Cass.Pen. Sez. III n. 33431 del 31 luglio 2023 (UP 3 lug 2023)
Pres. Ramacci Rel. Scarcella Ric. Geraci
Ambiente in genere.Abusiva occupazione demanio marittimo
 
Che in mancanza dell’ottemperanza all’ordine di sgombero e della riconsegna dell’area alla Regione, qualsiasi prosecuzione dell’occupazione dello spazio demaniale sia da considerarsi abusiva discende a contrario dall’interpretazione fornita dalla giurisprudenza della previsione dell’art. 34 del reg. esec. Cod. nav., essendosi infatti affermato che ai sensi dell'art. 34 del regolamento di attuazione Cod.nav. il verbale con il quale alla scadenza di una concessione di beni del demanio marittimo si dà atto della riconsegna degli stessi e dell'avvenuto eventuale incameramento di opere eseguite dal concessionario, rappresenta un necessario presupposto per il rinnovo della concessione medesima in quanto unico atto in grado di accertare l'effettiva consistenza dei beni concessi ai fini anche della determinazione del canone dovuto; pertanto, in mancanza di tale verbale non è conforme a legge il decreto approvativo del rinnovo di una concessione di beni appartenenti al demanio marittimo

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 31.03.2022, la Corte d’appello di Palermo confermava la sentenza emessa in data 7.01.202 dal GUP/tribunale di Agrigento, appellata dal PM, nei confronti, per quanto qui rileva, di GERACI LUIGI FRANCESCO, ed impugnata con ricorso per cassazione, convertito in appello, da CONSAGRA BARTOLO, sentenza che aveva dichiarato il Geraci colpevole dei reati di cui agli artt. 1161 cod. nav., 44, lett. c), TU edilizia (capi D e G della rubrica), irrogando al Geraci, ritenuta la continuazione e con il concorso di attenuanti generiche, ed esclusa la recidiva contestata, la pena, ridotta per il rito abbreviato richiesto, di 3 mesi di arresto ed euro 10.000 di ammenda, subordinando il beneficio della sospensione condizionale della pena all’avvenuta demolizione delle opere abusive di cui al capo g), entro il termine di gg. 90 dall’irrevocabilità della sentenza, ordinando la demolizione delle predette opere abusive ed il ripristino dello stato dei luoghi a spese dell’imputato se non altrimenti eseguiti. Diversamente, l’imputato Consagra veniva assolto dal reato ascritto al capo E) della rubrica (art. 1161, cod. nav.), in quanto soggetto non punibile, ricorrendo l’ipotesi del fatto di particolare tenuità ex art. 131-bis, cod.pen.

2. Avverso la sentenza impugnata nel presente procedimento, i predetti propongono separati ricorsi per cassazione tramite i rispettivi difensori di fiducia, deducendo complessivamente sei motivi, di seguito sommariamente indicati.

3. Ricorso GERACI, con cui si articolano quattro motivi.

3.1. Deduce, con il primo motivo, il vizio di violazione di legge in relazione agli artt. 530, cod. proc. pen., 51, cod. pen. e 34, DPR n. 328 del 1952 nonché 54 cod. Nav. e 1177 cod. Civ.
In sintesi, si duole il ricorrente per aver i giudici di merito confermato la responsabilità del Geraci per il reato di abusiva occupazione di spazio demaniale in quanto, a seguito della dichiarazione di decadenza adottata dall'Assessorato regionale territorio e ambiente con determina dirigenziale n. 470 del 16 giugno 2014, questi avrebbe dovuto lasciare libera l'area demaniale entro il 31 luglio 2014, ovvero entro l'11 settembre 2014 in conseguenza della sospensiva di detta determina concessa dal Tar di Palermo. Secondo i giudici di merito, infatti, alla inottemperanza di detta determina nei termini intimati e scaduti, conseguiva di per sé l'abusiva occupazione del demanio marittimo in quanto condotta sine titulo. Si evidenzia tuttavia in ricorso come con l'atto d'appello si era dedotto che il Geraci non avrebbe potuto lasciare libera alla scadenza dell'11 settembre 2014 l'area demaniale in concessione, abbandonandola, ma in forza della concessione stipulata, avrebbe dovuto riconsegnarla all'Assessorato regionale territorio ed ambiente ai sensi dell'articolo 34 del DPR n. 328 del 1952 e con le modalità da questo stabilite, ciò perché fino alla riconsegna ad un funzionario delegato dell'assessorato, sul medesimo Geraci incombeva l'obbligo di custodire l'area demaniale affidatagli e le opere medio tempore in essa erette e di cui era stata disposta con la citata determina dirigenziale l'acquisizione al demanio marittimo. Ciò a maggior ragione, in assenza dell'ingiunzione di sgombero prevista dall'articolo 54 del codice della navigazione, preannunciata dall'Assessorato con la nota del 10 luglio 2014 ma mai adottata, e tenuto conto del generale disposto dell'articolo 1177 del codice civile il quale stabilisce che l'obbligazione di consegnare una cosa determinata include quella di custodirla fino alla consegna. Alla luce di tale eccezione, censurabile è dunque l'affermazione della Corte d'appello secondo cui il Geraci non si sarebbe in alcun modo attivato per il passaggio delle consegne all'ente legittimato ad ottenere la consegna, ma avrebbe al contrario intrapreso una serie di attività tutte tese a proseguire la gestione. Si tratterebbe di una affermazione censurabile perché in contrasto con quanto previsto dal richiamato articolo 34 del regolamento per l'esecuzione del codice della navigazione atteso che mancava l'identificazione del consegnatario, da individuarsi, da parte dell'Assessorato, in una figura professionale atta a prendere in carico il porto turistico con i relativi oneri di custodia, per assicurare la tutela e le manutenzioni ordinarie e straordinarie del sito, adempimento che incombeva sull’Assessorato, posto che, con la citata nota 10 luglio, lo stesso aveva avviato il procedimento di sgombero dell'area oggetto della concessione demaniale marittima con conseguente onere di completare la procedura, onere a cui l'Assessorato non avrebbe adempiuto neppure nella pendenza del sequestro preventivo dell'area demaniale, tanto che l'area veniva dissequestrata non su istanza dell'Assessorato ma a seguito della sentenza del GUP del 7 gennaio 2020. Che il predetto Assessorato non avesse interesse, peraltro, alla riconsegna dell'area demaniale per le gravi conseguenti incombenze manutentive troverebbe conferma proprio nell'articolo 67 della legge della Regione siciliana n. 9 del 2021, la cosiddetta legge di stabilità regionale, legge intervenuta dopo oltre un anno dal dissequestro disposto dal GUP e nelle more dell'appello con il conseguente perdurare degli oneri di custodia a carico del Ministero della giustizia. Questa situazione non sarebbe stata considerata da parte dei giudici di merito che non avrebbero tenuto conto della dedotta impossibilità da parte del Geraci di procedere alla riconsegna del sito, sicché appariva evidente come prima di questa legge Regionale l'Assessorato non disponesse né di fondi né di un amministratore straordinario che gli consentissero di attuare la procedura prevista dal citato articolo 34. In questa situazione, l'inerzia dell'Assessorato nel completare l'avviata procedura di sgombero era chiaramente finalizzata ad avvalersi dell'obbligo di custodia da parte della Iniziative Immobiliari spa a norma dell'articolo 1177 del codice civile, società che infatti aveva a proprie spese provveduto a tutelare e conservare il porto integro e funzionante in attesa della riconsegna con la procedura avviata e mai completata dall'Assessorato, riconsegna che era peraltro sub iudice attesa la pendenza del ricorso giurisdizionale contro la citata determina dirigenziale, tant'è che l'articolo 67 della citata legge regionale disponeva la custodia e la gestione delle aree e delle strutture del porto turistico di Licata fino alla definizione del contenzioso pendente innanzi agli organi di giustizia amministrativa. Si tratterebbe dunque di circostanze che sarebbero state ignorate dai giudici di merito i quali si sarebbero limitati a sostenere che la mancata attivazione del Geraci per la riconsegna dell'area demaniale integrava la contestata condotta di occupazione abusiva. E peraltro, sotto il profilo soggettivo, la Corte d'appello non avrebbe tenuto conto che il Geraci, nella perdurante inerzia dell’Assessorato, aveva inviato allo stesso, il 20 gennaio 2015, una nota con cui lo invitava a indire una riunione per la soluzione della problematica, nota che era rimasta senza riscontro. Conclusivamente si duole il ricorrente del fatto che la Corte d'appello avrebbe dovuto assolvere il Geraci ritenendo la sua condotta scriminata ai sensi dell'articolo 51 del codice penale, in quanto tale non integrativa del reato di cui all'articolo 1161 del codice della navigazione.

3.2. Deduce, con il secondo motivo, il vizio di violazione di legge in relazione agli artt. 530, cod. proc. pen., 11 e 44 lett. c), TU edilizia.
In sintesi, la difesa si duole per avere i giudici di merito ritenuto che la determina dirigenziale dell'Assessorato n. 470 del 16 giugno 2014, la quale dichiarava la decadenza della concessione demaniale di cui la Iniziative Immobiliari spa era titolare, comportasse la illegittimità della quarta variante alla concessione demaniale marittima e al permesso di costruire approvata il 12 dicembre 2014 dalla conferenza di servizi indetta dallo sportello unico attività produttive del Comune di Licata, e ciò in quanto a tale data Geraci non avrebbe avuto alcun titolo per ottenere detta variante. Sostiene la difesa che detta affermazione si porrebbe in contrasto con quanto stabilisce l'articolo 11 del testo unico dell'edilizia ciò, in quanto, al 12 dicembre 2014 il Geraci, e quindi la società, si trovava nella piena disponibilità dell'area demaniale e lo sarebbe rimasto fino al 13 febbraio 2018, allorquando cioè l'area e le relative opere erano state sottoposte nell'ambito del presente procedimento a sequestro preventivo adottato dal GIP del tribunale di Agrigento. Peraltro, si sostiene, il Geraci aveva pieno titolo a chiedere e ottenere la quarta variante alla concessione demaniale marittima e al permesso di costruire poiché l'articolo 11, tra i destinatari del permesso di costruire, contempla il proprietario o chi abbia titolo per richiederlo. Certamente il Geraci nella sua qualità era a tale data, come lo è tuttora, concessionario per la durata di 99 anni dell'area demaniale in forza della concessione stipulata con l'Assessorato territorio ambiente con atto 22 maggio 2006 e, dunque, avente titolo a richiedere ed ottenere la variante alla concessione, la quale prevedeva anche la realizzazione di strutture di libera e gratuita fruizione collettiva come l'area commerciale, le attrezzature sportive, le cabine marittime e le opere di urbanizzazione quali strade, verde e parcheggi. Né si aggiunge il Geraci poteva dubitare della competenza funzionale della conferenza di servizi atteso che la originaria concessione edile e le precedenti tre varianti erano state dalla conferenza di servizi autorizzate senza alcuna osservazione da parte dell'Assessorato. Inoltre rileva la circostanza che a tale data pendeva davanti al TAR di Palermo il ricorso contro la determina dirigenziale in questione, tuttora non definitiva, essendo il relativo procedimento d'appello pendente davanti al Consiglio di giustizia amministrativa della Regione siciliana. Da qui, si osserva, in caso di accoglimento del ricorso con annullamento della predetta determina dirigenziale il rapporto di concessione tra l'assessorato e la società tornerebbe in essere e, peraltro, la nota inviata il 6 novembre 2014 dall'Assessorato allo sportello unico delle attività produttive assumeva che la società non era in atto titolare della concessione demaniale in quanto decaduta a far data dal 16 giugno 2014 pur nella pendenza del ricorso davanti al TAR, inciso con il quale si evidenziava al Suap la non definitività della decadenza della concessione in capo alla società. Ed allora, osserva il ricorso, in questa situazione i giudici di merito non potevano ritenere che alcun titolo edificatorio potesse essere rilasciato alla società dalla conferenza di servizi tenutasi il 18 novembre e il 12 dicembre 2014 in quanto ineludibile presupposto per l'esame delle richieste presentate in tale sede sarebbe stata la piena disponibilità delle aree e degli immobili necessari per l'espletamento dell'attività imprenditoriale, ciò in quanto la piena disponibilità di aree ed immobili conseguiva alla società dalla non attuazione da parte dell'Assessorato della procedura di cui all'articolo 34 del DPR 328 del 1952 nonché dall'obbligo di custodia imposto dall'articolo 1177 del codice civile e dalla pendenza del ricorso giurisdizionale contro la citata determina dirigenziale. Si osserva, peraltro, come erroneamente i giudici avrebbero riconfermato che la disapplicazione per incompetenza funzionale della IV^ variante approvata dalla conferenza di servizi comportasse l'abusività delle opere realizzate in forza della stessa, sostenendo che di tale abusività il Geraci sarebbe stato conscio perché ben sapeva che la decadenza della concessione era divenuta esecutiva e, ciò nonostante, avrebbe taciuto tale circostanza in sede di conferenza di servizi, verosimilmente proprio al fine di ottenere il rilascio di un titolo autorizzatorio ampliativo a questo punto chiaramente illegittimo. Si tratterebbe di una affermazione censurabile perché in contrasto con altra parte della stessa motivazione laddove si riconosce che con la nota inviata il 6 novembre 2014 l'Assessorato chiedeva al Suap di annullare la disposta conferenza di servizi informandolo che la società non era titolare della concessione demaniale perché decaduta a far data dal 16 giugno 2014 anche se pendente il ricorso giurisdizionale davanti al Tar, decidendo poi di fronte alla risposta del Suap del 10 novembre 2014 di non parteciparvi. E da quanto sopra ne conseguiva secondo il ricorrente che il Geraci non aveva affatto taciuto la circostanza in quanto la stessa era già nota al Suap e che questo organo aveva ritenuto di procedere ugualmente all'approvazione della IV^ variante non per il comportamento omertoso del Geraci ma perché in dissenso con quanto aveva comunicato l'assessorato. E infatti, si osserva, la pendenza del ricorso giurisdizionale non consentiva di considerare decaduta la concessione demaniale né il Geraci non legittimato a ricevere la richiesta IV^ variante. Ed allora, l'esecuzione delle opere di cui alla IV^ variante, pur nella ritenuta illegittimità da parte del giudice dell’incompetenza funzionale, non poteva comportare la responsabilità del predetto, come del resto non l'aveva comportata in ordine al reato di abuso di ufficio dei componenti la medesima conferenza di servizi, atteso che il Geraci aveva agito in forza di un titolo edilizio ritenuto valido proprio perché rilasciato dalla conferenza di servizi a fronte della nota inviata dall'assessorato al Suap il 6 novembre 2014 e per il cui rilascio è stata ritenuta insussistente l'ipotesi dell'abuso d'ufficio. A tal proposito il ricorrente ricorda come nell'atto d'appello era stata richiamata la giurisprudenza della Corte di Cassazione secondo cui le opere eseguite sulla base di un titolo abilitativo ritenuto successivamente illegittimo, ma non radicalmente inesistente, non comportano la responsabilità dell'autore in ordine all'abuso perpetrato per la mancanza dell'elemento soggettivo.

3.3. Deduce, con il terzo motivo, il vizio di contraddittorietà della motivazione.
In sintesi, si duole il ricorrente per avere i giudici di merito subordinato il beneficio della sospensione condizionale della pena al Geraci alla rimozione e alla demolizione delle opere abusivamente eseguite e relative al capo g) della rubrica nel termine di 90 giorni dalla irrevocabilità della sentenza. Si tratterebbe di affermazione censurabile in quanto i giudici non avrebbero tenuto conto che la determina dirigenziale n. 470 del 16 giugno 2014, oltre a dichiarare la decadenza dalla predetta concessione demaniale, aveva altresì disposto l'acquisizione al demanio marittimo di tutte le opere medio tempore erette, escludendo la corresponsione di qualunque compenso o ristoro tant'è che in favore del medesimo assessorato il GUP ha disposto il dissequestro e la restituzione dell'area demaniale. Appariva dunque evidente come il Geraci, avendo perso la disponibilità dei manufatti, non avrebbe potuto demolire queste opere, e ciò a maggior ragione laddove detta determina dirigenziale venisse confermata dal Consiglio di giustizia amministrativa della Regione siciliana, avverso cui pende ricorso, con conseguente acquisizione delle opere realizzate al patrimonio del demanio marittimo. Apparirebbe dunque evidente come la condizione imposta sia di impossibile attuazione ovvero a sua volta subordinata all'annullamento da parte del Cgars della determina dirigenziale di cui si discute, con conseguente ripristino del rapporto di concessione dell'area demaniale.

3.4. Deduce, con il quarto motivo, il vizio di violazione di legge in relazione all’art. 129, cod proc. pen.
In sintesi, si duole infine il ricorrente per non aver la Corte d'appello prosciolto il Geraci dal reato edilizio ascrittogli al capo g) in quanto estinto per intervenuta prescrizione, atteso che la contestazione prevede quale epoca del commesso reato il periodo tra il 1° giugno 2014 ed il 7 giugno 2016, con la conseguenza che alla data del 7 giugno 2021 e dunque ancor prima del 30 marzo 2022, data dalla sentenza della Corte d'appello, il predetto reato si era prescritto.

4. Ricorso CONSAGRA, con cui si articolano due motivi, di cui è possibile la congiunta illustrazione, attesa l’intima connessione dei profili di doglianza svolti.

4.1. Deduce, con i predetti motivi, il vizio di mancanza di motivazione in ordine alla sussistenza del dolo della contravvenzione contestata al ricorrente e il correlato vizio di contraddittorietà della motivazione.
In sintesi, si duole il ricorrente per avere i giudici ritenuto il reato integrato in tutti i suoi elementi materiali e soggettivi riconoscendo la causa di non punibilità del fatto di particolare tenuità ex articolo 131 bis del codice penale. Si contesta tuttavia che la sentenza sarebbe priva di qualsiasi motivazione in ordine alla configurabilità in capo al ricorrente dell'elemento psicologico del reato rappresentato dal dolo. Si osserva come il ricorrente è un avente causa della società per aver acquistato dalla stessa due unità immobiliari ad uso commerciale facenti parte del complesso edilizio denominato Marina di Cala del sole a Licata. Intervenuta con la determina del dirigente generale dell'Assessorato regionale territorio ed ambiente n. 470 del 16 giugno 2014 la decadenza della società dalla concessione demaniale marittima del 22 maggio 2006 n. 370, con ingiunzione di sgombero entro il 31 luglio 2014, secondo l'accusa il ricorrente avrebbe mantenuto arbitrariamente l'occupazione della superficie demaniale marittima quale area di sedime dei suoi immobili oltre la data su indicata. Si tratterebbe tuttavia di una motivazione censurabile in quanto, secondo pacifica giurisprudenza di legittimità, il reato in esame si contraddistingue per essere un reato punibile a titolo di dolo, ma il primo giudice avrebbe completamente omesso di esporre il ragionamento logico-giuridico in base al quale ha ritenuto di poter affermare la sussistenza in capo al ricorrente della consapevolezza e della volontà di occupare arbitrariamente una superficie demaniale e di agire in violazione degli elementi normativi del reato contestato. In altri termini, e con ciò si sviluppa anche il secondo profilo di doglianza afferente al vizio di contraddittorietà motivazionale, si sostiene come il giudice non avrebbe indicato in quale occasione e con quale atto formale il ricorrente fosse stato posto nella condizione di avere la legale conoscenza del fatto che la società, sua dante causa, era incorsa nella decadenza dalla concessione demaniale marittima e che, pertanto, da un certo momento in poi, l'occupazione della superficie demaniale marittima poteva assumere i caratteri della arbitrarietà. Più specificamente, la contraddittorietà del percorso motivazionale si ravviserebbe nella parte in cui la sentenza impugnata pone in essere una ingiustificata disparità di trattamento tra la posizione del Consagra e quella dei coimputati Vizzini e Geraci, nonostante la totale identità e sovrapponibilità delle posizioni. Costoro infatti, anch'essi aventi causa della medesima società, sono stati assolti dal giudice risultando proprio che non fossero mai stati formalmente avvisati e destinatari di un qualche provvedimento dell'Amministrazione regionale in ordine all'avvio e alla declaratoria di decadenza della concessione demaniale marittima, omissione che, si legge in sentenza, non potrebbe non influire sulla non arbitrarietà della loro occupazione successiva al 31 luglio 2018, aggiungendosi che, successivamente al sequestro preventivo intervenuto il 13 febbraio 2018, ed avuto notizia dei presupposti dello stesso, la società rappresentata dai predetti coimputati aveva proposto ed ottenuto dal Tribunale amministrativo regionale la sospensiva, donde la occupazione del suolo demaniale da parte di questi soggetti non poteva ritenersi affatto arbitraria. Si duole il ricorrente per non aver tenuto conto i giudici di merito della circostanza che lo stesso Consagra avrebbe proposto anch'egli impugnazione al Tar una volta presa coscienza dal decreto di sequestro preventivo della declaratoria di decadenza, ottenendo dal medesimo Tar la sospensiva del provvedimento di decadenza. Nonostante tale ordinanza del Tar fosse stata acquisita agli atti del giudizio durante le indagini preliminari, quando fu prodotta in allegato alla richiesta di restituzione dell'immobile che il ricorrente aveva avanzato al giudice delle indagini preliminari (ordinanza che viene allegata anche al ricorso per Cassazione unitamente all'ordinanza di revoca al sequestro preventivo), i giudici di merito avrebbero comunque confermato la responsabilità penale del Consagra pur in applicazione della causa di non punibilità di cui all'articolo 131 bis del codice penale.

5. Il Procuratore Generale presso questa Corte ha depositato in data 3.06.2023 la propria requisitoria scritta, cui si è riportata in sede di udienza pubblica a trattazione orale, con cui ha chiesto l’annullamento senza rinvio limitatamente al capo g) dell’imputazione con i provvedimenti conseguenti e l’inammissibilità nel resto dei ricorsi.   
In sintesi, secondo il PG, il ricorso proposto da Consagra Bartolo è inammissibile in quanto ripropone i motivi di gravame su cui la Corte di appello si è già ampiamente espressa ed è volto a suggerire una diversa valutazione del materiale probatorio ormai preclusa (Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482; Sez. 6, n. 22256 del 26/04/2006, Bosco, Rv. 234148; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, De Vita, Rv. 235507). Sulla questione relativa all’elemento soggettivo del reato e alla asserita disparità di trattamento rispetto alle posizioni dei coimputati Vizzini e Geraci si sono compiutamente pronunciati entrambi i giudici del merito con giudizio conforme. Si è evidenziato come il Consagra avesse mantenuto l’occupazione in epoca successiva al termine di sgombero (31.07.14) intimato con la dichiarazione di decadenza del 16.06.14 e, dunque, diversamente da quanto asserito dal ricorrente, in epoca ben antecedente al febbraio 2018, data del sequestro. Nelle pronunce di merito sono state, inoltre, ampiamente evidenziate le sostanziali differenze esistenti rispetto alla posizione dei coimputati, mai formalmente avvisati della decadenza del dante causa (p. 49 sentenza di appello) tali da giustificare il differente esito decisorio.
Quanto al ricorso Geraci, il primo motivo di ricorso, relativo al reato di cui al capo d) dell’imputazione, con il quale si invoca l'applicazione dell'articolo 51 codice penale attesa l'impossibilità per l'imputato di restituire le opere in considerazione delle caratteristiche del bene (struttura aperta al pubblico ed in uso da parte di numerose imbarcazioni), deve essere respinto in quanto manifestamente infondato. La difesa ripropone argomenti già valutati dai giudici di merito in maniera conforme nel doppio grado di giudizio, pretendendo di ravvisare contraddizioni tali da inficiare la tenuta del ragionamento probatorio, ma senza operare un effettivo raffronto con esso, per come necessariamente desumibile dalle motivazioni dei giudici del doppio grado. La Corte di appello ha, infatti, considerato, in primo luogo, che l'imputato non si era in alcun modo attivato nel corso dell'estate del 2014 per provvedere ad effettuare il passaggio delle consegne all'ente legittimato ad ottenere la restituzione del bene avendo, invece, posto in essere una serie di attività volte alla prosecuzione della gestione e a realizzare interventi edilizi abusivi del tutto incompatibili con la volontà di prendere atto della decadenza dalla concessione demaniale. L’imputato ben avrebbe potuto cedere l'area all'assessorato al territorio ed ambiente così certamente non abbandonando l'area, ma correttamente attivandosi al fine di consegnare in sicurezza il bene all'ente pubblico. Così ricostruita la vicenda, del tutto improprio è il richiamo alla scriminante relativa all'adempimento di un dovere da ritenersi configurabile esclusivamente nel caso in cui la condotta dell'agente derivi di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica autorità.
Avuto riguardo al reato di cui al capo g) dell’imputazione, è fondato per il PG, con rilievo assorbente, l’ultimo motivo di ricorso con il quale si deduce l'intervenuto decorso della prescrizione in epoca antecedente alla sentenza di appello (31 marzo 2022) atteso che, considerate anche le sospensioni del termine intervenute nel corso del giudizio, la prescrizione deve ritenersi maturata alla data del 10 gennaio 2022).

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I ricorsi, trattati ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. n. 137/2020 e succ. modd. ed integr., a seguito del tempestivo deposito telematico, in data 26.05.2023, da parte della difesa del ricorrente Geraci di procedersi a trattazione orale, sono parzialmente fondati quanto al ricorso Geraci, dovendosi, diversamente, dichiarare inammissibili sia il ricorso Consagra che il ricorso Geraci quanto al reato di cui all’art. 1161, cod. nav.  

2. Tanto premesso, può quindi procedersi ad esaminare il primo motivo di ricorso Geraci che si appalesa generico per aspecificità e manifestamente infondato.

2.1. Gli argomenti prospettati nel primo motivo di ricorso vengono affrontati nella sentenza d’appello alle pagg. 40/47.
Si tratta, all’evidenza, di argomenti che vengono replicati, senza alcun apprezzabile elemento di novità critica, dinanzi a questa Corte, ciò che è sufficiente a qualificare il motivo anzitutto come inammissibile perché generico per aspecificità.
Ed invero, questa Corte ha già affermato che è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi che ripropongono le stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici. La mancanza di specificità del motivo, invero, dev'essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell'impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell'art. 591 comma 1 lett. c), all'inammissibilità (tra le tante: Sez. 4, n. 5191 del 3/05/2000, Rv. 216473 – 01).

2.2. Tanto premesso, il giudice d'appello al fine di rigettare i motivi proposti avverso la sentenza di condanna del Geraci per il reato di cui al capo D), muove dalla motivazione della sentenza di primo grado (di cui trascrive integralmente i relativi passaggi argomentativi), evidenziando come, proprio a seguito della decadenza della concessione demaniale verificatasi con la determina del dirigente generale n. 470 del 2014 e della scadenza del termine contestualmente fissato per lo sgombero dell'area, 31 luglio 2014, tenuto conto anche della sospensiva concessa dal Tar, che aveva ormai perso la propria efficacia quantomeno a far data dall'11 settembre 2014, l'occupazione dello spazio demaniale marittimo, quantomeno da tale ultima data, doveva essere considerata come integrata non avendo più alcuna legittimazione il Geraci ad occupare il predetto spazio demaniale.
A tal proposito, i giudici d'appello ricordano come il primo giudice, muovendo dalla illegittimità del provvedimento adottato in sede di conferenza di servizi, la cosiddetta IV^ variante, discendente dalla illegittimità della concessione demaniale in quanto ormai divenuta inefficace a seguito della dichiarazione di decadenza da parte dell'Assessorato, aveva fatto ricorso all'istituto della disapplicazione dell'atto amministrativo illegittimo, o comunque non ne aveva tenuto conto attesa la sua evidente non conformità alla legge agli strumenti urbanistici ed agli atti generali, conseguendone pertanto che il mantenimento dell'occupazione oltre il termine del 31 luglio 2014 ed, al più tardi dell'11 settembre 2014, non poteva che essere qualificato in capo al Geraci che in termini di occupazione arbitraria del suolo demaniale. Emergeva infatti dalla documentazione in atti che il Geraci avesse mantenuto l'occupazione dell'area e proseguito le attività gestionali edilizie pure a seguito della dichiarazione di decadenza emanata con la richiamata determina che intimava lo sgombero entro il termine del 31 luglio 2014, al più scaduto a far data dall'11 settembre, a seguito della sospensiva concessa dal Tar. Da questo momento, evidenzia la Corte d'appello richiamandosi alla sentenza del primo giudice, il Geraci avrebbe dovuto sgomberare l'area demaniale marittima in questione senza tuttavia averlo mai fatto fino a subire il sequestro preventivo della stessa area in forza del decreto emesso dal Gip il 13 febbraio 2018, momento nel quale lo stesso era stato spossessato dell'area abusivamente così occupata. Richiamata la giurisprudenza di questa Corte sulla arbitrarietà dell'occupazione del demanio marittimo protrattasi oltre la scadenza della concessione, il primo giudice aveva ritenuto che alla scadenza del titolo dovesse essere equiparata la decadenza della concessione demaniale in quanto la stessa configura un fatto decisamente più grave.
Il primo giudice aveva peraltro già esaminato le obiezioni difensive che, lo si ribadisce, vengono riproposte in maniera pedissequa in sede di ricorso per Cassazione. Anzitutto escludendo che potesse essere valorizzata in senso favorevole al Geraci la circostanza per la quale il demanio marittimo non si fosse attivato più di tanto per far sgomberare l'area arbitrariamente occupata dalla società del Geraci, in quanto quest'ultimo ben poteva offrire realmente la consegna dell'area e così sottrarsi agli obblighi su di lui gravanti. Secondo il primo giudice infatti non soltanto il Geraci non aveva mai riconsegnato l'area pur essendo stato dichiarato decaduto, ma si sarebbe fatto forte di un provvedimento di variante la cui illegittimità era assolutamente ben nota per permanere sull'area e addirittura realizzare abusivamente le nuove costruzioni indicate al capo g) della rubrica. Opere peraltro, fa notare il primo giudice, ricadenti in zona di inedificabilità assoluta perché rientranti nella fascia dei 150 ml. dalla battigia del mare. Si tratterebbe peraltro di opere, aggiunge il primo giudice, realizzate con il concorso quantomeno morale del Geraci trattandosi di manufatti tutti realizzati con impiego consistente di risorse in un breve lasso temporale, in possesso della sola società da lui rappresentata e subito dopo aver ottenuto la IV^ variante che aveva personalmente illustrato in sede di conferenza di servizi proprio al fine della sua utilizzazione edilizia. Il primo giudice peraltro, come ricorda la Corte d'appello, si era poi soffermato sulla eccezione secondo la quale il Geraci avrebbe agito nella convinzione della legittimità del titolo, osservando come tale affermazione apparisse smentita dal fatto, al Geraci ben noto, di non aver mai versato alcuna cauzione al demanio, donde era perfettamente a conoscenza che la decadenza della concessione demaniale era divenuta esecutiva, e ciò nonostante avrebbe taciuto tale circostanza in sede di conferenza di servizi verosimilmente proprio al fine di ottenere il rilascio di un titolo autorizzatorio ampliativo chiaramente illegittimo. Proprio sulla scorta di tali argomentazioni, i giudici d'appello, riferendosi alla richiesta assolutoria articolata in base alla presunta applicazione nel caso di specie dell'articolo 51 codice penale essendovi, nella prospettazione difensiva, una sorta di impossibilità di restituire le opere legata alle caratteristiche del bene da abbandonare per far terminare l'occupazione abusiva dell'area demaniale marittima in ragione delle caratteristiche del porto turistico, i giudici d'appello rimarcano come a fronte della decantata ma non provata disponibilità al rilascio dell'area demaniale occupata senza titolo, al più tardi dall'11 settembre 2014, non solo non fosse emerso dagli atti che l'imputato non si era in alcun modo attivato per il passaggio delle consegne all'ente legittimato ad ottenere la riconsegna, ma come egli avrebbe anzi intrapreso una serie di attività tutte tese a proseguire la gestione nonché a realizzare cospicui interventi edilizi non solo abusivi ma anche incompatibili con la volontà di prendere atto della decadenza dalla concessione. Proprio in presenza di tali cospicue opere, descritte dettagliatamente al capo g) della imputazione, risulterebbe smentito, secondo la Corte d'appello, l'assunto secondo il quale vi sarebbe stata nell'imputato la disponibilità ad abbandonare l'area per cederla in sicurezza all'Assessorato al territorio ed ambiente, dal momento che egli aveva continuato la sua attività imprenditoriale estesa anche alla edificazione e alla gestione del porto turistico del tutto incurante della decadenza dalla concessione disposta con la determina dirigenziale n. 470 del 2014 che intimava lo sgombero entro il termine del 31 luglio dello stesso anno. A tal proposito, opportunamente, i giudici d'appello evidenziano come non si trattasse di abbandonare dall'oggi al domani le strutture e l'attività che ricadeva in quell'area, ma semmai di assumere i dovuti contatti per operare una ragionata transizione in favore dell'ente tornato a essere il soggetto legittimato al possesso a seguito della richiamata decadenza della società riferibile al Geraci dalla concessione demaniale. Ancora, i giudici d'appello, nel disattendere un ulteriore argomento parimenti riproposto senza alcun apprezzabile elemento di novità critica in sede di legittimità, escludono che potesse assumere rilievo l'accenno suggestivo al fatto che sarebbe mancata da parte della Regione l'indicazione e l'individuazione della persona fisica a cui affidare la gestione dell'area, così come sarebbe mancata la indicazione delle modalità per procedere a tale riconsegna, ciò in quanto, osserva la corte d'appello, non solo non risultava che l'imputato avesse per suo conto fatto nulla per rendere possibile tale restituzione, ma soprattutto emergeva all'evidenza una sua condotta contrastante antitetica riferita ancora una volta alla volontà di proseguire la gestione del porto turistico nonché di realizzare in quel sito persino ulteriori e cospicue opere del tutto abusive. Allo stesso modo, i giudici d'appello si fanno carico di confutare un ulteriore argomento, anche questo riproposto in sede di legittimità, secondo cui il reato di occupazione abusiva di spazio demaniale era da escludere essendo stato il decreto di decadenza impugnato e risultando quindi sub iudice, trattandosi di argomento, osserva la Corte d'appello, superato dal fatto che detta sospensiva aveva perso efficacia a far data dall'11 settembre 2014 sicché, quantomeno da tale data, il Geraci avrebbe dovuto sgomberare l'area demaniale marittima.

2.3. Orbene, al cospetto di tale apparato argomentativo, le doglianze del ricorrente si appalesano dunque prive di pregio, in quanto si risolvono nel “dissenso” sulla ricostruzione dei fatti e sulla valutazione delle emergenze processuali svolta dal giudice di merito, operazione vietata in sede di legittimità, attingendo la sentenza impugnata e tacciandola per presunte violazioni di legge e per vizi motivazionali con cui, in realtà, si propone una doglianza non suscettibile di sindacato da parte di questa Corte.  
Deve, sul punto, ribadirsi infatti che il controllo di legittimità operato dalla Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti, ne' deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se tale giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento (v., tra le tante: Sez. 5, n. 3416 del 26/10/2022 – dep. 26/01/2023, Lembo, n.m.; Sez. 5, n. 1004 del 30/11/1999 - dep. 31/01/2000, Moro, Rv. 215745; Sez. 5, n. 11910 del 22/01/2010, Casucci, Rv. 246552).
Non può invero dubitarsi della circostanza che, quantomeno dall’11 settembre 2014, la società di cui il Geraci è legale rappresentante, occupi abusivamente l’area demaniale marittima in questione. Ed infatti – come del resto è stato riconosciuto dalla stessa giurisprudenza amministrativa, la società è stata destinataria di un provvedimento di decadenza della concessione demaniale - il D.D.G. n. 470 del 16 giugno 2014 - ritenuto legittimo dal T.A.R. Palermo con sentenza n. 721 del 20 aprile 2020 (che non risulta sospesa), il cui appello è pendente al C.G.A. (R.G. n. 737/2020), con udienza fissata in data 11.10.2023, sicché, si è evidenziato dagli stessi giudici amministrativi, la predetta non possedeva, e non possiede, lo status di concessionaria richiesto dall’art. 100, comma 7, d.l. n. 104/2020, per l'accoglimento dell'istanza di definizione agevolata in ordine alle concessioni del demanio marittimo (così, T.A.R. Palermo, sez. I, sentenza 20 aprile 2023, n.1322).
Tale soluzione, cui sono pervenuti i giudici amministrativi, conferma dunque come la società gestita dal Geraci non possa titolarsi come concessionaria a far data dalla predetta determina dirigenziale, la cui efficacia, al più tardi, decorreva dall’11.09.2014, data successiva alla sospensiva disposta dal Tar medesimo Palermo, fino alla data dello spossessamento dell’area per mano dell’autorità giudiziaria penale intervenuto con il decreto di sequestro preventivo in data 18.09.2018.

2.4. Che, del resto, il comportamento del Geraci sia stato improntato ad illegittimità complessiva, proseguendo nella occupazione dell’area demaniale marittima in questione “facendosi forte” (così mutuando l’espressione del giudice di merito) del successivo ed illegittimo titolo abilitativo (IV^ variante) approvato in sede di conferenza di servizi, per l’esecuzione delle opere abusivamente realizzate e descritte nel capo di imputazione sub g), è stato acclarato dallo stesso Consiglio di Giustizia amministrativa della Regione siciliana (Cons. giust. amm. Sicilia sez. giurisd., sentenza 12 luglio 2022, n.820) che, infatti, pronunciandosi sulla vicenda in questione ha, attraverso alcuni chiari ed incontestati passaggi argomentativi, puntualizzato (§§ 19  e segg.) quanto segue: “a) la conferenza di servizi - conclusasi con il verbale del 12 dicembre 2014 - ha avuto origine dalla domanda presentata dalla società Iniziative Immobiliari s.p.a. in data 30 dicembre 2013, rivolta ad ottenere una variante in corso d'opera ed una modifica al cronoprogramma con riferimento alla realizzazione del Porto turistico "Marina di Cala del Sole", con conseguente modifica della concessione edilizia; b) una qualunque modifica alla concessione edilizia presupponeva la perdurante validità ed efficacia della presupposta concessione demaniale marittima, a suo tempo rilasciata dall'Assessorato regionale territorio ed ambiente alla odierna appellante in data 22 maggio 2006 con atto rep. n. 370/2006; c) la predetta concessione demaniale marittima - come affermato dalla stessa ricorrente - è venuta meno a seguito del provvedimento dell'Assessorato regionale territorio ed ambiente n. 470 del 16 giugno 2014, che ne ha decretato la decadenza per mancato pagamento dei canoni; d) tale provvedimento di decadenza è ancora valido ed efficace, essendo ancora pendenti in grado d'appello i due giudizi, entrambi proposti dalla Iniziative Immobiliari, n.r.g. 737/2020 (concernente il menzionato provvedimento di decadenza n. 470/2014) e n.r.g. 434/2022 (riguardante il provvedimento regionale n. 21117 dell'8 aprile 2021 di rigetto della domanda di definizione agevolata); e) come correttamente affermato dal T.a.r., in assenza di una concessione demaniale marittima valida ed efficace, nessuna conferenza di servizi, finalizzata alla variazione della concessione edilizia, avrebbe potuto svolgersi e nessuna attività esecutiva si può pretendere da parte dell'Amministrazione regionale, considerato oltretutto che il verbale conclusivo della conferenza di servizi è intervenuto in una data (12 dicembre 2014) successiva alla decadenza della concessione demaniale marittima (16 giugno 2014); f) risulta pertanto evidente che nessun silenzio-inadempimento si è formato nel caso di specie, stante l'insussistenza di un obbligo di provvedere, in capo all'Assessorato regionale territorio ed ambiente, a fronte di un'istanza presentata - nell'aprile del 2018 - da parte di un soggetto non più titolare di una concessione demaniale marittima sull'area in questione”.

2.5. Perdono, poi, di spessore argomentativo le doglianze difensive fondate sulla presunta inerzia dell’Assessorato regionale nel procedere alle attività di riconsegna “qualificata” dell’area in questione (cui si collegano le doglianze operate anche con riferimento alla legge reg. siciliana n. 9 del 2021, art. 67 e all’art. 1177 cod. civ.), alla luce di quanto evidenziato dai i giudici di merito che hanno evidenziato come nessun atteggiamento collaborativo in tal senso sia stato manifestato dal Geraci e, per esso, dalla società ex concessionaria dell’area demaniale marittima per procedere alla riconsegna dell’area, posto che tale asserita “inerzia” dell’Assessorato non avrebbe comunque legittimato l’ex concessionario non solo a permanere nel godimento dell’area in questione ma, nemmeno, a maggior ragione, proseguire nella realizzazione degli interventi edilizi, seguiti all’illegittima IV^ variante, di notevole consistenza, ben essendo consapevole il Geraci di non essere più legittimato ad occupare detta area demaniale per effetto della decadenza dalla concessione demaniale disposta con il più volte richiamato decreto dirigenziale n. 470 del 16 giugno 2014. Del resto, che in mancanza dell’ottemperanza all’ordine di sgombero e della riconsegna dell’area alla Regione, qualsiasi prosecuzione dell’occupazione dello spazio demaniale fosse da considerarsi abusiva discende a contrario dall’interpretazione fornita dalla stessa giurisprudenza della previsione dell’art. 34 del reg. esec. Cod. nav., essendosi infatti affermato che ai sensi dell'art. 34 del regolamento di attuazione Cod.nav. il verbale con il quale alla scadenza di una concessione di beni del demanio marittimo si dà atto della riconsegna degli stessi e dell'avvenuto eventuale incameramento di opere eseguite dal concessionario, rappresenta un necessario presupposto per il rinnovo della concessione medesima in quanto unico atto in grado di accertare l'effettiva consistenza dei beni concessi ai fini anche della determinazione del canone dovuto; pertanto, in mancanza di tale verbale non è conforme a legge il decreto approvativo del rinnovo di una concessione di beni appartenenti al demanio marittimo (Corte Conti sez. contr., 01/08/1996, n.111).

2.6. Quanto sopra, dunque, conferma non solo la sussistenza dell’elemento oggettivo del reato di cui all’art. 1161 cod. nav. (tra le tante: Sez. 3, n. 34622 del 23/09/2011, Rv. 250976 – 01), ma anche di quello soggettivo, avendo fornito la prova della sussistenza della “colpa” la stessa affermazione, contenuta in ricorso, secondo cui la Corte d'appello non avrebbe tenuto conto che il Geraci, nella perdurante inerzia dell’Assessorato, aveva inviato allo stesso, il 20 gennaio 2015, una nota con cui lo invitava a indire una riunione per la soluzione della problematica (nota che sarebbe rimasta senza riscontro), in quanto, proprio tale “attivarsi” del Geraci rendeva palese l’assoluto e chiaro riconoscimento, sin da tale data, da parte della società gestita dal ricorrente delle conseguenze dell’intervenuta decadenza, ossia l’arbitrarietà dell’occupazione, e, quindi, della conseguente illegittimità della realizzazione delle opere edilizie eseguite sull’area in questione per effetto dell’altrettanto illegittima IV^ variante rilasciata in sede di Conferenza di servizi.

2.7. Quanto, infine, all’applicazione della richiamata causa di non punibilità dell’art. 51, cod. pen., valgono le puntuali osservazioni del PG in sede di requisitoria scritta, essendo del tutto improprio il richiamo alla scriminante relativa all'adempimento di un dovere da ritenersi configurabile esclusivamente nel caso in cui la condotta dell'agente derivi di un dovere imposto da una norma giuridica o da un ordine legittimo della pubblica autorità. Ed invero, ai fini dell'applicazione della causa di giustificazione di cui all'art. 51 cod. pen. è necessario che l'attività posta in essere costituisca una corretta estrinsecazione delle facoltà inerenti al diritto che viene in considerazione, nel senso che il fatto penalmente rilevante sotto il profilo formale sia stato effettivamente determinato dal legittimo esercizio di un diritto da parte dell'agente (Sez. 6, n. 14540 del 12/04/2011, Rv. 250025 – 01), diritto che, nella specie, all’evidenza non sussisteva proprio per non essere più il Geraci, e per esso la società da egli gestita, concessionario dell’area demaniale marittima abusivamente occupata.

3. Inammissibile è anche il secondo motivo del ricorso Geraci.
La questione viene affrontata sinteticamente ma adeguatamente alle pagg. 46/47 della sentenza d’appello. Che il titolo edilizio in questione fosse illegittimo discende dalle considerazioni già svolte in precedenza e oggetto della pronuncia CGARS 12 luglio 2022, n.820, in cui chiaramente si afferma che “e) come correttamente affermato dal T.a.r., in assenza di una concessione demaniale marittima valida ed efficace, nessuna conferenza di servizi, finalizzata alla variazione della concessione edilizia, avrebbe potuto svolgersi e nessuna attività esecutiva si può pretendere da parte dell'Amministrazione regionale, considerato oltretutto che il verbale conclusivo della conferenza di servizi è intervenuto in una data (12 dicembre 2014) successiva alla decadenza della concessione demaniale marittima (16 giugno 2014);”.
Del tutto correttamente, dunque, i giudici di appello hanno ritenuto illegittimo il titolo abilitativo, ossia la IV^ variante, sulla cui base erano stati eseguiti i consistenti interventi edilizi, non rilevando l’eccezione di carenza del relativo elemento psicologico del reato atteso che è indubbio che il Geraci, partecipante alla Conferenza dei servizi, ben sapesse della decadenza della concessione demaniale marittima disposta con la determina dirigenziale n. 470 del 16 giugno 2014, e che, dunque, l’aver richiesto ed ottenuto - nonostante la consapevolezza del non essere più legittimato, causa la decadenza dalla concessione demaniale – il rilascio della più volte richiamata IV^ variante, lo rende punibile sotto il profilo soggettivo per la realizzazione dell’attività edilizia, da ritenersi a tutti gli effetti abusiva, e ciò, lo si noti solo per completezza, a prescindere dall’atteggiamento “omertoso” o meno che gli si imputa nelle sentenze di merito.

4. Anche il terzo motivo del ricorso Geraci è manifestamente infondato.
Ed invero, la giurisprudenza di questa Corte ha già affermato che il mancato adempimento entro il termine fissato dal giudice, dell'obbligo di demolizione dell'immobile abusivo, al quale sia subordinata la concessione della sospensione condizionale della pena, determina la revoca del beneficio, anche quando l'opera abusiva insiste su un terreno demaniale occupato in forza di concessione, avendo il condannato l'obbligo di attivarsi per concordare con l'ente titolare del suolo le eventuali modalità di rimozione del manufatto abusivo (Sez. 3, ord. n. 47628 del 9/12/2004, Rv. 230333 – 01).
Detta subordinazione, peraltro, non potendo essere mantenuta per effetto dell’intervenuta estinzione per prescrizione del reato edilizio (v. infra), deve essere considerata tuttavia senza effetto, essendo venuta meno la condizione cui il beneficio era subordinato.

5. Fondato, infine, è il quarto motivo del ricorso Geraci.
Ed invero, in relazione al reato edilizio, come anche rilevato dal PG, considerate anche le sospensioni del termine intervenute nel corso del giudizio di merito per complessivi 217 gg. (39 gg., per astensione dal 9.05.2019 al 13.06.2019; gg. 65 per astensione, dal 3.12.2019 al 7.01.2020; gg. 43 per legittimo impedimento, dal 19.05.2021 al 1.07.2021), la prescrizione, tenuto conto del termine finale da cui decorre il reato in questione (7.06.2016 – 7.06.2021) deve ritenersi maturata alla data del 10 gennaio 2022.
Ne discende, pertanto, la revoca dell’ordine demolitorio impartito ex art. 31, comma 9, DPR n. 380 del 2001, come già affermato più volte dalla giurisprudenza di questa Corte (da ultimo: Sez. 3, n. 37836 del 28/07/2017, Rv. 270907).
6. L’annullamento senza rinvio per prescrizione limitatamente al capo g), non travolge invece il reato sub d) il cui termine di prescrizione, tenuto conto della data del sequestro (13.02.2018 – 13.02.2023) e delle sospensioni verificatesi nel corso del giudizio di merito per complessivi 217 gg. (39 gg., per astensione dal 9.05.2019 al 13.06.2019; gg. 65 per astensione, dal 3.12.2019 al 7.01.2020; gg. 43 per legittimo impedimento, dal 19.05.2021 al 1.07.2021), maturerà in data 18.09.2023.

7. Passando ad esaminare il ricorso CONSAGRA, lo stesso, come anticipato, è inammissibile.

7.1. Ambedue i motivi, trattati congiuntamente per le ragioni dianzi evidenziate, sono inammissibili perché generici per aspecificità.
Il ricorrente, infatti, non si confronta con le argomentazioni sviluppate dalla Corte d’appello a confutazione degli (assolutamente) identici motivi di ricorso proposti in questa sede, ancora una volta privi di alcun apprezzabile elemento di novità critica, ciò che ne giustifica pertanto la declaratoria di inammissibilità. In particolare, la Corte territoriale, che alla posizione Consagra dedica le pagg. 47/52, si prende carico di esaminare le identiche doglianze difensive qui sviluppate, osservando, anzitutto, come gli argomenti prospettati dalla difesa del Consagra fossero frutto di una lettura parziale della sentenza di primo grado che aveva motivato adeguatamente anche sulle questioni poste in grado d'appello. In particolare, si legge in sentenza, il giudice di primo grado, in presenza di una situazione di partenza astrattamente analoga che interessava tutti quanti i soggetti evocati dal Consagra (Vizzini, Geraci e il Consagra medesimo), tutti aventi causa dalla società Immobiliari Servizi SPA, aveva posto in evidenza le differenze sostanziali che erano valse a far seguire dei percorsi assolutori differenti. Più specificamente, quanto alla asserita inconsapevolezza dell'arbitrarietà dell'occupazione (ossia, più correttamente, della prosecuzione dell'occupazione), i giudici d'appello osservano come il primo giudice avesse espressamente richiamato il fatto che proprio il Consagra avesse avviato una procedura di regolarizzazione della sua posizione chiedendo alla Regione un'autonoma autorizzazione a mantenere l'occupazione dell'area demaniale con i propri immobili, con ciò dunque attestando che egli fosse pienamente consapevole della abusività dell'occupazione a seguito delle vicende che avevano portato alla decadenza dalla concessione demaniale marittima del dante causa con tutte le conseguenze ormai note.
Si tratta, all'evidenza, di una argomentazione scevra da qualsiasi illogicità manifesta e che fa perdere di qualsiasi spessore argomentativo la doglianza difensiva circa la asserita mancanza di “dolo” del ricorrente nella vicenda in esame, risultando infatti ex actis che il medesimo fosse assolutamente consapevole della abusività della prosecuzione della sua occupazione.

7.2. Analogamente, poi, con riferimento alla seconda questione, ossia la presunta disparità di trattamento che i giudici avrebbero riservato alla posizione del Consagra rispetto a quelle dei coimputati Vizzini e Geraci, i giudici di appello richiamano quanto emergente dalla lettura della sentenza di primo grado per evidenziare il fatto che la situazione che riguardava gli originari coimputati Vizzini e Geraci differisse sostanzialmente da quella riferibile al Consagra.
A tal proposito, infatti, i giudici d'appello sottolineano come quest'ultimo era informato e consapevole delle vicende che riguardavano l'area demaniale sulla quale insistono gli immobili da lui acquistati, tanto che egli si era attivato per regolare la situazione, escludendo peraltro qualsiasi rilievo al fatto che quest'ultimo, dopo il sequestro intervenuto nel febbraio del 2018, avesse proposto ricorso al Tar contro la declaratoria di decadenza della concessione demaniale marittima, e ciò perché tale atto era successivo ai fatti di interesse, né valeva ad escludere la configurazione degli elementi costitutivi del reato anche a prescindere dalla sospensiva che il Giudice amministrativo aveva concesso nei confronti del Consagra.
Deve, quindi, ribadirsi, conformemente alle conclusioni del PG, che il ricorso proposto da Consagra Bartolo è inammissibile in quanto ripropone i motivi di gravame su cui la Corte di appello si è già ampiamente espressa ed è volto a suggerire una diversa valutazione del materiale probatorio ormai preclusa (Sez. 6, n. 47204 del 07/10/2015, Musso, Rv. 265482; Sez. 6, n. 22256 del 26/04/2006, Bosco, Rv. 234148; Sez. 1, n. 42369 del 16/11/2006, De Vita, Rv. 235507). Il Consagra aveva infatti mantenuto l’occupazione in epoca successiva al termine di sgombero (31.07.14) intimato con la dichiarazione di decadenza del 16.06.14 e, dunque, diversamente da quanto asserito dal ricorrente, in epoca ben antecedente al 13 febbraio 2018, data del sequestro. Nelle pronunce di merito sono state, inoltre, ampiamente evidenziate le sostanziali differenze esistenti rispetto alla posizione dei coimputati, mai formalmente avvisati della decadenza del dante causa (p. 49 sentenza di appello) tali da giustificare il differente esito decisorio.

8. Conclusivamente, il ricorso CONSAGRA deve essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della Cassa delle ammende, non potendosi escludere profili di colpa nella proposizione del ricorso.
Diversamente, il ricorso GERACI va accolto, come anticipato, limitatamente al quarto motivo, con conseguente annullamento senza rinvio della sentenza per essere estinto il reato edilizio sub g) per prescrizione, cui consegue la revoca dell’ordine demolitorio, laddove i restanti motivi di ricorso, afferenti al reato di occupazione abusiva di spazio demaniale sub d), devono essere dichiarati inammissibili, non conseguendo tuttavia, atteso l’accoglimento parziale del ricorso, le statuizioni di condanna previste dall’art. 616, cod. proc. pen. (Sez. 1, n. 1531 del 23/05/1994, Rv. 197657).

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di GERACI LUIGI FRANCESCO con riferimento al reato di cui al capo G) dell’imputazione perché estinto per prescrizione. Revoca l’ordine di demolizione. Dichiara inammissibile nel resto il ricorso di GERACI LUIGI FRANCESCO. Dichiara inammissibile il ricorso di CONSAGRA BARTOLO che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 3 luglio 2023