Consiglio di Stato Sez. VII n. 5540 del 21 giugno 2024
Rifiuti.Impianto destinato alla eliminazione di scarti di produzione anche attraverso un recupero energetico

Qualora la funzione principale di un forno elettrico (nella specie denominato “forno ecologico”) sia quella di eliminare gli scarti di produzione anche attraverso un recupero energetico, ma in ogni caso bruciando sostanza che diversamente dovrebbero essere smaltite in altro modo, esso non costituisce un impianto che svolge una funzione produttiva e di conseguenza è legittima la pretesa della Regione di sottoporlo alle procedure di cui all’art. 29-octies, d.lgs. n. 152/2006.

Pubblicato il 21/06/2024

N. 05540/2024REG.PROV.COLL.

N. 05420/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Settima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5420 del 2020, proposto dalla Regione Toscana, in persona del presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Fabio Ciari, con domicilio digitale come da PEC Registri di Giustizia;

contro

Polynt s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Giuliano Berruti, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via delle Quattro Fontane 161;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Sezione Seconda, n. 1369/2019, resa tra le parti;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Polynt S.p.A.;

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 5 giugno 2024 il Cons. Ugo De Carlo e uditi per le parti gli avvocati Fabio Ciari; Avv. Francesco Follieri su delega dell'Avv. Giuliano Berruti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La Regione Toscana ha impugnato la sentenza indicata in epigrafe che ha accolto il ricorso della società appellata per l’annullamento del decreto della regionale in data 9 luglio 2018, n. 11019, della direzione ambiente ed energia - settore autorizzazioni ambientali, recante l’invito a presentare entro il termine di novanta giorni la documentazione necessaria a modificare l’autorizzazione integrata ambientale rilasciata dalla Provincia di Arezzo, con provvedimento dirigenziale in data 30 marzo 2009 n. 56/C, al fine di autorizzare come impianto di incenerimento rifiuti un preesistente impianto denominato “forno ecologico”; e il ricorso per motivi aggiunti avverso il decreto regionale del 14 febbraio 2019, n. 1832, della citata direzione, recante diffida a conformarsi alle prescrizioni di cui al provvedimento in origine impugnato.

2. Deve premettersi chela Polynt s.p.a., è un’azienda che opera nel settore della produzione e fornitura delle specialità chimiche e dei prodotti chimici intermedi, titolare di uno stabilimento ubicato nel Comune di San Giovanni Valdarno munito di autorizzazione integrata ambientale rilasciata dalla Provincia di Arezzo; tra gli impianti autorizzati alle emissioni in atmosfera vi è un forno ecologico per il quale la Regione Toscana con nota in data 24 agosto 2016 ha comunicato alla società l’avvio di un procedimento di riesame dell’A.I.A. ai sensi dell’art. 29-octies, comma 4, d.lgs. 152/2006.

Tale iniziativa è stata assunta sul presupposto della qualificazione giuridica dell’impianto come inceneritore di rifiuti per il quale era necessario attivare una procedura di V.I.A.

Il verbale della conferenza di servizi è stato impugnato innanzi al T.a.r. che lo ha annullato per incompetenza, ma il servizio competente della Regione lo ha fatto proprio con conseguente emanazione di un nuovo provvedimento impugnato in questa sede unitamente in seguito alla diffida a provvedere ad effettuare quanto previsto dal decreto 9 luglio 2018, n. 11019.

3. La sentenza impugnata ha accolto entrambi i ricorsi in relazione al terzo motivo che censurava il difetto di istruttoria e di motivazione Le risultanze della conferenza di servizi in relazione alla conclusione che le sostanze bruciate nel forno sarebbero rifiuti non sono condivisibili poiché nel forno ecologico si genera un recupero di energia, che viene impiegato nel processo industriale e non si approfondisce il tema se le acque di processo e gli organici possano rientrare nei combustibili di cui all’Allegato X, della parte V, del d.lgs. n. 152 del 2006, né al possibile inquadramento dei residui di produzione nel concetto di sottoprodotto, limitandosi a sottolineare come la società non definisce merceologicamente quelli che potrebbero essere considerati sottoprodotti.

La tesi affermata dalla società corrisponde alle Best Available Techniques (BAT) che però non sono state prese in esame per il fatto che esse si riferiscono a grossi impianti.

Viene infine sottolineato come la necessità di un approfondimento deriva dalla circostanza che l’organo in precedenza competente alla valutazione tecnica in questione e cioè la Provincia di Arezzo non aveva mai sollevato le perplessità avanzate dalla Regione.

4. L’appello si compone di due motivi.

4.1. Il primo contesta l’accoglimento del ricorso per un supposto difetto di istruttoria e di motivazione circa la qualificazione del forno ecologico, inserito nel processo produttivo della società ricorrente, quale impianto di incenerimento di rifiuti.

Nella sentenza impugnata ravvisano le sottoindicate critiche che vengono analiticamente contestate: a. nel mancato approfondimento del recupero di energia dal forno;

b. nel mancato approfondimento se le acque di processo e gli organici possano rientrare nei combustibili di cui all’Allegato X, della parte V, d.lgs. n.152/2006;

c. nel mancato approfondimento del possibile inquadramento dei residui di produzione nel concetto di sottoprodotto;

d. nel mancato approfondimento delle BAT citate dalla società ricorrente, liquidando l’argomento con la considerazione che le BAT si riferiscono ai grandi impianti di combustione;

e. nella mancata considerazione che le acque di scarto della produzione, insieme agli effluenti gassosi e ai solventi, confluiscono in un forno utilizzato per la produzione di vapore utilizzato in una caldaia a recupero;

f. nella non qualificabilità come rifiuti ai sensi dell’art. 183 del Codice dell’ambiente di tali acque di scarto a fronte di una loro utilizzazione delle acque e gas e, quindi, in mancanza della volontà del detentore di disfarsene;

g. nella mancata considerazione che la Provincia di Arezzo, con la nota del 27 febbraio 2000, escludeva che tali acque di scarto fossero rifiuti.

A. Il tema è stato approfondito esaminando l’operazione come prevista nel BREF specifico per l’impianto di produzione di polimeri sia in generale in relazione al recupero di energia quale operazione di trattamento dei rifiuti, codificata con R1, giungendo alla conclusione che non ci sia una contraddittorietà in termini tra il concetto di recupero di energia e rifiuti.

Il fatto che le acque di processo abbiano un potere calorifico tale da rendere vantaggioso il loro trattamento tramite combustione, secondo le B.A.T. non ne modifica la natura di rifiuto; anche la normativa sui rifiuti, infatti, prevede l’operazione di recupero dell’energia contenuta nei rifiuti.

B. Le acque di scarto del ciclo produttivo sono qualificate come rifiuti perché convogliate in un forno avulso dal ciclo produttivo al fine del loro smaltimento; la qualificazione come rifiuto delle acque di scarto non sia stata motivata per il fatto che non sono elencate nell’Allegato X della parte V, d.lgs. n.152/2006. Ma per d.lgs. n. 152/2006, esso dovrebbe bruciare combustibili, cioè qualsiasi materia solida, liquida o gassosa di cui l’allegato X alla Parte Quinta tra cui non rientra le acque si scarto.

C. I prodotti bruciati non sono stati qualificati come sottoprodotti, circostanza che neanche la società ha mai sostenuto, con possibile vizio di extra petizione, perché non sono stati forniti gli elementi per consentire una valutazione di tale genere ai sensi dell’art. 184 bis d.lgs. 152/2006.

D. Dalle B.A.T. si ricava che l’acqua che deriva dai processi di lavorazione dei polimeri insaturi può essere bruciata o convogliata in un impianto di depurazione delle acque reflue, ma laddove sia bruciata e generi calore non per questo non può essere classificata come un rifiuto. Quindi l’apparente mancata considerazione delle B.A.T. non è dipesa dal riferimento di esse ai grandi impianti di combustione.

E. Il forno ecologico genera un recupero di energia utilizzata nel processo industriale, ma in modo altrettanto incontrovertibile la combustione dei liquidi di scarto del processo produttivo, denominati acque di processo e organici, non modifica la caratterizzazione come rifiuto del liquido di cui trattasi.

F. Non è corretta la ricostruzione secondo la quale nel caso di specie non vi sarebbe l’intenzione di disfarsi di tali acque di scarto proprio perché vengono riutilizzate all’interno dello stabilimento, dal momento che, come si è visto in fatto, le acque di scarto dei reattori vengono convogliate in un

forno di ossidazione che non ha alcuna funzione nel ciclo produttivo se non quella di alimentare una caldaia a recupero, né può sostenersi che tali acque, proprio perché acqua, costituiscono il combustibile di tale forno. Il forno ecologico, incenerendo le acque di scarto del processo produttivo non può qualificarsi come accessorio all’attività produttiva se non nel senso che è teso allo smaltimento di rifiuti (scarti di produzione) di cui il produttore intende disfarsi e, come

tale assoggettabile alla disciplina degli inceneritori.

G. La qualificazione operata dalla Provincia di Arezzo con una nota risalente a circa 18 anni prima che considerava il forno di incenerimento parte integrante dei cicli produttivi dello stabilimento si pone in evidente contrasto con la disposizione di cui all’art. 29-octies, d.lgs. n. 152/2006.

4.2. Il secondo motivo contesta la qualificazione adottata dalla sentenza delle acque di scarto come acque reflue da trattare ai sensi dell’art. 74 d.lgs. 152/2006.

L’art. 74 disciplina la tutela delle acque dall’inquinamento mediante, tra gli altri, appositi impianti di trattamento delle acque reflue (urbane e industriali) prima del loro scarico nelle acque superficiali e non: impianti che sono solo e solamente quelli di depurazione tesi a ricondurre entro i limiti di legge le acque scaricate nei corpi recettori e non già gli inceneritori.

Il termine “acque di processo” non trova una definizione nel d.lgs. n. 152/2006, dal momento che finché rimangono confinate all’interno del processo produttivo, non riguardano l’ambiente, mentre allorquando sovviene la necessità di allontanare le acque di processo dall’impianto di produzione, la loro modalità di trattamento e scarico viene qualificata dal Codice dell’ambiente.

5 Si è costituita in giudizio Polynt S.p.A. che ha concluso per il rigetto dell’appello.

6. Il Collegio disponeva una verificazione con ordinanza emessa all’esito dell’udienza del 10 dicembre 2020 formulando i seguenti quesiti:

“a) se, alla luce sia degli accertamenti in situ sia dell’esame di tutta la documentazione, il processo industriale che si svolge mediante l’utilizzo del forno ecologico denominato E117 presente nell’azienda dell’appellata, sia funzionale alla produzione oggetto dell’attività di impresa, ed eventualmente in quale misura, ovvero se sia funzionale alla gestione di un residuo derivante dal processo di produzione, ed eventualmente in quale misura;

b) se il recupero di calore che avviene nel processo di combustione all’interno del forno ecologico in parola incida sulla natura del liquido che viene immesso nel forno e in quale misura;

c) se le acque di processo e gli organici di cui trattasi rientrino tra le materie indicate dall’allegato X parte V del d.lgs. n. 152/2006;

d) come sia inquadrabile il processo effettuato nel forno ecologico E117 in relazione alle BREF di settore sui polimeri e alle BAT (Best Available Techniques);

e) se i sistemi di monitoraggio delle emissioni, gli scarichi delle acque reflue industriali e meteoriche il bio filtro e la messa in sicurezza dell’impianto siano compatibili con la disciplina tecnica dei “forni ecologici” a servizio della produzione.”.

7. All’esito del deposito della verificazione la società appellata eccepiva la nullità della verificazione per violazione del principio del contraddittorio poiché, sebbene il mezzo istruttorio non sia soggetto a particolari formalità come la c.t.u., non sarebbe stato rispettato il principio di parità delle parti. In particolare la relazione del verificatore non avrebbe recepito le controdeduzioni sulle conclusioni del tecnico della società poiché non si sarebbe andati al di là di un incontro telematico conoscitivo su piattaforma Teams. Per il resto venivano formulate una serie di considerazioni critiche sulla relazione.

8. Tutto ciò premesso in fatto, l’eccezione di nullità della verificazione non può essere accolta poiché non vi è alcuna lesione del contraddittorio in quanto non è indispensabile, anche se auspicabile, che le controdeduzioni dei consulenti di parte siano portate a conoscenza del verificatore anche per dargli modo di rispondere in merito. L’aspetto imprescindibile del contraddittorio tecnico consiste nella possibilità per il giudice di conoscere tutte le relazioni tecniche cosicché, laddove abbia bisogno di un ulteriore approfondimento, lo proporrà al verificatore ed ai consulenti di parte.

9. L’approfondimento istruttorio effettuato mediante la verificazione anche per porre rimedio alla carenza di istruttoria segnalata dal primo giudice e posta a fondamento dell’accoglimento del ricorso, ha fatto emergere che, al di là di alcuni aspetti utili in relazione al complessivo funzionamento dell’impianto, il compito del forno elettrico è quello di trattare i residui di lavorazione che ben possono essere considerati rifiuti da trasformare al fine del loro smaltimento.

Nel rispondere al primo quesito il verificatore, dopo aver definito il forno come accessorio al processo produttivo dello stabilimento, ha affermato che esso può considerarsi non funzionale in senso stretto alla produzione oggetto dell’attività di impresa poiché potrebbe essere sostituito da altre modalità di trattamento dei reflui; il forno si configura quindi come un vero e proprio inceneritore di rifiuti a recupero energetico soggetto alla disciplina relativa alle emissioni in atmosfera.

Nel trattare il terzo quesito il verificatore ha escluso che e i liquidi immessi nel forno non rientrano tra i combustibili consentiti dall’allegato X alla parte V al d.lgs.152/2006.

Inoltre secondo le B.A.T. l’acqua reflua nella produzione del poliestere è principalmente acqua di reazione. Quest’acqua può essere trattata o in sito o esternamente. Se trattata in sito, il processo è di ossidazione termica. È indicato anche un metodo esterno di trattamento dell’acqua di reazione,

che prevede di convogliarla (leading) o trasportarla (transporting) ad un impianto di trattamento di acque reflue (WWTP).

Anche solo alla luce degli elementi appena esposti è evidente che la finzione principale del forno elettrico è quella di eliminare gli scarti di produzione anche attraverso un recupero energetico, ma in ogni caso bruciando sostanza che diversamente dovrebbero essere smaltite in altro modo. Il forno, quindi, non costituisce un impianto che svolge una funzione produttiva e di conseguenza è legittima la pretesa della Regione di sottoporlo alle procedure di cui all’art. 29-octies, d.lgs. n. 152/2006.

10. La complessità della questione tecnica sottoposta al giudizio in questa sede giustifica la compensazione delle spese di giudizio, mentre il compenso del verificatore andrà poso a carico dell’appellata.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Settima, definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza di primo grado, respinge il ricorso introduttivo.

Spese compensate.

Il compenso del verificatore è posto a carico della Polynt S.p.A., e sarà liquidato con separato decreto.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso nella camera di consiglio del giorno 5 giugno 2024, tenuta da remoto ai sensi dell’art. 87, comma 4 bis, c.p.a., con l'intervento dei magistrati:

Fabio Franconiero, Presidente FF

Raffaello Sestini, Consigliere

Laura Marzano, Consigliere

Ugo De Carlo, Consigliere, Estensore

Roberta Ravasio, Consigliere