Quadro generale della disciplina della rottamazione dei veicoli a motore Pubblicato su Ambiente e Sicurezza n. 11/2000 LE PRINCIPALI FONTI DI INQUINAMENTO

L’art. 7, terzo comma, lett. l), del D.Lgs n. 22/1997, ricomprende espressamente, tra i rifiuti speciali, gli autoveicoli fuori uso[1]. Ne deriva la gestione di tale particolare categoria di rifiuti, è soggetta alla disciplina di carattere generale in tema di autorizzazioni e comunicazioni prevista, rispettivamente, per lo smaltimento ed il recupero. L'assunto, peraltro, discende anche dall’art. 46, che, in tema, dispone: “il proprietario di un veicolo a motore o di un rimorchio che intenda procedere alla demolizione dello stesso deve consegnarlo ad un centro di raccolta per la messa in sicurezza, la demolizione, il recupero dei materiali e la rottamazione, autorizzato ai sensi degli articoli 27 e 28”.

Il riferimento all'art. 46 consente di individuare i seguenti profili di interesse :

gli obblighi amministrativi per la cancellazione dal P. R. A. e demolizione del veicolo;

la disciplina di riferimento in caso di abbandono lungo la pubblica via di veicoli non reclamati dai proprietari;

la disciplina della gestione dei rifiuti consistenti in autoveicoli fuori uso e loro parti.

Conviene subito esaminare i primi due profili, per poi approfondire l'ultimo che riveste maggior interesse sotto il profilo penalistico.

L’art. 46 richiamato individua i seguenti soggetti coinvolti nella rottamazione dei veicoli a motore: il proprietario ; il centro di raccolta per la messa in sicurezza; il concessionario o la succursale. Prevede per loro obblighi di natura amministrativa sostanzialmente finalizzati ad attuare la cancellazione dei veicoli, come pre-condizione per qualsiasi attività di alienazione, di smontaggio, di distruzione e di rottamazione degli stessi[2].

I responsabili dei centri di raccolta sono assoggettati agli stessi obblighi di cancellazione e di annotazione anche nell’ipotesi in cui si tratti di veicoli “rinvenuti da organi pubblici o non reclamati dai proprietari e quelli acquisiti per occupazione ai sensi degli artt. 927-929 e 923 del codice civile” [3]. La specifica materia è disciplinata dal decreto del Ministero dell’Interno del 22 ottobre 1999, n. 460[4], il quale prevede due diverse ipotesi: quella in cui gli organi di polizia stradale rinvengono su aree ad uso pubblico un veicolo in condizioni tali da far presumere lo stato di abbandono, ovverosia privo della targa di immatricolazione o del contrassegno di identificazione; e quella in cui gli indicati organi accertano il protrarsi, per oltre sessanta giorni, della sosta del veicolo a motore o di un rimorchio su un’area ad uso pubblico sulla quale è fatto divieto ai sensi degli artt. 6,7,157,158 e 175 del codice della strada.

In entrambi i casi, gli organi di polizia stradale, devono immediatamente conferire in via provvisoria il veicolo rinvenuto ad uno dei centri di raccolta autorizzato ai sensi del D.Lgs n. 22/1997 e procedere ad accertamenti per verificare se il veicolo non sia oggetto di furto. Nel primo caso, poi, gli indicati organi dovranno anche tentare di identificare il proprietario del veicolo e notificargli un avviso contenente l’invito a ritirare il veicolo medesimo entro sessanta giorni; quindi, trascorso detto termine dalla notificazione, o dal rinvenimento, se il proprietario non è stato identificato, ed in mancanza di reclamo da parte degli aventi diritto, il veicolo verrà considerato, in applicazione dell’art. 923 c. c. , cosa abbandonata ed il centro di raccolta cui era stato conferito potrà procedere alla demolizione ed al recupero dei materiali, previa cancellazione dal PRA. Nel secondo caso, invece, gli organi di polizia stradale dovranno informare il Sindaco del rinvenimento del veicolo, ai sensi e per gli effetti degli artt. 927 e seguenti c. c. ; il Sindaco dovrà, poi, procedere alla pubblicazione prevista dall’art. 928 c. c. , disporre accertamenti per verificare l’identità del proprietario e, in caso di sua identificazione, procedere alla notificazione allo stesso dell’invito a ritirare il veicolo, con l’espressa avvertenza della perdita della proprietà in caso di mancato ritiro entro un anno dalla pubblicazione. Anche in questo caso, trascorso inutilmente l’indicato termine, il centro di raccolta procederà alla rottamazione, salvo che il Comune non disponga la vendita del veicolo.

Occorre ora stabilire se nelle ipotesi dinanzi richiamate siano applicabili le disposizioni di cui all'art. 14 del D.Lgs n. 22/97, in ordine al divieto assoluto di abbandono e di deposito incontrollati di rifiuti nel suolo.

La norma pone, infatti, un duplice divieto: in primis, il divieto assoluto di abbandonare qualsiasi cosa, da intendersi nel senso di lasciare o dismettere qualsiasi cosa; in secundis, il divieto di deposito incontrollato, che ricorre allorquando si lasci in un sito uno o più rifiuti -anche con il beneplacito del proprietario del luogo- e sempre che manchino i caratteri soggettivi ed oggettivi per qualificare detto deposito come temporaneo o preliminare.

La violazione della disposizione richiamata comporta un duplice tipo di sanzioni. La prima di carattere amministrativo o penale, a seconda della fattispecie e delle modalità dell'abbandono; la seconda, concernente il ripristino della situazione pregressa, di competenza del Sindaco, il quale è tenuto a disporre con ordinanza la riduzione in pristino del territorio, ed in caso di inottemperanza, all'esecuzione delle operazioni di ripristino provvederà il Comune a spese dei soggetti ritenuti responsabili, con anticipo delle stesse da parte dell'ente e successivo recupero, cui seguirà l'applicazione delle sanzioni penali specifiche, previste dal secondo comma dell'art. 50.

Questo, infatti, al comma 1, così dispone: "chiunque, in violazione del divieto di cui all'art. 14, commi 1 e 2, abbandona o deposita rifiuti ovvero li immette nelle acque superficiali o sotterranee è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire duecentomila a lire un milione duecentomila", e quindi, per la ipotesi di inottemperanza all'ordinanza di rimozione e ripristino, prevede una sanzione di tipo penale, detentiva a carattere contravvenzionale dell'arresto; invece, il successivo art. 51, comma 2, sancisce, sanzioni di tipo penale qualora a commettere l'abbandono od il depositi incontrollato siano i titolari di imprese ed i responsabili di enti, ed in tal caso le sanzioni applicabili sono quelle di cui all'art. 51, comma 1.

E' da ritenere, però, che allorquando si tratti di abbandono di veicoli, l'applicabilità della norma in esame (art. 14 dlgs n22/97) resti esclusa ove ricorra l' ipotesi in cui il proprietario del veicolo abbandonato non sia identificabile.

Diversa è la situazione quando la identificazione si verifica, in quanto l'organo procedente dovrà redigere e trasmettere il verbale per violazione dell'art. 14 del D.Lgs 22/1997, e, quindi, dovranno essere necessariamente applicate le sanzioni di cui all'art. 50, comma 1 o 51, comma 1 e 2, a seconda dell'ipotesi ricorrente; ma è escluso che il Sindaco possa emettere l'ordinanza di rimozione, posto che in questo caso la procedura da seguire è quella disciplinata dal D. M. n. 460/1999 dinanzi richiamata, la quale deroga alle disposizioni del decreto Ronchi in conseguenza della espressa delega contenuta nell'art. 46 ("con le procedure determinate con decreto del Ministero dell'interno... ")[5].

Assumono una rilevanza penalistica certamente maggiore tutte le questioni connesse alla gestione dei rifiuti consistenti in autoveicoli fuori uso e loro parti.

In primo luogo va rilevato che al soggetto che provvede alla demolizione e rottamazione di veicoli altrui, trasportati in un’area in sua dotazione e che proceda alla separazione delle varie componenti, al recupero dei residui riutilizzabili ed all’accumulo degli scarti, non può essere applicata la nozione di “produttore di rifiuti propri”, che lo esimerebbe da particolari formalità ed autorizzazioni, posto che, ai sensi dell’art. 6, lettera b) della normativa considerata, è tale “la persona la cui attività ha prodotto rifiuti e la persona che ha effettuato operazioni di pretrattamento, di miscuglio o altre operazioni che hanno mutato la natura o la composizione dei rifiuti”.

Di modo che il titolare dei centri di raccolta e di demolizione delle carcasse d’auto altrui, proprio perché non è produttore di rifiuti ed interviene nella fase di loro trasformazione, ovverosia in un momento tecnico-giuridico successivo rispetto al momento di produzione, ha necessità, per l’esercizio della sua attività, di venire in possesso delle autorizzazioni previste dal D.Lgs n. 22/1997.

Confortano la interpretazione che precede i primi orientamenti giurisprudenziali in materia del giudice penale, per i quali “non può essere considerato produttore di rifiuti propri il soggetto che provvede alla demolizione e rottamazione di veicoli altrui, trasportati in una area in sua dotazione, ove procede alla separazione delle varie componenti, al recupero dei residui riutilizzabili ed all'accumulo degli scarti: le vetture assumono, infatti, il carattere di rifiuti speciali fin dal momento in cui vengono dismesse dal proprietario o possessore, che li consegna al demolitore; e pertanto, tutta l'attività dei centri di raccolta rientra nell'ambito dello smaltimento e del recupero e non può essere esercitata senza autorizzazione” [6], ed ancora “non può esser considerato produttore di rifiuti propri il soggetto che provvede allo smantellamento di veicoli altrui non più funzionanti, trasportati in un area in sua dotazione, ove si procede al recupero delle parti riutilizzabili ed all'abbandono degli scarti: i rifiuti, infatti, assumono tale carattere fin dal momento in cui vengono dismessi da coloro che li conferiscono alla demolizione, ed il soggetto cui vengono affidati per la cernita deve esser qualificato come semplice detentore di residui di terzi, la cui attività integra attività di smaltimento di rifiuti speciali prodotti da terzi”[7].

Del resto, anche la giurisprudenza formatasi nella vigenza del D. P. R. n. 915/82 era concorde nel ritenere che l'attività di demolizione di auto fosse soggetta ad autorizzazione regionale, trattandosi di smaltimento di rifiuti prodotti da terzi, e però, generalmente escludeva che detta attività potesse configurarsi come apertura e gestione di discarica, argomentando dal fatto che “la discarica presuppone che i rifiuti siano immagazzinati in un impianto che ne garantisce l'isolamento dall'ambiente, mentre le attività di demolizione di auto hanno come fine la demolizione o la rottamazione delle auto o, comunque, il commercio delle loro parti”[8].

C’è da aggiungere che è estraneo all’attività in esame anche il concetto di deposito temporaneo, stante che il medesimo ricorre allorquando il raggruppamento di rifiuti è effettuato dal produttore in senso stretto nel luogo in cui gli stessi sono prodotti, e quindi, nell’ipotesi in cui il rifiuto non è ancora uscito dall’area delimitata entro la quale si svolge l’attività produttiva ed il deposito è effettuato da parte del soggetto produttore dei rifiuti.

Si può, allora concludere, che dottrina e la giurisprudenza sono concordi nel ritenere che, per l’esercizio delle operazioni di smaltimento e di recupero degli autoveicoli fuori uso altrui, non trovi applicazione la condizione e la regolamentazione del “produttore di rifiuti propri”, e che per essa è necessaria l’espressa autorizzazione di cui agli artt. 27 e 28 del D.Lgs richiamato, con la conseguenza che la sua mancanza configura il reato di natura permanente di cui all’art. 51, perseguibile a titolo di semplice colpa, come si è da ultimo affermato dalla Suprema Corte: “gli autoveicoli fuori uso costituiscono rifiuti speciali ai sensi dell'art. 7 del decreto legislativo 5 febbraio 1997 n. 22, sicché è necessaria la preventiva autorizzazione per l'esercizio delle operazioni di smaltimento, la cui mancanza costituisce reato di natura permanente; sotto il profilo soggettivo è sufficiente la colpa, ovvero la negligenza nel munirsi di una specifica ed espressa autorizzazione preventiva regionale”[9]; ed ancora, “la raccolta di rifiuti speciali prodotti da terzi (autoveicoli, parti di essi, pneumatici ed altro) e la tenuta di tali rifiuti in deposito sul suolo prima dell'avviamento degli stessi alla distruzione finale, costituisce operazione di smaltimento sia ai sensi dell'art. 25 del D. P. R. 10 settembre 1982 n. 915, sia ai sensi dell'art. 51 del D.Lgs. 5 febbraio 1997 n. 22: la sua effettuazione in difetto di autorizzazione configura pertanto tuttora reato”[10].

Per quanto concerne, poi, il recupero dei materiali derivanti dalla rottamazione dei veicoli, l’art. 46 del D.Lgs n. 22/97 autorizza espressamente il commercio dei pezzi di ricambio relativi a tutte le parti dei veicoli, ad eccezione per quelli correlati alla sicurezza di quest’ultimi, i quali possono solamente essere ceduti alle imprese esercenti attività di autoriparazione, di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 122 e potranno essere utilizzati solamente se sottoposti alle operazioni di revisione singole di cui all’art. 80 del D.Lgs n. 285/92; al riguardo, la giurisprudenza, con riferimento ai precedenti decreti in tema di residui riutilizzabili, ha più volte ritenuto che “la disciplina vigente qualifica le carcasse di auto come residui riutilizzabili solo se hanno determinate carat­teristiche dimensionali e se sono state previamente depurate delle batterie, della plastica, degli olii e degli altri materiali estranei, sicché residui solo materiale ferroso privo di sostanze tossiche o nocive” [11].

Ora, la materia è disciplinata dal sub-allegato 5 dell’All. 1) del D. M. 5. 02. 1998 (“ altri rifiuti contenenti metalli”) che si occupa in modo specifico delle “parti bonificate di autoveicoli, veicoli a motore, rimorchi e simili private di batterie, di fluidi, di altri componenti e materiali pericolosi, nonché di pneumatici e delle componenti plastiche recuperabili[12]” (punto 5. 1. 2) e che sostanzialmente conferma, sia pure con puntualizzazioni, l’orientamento appena richiamato.

Rimanendo in tema, va segnalato, con riferimento specifico alle batterie esauste, l’orientamento giurisprudenziale formatosi in concomitanza con la decretazione d’urgenza, per il quale “il D. M. 5 settembre 1994 al punto 4. 10 dimostra che le batterie esauste contengono scarti solidi non destinati al riutilizzo e, quindi, assog­gettati al D. P. R. 10 settembre 1982, n. 915, mentre lo stoccaggio provvisorio deve essere eseguito per l'avvenire in accordo con la Delibera Interministe­riale 27 luglio 1984 in applicazione degli artt. 15 e 16 D.L. 7 gennaio 1995, n. 3, sicché sotto questo profilo, non essendo tutti i residui destinati al riutilizzo, non trova applicazione la causa di non punibilità - all'epoca della decisione di merito - prevista dall'art. 12 D.L. 7 gennaio 1994, n. 12” [13].

Peraltro, la distinzione tra i due profili è stata confermata dall’orientamento successivo della Suprema Corte che ha così sentenziato: “le batterie esauste di autoveicoli sono ancora considerate rifiuto speciale ai sensi dell'art. 7, comma terzo, lett. i), del D.L. G. 5 febbraio 1997 n. 22; la raccolta ed il conseguente stoccaggio delle batterie esauste appartenenti a terzi rientra nella definizione di stoccaggio formulata dall'art. 6, comma primo, lett. i), del medesimo provvedimento; pertanto lo smaltimento di rifiuti speciali prodotti da terzi mediante stoccaggio di batterie esauste senza autorizzazione è sanzionato dall'art. 51, comma primo, del D.L. G. 22 del 1997, che ha ripreso la precedente statuizione dell'art. 25 del D. P. R. 10 settembre 1982 n. 915”[14]; e si è ritenuto, inoltre, che anche per le batterie di piombo esauste non ricorre l’ipotesi di deposito temporaneo, affermandosi al riguardo che “lo smaltimento di rifiuti tossici e nocivi, quali le batterie di piombo esauste, accantonati in una area a disposizione dell'autore dello smaltimento, non configura una ipotesi di deposito temporaneo, in quanto per aversi deposito temporaneo i rifiuti devono originare da una attività di produzione svolta proprio in quel luogo, e non si può sostenere che le batterie esauste siano prodotte dalla attività di smaltimento” [15].

Di recente, poi, con il decreto 20 novembre 1997, n. 476, il Ministro dell’industria, del commercio e dell’artigianato, di concerto con il Ministro dell’ambiente ed il Ministro della sanità, ha emanato un regolamento per dare attuazione alla direttiva n. 91/157/CEE (già recepita nel nostro ordinamento con “la legge comunitaria 1993” [16]) ed alla direttiva n. 93/86/CEE, entrambe relative alle pile ed agli accumulatori contenenti sostanze pericolose: tale regolamento disciplina le pile e gli accumulatori, aventi le caratteristiche indicate dall’art. 2, commi 1 e 2, commercializzati nel nostro paese a partire dal 28 gennaio 1998, data di entrata in vigore del regolamento medesimo, ma fa salve le disposizioni di cui all’art. 9-quinquies del D.L. 9 settembre 1988, n. 397, convertito con modificazioni, dalla legge 9 novembre 1988, n. 475, in tema di raccolta e di riciclaggio delle batterie al piombo esauste[17].

Pasquale Fimiani

 



[1] La natura di rifiuti viene confermata da Cass. pen. , Sez. VI, sent. n. 1899 del 06/07/99 (CC. 18/05/99) Archidiacono (rv. 214512): "Sono da considerare rifiuti, ai sensi degli artt. 7, comma terzo, lett. 1) e 51 del D.Lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 gli autoveicoli destinati alla rottamazione, onde la loro raccolta e il loro smaltimento, al pari di ogni altra operazione di gestione, sono soggetti ad autorizzazione amministrativa. (Nella specie la Corte di cassazione ha disatteso la tesi secondo la quale i veicoli abbandonati devono ritenersi di proprietà dello Stato, cui i legittimi proprietari li cederebbero in cambio degli incentivi per la rottamazione, e ha confermato la legittimità dell'operato del tribunale del riesame che aveva ritenuto la sussistenza dei presupposti per il sequestro preventivo dell'area sulla quale i veicoli giacevano abbandonati, comportando la libera disponibilità dell'immobile il pericolo della protrazione e dell'aggravamento dei reati di cui all'art. 51 del D.Lgs. 22/1997 e all'art. 633 cod. pen. )".

[2] Il proprietario di un veicolo a motore (o di un rimorchio, secondo la modifica della novella) che intenda procedere alla demolizione dello stesso deve consegnarlo ad un centro di raccolta per la messa in sicurezza, la demolizione, il recupero dei materiali e la rottamazione (art 46, co. 1); nel caso in cui intenda cedere il veicolo (o il rimorchio) per acquistarne un altro, può consegnarlo ad un concessionario o alle succursali della casa costruttrice che provvederanno alla consegna ad un centro di raccolta (art 46, co. 2).

La violazione dei predetti commi 1 e 2, della quale rispondono sia il proprietario del veicolo in caso di inosservanza degli obblighi sopra illustrati, che il concessionario o responsabile delle succursali della casa costruttrice nel caso di omessa consegna ad un centro di raccolta, è stata aggiunta dalla novella come ulteriore forma di sanzione amministrativa nell’art. 50 (retro). L’inclusione in tale norma si spiega con il fatto che trattasi di una forma speciale di abbandono di rifiuti, con la conseguenza che non è applicabile, in tali casi, la sanzione prevista per la violazione di cui all’art. 14, commi 1 e 2.

Sempre l’art. 50 punisce con la sanzione amministrativa pecuniaria da lire 500. 000 a lire 3 milioni, al comma 1 bis introdotto dalla novella,» il titolare del centro di raccolta, il concessionario e il titolare della succursale della casa costruttrice che violano le disposizioni di cui all'articolo 46, comma 5» ( quest'ultimo è stato interamente riscritto dal Decreto « Ronchi bis», prevedendo una disciplina più precisa in tema di cancellazione del veicolo dal P. R. A. ).

La riforma delle procedure in tema di rottamazione dei veicoli a motore è stata completata con l’aggiunta all’art. 46 dei commi 6 bis, 6 ter, 6 quater, la cui violazione ora viene punita dall’art. 51, comma 7, di nuova introduzione.

Il riferimento a «chiunque» come soggetto attivo della violazione non deve trarre in inganno in quanto, trattandosi di obblighi procedurali riferiti a figure professionali ben precise, soltanto queste, e non altre, possono ritenersi responsabili della loro inosservanza. Da notare l’inclusione tra i soggetti destinatari dei precetti sopra illustrati anche dei responsabili dei centri di raccolta o altri luoghi di custodia di veicoli rimossi ai sensi dell’art. 159 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (norma del nuovo codice della strada che disciplina le ipotesi di rimozione e blocco dei veicoli), nel caso in cui si debba procedere alla alienazione o demolizione del veicolo. Tale ipotesi, a norma dell’art. 215, comma 4, del predetto decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, si verifica nel caso in cui, trascorsi 180 giorni dalla notificazione del verbale contenente la contestazione della violazione e l’indicazione della effettuata rimozione o blocco, il proprietario o l’intestatario del documento di circolazione non abbiano chiesto la restituzione del veicolo.

Nonostante l’analogia delle situazioni, tali obblighi non sono stati estesi all’ipotesi di alienazione o distruzione dei veicoli sottoposti a sequestro nell’ambito di accertamenti penali (art. 260 ult. co. c. p. p ed 83 Disp. Att. per l’ipotesi di vendita o distruzione di cose deperibili prima della sentenza definitiva; art. 263 ult. co. c. p. p ed 86 Disp. Att. per l’ipotesi di vendita o distruzione di cose confiscate dopo la sentenza definitiva).

Il problema può trovare la sua soluzione nel caso di distruzione dei veicoli sequestrati o confiscati, in quanto sia l’art. 83 che l’art. 86 delle Disp. Att. del c. p. p. dispongono che in questi casi la Cancelleria può avvalersi di persona idonea. Sarà quindi necessario affidare le operazioni al titolare di un centro di raccolta, ovvero al concessionario od al titolare della succursale della casa costruttrice; questi dovranno rispettare gli obblighi sopra enunciati. Nel caso di alienazione si possono invece ritenere applicabili gli obblighi previsti per il proprietario del veicolo da rottamare ( del resto in caso di confisca ( art. 240 c. p. ) il bene diventa di proprietà pubblica).

[3] Art. 46, comma 3 del D.Lgs n. 22/1997.

[4] Pubblicato nella Gazz. Uff. 7 dicembre 1999, n. 287.

[5] Prima del D. M. n. 460/1999 P. GIAMPIETRO, Rimozione dei veicoli abbandonati da parte degli enti competenti, in Ambiente, n. 10/1999, pagg. 945 e segg. , riteneva che, allorquando il proprietario del veicolo era identificato, l’organo procedente doveva redigere e trasmettere il verbale per violazione dell’art. 14 del D.Lgs n. 22/1997; il Sindaco poteva emettere l’ordinanza di rimozione a carico del proprietario e procedere d’ufficio, in caso di inottemperanza da parte di quest’ultimo, con rivalsa delle spese sostenute.

[6] Cass. Penale, Sez. III, sent. 10952 del 21/10/98 (ud. 21/09/98), Boccanera , (rv. 212045). Commento di M. SANTOLOCI, No al deposito temporaneo di veicoli fuori uso presso il rottamatore, in Rifiuti, n. 8-9/1999, pag. 24.

[7] Cass. Penale, Sez. III, sent. 00902 del 25. 01. 99 (ud. 11/12/98),Convertini, (rv 212836).

[8] Cass. Penale, Sez. III, 4. 5. 89, n. 6755, Centurella.

[9] Cass. Penale, Sez. III, sent. 08572 del 24/07/98 (ud. 25/05/98), Pontone, (rv. 211545).

[10] Cass. Penale, Sez. III, sent. 00902 del 25/01/99 (ud. 11/12/98), Convertini, (rv. 212835).

[11] Sez. III, sent. n. 1386 del 17-05-1996 (ud. del 21-03-1996), Artuso (rv 205430). Conformi Sez. III, sent. n. 5635 del 12-05-1994 (cc. del 08-03-1994), Fontinovo (rv 199119); Sez. III, sent. n. 2716 del 23-01-1995 (ud. del 18-10-1994), Lattanzi (rv 201223); Sez. III, sent. n. 12718 del 21-12-1994 (cc. del 30-11-1994), Zaurrini (rv 200953); Sez. III, sent. n. 2362 del 09-03-1995 (cc. del 06-02-1995), D'Amore (rv 201967); Sez. III, sent. n. 11087 del 09-11-1995 (ud. del 05-10-1995), Magli (rv 202970). In tutte queste decisioni si precisava, tra l'altro, che qualsiasi attività volta all'eliminazione dei rifiuti, comprendente tutte le fasi che vanno dalla raccolta alla discarica, sono soggette all'autorizzazione regionale ed il fatto che sia possibile la riutilizzazione di parte delle cose abbandonate non fa venire meno la qualifica di rifiuto alle cose destinate all'abbandono. La Corte, quindi, riteneva costantemente la responsabilità penale di chi avesse realizzato e gestito un centro di raccolta e discarica di veicoli a motore e rimorchi destinati alla demolizione. Conforme G. DIOTALLEVI, Un singolare tentativo ( legislativo) di smaltimento dei rifiuti industriali ( in Cass. pen. , 1995, pag. 384, nota Cass. pen. 12-05-1994, Fontinovo, cit. ).

[12] Le plastiche sono oggetto del successivo sub-allegato 6).

[13] Sez. III, sent. n. 2367 del 09-03-1995 (cc. del 06-02-1995), Belli (rv 201969).

[14] Cass. Penale, Sez. III, sent. 01575 del 01. 07. 98 (CC. 18/05/98), Cauzzo, (rv. 211335), in Ambiente, n. 10/1998, pag. 864.

[15] Cass. Penale, Sez. III, sent. 13606 del 23. 12. 98 (ud. 18/11/98), Iannuzzelli, (rv 212542), in Ambiente, n. 5/1999, pag. 469.

[16] L. 22 febbraio 1994, n. 146, recante Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunità europee - legge comunitaria 1993 (pubblicata nella Gazz. Uff. 4 marzo 1994, n. 52, S. O).

[17] Peraltro, la disciplina del D. M. richiamato, per certi versi deroga il D.Lgs n. 22/97, ma a ciò è legittimato -nonostante si tratti di fonte secondaria- per l’espressa autorizzazione a dettare norme in materia di batterie ed accumulatori, concessa ai Ministri dell’industria, dell’ambiente e della sanità dalla indicata “legge comunitaria 1993”.

In particolare, l’art. 4 stabilisce che le pile e gli accumulatori usati debbano essere consegnati al rivenditore al momento dell’acquisto di nuove pile o di nuovi accumulatori –il quale, a tal fine, dovrà porre a disposizione del pubblico un contenitore idoneo all’immissione di tale tipologia di rifiuti- ovvero conferiti in raccolta differenziata presso uno dei punti allo scopo predisposti dai soggetti esercenti il servizio pubblico.

Il rivenditore di cui innanzi, chiamato a curare l’attività di raccolta delle pile e degli accumulatori usati, secondo la disciplina di cui al decreto Ronchi, trattandosi di stoccaggio di rifiuti pericolosi destinati al recupero effettuata in luogo diverso da quello in cui avviene l’attività di recupero, dovrebbe munirsi di apposita autorizzazione regionale, non essendo sufficiente la semplice comunicazione alla Provincia; ed invece, il regolamento in esame non richiede tale autorizzazione e pone al rivenditore quale unico obbligo quello di “conservare copia della documentazione idonea a dimostrare le modalità di raccolta e di svuotamento del contenitore seguite presso il suo esercizio”: è evidente la deroga, ma la stessa è giustificata dal fatto che una legge ordinaria ha delegificato la materia, attribuendo ad un atto formalmente amministrativo il potere di innovare l’ordine legislativo.