Cass. Sez. III n. 30380 del 18 luglio 2016 (Ud 3 mar.2016)
Pres. Amoresano Est. Liberati Ric. Del Piva
Rifiuti. Redazione formulario e falso ideologico

La redazione di un formulario con dati falsi non integra il reato di falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico, di cui all'articolo 483 cod. pen., trattandosi di documento recante mera attestazione del privato a contenuto puramente dichiarativo, avente natura diversa dal certificato di analisi di rifiuti indicato dall'art. 258, comma quarto, d.lgs. 152/2006

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza 23 aprile 2013 il Tribunale di Pesaro condanno’ D.P.G., imputato dei reati di cui all’art. 110 c.p. e al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 256, comma 1, lett. b), (capo A della rubrica, per avere effettuato una attivita’ di smaltimento di rifiuti pericolosi del tipo Eternit del peso di oltre 9.000,00 chilogrammi in assenza di autorizzazione), agli artt. 81 e 483 c.p. in relazione al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 258, comma 4, (capo B della rubrica), agli artt. 110 e 640 c.p. (capo C della rubrica) alla pena di anni uno di arresto ed Euro 10.000,00 di ammenda per il reato di cui al capo a) ed alla pena di mesi 10 di reclusione ed Euro 300,00 di multa per il reati di cui ai capi b) e c), oltre al risarcimento del danno in favore della parte civile costituita.

La Corte d’appello di Ancona, con sentenza del 28 aprile 2014, provvedendo sulla impugnazione dell’imputato e ritenuta la continuazione tra tutti i reati, ha rideterminato la pena in complessivi anni uno di reclusione ed Euro 500,00 di multa, confermando nel resto la sentenza impugnata.

Ha ritenuto, in particolare, la Corte territoriale attendibile quanto dichiarato dalla persona offesa costituita parte civile, sottolineando che quest’ultima, quasi settantenne e di limitati mezzi culturali, aveva riferito con genuinita’ gli elementi essenziali della vicenda, e che le limitate contraddizioni in cui era incorsa erano state superate a seguito di "contestazioni/aiuti alla memoria", evidenziando anche che la stessa non aveva ragioni per calunniare l’imputato e che non aveva avuto difficolta’ di sorta a scagionare il coimputato P. (rinviato a giudizio in quanto comproprietario del mezzo utilizzato per il trasporto dei rifiuti ed assolto dal Tribunale). La Corte d’appello ha poi sottolineato i riscontri acquisiti a tali dichiarazioni, consistenti nei documenti prodotti e nelle dichiarazioni della presunta destinataria dei rifiuti (che aveva disconosciuto la propria sottoscrizione apposta sul formulario di consegna dei rifiuti e riferito di aver avuto in passato rapporti commerciali con l’imputato) e del coimputato P. (che ha riferito della disponibilita’ da parte dell’imputato del mezzo utilizzato per trasportare i rifiuti).

La Corte territoriale ha poi ritenuto corretta la qualificazione del reato di cui al capo b) come violazione del D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 258, comma 4, e art. 483 c.p., cui la prima norma rinvia quoad poenam, con la conseguente inconferenza del richiamo del ricorrente all’art. 484 c.p., e sussistente anche il reato di truffa.

2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso l’imputato mediante il suo difensore, affidato a tre motivi, cosi’ riassunti entro i limiti previsti dall’art. 173 disp. att. c.p.p..

2.1. Con il primo motivo ha denunciato violazione dei criteri legali di valutazione della prova e violazione di legge in relazione alla sussistenza degli elementi dei reati ascrittigli, nonche’ contraddittorieta’ ed illogicita’ della motivazione.

Ha censurato, anzitutto, l’adesione della Corte d’appello alle dichiarazioni del Paoli e la valutazione di attendibilita’ delle stesse nonostante le contraddizioni in cui era incorso, affermando la contraddittorieta’ ed illogicita’ della motivazione al riguardo e ribadendo la mancata dimostrazione della esecuzione della attivita’ di smaltimento di rifiuti da parte del ricorrente, evidenziando il dato della presenza di una terza persona, chiamata dal D.P. dopo lo smontaggio delle lastre di Eternit proprio per effettuarne il trasporto e lo smaltimento, con la conseguente erroneita’ ed illogicita’ della individuazione nel ricorrente dell’autore del trasposto e dello smaltimento di tali rifiuti.

Ha inoltre affermato la insufficienza della motivazione della sentenza impugnata, in considerazione delle lacune nelle indagini e nelle successive acquisizioni istruttorie, della mancata identificazione dell’autore in concreto dello smaltimento dei rifiuti, del mancato accertamento del mezzo utilizzato e del luogo di smaltimento dei rifiuti medesimi.

Ha censurato di insufficienza di motivazione anche l’affermazione della sua responsabilita’ per il reato di falso, non essendo stato accertato l’autore di tale falsificazione, ed anche quella relativa alla sussistenza del reato di truffa, avendo consegnato i documenti di trasporto asseritamente contraffati successivamente alla esecuzione del trasporto, con la conseguente inidoneita’ di tale condotta ad indurre in errore il proprietario dei rifiuti da smaltire.

2.2. Con il secondo motivo ha lamentato violazione dei criteri di valutazione della prova, vizio di motivazione e mancata assunzione di una prova decisiva, non essendo stati accertati autore del trasporto e luogo di destinazione dei rifiuti.

Ha inoltre lamentato la mancata disposizione di una perizia grafica sui documenti di trasporto, onde accertare l’autore della denunciata contraffazione degli stessi.

2.3. Con il terzo motivo ha denunciato violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla mancata concessione delle attenuanti generiche e di quella di cui all’art. 62 c.p., n. 4 e della sospensione condizionale della pena, richiesta ai sensi dell’art. 164 c.p., comma 4.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso e’ infondato, ma la sentenza deve essere annullata limitatamente al reato di cui capo b), con rinvio al solo fine della rideterminazione della pena.

1. Il primo ed il secondo motivo, possono essere esaminati congiuntamente, avendo entrambi ad oggetto la valutazione delle prove, ed in particolare delle dichiarazioni della persona offesa, di cui e’ stata censurata la valutazione di attendibilita’ compiuta dalla Corte d’appello, sottolineando la mancanza di elementi di riscontro a tali dichiarazioni e le imprecisioni delle stesse, essendo, per contro, emerso, ad avviso del ricorrente, che l’attivita’ di smaltimento delle lastre in amianto della copertura del capannone di proprieta’ della persona offesa era stata eseguita da un terzo e che l’imputato era intervenuto solamente per smontare le lastre e caricarle su di un veicolo (di cui non era neppure stata accertata la titolarita’ in capo all’imputato), senza partecipare al successivo trasporto e smaltimento, con la conseguente insussistenza anche degli artifizi e raggiri necessari per poter ritenere integrato il reato di truffa di cui al capo c).

Deve al riguardo rilevarsi come le censure del ricorrente investano, in realta’, la ricostruzione della vicenda, ed in particolare del ruolo nella stessa svolto dal ricorrente, quale compiuta dalla Corte d’appello, sulla base di quanto riferito dalla persona offesa ( Pa.Lu., committente dello smaltimento dei rifiuti pericolosi costituiti dalle lastre in amianto facenti parte della copertura del capannone di sua proprieta’), di cui e’ stata ritenuta la attendibilita’, evidenziando che le imprecisioni delle sue dichiarazioni (sottolineate dall’imputato sia nell’atto d’appello sia nel ricorso per cassazione) non ne intaccavano il nucleo fondamentale, erano state superate a seguito delle contestazioni ed erano ascrivibili alla estrema semplicita’ della persona offesa; la Corte territoriale ha, inoltre, evidenziato l’assenza di ragioni che potessero indurre la persona offesa a calunniare l’imputato ed anche che la stessa non aveva esitato a scagionare il coimputato P., ritenendo di conseguenza integrati tutti i reati contestati all’imputato, sottolineando che le dichiarazioni della persona offesa avevano trovato riscontro nelle dichiarazioni della teste G. e nel formulario per il trasporto dei rifiuti risultato contraffatto, circostanza, quest’ultima, ritenuta artifizio idoneo a determinare l’induzione in errore della persona offesa, circa l’esistenza delle autorizzazioni ad effettuare lo smaltimento dei rifiuti di cui aveva incaricato l’imputato, con la conseguente sussistenza anche del reato di truffa di cui al capo c) in danno della medesima persona offesa.

A fronte di tale chiara ricostruzione il ricorrente ha ribadito l’inattendibilita’ della persona offesa, di cui, pero’, sono state in modo logico spiegate le imprecisioni, non incidenti comunque sul nucleo essenziale delle sue dichiarazioni; la mancanza di riscontri alle stesse, invero indicati dalla Corte sebbene non necessari, con la conseguente evidente insussistenza della violazione del disposto dell’art. 192 c.p.p.; la non riconducibilita’ dello smaltimento dei rifiuti all’imputato, attribuitogli dai giudici di merito sulla base della presa in carico dei rifiuti e della mancata dimostrazione di un loro lecito smaltimento; l’insussistenza del reato di truffa, ritenuto invece configurabile alla luce della esibizione del formulario di trasporto dei rifiuti contraffatto.

Ne consegue l’inammissibilita’ di tali censure, volte, attraverso la deduzione della violazione dell’art. 192 c.p.p. e dei criteri di valutazione della prova e della contraddittorieta’ ed illogicita’ della motivazione, a conseguire una rivisitazione della ricostruzione dei fatti e del ruolo del ricorrente compiuti dai giudici di merito, in assenza di violazioni dei criteri di valutazione delle dichiarazioni della persona offesa e di vizi della motivazione, non essendovi nella stessa proposizioni tra loro contrastanti o affermazioni incoerenti o contrarie alle regole delle logica od alle massime di esperienza.

2. Per quanto riguarda il terzo motivo, mediante il quale e’ stata lamentata la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche e di quella di cui all’art. 62 c.p., n. 4, deve rilevarsi l’inammissibilita’ della censura relativa al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, in quanto, come si ricava dall’atto d’appello, tale doglianza non era stata sollevata con l’impugnazione della sentenza di primo grado, e ne risulta quindi preclusa la deduzione per la prima volta nel giudizio di legittimita’, stante la preclusione derivante dalla mancata impugnazione della relativa statuizione della pronuncia di primo grado.

Del tutto generica risulta, poi, la doglianza relativa alla mancata concessione della circostanza attenuante di cui all’art. 62 c.p., n. 4, avendo al riguardo il ricorrente solamente lamentato tale diniego, omettendo di confrontarsi con la motivazione sul punto della sentenza impugnata, che ha escluso la ravvisabilita’ della attenuante a cagione del rilevante importo del profitto del reato di truffa (pari a Euro 4.000,00): tale motivazione risulta adeguata e corretta e non e’ sindacabile sul piano del merito, con la conseguente infondatezza della relativa censura.

3. La sentenza impugnata deve, tuttavia, essere annullata, con rinvio al fine delle rideterminazione della pena, non essendo indicati nella sentenza impugnata la pena base per il reato piu’ grave e gli aumenti per la continuazione con gli altri reati, in relazione al reato di cui al capo b) della rubrica, relativo al "reato p. e p. dagli artt. 110 e 483 c.p., in relazione al D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 258, comma 4 per avere predisposto, in concorso tra loro e nelle qualita’ di cui al capo che precede, il formulario rifiuti n. XRA 050801/04 del (OMISSIS) con dati falsi, relativi al produttore - Multiservizio di G.M.M. - trasportatore -Multiservizio di G.M.M. - e mezzo di trasporto del rifiuto - targato (OMISSIS), al fine di smaltire illecitamente il medesimo rifiuto in luogo rimasto sconosciuto".

Tale condotta non integra il reato di falsita’ ideologica commessa dal privato in atto pubblico, di cui all’art. 483 c.p., trattandosi di documento recante mera attestazione del privato a contenuto puramente dichiarativo, avente natura diversa dal certificato di analisi di rifiuti indicato dal D.Lgs. n. 152 del 2006, art. 258, comma 4, (Sez. 3, n. 43613 del 18/09/2015, Curasi’, Rv. 265263).

Il rinvio in ordine alla rideterminazione del trattamento sanzionatorio comporta la remissione al giudice del rinvio anche delle questioni relative alla concedibilita’ della sospensione condizionale della pena.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente alla imputazione di cui al capo b) perche’ il fatto non e’ previsto dalla legge come reato e rinvia alla Corte d’appello di Perugia per la determinazione della pena in relazione agli altri reati.
Rigetta nel resto il ricorso.
Cosi’ deciso in Roma, il 3 marzo 2016.