Consiglio di Stato Sez. IV n. 5511 del 20 giugno 2024
Rifiuti.Illegittimità ordinanza che dispone tout court il conferimento dei rifiuti in discarica
L’art. 179 del d.lgs. n. 152/2006, come modificato dal d.lgs. 4/2008 e dal d.lgs. n. 205/2010, ha positivizzato i criteri di priorità nella gestione dei rifiuti, stabilendo che la gestione dei rifiuti debba avvenire secondo un preciso ordine gerarchico, provvedendo prioritariamente alla prevenzione, intesa come insieme di misure volte a impedire la produzione di rifiuti; alla preparazione per il riutilizzo, definita come operazione di controllo, pulizia e riparazione, che permette il riutilizzo del bene; al riciclaggio, quale forma di recupero attraverso il ricorso a tecniche appropriate per ottenere altri prodotti o materiali; al recupero di altro tipo (come avviene, ad esempio, con le tecniche di recupero per produrre energia e l'utilizzo del rifiuto pretrattato come combustibile). L’ultima opzione è costituita dallo smaltimento, che rappresenta quindi l’ipotesi residuale. E' conseguentemente illegittima l'adozione, da parte dell’amministrazione comunale, di un'ordinanza che dispone tout court il conferimento dei rifiuti in discarica, senza dar conto di aver preventivamente verificato la possibilità di individuare forme alternative di bonifica dell’area, attraverso il ricorso alla modalità del recupero in tutto o in parte dei rifiuti presenti nell’area stessa (nella gradazione preferibile rispetto al conferimento degli stessi in discarica).
Pubblicato il 20/06/2024
N. 05511/2024REG.PROV.COLL.
N. 06645/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6645 del 2022, proposto da -OMISSIS- s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Federico Peres, Alessandro Kiniger, con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia;
contro
Comune di -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
Provincia Autonoma di Trento, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Giacomo Bernardi, Marialuisa Cattoni, Sabrina Azzolini, con domicilio digitale come da Pec da Registri di Giustizia;
Agenzia Provinciale per la Protezione dell’Ambiente (Appa) – Trento; -OMISSIS- s.r.l.; -OMISSIS-, -OMISSIS-, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del T.R.G.A. della Provincia di Trento n. -OMISSIS-.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di -OMISSIS- e della Provincia Autonoma di Trento;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 marzo 2024 il consigliere Paolo Marotta e uditi per le parti gli avvocati, come da verbale;
Viste le conclusioni delle parti.
FATTO e DIRITTO
1. La società -OMISSIS- s.r.l. ha impugnato la sentenza indicata in epigrafe, con la quale il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento, previa riunione del ricorso R.G. n. -OMISSIS-, promosso da -OMISSIS- s.r.l., -OMISSIS- e -OMISSIS- e del ricorso R.G. n. -OMISSIS-, promosso dalla società -OMISSIS- s.r.l. aventi entrambi ad oggetto l’ordinanza del Sindaco del Comune di -OMISSIS- n. 370/2021 prot. n. 12776, ha accolto parzialmente il primo ricorso, mentre ha respinto il secondo (ossia quello proposto dalla società -OMISSIS-).
2. L’odierna appellante premette quanto segue.
2.1. Dichiara di essere un’azienda attiva nel territorio della Provincia di Trento dagli anni ottanta e di operare anche nel settore del recupero di rifiuti speciali non pericolosi, dai quali ottiene materiali riutilizzabili (c.d. End of Waste o materie prime seconde), che poi cede a terzi.
2.2. A partire dalla fine del 2018 la deducente è affittuaria di una porzione dell’area “Brianeghe”, oggetto di uno specifico piano guida approvato dal Comune di -OMISSIS- nel 2007; il contratto d’affitto (oggi in fase di risoluzione) prevedeva anche lavori di ripristino dell’area, mediante l’apporto e la sistemazione di materiali aggregati riciclati (End of Waste), nonché di terre e rocce da scavo identificate come sottoprodotto, ai sensi del d.P.R. 13 giugno 2017 n. 120.
2.3. L’attività svolta dalla società -OMISSIS- nella predetta area è durata solo pochi mesi, precisamente dal dicembre 2018 al 1° aprile 2019, quando l’appellante è venuta a conoscenza di alcune irregolarità urbanistico-edilizie che, a giudizio dell’appellante, sarebbero imputabili alla società -OMISSIS- s.n.c. e ai proprietari dell’area.
2.4. Nel giugno del 2021, il Sindaco del Comune di -OMISSIS- ha adottato l’ordinanza n. 370/2021, ai sensi dell’art. 90 del TULP e dell’art. 192 d.lgs. n. 152/2006, con la quale ha ordinato alla società appellante e ai soggetti proprietari dell’area di provvedere alla rimozione dei rifiuti presenti nella predetta area, sino al ripristino integrale dello stato dei luoghi come da piano guida del 2007; veniva inoltre prescritto che i rifiuti, dopo essere stati analizzati e rimossi dal sito, fossero destinati a smaltimento definitivo.
2.5. I fatti che hanno condotto all’emanazione dell’ordinanza traggono origine da un’indagine del Nucleo Operativo Ecologico di Trento (N.O.E.), all’esito della quale sarebbe emerso che la società appellante, nel corso delle attività ad essa affidate, avrebbe conferito abusivamente nell’area in questione complessivamente circa 11.800 m3 di materiale, di cui:
a) 4.800 metri cubi provenienti dalla -OMISSIS- e – asseritamente – mai sottoposti ad attività di recupero;
b) 7.000 metri cubi di materiali provenienti da presunte - “illecite operazioni di miscelazione svolte all’interno dell’impianto di recupero di -OMISSIS-”.
2.6. Avverso tale ordinanza, la società -OMISSIS- proponeva ricorso dinnanzi al T.R.G.A. della Provincia di Trento (R.G. n. -OMISSIS-), lamentandone l’illegittimità per i seguenti vizi:
I. Omissione della comunicazione di avvio del procedimento, con evidente violazione del diritto al contraddittorio;
II. Adesione acritica del Comune di -OMISSIS- alle valutazioni del Nucleo Operativo Ecologico di Trento, in mancanza di un’autonoma istruttoria;
III. Erronea qualificazione come rifiuti dei materiali di cui è stata ordinata la rimozione, anch’essa diretta conseguenza della carenza istruttoria;
IV. Imposizione alla società del ripristino dello stato dei luoghi mediante l’asportazione non soltanto del materiale conferito dalla società -OMISSIS- dal 2018, ma anche di tutto il materiale fino al raggiungimento dello stato di fatto del 2007;
V. Rimozione e avvio dei materiali in questione a smaltimento definitivo in discarica, senza valutazione della possibilità di recupero degli stessi (il costo per lo smaltimento in discarica dei soli 11.800 m3 di materiale portato nell’area dalla Società ammonterebbe a circa 80.000 euro).
2.7. I proprietari dell’area (i signori -OMISSIS- e -OMISSIS-) e la società -OMISSIS- s.r.l. proponevano autonomo ricorso (R.G. n. -OMISSIS-) per l’annullamento (in parte qua) dell’ordinanza del Sindaco di -OMISSIS-, adducendo la loro estraneità rispetto al deposito dei materiali e lamentando il difetto di motivazione del provvedimento impugnato.
2.8. I ricorsi di primo grado sopra richiamati (R.G. n. -OMISSIS- e R.G. n. -OMISSIS-) venivano riuniti e decisi con la sentenza n. -OMISSIS-, con la quale il T.R.G.A. della Provincia di Trento ha accolto il ricorso R.G. n. -OMISSIS- (proposto dai proprietari dell’area e dalla società -OMISSIS- s.r.l.), per carenza procedimentale e difetto di motivazione, ha invece dichiarato infondato il ricorso R.G. n. -OMISSIS-, promosso dalla società -OMISSIS-; il giudice di primo grado ha condannato la società -OMISSIS- anche al pagamento delle spese di giudizio in favore del Comune di -OMISSIS- e della Provincia Autonoma di Trento, liquidandole in € 1.500,00, oltre accessori di legge, per ognuna delle predette amministrazioni.
3. Tanto premesso, la società appellante dichiara di voler riproporre nel presente grado di giudizio solo alcuni motivi del ricorso di primo grado e, precisamente, quello relativo alla omessa comunicazione di avvio del procedimento e quello relativo alla violazione del principio della gerarchia nella gestione dei rifiuti.
3.1. Con il primo motivo, la società appellante deduce: error in iudicando: Paragrafo XI – Erroneità della sentenza nella parte in cui il giudice di primo grado ha ritenuto superflua l’omessa comunicazione alla società della comunicazione di avvio del procedimento finalizzato alla adozione dell’ordinanza (violazione di legge e/o falsa applicazione in relazione agli artt. 24, 97, 111, 113 Costituzione, agli artt. 1 e 7 l. n. 241/1990, all’art. 90 TULP e all’art. 192 d.lgs. n. 152/2006, omessa o erronea valutazione delle risultanze di causa, erroneità dei presupposti, ingiustizia manifesta).
3.1.1. La società fa rilevare che il provvedimento gravato è stato adottato omettendo la comunicazione di avvio del procedimento, adempimento imprescindibile al fine dell’instaurazione del contraddittorio procedimentale con gli interessati, specialmente in riferimento alle ordinanze assunte ai sensi dell’art. 192 d.lgs. n. 152/2006.
Richiama alcune pronunce giurisprudenziali a sostegno della necessaria preventiva instaurazione del contradditorio, mediante la comunicazione di avvio del procedimento di cui agli artt. 7 e ss. della l. n. 241/1990.
3.1.2. Fa rilevare che il giudice di primo grado ha ritenuto che detta comunicazione fosse superflua e irrilevante «considerata la non contestabile conoscenza derivante “aliunde” alla società medesima dei fatti illeciti accertati nei suoi confronti» e quindi il fatto che la società risultasse «del tutto edotta circa le irregolarità contestatele».
La società evidenzia che anche a voler ritenere vero tale assunto, ciò non implicherebbe che la società fosse informata del fatto che era stato intrapreso nei suoi confronti un procedimento amministrativo, volto all’emanazione nei suoi confronti di una ordinanza ai sensi dell’art. 192 d.lgs. 152/2006.
In altri termini, la consapevolezza dell’esistenza di determinate contestazioni penalmente rilevanti nei propri confronti non coinciderebbe con la consapevolezza dell’avvio di un procedimento avente contenuto e finalità differenti rispetto alle contestazioni sollevate in sede penale.
3.1.3. Il giudice di primo grado ha inoltre sostenuto che la società avrebbe potuto ipotizzare che sarebbe stata emanata nei suoi confronti un’ordinanza di ripristino, trattandosi di «un’impresa dotata di esperienza in quanto da tempo attiva nel settore delle cave, degli inerti e del loro recupero».
Il giudice di primo grado ha inoltre sostenuto che «gli accertamenti effettuati in contraddittorio con i soggetti interessati», previsti dal co. 3 dell’art. 192 del d.lgs. n. 152/2006, non riguardano i soggetti responsabili, bensì soltanto i proprietari dell’area interessata dall’ordinanza, al fine di provarne il dolo o la colpa e che il decreto di sequestro preventivo «assolve, assorbendola, l’esigenza di comunicare alla società -OMISSIS- stessa l’avvio del procedimento per l’emissione dell’ordinanza impugnata».
3.1.4. La società appellante contesta le conclusioni del giudice di primo grado, facendo rilevare che l’art. 7 della l. n. 241/1990 esonera le autorità da tale adempimento soltanto nel caso in cui «sussistano ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento» (ipotesi che non ricorrerebbe nel caso di specie). A tale riguardo, la società fa rilevare che il decreto di sequestro risale al 27 settembre 2020, mentre l’ordinanza in questione le è stata inviata l’11 giugno 2021.
3.1.5. La società appellante fa rilevare che, se avesse avuto la consapevolezza dell’avvio di un procedimento amministrativo nei suoi confronti, avrebbe potuto far pervenire documenti e memorie volte a dimostrare la correttezza del proprio operato; solo in sede giudiziale l’odierna appellante ha potuto chiarire la propria posizione, opponendosi alla destinazione allo smaltimento di tutti i materiali in questione e rappresentando che l’attività di recupero è stata effettuata come da autorizzazione e che i materiali da essa conferiti costituiscono una minima parte rispetto ai 200.000 metri cubi presenti e che, comunque, il suo operato è circoscritto nel tempo.
3.2. Con il secondo motivo di appello, la società appellante deduce: error in iudicando: Paragrafo XV – Erroneità della sentenza impugnata nella parte in cui il giudice di primo grado ha ritenuto legittimo l’avvio a smaltimento dei rifiuti anziché il loro recupero (violazione e/o falsa applicazione in relazione all’art. 4 paragrafo 1, Direttiva 2008/98/Ce, agli artt. 177, 178, 179, 182, 183, 188, 192 d.lgs. n. 152/2006, all’art. 90 del TULP e all’art. 6 d.lgs. n. 36/2003; eccesso di potere nelle forme dell’ingiustizia manifesta, dello sviamento, della carenza dei presupposti, del difetto di istruttoria e di motivazione, omessa od erronea valutazione delle risultanze di causa).
3.2.1. L’odierna appellante fa rilevare che l’ordinanza sindacale individua lo smaltimento in discarica come unica destinazione dei cumuli di rifiuti presenti nell’area; con il motivo n. 5 del ricorso introduttivo del giudizio, questa prescrizione era stata contestata perché resa in violazione della normativa che prevede una gerarchia nella gestione dei rifiuti, in base alla quale lo smaltimento costituisce l’ultima opzione alla quale si può arrivare solo dopo avere escluso le altre.
3.2.2. Il giudice di primo grado ha respinto la censura con la seguente motivazione: «La ricorrente, infatti, non ha posto in essere gli interventi di recupero, o comunque non lo ha fatto correttamente […]. Come si è in precedenza detto, nulla di quanto indicato ha trovato esecuzione, per cui allo stato i rifiuti miscelati non sono più distinguibili e non possono più essere recuperati. Lo smaltimento dei rifiuti recato dall’ordinanza rimane pertanto l’unica strada percorribile senza che vengano in rilievo le evocate violazioni dell’art. 179 del d.lgs n. 152 del 2006, ai sensi del quale le possibili soluzioni per la gestione dei rifiuti sono costituite dalla: a) prevenzione; b) preparazione per il riutilizzo; c) riciclaggio; d) recupero di altro tipo, per esempio il recupero di energia; e) smaltimento. La precedente gestione dei rifiuti condiziona dunque - certamente ed inevitabilmente - le modalità del loro successivo trattamento».
3.2.3. La società appellante contesta le conclusioni del giudice di primo grado, richiamando l’art. 182 co. 1 d.lgs. n. 152/2006, a norma del quale «Lo smaltimento dei rifiuti è effettuato in condizioni di sicurezza e costituisce la fase residuale della gestione dei rifiuti, previa verifica, da parte della competente autorità, della impossibilità tecnica ed economica di esperire le operazioni di recupero di cui all’articolo 181».
Pertanto, la recuperabilità o meno di un rifiuto costituirebbe una questione oggettiva, indipendente dai comportamenti soggettivi di chi lo ha prodotto o lo ha gestito in una qualunque fase.
La società appellante contesta anche l’affermazione finale secondo cui la caratterizzazione dei rifiuti ordinata dal Sindaco «non è finalizzata ad individuarne la destinazione, ormai già stabilita, ma unicamente all’attribuzione del codice occorrente per l’invio al sito specifico di smaltimento».
Il giudice di primo grado non avrebbe tenuto conto del fatto che il codice EER costituisce una sorta di “carta di identità” del rifiuto, fondamentale in tutte le fasi di gestione dello stesso (dal trasporto, al recupero, allo smaltimento), che viene assegnato solo dopo che, attraverso la caratterizzazione, sono state stabilite le caratteristiche di un rifiuto.
Richiama i criteri di priorità nella gestione dei rifiuti di cui all’art. 179 del d.lgs. n. 152/2006, in recepimento dell’art. 4 della direttiva 2008/98/CE.
Richiama altresì i contributi della dottrina e della giurisprudenza in subiecta materia.
3.3. Con il terzo motivo di appello, la società deduce: error in iudicando: Paragrafo XIV – Contraddittorietà della sentenza impugnata nella parte in cui il giudice di primo grado, pur riconoscendo che i materiali depositati tra il 2007 e il 2018 non sono stati conferiti dalla società -OMISSIS-, l’ha ritenuta responsabile in solido della rimozione degli stessi (violazione di legge e/o falsa applicazione in relazione all’art. 192 d.lgs. 152/2006, all’art. 2055 c.c., violazione del principio “chi inquina paga”, omessa od erronea valutazione delle risultanze di causa, difetto di motivazione ed erroneità dei presupposti, ingiustizia manifesta).
3.3.1. La società appellante evidenzia profili di contraddittorietà della sentenza impugnata, in quanto, il giudice di primo grado, pur dando atto che «non vi è alcun dubbio che solo a seguito della sottoscrizione il 12 novembre 2018 del contratto di affitto con -OMISSIS- e non prima la società -OMISSIS- ha conferito nell’area i rifiuti, e che pertanto solo da tale data può essere ritenuta responsabile e tenuta al ripristino», sembrerebbe sostenere la responsabilità della società -OMISSIS- non concerna unicamente i materiali da quest’ultima conferiti tra il 2018 e il 2019, ma anche i materiali che sono stati depositati nell’area in questione a partire dal 2007. Tale incertezza sorge dall’affermazione del Collegio secondo la quale «non spetta sicuramente alla società -OMISSIS- rimuovere in via esclusiva e senza rivalsa alcuna, come dalla stessa paventato, 200.000 mc di rifiuti depositati sull’area prima del 2018».
In altri termini, secondo l’appellante, la sentenza impugnata sembrerebbe porre a carico della società oneri di rimozione di 200.000 mc di materiali depositati nell’area tra il 2007 e il 2018, a fronte di una attività concretamente durata 4 mesi, per un totale di 11.800 metri cubi di materiali.
4. Si è costituita in giudizio la Provincia Autonoma di Trento, soffermandosi soprattutto sul secondo motivo di appello (ossia quello relativo alla violazione dei criteri di priorità nella gestione dei rifiuti).
5. Si è costituito in giudizio anche il Comune di -OMISSIS-, contestando i motivi di appello e chiedendo la conferma della sentenza impugnata.
6. Con memorie difensive e di replica, le parti costituite hanno avuto modo di rappresentare compiutamente le rispettive tesi difensive.
7. All’udienza pubblica del 21 marzo 2024 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
8. Il ricorso in appello è fondato.
8.1. L’art. 192 del d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152 dopo aver stabilito, al comma 1, “L’abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo sono vietati”, dispone, al comma 3, “Fatta salva l'applicazione delle sanzioni di cui agli articoli 255 e 256, chiunque viola i divieti di cui ai commi 1 e 2 è tenuto a procedere alla rimozione, all'avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa, in base agli accertamenti effettuati, in contraddittorio con i soggetti interessati, dai soggetti preposti al controllo. Il Sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all'esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate”.
8.2. Secondo consolidati principi giurisprudenziali, l'ordinanza di rimozione dei rifiuti abbandonati, adottata ai sensi dell’art. 192 del d.lgs. n. 152/2006, deve essere preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento ai soggetti interessati, stante la rilevanza dell’eventuale apporto procedimentale che tali soggetti possono fornire, quanto meno in riferimento all’ineludibile accertamento delle effettive responsabilità per l’abusivo deposito di rifiuti (ex multis, Consiglio di Stato, sez. V, 15 marzo 2021 n. 2171; sez. IV, 1° aprile 2016 n. 1301), salvo che non vi sia già stata una complessa e specifica interlocuzione con il Comune (sez. IV, 14 marzo 2022, n. 1763).
8.3. Ritiene il Collegio che nel caso di specie tale obbligo sussistesse non solo nei confronti dei proprietari dell’area, ma anche nei confronti dell’operatore economico (società -OMISSIS-) che ha effettuato lo sversamento di rifiuti contestato e ciò in quanto detto operatore ha svolto l’attività di sversamento per un arco temporale delimitato, con la conseguenza che avrebbe dovuto essere messo in condizione di indicare in sede procedimentale i cumuli di rifiuti per il cui sversamento doveva considerarsi effettivamente responsabile.
8.4. Né può essere condiviso quanto sostenuto dal giudice di primo grado in ordine alle prevedibili conseguenze del procedimento penale avviato nei confronti di alcuni componenti della compagine societaria per il deposito dei rifiuti nella area in questione.
Il fatto che i vertici della società fossero consapevoli delle indagini penali per illecito sversamento di rifiuti non assume rilevanza rispetto al parallelo ma ben diverso procedimento amministrativo finalizzato alla adozione della ordinanza di rimozione dei rifiuti.
Oltre a ciò, l’ordinanza sindacale impugnata sembra porre a carico della società appellante anche lo smaltimento in discarica di rifiuti, il cui sversamento non è oggettivamente attribuibile alla società appellante, che, come sopra evidenziato, ha operato per un arco temporale molto limitato (dal dicembre 2018 all’aprile 2019).
Il giudice di primo grado supera questa argomentazione, ritenendo che la società possa agire in rivalsa nei confronti dei soggetti che hanno effettuato sversamenti nel periodo antecedente alla sua gestione; tale conclusione, a giudizio del Collegio, non può essere condivisa in quanto onera la società di adempimenti che non le possono essere addebitati: dovrebbe andare ad individuare i precedenti gestori del sito, individuare le relative responsabilità e agire in rivalsa.
8.6. In base al principio eurounitario “chi inquina paga” la società appellante non può essere chiamata a rispondere degli illeciti sversamenti di rifiuti effettuati da altri, neppure con la previsione di un diritto di rivalsa, che, peraltro, è enunciato in sentenza, ma non trova riscontro nella ordinanza sindacale impugnata.
8.7. Il ricorso in appello è fondato anche con riguardo alla adozione nei confronti della società appellante dell’ordine di provvedere allo smaltimento in discarica dei rifiuti, senza la previa verifica della possibilità di recupero dei rifiuti.
L’art. 179 del d.lgs. n. 152/2006, come modificato dal d.lgs. 4/2008 e dal d.lgs. n. 205/2010, ha positivizzato i criteri di priorità nella gestione dei rifiuti, stabilendo che la gestione dei rifiuti debba avvenire secondo un preciso ordine gerarchico, provvedendo prioritariamente alla prevenzione, intesa come insieme di misure volte a impedire la produzione di rifiuti; alla preparazione per il riutilizzo, definita come operazione di controllo, pulizia e riparazione, che permette il riutilizzo del bene; al riciclaggio, quale forma di recupero attraverso il ricorso a tecniche appropriate per ottenere altri prodotti o materiali; al recupero di altro tipo (come avviene, ad esempio, con le tecniche di recupero per produrre energia e l'utilizzo del rifiuto pretrattato come combustibile).
L’ultima opzione è costituita dallo smaltimento, che rappresenta quindi l’ipotesi residuale.
8.8. Nel caso di specie, l’amministrazione comunale ha adottato l’ordinanza che dispone tout court il conferimento dei rifiuti in discarica, senza dar conto di aver preventivamente verificato la possibilità di individuare forme alternative di bonifica dell’area, attraverso il ricorso alla modalità del recupero in tutto o in parte dei rifiuti presenti nell’area stessa (nella gradazione preferibile rispetto al conferimento degli stessi in discarica).
9. In conclusione, per le ragioni sopra indicate, assorbita ogni altra censura, il ricorso in appello deve essere accolto e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, deve essere accolto il ricorso di primo grado proposto dalla società -OMISSIS-, facendo, tuttavia, salvi i successivi provvedimenti della amministrazione comunale finalizzati alla bonifica dell’area.
10. La valutazione complessiva della fattispecie dedotta in giudizio giustifica l’equa compensazione delle spese del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso di primo grado proposto dalla società -OMISSIS- e annulla (in parte qua) l’ordinanza sindacale impugnata.
Compensa le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento della denominazione nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la società appellante.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 marzo 2024 con l'intervento dei magistrati:
Gerardo Mastrandrea, Presidente
Giuseppe Rotondo, Consigliere
Michele Conforti, Consigliere
Luigi Furno, Consigliere
Paolo Marotta, Consigliere, Estensore