Consiglio di Stato Sez. V n. 528 del 16 gennaioo 2023
Rifiuti.Bonifica messa in sicurezza e competenze
Il fatto che si sia in presenza di un sito di interesse nazionale ex art. 252 del d.lgs. n. 152/2006 non incide sulla competenza in ordine all’individuazione del responsabile dell'inquinamento e alla diffida a predisporre la messa in sicurezza. Inoltre, la competenza del Ministero è riservata al contenuto della bonifica mentre la messa in sicurezza d’emergenza presuppone esigenze di celerità che giustificano l’ordinanza di cui all’art. 244 TUA (fattispecie relativa ad ordinanza emessa dalla Provincia, recante diffida ai sensi dell’art. 244, comma 2, d.lgs. 152/2006, a seguito del riscontrato supero dei valori di cromo esavalente nella falda sottostante a una vasta area, situata a valle della proprietà, ove insiste uno stabilimento in cui una società gestiva un’attività di cromatura).
Pubblicato il 16/01/2023
N. 00528/2023REG.PROV.COLL.
N. 01492/2015 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1492 del 2015, proposto da Provincia di Brescia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Magda Poli, Francesco Storace, con domicilio eletto presso lo studio Francesco Storace in Roma, via Crescenzio, 20;
contro
-OMISSIS- S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Pietro Garbarino, domiciliato presso la Segreteria Consiglio Di Stato in Roma, piazza Capo di Ferro, 13;
-OMISSIS- S.r.l. con Socio Unico, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Italo Luigi Ferrari, Francesco Fontana, Sonia Allocca, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Sonia Allocca in Roma, viale Tiziano n. 108;
e con l'intervento di
ad adiuvandum:
Fallimento -OMISSIS- S.r.l. – in Liquidazione, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Enzo Barila', con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia – sezione staccata di Brescia, sez. I, n. -OMISSIS-.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
visti gli atti di costituzione in giudizio di -OMISSIS- S.p.a. e di -OMISSIS- S.r.l. con Socio Unico;
visti tutti gli atti della causa;
relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 dicembre 2021 il Cons. Gianluca Rovelli e uditi per le parti gli avvocati Storace, anche per Barilà, e Allocca;
ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. La società -OMISSIS- S.r.l. ha impugnato, innanzi al TAR, Lombardia, Brescia, l’ordinanza -OMISSIS- emessa in data -OMISSIS-, dalla Provincia di Brescia, recante diffida ai sensi dell’art. 244, comma 2, d.lgs. 152/2006, a seguito del riscontrato supero dei valori di cromo esavalente nella falda sottostante a una vasta area, situata a valle della proprietà, ove insiste il suo stabilimento, stabilimento in cui la società gestiva un’attività di cromatura.
2. Il Direttore dell'Area Ambiente della Provincia aveva diffidato la società, ai sensi dell’art. 244, comma 2, del d.lgs. 152/2006, all'attuazione degli interventi previsti per la messa in sicurezza dei siti contaminati, relativamente alla matrice acque sotterranee sottese all’area perimetrata, visualizzata in una tavola denominata tavola n. 6 dalla relazione ARPA del giugno 2009.
3. Riferisce la Provincia appellante che l’ordinanza impugnata, faceva seguito al precedente analogo provvedimento provinciale, n. 1602/08, con cui era stata imposta all’azienda la messa in sicurezza e la caratterizzazione del sito di sua proprietà, e della falda sottostante, in cui era stato riscontrato un supero elevatissimo dei valori di cromo esavalente derivante dalle lavorazioni ivi svolte.
4. Prosegue l’appellante, riferendo che le indagini muovevano da precedenti analisi, che avevano interessato il sito, oggi di proprietà -OMISSIS-, denominato sito “Pietra Curva”, in relazione al quale la Provincia aveva avviato nel 2009 un procedimento finalizzato all’emissione di ordinanza ex art. 244 d.lgs. 152/06, per il supero del parametro Cromo VI rilevato nelle acque sotterranee a valle, e che era sfociato nell'ordinanza emessa nei confronti di -OMISSIS- S.p.A., in qualità di proprietaria del sito, e di -OMISSIS-, in qualità di responsabile della contaminazione.
5. -OMISSIS- S.p.A. aveva trasmesso, in data 18 dicembre 2009, osservazioni tecniche in merito alla contaminazione rilevata nel sito divenuto di sua proprietà, riconducendo la contaminazione della falda ad un meccanismo di “richiamo” del pennacchio, causato, a suo dire, dal sito di proprietà della -OMISSIS- S.r.l. e dall’inquinamento ivi presente.
6. Le osservazioni avevano determinato gli enti preposti alla tutela ambientale ad approfondire le indagini volte a chiarire l’origine della contaminazione della falda sottostante al sito Pietra. Da tali approfondimenti era emerso, riferisce ancora l’appellante, il gravissimo inquinamento del sito -OMISSIS-, nonché di una vasta area, posta a valle del sito ed identificata nella tavola 6 sopra menzionata.
7. Veniva quindi valutato dall’amministrazione che gli interventi di messa in sicurezza di emergenza delle acque di falda contaminate poste sotto il sito di proprietà, eseguiti dalla società, in adempimento all'ordinanza provinciale del 2008, seppure idonee ad evitare il peggioramento dell’inquinamento all’interno del sito stesso, non erano sufficienti ad ottenere un identico e contemporaneo effetto riducente nell'area esterna, posta a valle del sito.
8. Seguiva quindi l’emissione di ulteriore ordinanza, oggetto di impugnazione dinanzi al TAR.
9. Con sentenza n. -OMISSIS- il TAR Lombardia, Brescia, accoglieva il ricorso, annullando l'ordinanza provinciale.
10. Di tale sentenza, asseritamente ingiusta ed illegittima, la provincia di Brescia ha chiesto la riforma con rituale e tempestivo atto di appello alla stregua di un unico articolato motivo, rubricato: “1) illegittimità della sentenza per violazione del principio “chi inquina paga” - violazione degli artt. 239 e ss d.lgs. 152/06 e degli art. 1 e 8 n. 3, e del tredicesimo e ventiquattresimo “considerando” della direttiva 2004/35/ce 21.4.04, omessa e/o erronea valutazione delle risultanze di causa, difetto di motivazione ed erroneità dei presupposti”.
11. Ha resistito al gravame, chiedendone il rigetto, -OMISSIS- S.r.l. che ha anche proposto appello incidentale affidato a tre motivi così rubricati: “I. ERRORE IN GIUDICATO PER VIOLAZIONE DI LEGGE E PRINCIPI DI DIRITTO: Violazione di legge: art. 252, quarto comma, del D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 152 nel testo vigente all'epoca di emanazione dell'atto e dell'allora vigente art. 4, lett. “o” del D.P.R. 3 agosto 2009 n. 140 ("Regolamento recante riorganizzazione del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare"), che attribuiscono la competenza per la procedura di bonifica dei siti inquinati di interesse nazionale al Ministero dell'Ambiente e della tutela del territorio e del mare; Omessa e/o erronea valutazione dei documenti e degli atti di causa e violazione dell'art. 64, secondo comma del C.P.A.; difetto di motivazione ed erroneità dei presupposti; Il. ERRORE IN GIUDICATO PER VIOLAZIONE DI LEGGE E PRINCIPI DI DIRITTO: Violazione di legge: art. 240, lett. “m” del D.Lgs. n. 152/2006; Eccesso di potere sotto il profilo dell'esercizio non legittimo e arbitrario della discrezionalità tecnica; violazione del principio della domanda di cui all'art. 99 c.p.c. (richiamato dall'art. 99 C.P.A.) e del principio di corrispondenza fra il chiesto e il pronunciato, di cui all'art. 112 Cod. Proc. Civ.; Omessa e/o erronea valutazione dei documenti e degli atti di causa e violazione dell'art. 64, secondo comma del C.P.A.; difetto di motivazione ed erroneità dei presupposti”; III. Violazione del principio di soccombenza, essendo stato compensato il carico delle spese fra le parti in causa e poste quelle della C.T.U. a carico della -OMISSIS-”.
12. Alla udienza pubblica del 9 marzo 2021 il Collegio adottava ordinanza istruttoria n. -OMISSIS-, pubblicata il -OMISSIS- con la quale così disponeva: (…) “Ritenuto pertanto necessario, alla luce di tali considerazioni e ai fini della decisione, disporre un supplemento di istruttoria a carico del Dirigente individuato allo scopo dal Direttore dell’ARPA della Lombardia, che vi provvederà depositando una analitica relazione, corredata dagli indispensabili documenti amministrativi, ordinati secondo il criterio cronologico, al fine di accertare:
a) quali siano stati i procedimenti finalizzati alla messa in sicurezza e alla bonifica del sito in controversia avviati fino al -OMISSIS-;
b) quali siano le sopravvenienze che hanno reso necessaria l’adozione di un secondo provvedimento emergenziale rispetto a quello già adottato con la determina n. 1602 del 2008 e in che modo ne è stata verificata la consistenza e la riferibilità all’impresa appellata;
c) il rapporto intercorrente tra le richiamate scelte emergenziali del 2008 e del 2010 e il Piano di bonifica presidiato dal Ministero dell’ambiente, della tutela del territorio e del mare, ovvero se le une siano confluite nell’altro e con quali modalità;
d) tenuto conto degli esiti del giudizio penale conseguito alle rilevazioni del 2008, con quale dei richiamati provvedimenti (del 2008, del 2010, ovvero piano di bonifica) sia stato “cauterizzato” l’inquinamento colà ascritto alla società ricorrente e se esso si identifichi in tutto o in parte con l’oggetto delle successive rilevazioni del 2009.
Al fine di rendere di immediata intellegibilità la richiesta ricostruzione, la relazione sarà corredata da una rappresentazione grafica dell’area contaminata oggetto dell’ordinanza provinciale n. 1602 del 2008 in comparazione con la Tavola 6 della Relazione del giugno 2009, sulla quale dovranno essere anche evidenziate tutte le imprese operanti sul territorio per le quali si è esclusa (o si è rilevata) la responsabilità nella causazione dello specifico inquinamento riscontrato, e per quali ragioni (es., sulla riferibilità dell’attività alla produzione di cromo esavalente o ubicazione incompatibile con la contaminazione di falda)”.
13. In data 4 giugno 2021 veniva depositato intervento ad adiuvandum da parte del Fallimento -OMISSIS- s.r.l. – in liquidazione, che ha chiesto:
a) in via principale, annullare senza rinvio la sentenza di primo grado per omessa notifica del ricorso al TAR ad almeno un controinteressato;
b) in subordine, dato atto della carenza di motivi nel ricorso di primo grado in ordine alla illegittimità del provvedimento impugnato per omessa identificazione di -OMISSIS- quale soggetto tenuto ad eseguirlo, nonché della mancata impugnazione della sentenza di primo grado dove essa ha escluso di poter valutare la posizione di -OMISSIS-, escludere, per tali ragioni processuali, qualsiasi accertamento lesivo nei confronti del Fallimento -OMISSIS- S.r.l. – in Liquidazione;
c) in ulteriore subordine, comunque escludere, nel merito, qualsiasi accertamento lesivo nei confronti del Fallimento -OMISSIS- S.r.l. – in Liquidazione.
14. In data 9 agosto 2021 venivano adempiuti gli incombenti istruttori disposti con la sopra citata ordinanza.
15. Alla udienza pubblica del 21 dicembre 2021 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
16. Esigenze logico sistematiche impongono il preventivo esame dell’appello incidentale proposto da -OMISSIS- S.r.l.
16.1. Le ponderose argomentazioni dell’appellante incidentale (contenute nelle pagine da 55 a 65 della memoria di costituzione con appello incidentale depositata il 29 aprile 2015) necessitano di una sintesi al fine di inquadrare con ordine le questioni sottoposte al Collegio e le critiche mosse ai capi della sentenza ad essa sfavorevoli. Giusto precisare che l’appello incidentale è contenuto in un atto di 72 pagine che si riferisce a una imponente mole di documenti tutti dettagliatamente esaminati dal Collegio (il fascicolo di primo grado depositato consta di 800 pagine, 791 se si eliminano le pagine bianche 728, 730, 732, 734, 736, 738, 740, 742, 745).
17. Con il primo motivo l’appellante incidentale espone che la sentenza ha riconosciuto che, secondo l’art. 252, comma 4, del d.lgs. n. 152/2006, nel testo vigente all’epoca di emanazione dell'ordinanza provinciale, la procedura di bonifica di cui all'articolo 242 dei siti di interesse nazionale è attribuita alla competenza del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio, sentito il Ministero delle attività produttive e che, nell'ambito del Ministero, la relativa potestà appartiene alla Direzione generale per la tutela del territorio e delle risorse idriche (ex art. 4, lett. o) del D.M. 3.8.2009 n. 140); ha comunque dichiarato infondato il motivo incentrato sulla violazione di tali norme e sulla conseguente incompetenza provinciale all'emissione del provvedimento impugnato.
17.1. Nel capo quarto (p. 6 e 7) la sentenza ha dichiarato che le predette norme sono astrattamente applicabili al caso di specie perché l’area -OMISSIS- sarebbe ricompresa nel perimetro del sito di interesse nazionale di Brescia Caffaro. Con riguardo alla dichiarata appartenenza del sito -OMISSIS- al S.I.N. la sentenza sarebbe, tuttavia, incorsa in una violazione, dal momento che, quanto ai suoli, il S.I.N. comprende solo le aree dello stabilimento Caffaro mentre, per quanto riguarda le acque sotterranee la perimetrazione si estende su quasi tutta la città, incluse le acque sottese al sito -OMISSIS- e quelle oggetto dell'ordinanza provinciale impugnata.
17.2. Precisato tale motivo (che era stato dedotto nel ricorso introduttivo e chiarito nelle successive memorie e comprovato con i documenti depositati), l'assunto è stato comunque disatteso sul rilievo che le norme citate non sarebbero concretamente applicabili al caso di specie, posto che:
a) esse devolverebbero al Ministero la sola competenza in merito alle procedure di bonifica;
b) manterrebbero, invece, la competenza provinciale, come desumibile dall’art. 244 del d.lgs. n. 152/2006, quanto all’adozione di misure provvisorie e necessarie per la MISE, in attesa di eventuali ulteriori interventi di competenza statale;
c) al di là dei suoi contenuti concreti, la cui portata è stata pure contestata dalla ricorrente, l’ordinanza impugnata si qualifica espressamente come volta alla MISE.
Tale lettura delle invocate disposizioni di legge, secondo l’appellante incidentale, disvela un approccio puramente formalistico (essendosi il Collegio limitato alla sola formale qualificazione dell'ordinanza da parte dell'Ente emanante), che ha finito per trascurare la reale natura del suddetto provvedimento alla luce del contenuto dei documenti depositati in giudizio (e, in particolare, delle controdeduzioni ARPA depositate il 3 settembre 2010) e di quanto denunciato nel secondo motivo di ricorso. Già nel ricorso era stato, infatti, sottolineato che, per la conferma dell’incompetenza provinciale quanto all'adozione dell’ordinanza impugnata e al procedimento amministrativo conclusosi con la prima ordinanza provinciale (riguardante il sito), il Ministero aveva espressamente precisato di essere l’amministrazione competente e procedente in epoca anteriore all’ordinanza impugnata. E infatti:
a) nella nota 16 novembre 2009 relativa agli interventi di messa in sicurezza di emergenza in corso di adozione presso l’area di proprietà, era stato richiesto alla -OMISSIS- di trasmettere tutta la documentazione fino ad allora prodotta in sede locale, affinché gli Uffici della Direzione Ministeriale potessero prendere visione e formulare nel merito tecnico, limitatamente alla matrice acque di falda, eventuali osservazioni e prescrizioni;
b) nella successiva nota 12 gennaio 2010, relativa al superamento delle CSC (concentrazioni soglia di contaminazione) per il parametro cromo esavalente nelle acque sotterranee a valle del sito ex Pietra, il Ministero aveva (tra l’altro) richiesto a -OMISSIS- e a -OMISSIS- S.p.A. di trasmettere copia della documentazione relativa agli esiti delle indagini di caratterizzazione attualmente in corso affinché gli Uffici della Direzione medesima potessero prenderne visione e formulare nel merito tecnico, limitatamente alla matrice acque di falda, eventuali osservazioni e prescrizioni e, nel caso in cui non fossero stati ancora avviati interventi di messa in sicurezza di emergenza, di avviare tali interventi entro 10 giorni dalla data di ricevimento della nota;
c) nella nota 12 gennaio 2010, relativa al superamento delle CSC per il parametro cromo esavalente nelle acque sotterranee a valle del sito ex Pietra;
d) nella nota 11 marzo 2010, relativa agli interventi di messa in sicurezza di emergenza adottati/in corso di adozione presso l’area di proprietà, la stessa Direzione aveva (tra l’altro) domandato alla -OMISSIS- la trasmissione, entro 10 giorni dal ricevimento della nota, della documentazione relativa al Piano di caratterizzazione, approvato impropriamente in sede locale per quanto riguarda la matrice ambientale acque di falda.
17.2.1. La Provincia, tuttavia, anziché conformarsi alle suddette puntuali disposizioni, avrebbe dato inizio a un nuovo procedimento nella piena consapevolezza di non essere competente. Secondo l’appellante incidentale, conforta la rappresentata censura d’incompetenza il fatto che il Ministero sia intervenuto anche dopo l’emanazione dell'ordinanza impugnata e, lungi dal confermarne il contenuto, con Decreto Decisorio 4 agosto 2010:
a) ha ribadito che il Piano di Caratterizzazione 4 luglio 2008 era stato impropriamente approvato in sede locale dalla Conferenza di Servizi 20 novembre 2008;
b) ha ulteriormente puntualizzato che l'Amministrazione procedente era la Direzione per la Tutela del Territorio e delle Risorse Idriche del Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio del Mare;
c) ha dettato prescrizioni dirette a carico della -OMISSIS-, fra cui quella di potenziare gli interventi di messa in sicurezza di emergenza delle acque di falda contaminate presso il sito di proprietà, intesi sia come numero di pozzi di emungimento che di portata.
Per perseguire detta finalità, il Ministero aveva, inoltre, prescritto il potenziamento della barriera idraulica, confermando l'iniziale dimensionamento: era stato, infatti, proposto dal consulente della -OMISSIS- agli enti locali con la relazione tecnica 24 giugno 2008 (dopo l'esecuzione di prove di portata in campo) di dar corso alla realizzazione di 6 piezometri con la portata di 5-6 litri/s, vale a dire 18-21 mc/h e gli enti locali avevano ridimensionato, ritenendo sufficiente la realizzazione di una barriera costituita da 4 piezometri (due dei quali già esistenti sul sito di proprietà e due all'esterno, sull'area Finaer), giungendo poi anche a sospendere l'esecuzione di tre ulteriori piezometri, proposta dal consulente della -OMISSIS- (riunione tecnica 20 novembre 2008).
17.2.2. Intervenendo nel merito tecnico, il Ministero avrebbe, dunque, rivendicato la propria competenza (o quanto meno, la imperizia di Provincia, Comune e Arpa), confermando che la messa in sicurezza della falda perimetrata in tavola 6 avrebbe potuto essere ordinata alla -OMISSIS- solamente attraverso il potenziamento della barriera idraulica già attiva nel sito di proprietà e non intraprendendo pesanti interventi diretti al fine di mungere acqua dalla estesa falda perimetrata da Arpa e di bonificarla mediante trattamento in impianto di depurazione, fino al limite di 200 pg/L (costituente il limite ammesso per il cromo esavalente per lo scarico in corpo idrico superficiale). In primo grado, dunque, era stato dimostrato e provato che gli interventi ordinati dalla Provincia non erano sostenibili, essendo sproporzionati e, comunque, diretti alla bonifica delle acque e non certo alla loro messa in sicurezza.
17.2.3. La mancata considerazione dei documenti e delle difese della -OMISSIS- sarebbe palese e integrerebbe, quindi, violazione dell’art. 64, comma 2, del c.p.a. in tema di corrispondenza del decisum alle allegazioni probatorie, in omaggio al principio dispositivo e, ancor più a monte, al canone della giurisdizione soggettiva.
18. Con il secondo motivo, l’appellante incidentale espone che, nel trentesimo capo, la sentenza appellata ha dichiarato assorbito il secondo motivo strettamente connesso al primo, affermando che, dopo l’accoglimento del terzo motivo la ricorrente, nel momento in cui non può dirsi responsabile dell’inquinamento, non ha più interesse alcuno a vedere accertare se gli interventi imposti rientrassero effettivamente nei contenuti tecnici della MISE ovvero integrassero una bonifica vera e propria.
18.1. Alterando l'ordine dei motivi proposti con il ricorso, il TAR sarebbe giunto a un risultato che deve ritenersi contrario all’interesse della -OMISSIS- perché, anziché valutare il primo motivo sull’incompetenza della Provincia insieme al secondo motivo incentrato anche sulla natura e sul contenuto effettivo dell’ordine provinciale, li ha scissi, dichiarando infondato il primo e assorbito il secondo, in conseguente violazione del combinato disposto degli artt. 99 e 112 c.p.c. Il loro esame, nell’ordine logico originario, avrebbe invece dovuto portare il TAR ad approfondire l'esame dei due motivi in ragione della loro interdipendenza e a dichiararli fondati.
18.2. L’art. 240 del d.lgs. n. 152/2006 definisce gli interventi di MISE alla lettera “m”, come “ogni intervento immediato o a breve termine, da mettere in opera nelle condizioni di emergenza di cui alla lettera t) in caso di eventi di contaminazione repentini di qualsiasi natura, atto a contenere la diffusione delle sorgenti primarie di contaminazione, impedirne il contatto con altre matrici presenti nel sito e a rimuoverle, in attesa di eventuali ulteriori interventi di bonifica o di messa in sicurezza operativa o permanente” e, con l’ordinanza impugnata, la Provincia ha ordinato alla -OMISSIS- l’immediata esecuzione di interventi di messa in sicurezza di emergenza (MISE), relativamente alla falda che si estende per circa 4 km a sud del sito di proprietà: tale misura, per definizione del legislatore, è diretta al contenimento immediato di situazioni improvvise ed è, quindi, regolata da una procedura di urgenza come tale limitata, puntuale e non estensibile oltre i suoi limiti naturali.
18.2.1. La -OMISSIS- aveva già realizzato interventi di MISE, consistenti:
a) nella messa in funzione di una barriera idraulica composta da quattro pozzi di emungimento continuo delle acque sotterranee (rispetto ai 6 progettati), che recapitava le acque estratte all'impianto di depurazione allestito all'interno dell’area di proprietà della ditta, con scarico autorizzato delle acque depurate del corpo idrico “Vaso Fiume Grande Inferiore”;
b) nella rimozione (previa verifica della loro integrità) di tutte le vasche di cromatura presenti nel capannone “B”;
c) nonché nella rimozione del terreno contaminato da cromo rinvenuto sotto il pavimento dello stesso capannone “B”.
18.2.2. L’efficienza idrochimica della barriera idraulica (MISE) era stata dimostrata dal calo del 91% della concentrazione del cromo esavalente nelle acque sotterranee già dopo un anno di funzionamento (come descritto nella Tabella del paragrafo 3.1 della prima relazione del dott. Leoncini), calo che è stato costante e si è poi stabilizzato nella misura del 93% nei due anni successivi. Sotto altro profilo è rimasta senza risposta in primo grado la questione della contaminazione “a macchia di leopardo” della estesa falda posta a sud del sito -OMISSIS- che era non soltanto risalente nel tempo, ma ben conosciuta dalla Provincia fino dal 2008, posto che:
a) ARPA e Comune avevano ritenuto opportuno accertare i livelli di contaminazione della falda a valle del sito della ricorrente già il 29 luglio 2008;
b) le attività di indagine relative alla contaminazione della falda avevano compreso anche la realizzazione comunale di nuovi piezometri, fin dal settembre 2008;
c) il 3 febbraio 2009, relativamente all’indagine relativa alla contaminazione della falda, ARPA aveva trasmesso alla Provincia i certificati analitici relativi ai campionamenti di acqua sotterranea eseguiti nel dicembre 2008;
d) il 17 febbraio 2009 era stato deciso di effettuare una ulteriore campagna di indagini, relativa all'andamento della falda;
e) la relazione ARPA e la Tavola n. 6 alla stessa allegata, poste a base dell’ordinanza impugnata erano state redatte nel giugno 2009.
18.2.3. In tale contesto, la situazione di contaminazione oggetto degli interventi ordinati alla -OMISSIS- a titolo di MISE, secondo l’appellante incidentale, non era né contingente né provvisoria, tale da giustificare una misura indifferibile e urgente.
Prosegue -OMISSIS- S.r.l. affermando che nel corso del giudizio è stata dimostrata e provata l’esistenza di altre plurime fonti e focolai di contaminazione che hanno costretto ARPA a rivedere la sua relazione nel luglio 2012, modificando la tavola 6:
- con attribuzione del vecchio plume di contaminazione anche al sito ex Forzanini (che rilascia cromo esavalente in falda almeno dal 1983);
- con inclusione nella tavola di una piccola porzione del sito ex Pietra (il cui plume però non assumerebbe autonoma rilevanza, se non fino al confine settentrionale del sito -OMISSIS- nonostante sia stata ivi accertata l'autonoma contaminazione e la cessione in falda di cromo esavalente almeno dal 1980);
- con individuazione dei siti via Monte Maniva e Oto Melara.
Tanti altri siti indicati dalla -OMISSIS-, dei quali la Provincia ha tardivamente depositato in giudizio le visure storiche, sono strutture ex galvaniche chiuse da decenni che potrebbero integrare ulteriori focolai di contaminazione, non ancora indagati.
Gli interventi ordinati non potevano dunque rivestire nel 2010 alcun carattere di urgenza: il che troverebbe conferma nelle misure che -OMISSIS- avrebbe dovuto porre in essere, dinanzi alle quali essa ha dichiarato di non essere in grado di sostenere gli elevati oneri di una pretesa MISE. Né la Provincia né il Ministero hanno intrapreso gli interventi sostitutivi di cui all’art. 250 del d.lgs. n. 152/2006.
18.2.4. Gli interventi ordinati dalla Provincia costituirebbero una bonifica sostanziale della falda sotto l'etichetta formale di MISE, come confermato da ISPRA e, prima ancora dall'ASL, proprio con riferimento al sito di interesse di interesse nazionale Brescia - Caffaro, nel documento “Risultato delle indagini sanitarie ed ambientali al 30 aprile 2008”.
18.2.5. La Provincia avrebbe imposto alla -OMISSIS- la MISE solo per ottenere il disinquinamento nel minore tempo possibile della matrice acque sotterranee (e in sostituzione dei veri responsabili, difficilmente individuabili dopo decenni) e al di fuori delle più complesse prescrizioni imposte per legge ai fini di bonifica: la Messa In Sicurezza di Emergenza è infatti istituto (tecnico, prima che giuridico), volto al solo contenimento della matrice compromessa, vale a dire alla limitazione degli effetti dell'inquinamento allo scopo di impedirne l'ulteriore propagazione.
18.3. In merito all’attività profusa dalla -OMISSIS- per la messa in sicurezza e la bonifica del suo sito e alla descrizione della scoperta nella zona di altri siti contaminati e di siti quali fonte potenziale di contaminazione, viene censurato il ventisettesimo capo della sentenza (p. 14), in cui è stato dichiarato che si tratterebbe di “deduzioni non pertinenti all'oggetto di causa, che è la possibilità o no di individuare un responsabile del più esteso inquinamento riscontrato”.
19. I motivi così sintetizzati, strettamente interconnessi, sono infondati.
19.1. In merito alla questione di competenza, con ragione, la difesa della Provincia di Brescia richiama il precedente della Sezione IV^ del Consiglio di Stato del 7 maggio 2021, n. 3575, secondo cui “la deroga all’ordinaria competenza è stata stabilita dal legislatore ordinario in favore del Ministero dell’ambiente soltanto limitatamente alla gestione delle “procedure di bonifica”, dal cui perimetro oggettivo esulano, all’evidenza, tutte le attività diverse ovvero propedeutiche rispetto alla bonifica medesima (come si è già detto, trattasi dell’individuazione del responsabile dell’inquinamento, della diffida a provvedere all’esecuzione degli interventi, tra cui anche le misure di prevenzione e quelle di messa in sicurezza di emergenza)”.
19.2. Sul punto, quindi, la statuizione del giudice di primo grado è corretta, tenuto conto che permangono anche nell’ambito dei SIN le competenze attribuite dall’art. 244 TUA alle province e che è pacifico che il provvedimento impugnato è altra cosa rispetto al procedimento di bonifica.
19.3. L’appellante incidentale argomenta con ampi svolgimenti la propria tesi secondo cui quella ordinata dalla Provincia non sarebbe una MISE, ma una bonifica in senso stretto.
19.4. Si tratta di argomenti non condivisibili.
Anzitutto, il fatto che si sia in presenza di un sito di interesse nazionale ex art. 252 del d.lgs. n. 152/2006 non incide sulla competenza in ordine all’individuazione del responsabile dell'inquinamento e alla diffida a predisporre la messa in sicurezza. Inoltre, la competenza del Ministero è riservata al contenuto della bonifica mentre la messa in sicurezza d’emergenza presuppone esigenze di celerità che giustificano l’ordinanza di cui all’art. 244 TUA.
20. Occorre, quindi, esaminare l’appello principale il cui unico articolato motivo in diritto deve essere sintetizzato.
20.1. Espone l’appellante in via principale che non sembra controvertibile come, sin dalla prima campagna di indagine effettuata da ARPA, sia emersa una situazione di inquinamento del sito -OMISSIS- che non aveva eguali nei dintorni. Appare quindi pienamente condivisibile quanto affermato dalla Corte d'appello di Brescia basandosi sulle risultanze istruttorie, ed in particolare sulla CTU a firma dell'ing. -OMISSIS-.
20.2. L’appellante richiama la sentenza della Corte d'appello di Brescia del 10 luglio 2014 che, confermando la decisione resa in primo grado dal GUP, ha ritenuto la penale responsabilità degli amministratori della -OMISSIS- di -OMISSIS- S.r.l., per l'inquinamento da cromo esavalente delle acque emunte da alcuni pozzi situati all'interno dell'area perimetrata dalla tavola 6 di cui all’ordinanza provinciale.
20.3. Il procedimento sarebbe del tutto idoneo a suffragare gli elementi probatori circa l'apporto inquinante, per il passato e, seppure forse in misura minore, per il presente, del sito verso l'esterno e quindi nell'area indicata dall’ARPA e interessata dall'ordinanza impugnata, comprensiva dei pozzi per cui è stato attivato il procedimento penale, conclusosi con la condanna degli amministratori -OMISSIS-.
20.4. La sentenza impugnata non avrebbe preso alcuna posizione, essendosi limitato il giudicante, ad accettare acriticamente le risultanze della CTU depositata a fine 2013, frutto di un errore di base, o, comunque, di un fraintendimento di ciò che può e deve intendersi come causa dell'inquinamento ai sensi e per gli effetti del d.lgs. 152/06 e, ancor prima, della normativa europea recante il principio “chi inquina paga”.
20.5. Sarebbe, quindi, legittima l’ordinanza n. 434/10, emessa dalla Provincia di Brescia, essendo stata assunta alla luce dei superi riscontrati dagli organismi di controllo, preposti alla tutela della salute pubblica, anche ove si consideri il carattere di strumento finalizzato, non solo alla tutela dell'ambiente, ma anche alla prevenzione della propagazione ulteriore di un inquinamento già accertato e di cui è noto il responsabile.
21. Il motivo è fondato. La manifesta fondatezza nel merito dell’appello consente di prescindere dall’eccezione in rito (omessa notifica al controinteressato -OMISSIS- poi -OMISSIS-) del ricorso di primo grado proposta nella memoria depositata dalla Provincia di Brescia in data 18 novembre 2021, in cui la Provincia dichiara di associarsi alla conforme eccezione sollevata dalla difesa del Fallimento -OMISSIS- nel proprio atto di intervento, atto di intervento ammissibile in cui però vengono proposte domande da un soggetto in alcun modo inciso dall’ordinanza provinciale.
21.1. Un elemento in diritto è decisivo e risolve la controversia. Va anzitutto sottolineato che l’appello non contiene alcuna di quelle “imprecisioni”, “confusione” e “atecniche asserzioni” di cui fa menzione -OMISSIS- S.r.l. a pagina 45 della memoria depositata il 29 aprile 2015 in uno con l’appello incidentale. La questione è molto più semplice di come è stata descritta proprio da -OMISSIS- S.r.l. e si risolve nel modo che segue.
21.2. Anzitutto, l’obbligo di messa in sicurezza è la semplice conseguenza oggettiva dell’aver cagionato l'inquinamento; la vicenda qui esaminata è paradigmatica ipotesi di applicazione della norma generale dell'art. 2043 c.c., che, d'altronde, è a sua volta espressione del principio, ancor più generale, di responsabilità, in base al quale ciascuno risponde delle proprie azioni ed omissioni. Inoltre, è certo che venga in rilievo il principio eurounitario del “chi inquina paga”, dalla cui cogenza teleologica e assiologica si ricava il precipitato in forza del quale la scoperta del danno a distanza di anni o decenni non impedisce di attivare la norma dell'art. 2043 c.c. né evita la doverosa applicazione del primario principio di responsabilità (Consiglio di Stato, Sez. IV, 7 gennaio 2021, n. 172).
21.3. Inoltre, in casi come quello qui all’esame, l'accertamento del nesso di causalità si fonda non sulla regola probatoria penalistica basata sul principio dell'accertamento della responsabilità al di là di ogni ragionevole dubbio ma sul principio civilistico del “più probabile che non”.
21.3.1. La relazione di ARPA, vagliata in modo “particolarmente obiettivo” dal Collegio (queste le parole con cui la difesa di -OMISSIS- S.r.l. ha “esortato” questo Giudice a esaminare la relazione di ARPA, a pagina 2 della memoria depositata il 19 novembre 2021) è estremamente significativa e consente di condividere la tesi della difesa dell’appellante secondo cui l’attività svolta nello stabilimento -OMISSIS- sia la causa assolutamente principale del plume che l’ordinanza provinciale mirava a contrastare. Va peraltro osservato:
a) che la relazione ARPA non contiene affatto “toni accusatori (più o meno velati)” (pagina 3 della memoria sopra citata, cui seguono asseriti sette esempi o ipotesi di “slealtà”, “enfasi accusatoria”, “parzialità”, “capziosa presentazione delle sue stesse comunicazioni e del loro contenuto”, descritte da pagina 3 a pagina 14 della citata memoria);
b) che il fatto che la relazione contenga “modellazioni matematiche che, ancora oggi, sono inficiate dalla qualità e genericità dei dati inseriti per il loro sviluppo” è opinione del tutto personale di -OMISSIS- S.r.l. non suffragata da alcun elemento decisivo (tale non può essere la relazione di controdeduzioni del geologo Leoncini, che non contiene alcun dato che possa mettere in discussione l'accertamento del nesso di causalità secondo il principio civilistico del “più probabile che non”). E’ difatti noto che l’individuazione della responsabilità per l’inquinamento di un’area, come già evidenziato, si basa sul criterio del “più probabile che non”, sicché è sufficiente perché il responsabile si intenda legittimamente accertato che il nesso eziologico ipotizzato dall’amministrazione sia più probabile della sua negazione (Consiglio di Stato, sez. IV, 7 gennaio 2021, n. 172).
21.4. La Corte di Giustizia dell'Unione Europea, nell'interpretare il principio “chi inquina paga”, ha fornito una nozione di causa in termini di aumento del rischio, ovvero come contribuzione da parte del produttore al rischio del verificarsi dell'inquinamento.
Per poter presumere l'esistenza di un siffatto nesso di causalità, l'autorità competente deve disporre di indizi plausibili in grado di dar fondamento alla sua presunzione, quali la vicinanza dell'impianto dell'operatore all'inquinamento accertato e la corrispondenza tra le sostanze inquinanti ritrovate e i componenti impiegati da detto operatore nell'esercizio della sua attività. Quando disponga di indizi di tal genere, l'autorità competente è allora in condizione di dimostrare un nesso di causalità tra le attività degli operatori e l'inquinamento diffuso rilevato. Conformemente all’art. 4, n. 5, della direttiva 2004/35, un'ipotesi del genere può rientrare pertanto nella sfera d'applicazione di questa direttiva, a meno che detti operatori non siano in condizione di confutare tale presunzione (Corte di Giust. UE, n. 534 del 2015; cfr. anche, in precedenza, la decisione del 9.3.2010, in causa C - 378/08). La prova può, quindi, essere data in via diretta o indiretta, ossia, in quest’ultimo caso, l'amministrazione pubblica preposta alla tutela ambientale può avvalersi anche di presunzioni semplici di cui all’art. 2727 c.c. (Consiglio di Stato, sez. IV, 18 dicembre 2018, n. 7121).
21.5. In definitiva, l’appello incidentale è infondato mentre è fondato quello principale.
22. Le spese del doppio grado di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo. Le spese sono compensate nei confronti dell’interveniente che ha, peraltro, esplicitamente riferito che “nel par. 29 della motivazione la sentenza del Tar precisa che la posizione di -OMISSIS- quale proprietaria di altre aree eventualmente inquinate, è bene ricordarlo esula completamente dal presente processo” (pagina 3 dell’atto di intervento). E’ da confermare la statuizione della sentenza di primo grado in merito alle spese della CTU già poste a carico della -OMISSIS- s.r.l.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, respinge l’appello incidentale e accoglie l’appello principale e, per l’effetto, in riforma della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sezione staccata di Brescia, sez. I, n. -OMISSIS- respinge il ricorso di primo grado.
Condanna -OMISSIS- s.r.l alla rifusione delle spese del doppio grado di giudizio, liquidate in euro 4.000/00 (quattromila) per il primo grado di giudizio e 6.000/00 (seimila) per il presente grado di giudizio, per complessivi euro 10.000/00 (diecimila) in favore della Provincia di Brescia. Spese compensate nei confronti dell’interveniente.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare i soggetti interessati.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 dicembre 2021 con l'intervento dei magistrati:
Francesco Caringella, Presidente
Federico Di Matteo, Consigliere
Angela Rotondano, Consigliere
Giuseppina Luciana Barreca, Consigliere
Gianluca Rovelli, Consigliere, Estensore