideterminazione della pena in mesi uno e giorni quindici di arresto (mesi tre di arresto, sanzione ridotta della metà per il rito).
 
P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio, rideterminando la pena in mesi uno e giorni quindici di arresto.
Rigetta il ricorso nel resto.
Così deciso in Roma il 05/04/2019