Cass.Sez. III n. 7674 del 28 febbraio 2012 (CC 10 gen.2012)
Pres.Mannino Est.Franco Ric.P.M. in proc. Ferrara
Rifiuti.Richiesta di revoca di sequestro preventivo avente ad oggetto una pluralità di beni

E abnorme il provvedimento con il quale il g.i.p., investito di una richiesta di revoca di sequestro preventivo avente ad oggetto una pluralità di beni, rimessi gli atti al P.M. perché decida sulla restituzione di alcuni di essi, si riservi la decisione sulla destinazione dei restanti all'esito di accertamenti della polizia giudiziaria delegata dallo stesso giudice, verificandosi in tal caso una stasi ed una regressione del procedimento in palese violazione dell'art. 321, comma terzo, cod. proc. pen. nonchè un'investitura diretta della polizia giudiziaria contrastante con l'art. 326 cod. proc. pen.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Camera di consiglio
Dott. MANNINO Saverio F. - Presidente - del 10/01/2012
Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere - SENTENZA
Dott. FRANCO Amedeo - est. Consigliere - N. 14
Dott. AMOROSO Giovanni - Consigliere - REGISTRO GENERALE
Dott. ANDRONIO Alessandro Maria - Consigliere - N. 30835/2011
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Procuratore della Repubblica presso il tribunale di Benevento;
avverso il provvedimento emesso l'8.7.2011 dal Gip del tribunale di Benevento;
nei confronti di:
Ferrara Giuseppe;
udita nella udienza in camera di consiglio del 10 gennaio 2012 la relazione fatta dal Consigliere Amedeo Franco;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SPINACI Sante, che ha concluso per l'annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato relativamente alla restituzione degli atti al PM, con restituzione degli atti al Gip;
udito il difensore avv. Massimo Pisani in sostituzione dell'avv. Vittorio Fucci.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con provvedimento del 10.6.2010 il Gip di Benevento dispose il sequestro preventivo, nei confronti di Ferrara Giuseppe, di un capannone, dei macchinari, dell'area circostante con i rifiuti illecitamente depositati e del filtro di depurazione con otto sacchi di fango.
Il Ferrara successivamente propose istanza di revoca del sequestro. Il PM espresse parere favorevole al dissequestro dei soli macchinari e sfavorevole al dissequestro del capannone e del resto, e conseguentemente trasmise gli atti al Gip per la decisione sull'istanza.
Il Gip di Benevento, con provvedimento 8.7.2011, rilevò che il dissequestro poteva essere disposto dallo stesso PM e quindi rimise gli atti al PM perché competente a provvedere al dissequestro dei macchinari. Ritenne invece di essere competente sulla richiesta di dissequestro del capannone (sulla quale il PM aveva espresso parere negativo) e mandò alla PG di accertare se il capannone in questione era stato regolarmente autorizzato ai fini urbanistici. Il PM propone ricorso per cassazione eccependo che si tratta di provvedimento abnorme in entrambe le statuizioni e deducendo:
1) violazione dell'art. 321 c.p.p., comma 3, il quale prevede che il PM deve trasmettere gli atti al Gip qualora ritenga che la richiesta di dissequestro vada respinta anche in parte. Il Gip inoltre ha omesso di prendere in considerazione gli altri beni di cui si era chiesto il dissequestro e ha scisso l'istanza in più istanze a seconda dei beni. Invece, stante il parere negativo, anche se parziale del PM; doveva decidere su tutta l'istanza, non potendo mai il PM disporre la revoca parziale del sequestro preventivo. 2) violazione degli artt. 326, 327, 328 e 358 c.p.p., perché il Gip non poteva disporre direttamente della polizia giudiziaria per attività di indagine.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Va preliminarmente osservato che il ricorso è ammissibile e non deve essere convertito in appello, nonostante in udienza la difesa dell'indagato abbia fatto presente che il pubblico ministero, avverso il medesimo provvedimento, e successivamente alla proposizione del ricorso per cassazione, aveva anche proposto appello al tribunale del riesame, che peraltro lo ha già giudicato inammissibile con ordinanza del 22 settembre 2011.
Il tribunale del riesame, invero, ha rilevato che l'impugnazione del pubblico ministero non investiva un provvedimento a contenuto decisorio bensì l'individuazione dell'organo legittimato a provvedere sul dissequestro, e proprio per tale ragione ne ha ritenuto l'inammissibilità. Per le medesime ragioni il Collegio ritiene che il pubblico ministero non abbia proposto un ricorso per cassazione per saltum, ossia una impugnazione che avrebbe potuto anche proporre nella forma dell'appello, bensì ha proposto una impugnazione straordinaria con la quale ha fatto valere lo specifico vizio del provvedimento del Gip costituito dalla sua abnormità, ossia un vizio che era deducibile solo con il ricorso per cassazione, tanto che il giudice di appello ha dichiarato inammissibile la sua deduzione con l'atto di appello.
Nel merito il ricorso del PM è fondato in quanto effettivamente il provvedimento impugnato è abnorme e al di fuori degli schemi processuali in entrambe le sue statuizioni.
In primo luogo, va ricordato che l'art. 321 c.p.p., comma 3, dispone espressamente che "Se vi è richiesta di revoca dell'interessato, il pubblico ministero, quando ritiene che essa vada anche in parte respinta, la trasmette al giudice, cui presenta richieste specifiche nonché gli elementi sui quali fonda le sue valutazioni". Nella specie, l'istanza di revoca del sequestro preventivo, disposto dal Gip con provvedimento del 16.6.2010, aveva ad oggetto complessivamente sia il capannone ritenuto abusivo, sia ì macchinari in esso presenti per mezzo dei quali era svolta l'attività ritenuta illecita, sia l'area circostante con i rifiuti depositati, sia il filtro di depurazione con i sacchi di fango. Il PM ha espresso parere favorevole al solo dissequestro dei macchinari, mentre ha espresso parere negativo sulla rimanente parte della istanza di revoca, che quindi ha con ciò respinto parzialmente.
Pertanto, non avendo il PM accolto integralmente l'istanza di revoca, ma avendo ritenuto che essa andasse in parte respinta, sulla base della ricordata disposizione di cui all'art. 321 c.p.p., comma 3, spettava unicamente al Gip pronunziarsi sull'intera istanza di revoca nel suo complesso, accogliendola o respingendola, totalmente o parzialmente. Nè poteva il Gip scindere l'unitaria istanza presentata dall'interessato in tante diverse istanze per quanti erano i beni soggetti a sequestro di cui si chiedeva la restituzione, perché la norma processuale fa esplicito riferimento all'istanza nel suo complesso ed esclude la possibilità di un suo accoglimento o rigetto parziale da parte del PM, sicché la norma è chiara nel rimettere solo all'interessato ogni valutazione riguardante l'opportunità o meno di chiedere con una istanza unitaria la revoca di una pluralità di beni diversi e nell'escludere che possa essere invece il pubblico ministero ad effettuare una scissione del contenuto dell'unica istanza presentata. Tale scissione, col conseguente accoglimento parziale dell'istanza, può invece essere fatta soltanto dal Gip, che appunto, come sostiene il ricorrente, doveva decidere direttamente quali beni dovessero essere restituiti (disponendone il dissequestro, anche con una immediata decisione parziale, qualora avesse ritenuto che per altri beni sarebbero state necessarie ulteriori acquisizioni) senza rimettere nuovamente la decisione al PM.
Il meccanismo processuale è finalizzato a garantire l'interessato con una rapida doppia valutazione da parte sia del PM sia del Gip, qualora il PM ritenga che l'istanza di revoca vada anche parzialmente respinta, e questo meccanismo è stato stravolto dal provvedimento impugnato che, contrariamente a quanto stabilito dalla norma processuale, ha rimesso gli atti al PM per la revoca parziale del sequestro preventivo affermando che gli atti non dovevano essergli trasmessi, nonostante la valutazioni parzialmente negativa del PM. Questa statuizione è sicuramente abnorme, perché, oltre ad esulare dallo schema processuale ed a violare la norma processuale riportata, ha fatto regredire il procedimento ad una fase anteriore e ne ha provocato una stasi a causa del conflitto di competenza che di fatto si è venuto a creare con il PM che, a norma dell'art. 321 c.p.p., comma 3, aveva esattamente trasmesso l'intera richiesta di revoca al Gip ritenendo di non essere legittimato ad accoglierla soltanto in parte.
Dallo stesso vizio è affetta anche la seconda statuizione, con la quale il Gip ha delegato direttamente la polizia giudiziaria per le indagini in ordine alla violazione urbanistica contestata con il capo di imputazione ed in relazione alla quale era stato disposto il sequestro, mentre il giudice non può mai disporre direttamente della polizia giudiziaria per lo svolgimento delle "indagini necessarie per le determinazioni inerenti all'esercizio dell'azione penale" (art. 326 c.p.p.). Il sistema processuale prevede che l'unico organo di indagine sia il PM e non esistono norme che legittimano il giudice a disporre direttamente della polizia giudiziaria. Anche sotto questo aspetto, pertanto, il provvedimento impugnato va qualificato come abnorme, perché si pone in violazione non solo delle specifiche norme che disciplinano la polizia giudiziaria, ma anche del sistema processuale.
Il provvedimento impugnato deve dunque essere annullato per abnormità con rinvio al tribunale di Benevento per nuovo esame dell'istanza di revoca del sequestro preventivo proposta da Ferrara Giuseppe.
P.Q.M.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al tribunale di Benevento per nuovo esame.
Così deciso in Roma, nella Sede della Corte Suprema di Cassazione, il 10 gennaio 2012.
Depositato in Cancelleria il 28 febbraio 2012