Tentativo di una ricostruzione definitoria di imballaggio.
di Alberto PIEROBON
di Alberto PIEROBON
Tentativo di una ricostruzione definitoria di imballaggio.
di Alberto PIEROBON
già Dirigente e ViceSegretario Generale Enti Locali
già Dirigente e Direttore Generale Azienda Pluricomunale di Servizi Pubblici Locali
Studio di consulenza Bellesia Pierobon
www.pierobon.eu
La disciplina positiva degli imballaggi che è stata da noi illustrata in precedenti interventi, in una interpretazione sistematica e teleologica, sembra stabilire che, ai fini della qualificazione di un prodotto come imballaggio, assuma un ruolo fondamentale la sua funzione:
o di contenimento;
o di protezione;
o di manipolazione
o delle merci per consentirne (quali altre funzioni dell’imballaggio):
o il trasporto;
o la protezione;
o la presentazione.
Trattasi di requisiti funzionali, cumulativi (non disgiuntivi) e coesistenti, che rilevano non tanto per la loro astratta attitudine, quanto per la loro concreta adibizione, ovvero per la concreta destinazione del “contenitore”, cioè per la sua utilizzazione effettiva.
Ma qui occorre partire dalla merce, per arrivare agli imballaggi, più esattamente occorre domandarsi:
a) la merce viene solamente ad essere accompagnata dal contenitore/imballaggio (con i requisiti funzionali di cui sopra) e quindi quest’ultimo rimane distinto dalla merce?
b) la merce attrae a sè l’imballaggio/contenitore in quanto inscindibile con esso, tale da costituirne un insieme integrante e indivisibile?
In altri termini è l’uso che diventa il criterio discriminante per la qualificazione di imballaggio, e ciò senza che rilevi il titolo oneroso o gratuito del trasferimento del contenitore/imballaggio .
Più esattamente è la funzionalizzazione del contenitore che crea la differenza, non quindi la materialità del contenitore per sé stesso. Con il che necessitano acquisire ulteriori elementi indizianti e probanti, non rimettendoci al solo elemento psicologico del soggetto.
Quindi, oltre a quanto già indicato, è utile chiedersi – caso per caso - se:
il contenitore/imballaggio può essere oggetto di commercio separato dalla merce;
Il contenitore/imballaggio venga diversamente destinato dal soggetto, a seconda della natura dei beni prodotti;
Il contenitore/imballaggio svolga una funzione di riempimento per la vendita, la manipolazione, la protezione e il trasporto della merce;
le funzioni del contenitore/imballaggio riguardino solo il rapporto che intercorre dal produttore al consumatore, o dal produttore all’utilizzatore, e non quindi dall’utilizzatore all’utilizzatore e/o dal consumatore al consumatore;
Il contenitore/imballaggio venga riutilizzato (e come, e per quante volte, eccetera. Se il contenitore è, come dire….. un bene a fecondità pluriennale o un bene strumentale);
l’imballaggio usato rimanga un imballaggio e quindi non diventi un rifiuto (ex art.183, comma 1, lett.”a” del D.Lgs. 152/2006) in quanto rimanga riutilizzabile (cioè nuovamente utilizzabile senza subire trattamenti, salvo le riparazioni minimali): in tal caso la problematica ci rinvia non solamente al concetto di imballaggio e di non imballaggio, ma puranche a quella dell’opaco confine tra le operazioni di recupero e quelle (eventuali) propedeutiche al riutilizzo;
il contenitore/imballaggio venga ad essere avviato alle operazioni di recupero o di smaltimento di cui agli allegati “B” e “C” alla parte quarta del D.Lgs. 152/2006 e quindi (salvo certe evenienze che si indicheranno oltre) sia considerato un rifiuto;
il concetto di contenitore/imballaggio sia indipendente dalla fase di commercializzazione e dal fatto che la merce imballata sia stata qualificata come materia prima, semilavorato o prodotto finito;
l’impiego o l’utilizzazione dei contenitori/imballaggi riguardi solo i prodotti da industrie, commercio, utenze domestiche, eccetera, cioè “a qualsiasi titolo”;
Rimangono poi da sfondo considerazioni più generali per le quali è opportuno valutare se:
• ragionando sui contenitori che non sono imballaggi (ma solo beni) verrebbe a frustarsi l’obiettivo - e le finalità comunitarie - di intercettare (nel circuito economico ed in quello di raccolta) siffatti materiali in quanto potenzialmente causativi di impattamento ambientale;
• se considerando la distinzione tra contenitore e imballaggi, verrebbe ad ostacolarsi l’applicazione e la riscossione del contributo ambientale finalizzato al recupero di questi materiali, posto che attualmente il sistema applicativo discende da una sorta di presunzione che avviene, sulla base di un giudizio tecnico prognostico, e in base agli imballaggi immessi sul mercato (cioè nel senso più ampio possibile)?
• il giudizio tecnico sottostante alla individuazione del contenitore o dell’imballaggio, ove si assumesse la suaccennata prospettazione indiziaria e del caso per caso, diventi ex post e non più ex ante e se tanto renderebbe incerto il quadro operativo dei soggetti operanti nel settore oltre che della applicazione normativa.
Infine, si rammenta come i rifiuti di imballaggi siano quelli generati dagli imballaggi, con i consueti criteri ermeneutici invocabili per i rifiuti (quindi come combinazione del criterio psicologico e di quello oggettivo). Con il che il riutilizzo dell’imballaggio procrastina il suo diventare un rifiuto di imballaggio nel momento in cui esso non sarà più ri-usabile.
di Alberto PIEROBON
già Dirigente e ViceSegretario Generale Enti Locali
già Dirigente e Direttore Generale Azienda Pluricomunale di Servizi Pubblici Locali
Studio di consulenza Bellesia Pierobon
www.pierobon.eu
La disciplina positiva degli imballaggi che è stata da noi illustrata in precedenti interventi, in una interpretazione sistematica e teleologica, sembra stabilire che, ai fini della qualificazione di un prodotto come imballaggio, assuma un ruolo fondamentale la sua funzione:
o di contenimento;
o di protezione;
o di manipolazione
o delle merci per consentirne (quali altre funzioni dell’imballaggio):
o il trasporto;
o la protezione;
o la presentazione.
Trattasi di requisiti funzionali, cumulativi (non disgiuntivi) e coesistenti, che rilevano non tanto per la loro astratta attitudine, quanto per la loro concreta adibizione, ovvero per la concreta destinazione del “contenitore”, cioè per la sua utilizzazione effettiva.
Ma qui occorre partire dalla merce, per arrivare agli imballaggi, più esattamente occorre domandarsi:
a) la merce viene solamente ad essere accompagnata dal contenitore/imballaggio (con i requisiti funzionali di cui sopra) e quindi quest’ultimo rimane distinto dalla merce?
b) la merce attrae a sè l’imballaggio/contenitore in quanto inscindibile con esso, tale da costituirne un insieme integrante e indivisibile?
In altri termini è l’uso che diventa il criterio discriminante per la qualificazione di imballaggio, e ciò senza che rilevi il titolo oneroso o gratuito del trasferimento del contenitore/imballaggio .
Più esattamente è la funzionalizzazione del contenitore che crea la differenza, non quindi la materialità del contenitore per sé stesso. Con il che necessitano acquisire ulteriori elementi indizianti e probanti, non rimettendoci al solo elemento psicologico del soggetto.
Quindi, oltre a quanto già indicato, è utile chiedersi – caso per caso - se:
il contenitore/imballaggio può essere oggetto di commercio separato dalla merce;
Il contenitore/imballaggio venga diversamente destinato dal soggetto, a seconda della natura dei beni prodotti;
Il contenitore/imballaggio svolga una funzione di riempimento per la vendita, la manipolazione, la protezione e il trasporto della merce;
le funzioni del contenitore/imballaggio riguardino solo il rapporto che intercorre dal produttore al consumatore, o dal produttore all’utilizzatore, e non quindi dall’utilizzatore all’utilizzatore e/o dal consumatore al consumatore;
Il contenitore/imballaggio venga riutilizzato (e come, e per quante volte, eccetera. Se il contenitore è, come dire….. un bene a fecondità pluriennale o un bene strumentale);
l’imballaggio usato rimanga un imballaggio e quindi non diventi un rifiuto (ex art.183, comma 1, lett.”a” del D.Lgs. 152/2006) in quanto rimanga riutilizzabile (cioè nuovamente utilizzabile senza subire trattamenti, salvo le riparazioni minimali): in tal caso la problematica ci rinvia non solamente al concetto di imballaggio e di non imballaggio, ma puranche a quella dell’opaco confine tra le operazioni di recupero e quelle (eventuali) propedeutiche al riutilizzo;
il contenitore/imballaggio venga ad essere avviato alle operazioni di recupero o di smaltimento di cui agli allegati “B” e “C” alla parte quarta del D.Lgs. 152/2006 e quindi (salvo certe evenienze che si indicheranno oltre) sia considerato un rifiuto;
il concetto di contenitore/imballaggio sia indipendente dalla fase di commercializzazione e dal fatto che la merce imballata sia stata qualificata come materia prima, semilavorato o prodotto finito;
l’impiego o l’utilizzazione dei contenitori/imballaggi riguardi solo i prodotti da industrie, commercio, utenze domestiche, eccetera, cioè “a qualsiasi titolo”;
Rimangono poi da sfondo considerazioni più generali per le quali è opportuno valutare se:
• ragionando sui contenitori che non sono imballaggi (ma solo beni) verrebbe a frustarsi l’obiettivo - e le finalità comunitarie - di intercettare (nel circuito economico ed in quello di raccolta) siffatti materiali in quanto potenzialmente causativi di impattamento ambientale;
• se considerando la distinzione tra contenitore e imballaggi, verrebbe ad ostacolarsi l’applicazione e la riscossione del contributo ambientale finalizzato al recupero di questi materiali, posto che attualmente il sistema applicativo discende da una sorta di presunzione che avviene, sulla base di un giudizio tecnico prognostico, e in base agli imballaggi immessi sul mercato (cioè nel senso più ampio possibile)?
• il giudizio tecnico sottostante alla individuazione del contenitore o dell’imballaggio, ove si assumesse la suaccennata prospettazione indiziaria e del caso per caso, diventi ex post e non più ex ante e se tanto renderebbe incerto il quadro operativo dei soggetti operanti nel settore oltre che della applicazione normativa.
Infine, si rammenta come i rifiuti di imballaggi siano quelli generati dagli imballaggi, con i consueti criteri ermeneutici invocabili per i rifiuti (quindi come combinazione del criterio psicologico e di quello oggettivo). Con il che il riutilizzo dell’imballaggio procrastina il suo diventare un rifiuto di imballaggio nel momento in cui esso non sarà più ri-usabile.