Consiglio di Stato Sez. V n. 291 del 9 gennaio 2023
Rifiuti.Ambito di applicazione dell'articolo 208 dlv 152 del 2006

Ai sensi dell’art. 208, comma 6 del d.lgs. n. 152 del 2006 l'approvazione del progetto sostituisce ad ogni effetto visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi regionali, provinciali e comunali, costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori: tale disposizione comporta che l’approvazione di un progetto relativo ad un impianto di smaltimento e recupero dei rifiuti sostituisce ad ogni effetto visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi regionali, provinciali e comunali e costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico comportante la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori. Ne consegue, in ragione del chiaro dettato normativo – expressis verbis comprensivo di qualsiasi strumento urbanistico e delle correlate autorizzazioni regionali e/o comunali – l’inconferenza dell’argomento secondo cui non sarebbe a priori applicabile l’art. 208 ai siti nei quali sia stata precedentemente autorizzata la coltivazione di una cava, stante la specialità della normativa regionale di riferimento.

Pubblicato il 09/01/2023

N. 00291/2023REG.PROV.COLL.

N. 05037/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 5037 del 2015, proposto da
Comune di Sezzadio, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Domenico Bonaccorsi Di Patti e Giancarlo Faletti, con domicilio eletto presso lo studio del primo in Roma, via Federico Cesi, 72;

contro

Riccoboni s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Vittorio Barosio, Luca Gastini e Mario Contaldi con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via Pierluigi Da Palestrina, 63;

nei confronti

Provincia di Alessandria, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Alberto Vella, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Antonella Terranova in Roma, via Bertoloni, 14;
Regione Piemonte, in persona del Presidente pro tempore, nonché Comune di Gamalero, in persona del Sindaco pro tempore, non costituiti in giudizio;

per la riforma

della sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Piemonte (Sezione prima) n. 318/2015, resa tra le parti.


Visti il ricorso in appello ed i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Riccoboni s.p.a. e della Provincia di Alessandria;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 novembre 2022 il Cons. Valerio Perotti e uditi per le parti gli avvocati Faletti, Dentico Serena in dichiarata delega di Gastini, Barosio e Terranova in dichiarata delega di Vella;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Risulta dagli atti che in data 29 novembre 2011 l'impresa Riccoboni s.p.a. presentava alla

Provincia di Alessandria un’istanza di “pronuncia di compatibilità ambientale ai sensi dell'art. 23 del d.lgs. 152/2006”, con contestuale domanda di autorizzazione integrata ambientale ex artt. 29-ter ss. del d.lgs. 152 del 2006, per la realizzazione di un impianto di discarica per rifiuti non pericolosi (terre, rocce e rifiuti dell’attività edilizia) nel Comune di Sezzadio.

Al riguardo, la legge regionale del Piemonte 24 ottobre 2002, n. 24 (recante “Norme per la gestione dei rifiuti”) prevede, all'art. 3, che “nell'ambito delle loro competenze, in coerenza con le disposizioni della l.r. 44/2000, le province provvedono: [...] f) all'individuazione all'interno del programma provinciale, sentiti i comuni, delle zone idonee alla localizzazione di impianti di

smaltimento e recupero dei rifiuti urbani”; per quanto qui rileva, il "Programma provinciale di gestione dei rifiuti urbani" predisposto dalla Provincia di Alessandria individuava fra i siti idonei alla localizzazione di un impianto di smaltimento rifiuti l’area sita all'interno del Comune di Sezzadio, identificata dal n. 9.

Pertanto, sulla scorta delle indicazioni del programma provinciale, il Consorzio di Bacino Alessandrino per la raccolta e il trasporto dei rifiuti solidi urbani ricomprendeva il sito di Sezzadio, ed in particolare la località in via Emilia-Abbadia, nell'elenco dei siti idonei ad ospitare un impianto di discarica.

La località a tal fine individuata (Cascina Borio di Sezzadio), all’epoca dei fatti ospitante una cava in gestione alla società Allara s.p.a., non corrispondeva esattamente alla confinante area (via Emilia-Abbadia) prescelta, a livello di pianificazione di bacino, come idonea alla localizzazione di una discarica; la stessa, però, era comunque ricompresa nel più ampio ambito territoriale che, nel Programma provinciale di gestione dei rifiuti urbani, era stato ritenuto compatibile con la localizzazione di impianti di smaltimento dei rifiuti.

A seguito dell'istanza della società Riccoboni, la Provincia di Alessandria avviava il procedimento di valutazione di impatto ambientale (VIA) dell'intervento, integrando tale procedimento (e la

relativa conferenza dei servizi) con quello di autorizzazione integrata ambientale (AIA), a norma dell'art. 13 della l.r. n. 40 del 1998.

In occasione dell'ultima seduta della conferenza dei servizi, peraltro, il Comune di Sezzadio –adducendo l'incompatibilità urbanistica del progetto ed il mancato superamento delle problematiche

viabilistica e di quella relativa alla falda – esprimeva (unico fra i oggetti con diritto di voto in conferenza) il proprio dissenso alla realizzazione dell'intervento.

Con deliberazione di Giunta 26 febbraio 2014, n. 60, la Provincia di Alessandria – accogliendo la posizione del Comune di Sezzadio – esprimeva un giudizio negativo sulla compatibilità ambientale e sul rilascio dell'AIA al progetto di discarica della società Riccoboni, alla luce dei seguenti rilievi:

a) il problema urbanistico non sarebbe stato superabile, in quanto:

- la realizzazione della discarica si sarebbe posta in contrasto con la destinazione urbanistica che il Comune di Sezzadio aveva impresso all'area con la variante parziale n. 1 al PRGC;

- vi sarebbe stato un interesse pubblico a che la cava su cui era stata prevista la discarica venisse sfruttata sino al suo esaurimento (il che, ad avviso dell'amministrazione, non sarebbe stato possibile nel caso di interruzione della sua la coltivazione per dare avvio ai lavori di realizzazione della discarica);

- da ultimo, trattandosi di un intervento ad iniziativa privata, non vi sarebbe stata la pubblica utilità dell'opera.

b) Anche il problema viabilistico non sarebbe stato risolto nel corso del procedimento, in quanto la Riccoboni, da un lato, non avrebbe proposto soluzioni idonee a diminuire l'impatto del transito dei mezzi pesanti nel centro abitato comunale; e, dall'altro lato, “non avrebbe evaso” la richiesta del Comune di porre in essere una viabilità alternativa al passaggio nel centro abitato (ossia la

circonvallazione di Sezzadio).

c) La delibera menzionava altresì il problema della falda, quale aspetto di ulteriore potenziale "criticità" dell'intervento.

Il "giudizio negativo" espresso dalla Provincia sulla pronuncia di compatibilità ambientale e sul rilascio dell'AIA veniva impugnato dalla Riccoboni innanzi al Tribunale amministrativo del Piemonte, sulla base di tre diversi motivi di gravame.

Con successivi motivi aggiunti l’impugnativa veniva quindi estesa ai provvedimenti del 19 settembre 2013 e 28 marzo 2014, con cui il Comune di Sezzadio aveva diffidato la Allara s.p.a. (in qualità di coltivatrice della cava) ad effettuare il ripristino ambientale della relativa area.

Costituitisi in giudizio, la Provincia di Alessandria e il Comune di Sezzadio concludevano per l’infondatezza del ricorso, chiedendo che fosse respinto.

Con sentenza 18 febbraio 2015, n. 318, il giudice adito accoglieva il ricorso, conseguentemente annullando il diniego di autorizzazione unica impugnato.

Avverso tale decisione il Comune di Sezzadio interponeva appello, deducendo i seguenti motivi di impugnazione:

1) Erroneità della sentenza in merito al giudizio di ammissibilità dell’impugnazione ed alla reiezione dell’eccezione di inammissibilità del ricorso. Violazione dell’articolo 35, comma 1, lett. b) del D.lgs. 104/2010.

2) Erroneità della sentenza in merito all’accoglimento del motivo di impugnazione relativo al profilo motivazionale di diniego dell’istanza autorizzativa. Violazione dell’art. 208 del D.lgs, 152/2006. Violazione dell’articolo 208 del D.lgs. 152/2006. Violazione dell’articolo 3 della L.R. 69/78.

3) Erroneità della sentenza in merito all’accoglimento del motivo di impugnazione relativo al secondo profilo motivazionale di diniego dell’istanza autorizzativa. Violazione degli articoli 5, 19 e seguenti del D.lgs. 152/2006 e degli articoli 29-bis del D.Lgs. 152/2006.

4) Erroneità della sentenza in merito all’accoglimento del motivo di impugnazione relativo al terzo profilo motivazionale di diniego dell’istanza autorizzativa. Violazione degli articoli 7, 63, 64 e 67 del D.lgs. 104/2010.

Costituitasi in giudizio, Riccoboni s.p.a. concludeva per l’infondatezza del gravame, chiedendo che fosse respinto.

Anche la Provincia di Alessandria si costituiva, insistendo invece per l’accoglimento dell’appello.

Successivamente le parti ulteriormente precisavano, con apposite memorie, le rispettive tesi difensive ed all’udienza del 24 novembre 2022 la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

Con il primo motivo di appello la sentenza impugnata viene censurata per non aver accolto l’eccezione di difetto di interesse al ricorso in capo alla Riccoboni s.p.a., per non avere questa impugnato uno dei quattro distinti motivi fondanti il diniego al rilascio dell’AIA (precisamente, la “delicatezza delle condizioni di contorno, che consigliano una delocalizzazione dell’impianto, prima ancora che l’inserimento di prescrizioni autorizzative aggiuntive finalizzate a limitare e monitorare gli effetti degli impatti della discarica”).

Diversamente da quanto ritenuto dal giudice, tale parte della motivazione di rigetto costituirebbe un motivo autonomo di per sé solo idoneo a fondare il provvedimento impugnato; né sarebbe sufficiente, a fondare l’interesse al ricorso, la manifestata volontà della ricorrente di impugnare anche tale profilo motivazionale, nel momento in cui quest’ultimo veniva impropriamente riferito alle valutazioni relative alla tutela della falda acquifera (anziché alla “inopportunità, tecnico-economica, della relativa iniziativa alla luce delle innumerevoli prescrizioni che avrebbero dovuto corredare il provvedimento abilitativo”) e comunque si riduceva ad una generica allegazione di presunta violazione di legge.

Il motivo non è fondato.

Risulta infatti, dalla lettura del provvedimento di diniego originariamente impugnato, che le motivazioni riportate (per estratto) dall’appellante erano contenute nelle considerazioni rassegnate dalla Provincia di Alessandria circa le esigenze di tutela della falda acquifera, essendo precedute e seguite da valutazioni su tale oggetto.

Né si rinviene, nel contesto testuale di cui trattasi, un formale riferimento alla “inopportunità, tecnico-economica, della relativa iniziativa”, come invece dedotto dall’appellante.

Correttamente, pertanto, le motivazioni di cui trattasi sono state a suo tempo impugnate dalla società Riccoboni s.p.a. sotto il profilo delle esigenze di tutela della falda acquifera, nell’ambito delle quali oggettivamente venivano ad iscriversi.

Con il secondo motivo di appello viene invece contestato l’accoglimento, da parte del TAR, del primo motivo di ricorso, sul presupposto che non sussistesse alcun contrasto tra il progetto da autorizzarsi e la destinazione urbanistica dell’area.

Il primo giudice, in particolare, aveva ritenuto illegittimo il diniego sul presupposto, da un lato, che ai sensi dell’art 208 d.lgs. n. 152 del 2006 il dato formale della classificazione urbanistica non costituisse ostacolo al rilascio dell’AIA a realizzare e gestire un impianto di gestione dei rifiuti; dall’altro, che non costituirebbe ostacolo all’applicabilità del meccanismo automatico di variante (ex art. 208, comma 6 cit.) né la destinazione a cava impressa dal Piano regolatore generale al compendio interessato dall’intervento, né le ipotetiche esigenze di tutela della risorsa estrattiva, stante il dedotto esaurimento del materiale di cava.

Deduce per contro l’appellante l’inoperatività, nel caso di specie, dell’automatismo di variante ex art. 208 d.lgs. n. 152 del 2006, “attesa la destinazione urbanistica a cava che il PRG attribuisce alle aree deputate all’insediamento dell’impianto denegato. […] la disciplina normativa regionale che intende tutelare la risorsa estrattiva ed il suo sfruttamento costituisce un ostacolo, che opera su un piano logico-giuridico, all’operatività del meccanismo di variante previsto dall’articolo 208, comma 6, del D.lgs. 152/2006”.

In particolare, l’art. 3 l.r. n. 69 del 1978 prevede che, a seguito del rilascio di un’autorizzazione di cava il Comune interessato debba variare la pianificazione delle aree da escavarsi, mediante il riconoscimento della relativa destinazione urbanistica ovvero operando una localizzazione urbanistica del giacimento e delle aree di cava sul PRG. Si tratterebbe quindi di un meccanismo automatico di variante.

La norma regionale, in quanto avente carattere speciale, sarebbe inoltre inderogabile da quella (ancorché statuale) di portata generale.

Quanto poi all’esaurimento della cava, si tratterebbe di una mera affermazione indimostrata da parte della ricorrente Riccoboni s.p.a.

Neppure questo motivo è fondato.

Ai sensi dell’art. 208, comma 6 del d.lgs. n. 152 del 2006, “Entro 30 giorni dal ricevimento delle conclusioni della Conferenza dei servizi, valutando le risultanze della stessa, la regione, in caso di valutazione positiva del progetto, autorizza la realizzazione e la gestione dell'impianto. L'approvazione sostituisce ad ogni effetto visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi regionali, provinciali e comunali, costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico e comporta la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori”: tale disposizione, per giurisprudenza costante (ex multis, Cons. Stato, IV, 19 febbraio 2018, n. 1015) comporta che l’approvazione di un progetto relativo ad un impianto di smaltimento e recupero dei rifiuti sostituisce ad ogni effetto visti, pareri, autorizzazioni e concessioni di organi regionali, provinciali e comunali e costituisce, ove occorra, variante allo strumento urbanistico comportante la dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità dei lavori.

Ne consegue, in ragione del chiaro dettato normativo – expressis verbis comprensivo di qualsiasi strumento urbanistico e delle correlate autorizzazioni regionali e/o comunali – l’inconferenza dell’argomento secondo cui non sarebbe a priori applicabile l’art. 208 ai siti nei quali sia stata precedentemente autorizzata la coltivazione di una cava, stante la specialità della normativa regionale di riferimento.

Per completezza va comunque ricordato che, ai sensi dell'art. 29-quater, comma 11 del d.lgs. n. 152 del 2006, la procedura di AIA (Autorizzazione integrata ambientale) sostituisce quella avente per oggetto la “autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti” di cui al successivo art. 208, relativamente agli impianti di cui trattasi; al riguardo, quest’ultimo precisa che, nelle procedure in cui l'AIA sostituisce l'autorizzazione unica per i nuovi impianti di smaltimento e recupero dei rifiuti, la conferenza dei servizi convocata per il suo rilascio è integrata con i soggetti previsti dallo stesso art. 208 per la conferenza relativa al rilascio dell’autorizzazione unica in materia di rifiuti.

L'AIA rilasciata in esito alla conferenza dei servizi "integrata" ha pertanto – come già evidenziato dal primo giudice – gli stessi effetti dell’art. 208 cit.

Quanto infine alla questione – seppur recessiva rispetto alla precedente – della mancata dimostrazione, da parte della ricorrente, dell’esaurimento della cava, ritiene il Collegio che idoneo argomento presuntivo di ciò sia dato dalla documentata richiesta del Comune di Sezzadio alla società titolare dell’autorizzazione di cava a procedere al ripristino delle aree in questione, ripristino cui la stessa provvedeva regolarmente, come accertato dalla competente autorità amministrativa in data 17 dicembre 2014.

Con il terzo motivo di appello la sentenza di primo grado viene censurata per aver ritenuto illegittimo il diniego ab origine impugnato, relativamente al profilo motivazionale incentrato sulle problematiche viabilistiche, sul presupposto che la ricorrente avrebbe comunque manifestato la disponibilità a farsi carico della relativa questione.

Ad avviso dell’appellante, la conclusione raggiunta dal primo giudice sarebbe errata, non essendo sufficiente – nell’ambito di un procedimento volto ad ottenere l’AIA – la mera enunciazione di una generica disponibilità a farsi carico delle problematiche in questione, dovendosi piuttosto presentare delle compiute (e vincolanti) soluzioni progettuali, ancorché la relativa esigenza non fosse stata esplicitamente rappresentata nel corso del procedimento.

La doglianza non può trovare favorevole accoglimento.

Risulta infatti dagli atti che la ricorrente Riccoboni s.p.a. non si era limitata ad una generica disponibilità a farsi carico delle problematiche viabilistiche potenzialmente derivanti dalla realizzazione dell’impianto di trattamento rifiuti, ma più nello specifico si era espressamente impegnata a realizzare a proprie spese la tangenziale di Sezzadio, ferma ovviamente la necessità di coordinarsi con il Comune quanto a modalità e tempistiche di realizzazione dell’infrastruttura, peraltro già prevista nel PRG come prioritaria.

Neppure è persuasiva l’affermazione di parte appellante secondo cui, ancorché non formalizzata dal Comune nel corso del procedimento, l’esigenza di presentare un progetto dell’infrastruttura in questione sarebbe stata comunque “implicita” nell’oggetto e nella natura del procedimento stesso: da un lato, infatti, non è dato individuare la fonte normativa dalla quale scaturirebbe un obbligo (implicito) di tal fatta, fonte che significativamente neppure viene indicata dall’appellante; dall’altro, ove tale esigenza fosse stata effettivamente avvertita come determinante per il rilascio dell’autorizzazione richiesta, sarebbe stato preciso onere dell’amministrazione comunale sollevare la questione in sede di conferenza di servizi e non già solo nell’atto conclusivo del procedimento.

Solo per completezza va poi evidenziato come, successivamente al rilascio dell’autorizzazione ambientale alla discarica in ottemperanza alla sentenza di primo grado la Provincia di Alessandria comunque imponeva alla Riccoboni di “realizzare la tangenziale all’abitato del Comune di Sezzadio lungo il tracciato previsto dal relativo piano regolatore, al fine di non interessare l’abitato stesso con il transito dei mezzi”.

Infine, con il quarto motivo di appello le censure nei confronti della sentenza impugnata vengono rivolte alle considerazioni espresse circa la problematica, affrontata dalla Provincia di Alessandria nel motivare il provvedimento di diniego, della tutela della falsa acquifera sottostante al compendio sul quale avrebbe dovuto realizzarsi l’impianto.

Evidenzia l’appellante come la questione fosse stata affrontata in conferenza di servizi e come una apposita relazione dell’ARPA, in data 16 ottobre 2013, prot. n. 93885, avesse confermato la presenza di una direzione di scorrimento dell’acquifero superficiale nell’area in questione; per contro, tutti gli elementi istruttori all’uopo considerati nel provvedimento di diniego sarebbero stati obliterati dal giudice di prime cure, per il quale, all’opposto, tali riscontri escluderebbero potenziali criticità legate alla tutela della falda.

Anche questo motivo va respinto.

Risulta dagli atti che – dando per pacifica l’esistenza di due falde acquifere in situ – oggetto delle perizie acquisite in conferenza di servizi era essenzialmente l’andamento del flusso della falda superficiale e di quella profonda esistenti nel sottosuolo in corrispondenza della discarica Riccoboni: ciò in quanto solo una direzione nord-est del flusso acquifero eventualmente inquinato dal rilascio di sostanze nocive provenienti dalla futura discarica avrebbe condotto queste ultime ai pozzi destinati al consumo umano.

In sede di terza convocazione della conferenza, in particolare, emergeva – all’esito di specifico approfondimento dello studio sulla falda – che “nessuno dei pozzi acquedottistici facenti parte dei campi acquiferi presenti nei dintorni del sito in esame risulta raggiunto da linee di flusso con origine nella discarica in progetto. Infatti le linee di flusso che si originano dalla discarica in progetto assumono una direzione SE-NW nel caso della falda superficiale e una direzione dapprima S-N e quindi SE-NW nel caso della falda profonda, ossia in direzione del fiume Bormida”; quindi, nella successiva quarta (ed ultima) convocazione anche le osservazioni dell’ARPA portavano a confermare che la direzione della falda superficiale e profonda in corrispondenza della discarica non era suscettibile di essere fonte di inquinamento per i pozzi ad uso idropotabile presenti sull’area: “Dalla ricostruzione dell’acquifero profondo è emersa la possibile presenza di uno spartiacque posto a S dell’Abbadia e un conseguente duplice andamento della falda profonda, ovvero verso NNW nel settore occidentale dell’area indagata e verso NE nel settore orientale. Dalla ricostruzione dell’acquifero superficiale è emersa la presenza di un alto piezometrico sotto l’abitato di Sezzadio, come peraltro emergeva da studi pregressi sull’area e di uno spartiacque sotterraneo posto a SE dell’Abbadia. Questi elementi sembrano influire sulla direzione generale della falda, differenziandone localmente l’andamento in direzione NW e in direzione NE a partire dalla zona C.ne Boriosco/Cavallotto”.

Quanto sopra trovava infine riscontro anche nella comunicazione ex art. 10-bis l. n. 241 del 1990 trasmessa dalla Provincia di Alessandria a Riccoboni s.p.a. in data 14 gennaio 2014 laddove, dopo aver richiamato le valutazioni dell’ARPA, si precisa – in parte qua – che “non si riscontrano elementi tecnici che possano portare al diniego dell’autorizzazione, salvo l’applicazione di rigorose prescrizioni”.

Per quanto invece riguarda l’aspetto della possibile insistenza della discarica su un’area di ricarica della falda – ancorché sul punto l’autorità regionale non avesse posto motivi ostativi all’intervento – la questione risulta superata dagli esiti di uno studio del 2019 commissionato dall’Ente di governo dell’Ambito Territoriale Ottimale n. 6 Alessandrino che, nell’individuare in modo dettagliato le aree di ricarica, non vi ricomprende il compendio su cui si verte.

Alla luce dei rilievi che precedono, l’appello va dunque respinto.

Le spese, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza quanto al Comune appellante; ritiene invece il Collegio che sussistano giusti motivi di compensazione, tra le parti, delle spese di lite relativamente alla posizione della Provincia di Alessandria, in ragione dei rapporti pubblicistici in essere tra quest’ultima ed il primo.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna l’appellante al pagamento, in favore della società Riccoboni s.p.a., delle spese di lite del grado di giudizio, che liquida in euro 3.000,00 (tremila/00) complessivi, oltre Iva e Cpa se dovute.

Compensa integralmente tra le parti le spese di lite relativamente alla Provincia di Alessandria.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 novembre 2022 con l'intervento dei magistrati:

Diego Sabatino, Presidente

Valerio Perotti, Consigliere, Estensore

Stefano Fantini, Consigliere

Giovanni Grasso, Consigliere

Alberto Urso, Consigliere