V.I.A. E PROCEDURE SEMPLIFICATE DI RECUPERO DI RIFIUTI: COMMENTO ALLA CIRCOLARE DELL’ALBO NAZIONALE GESTORI AMBIENTALI N. 1049 DEL 17 MAGGIO 2007 – ANALISI DI UN CASO CONCRETO

di Sabrina Bigatti –Provincia di Vercelli - Settore Tutela Ambientale – Ufficio Legale (1)

Sulla G.U. n. 113 – serie generale – del 17 maggio 2007 è stato pubblicato il DPCM 7 marzo 2007 “Modifiche al decreto del presidente del Consiglio dei Ministri 3 settembre 1999 recante “Atto di indirizzo e coordinamento per l’attuazione dell’art. 40 co.1 della legge 22 febbraio 1994 n.146 concernente disposizioni in materia di valutazione di impatto ambientale”.
Con questo provvedimento il legislatore italiano ha inteso recepire le indicazioni contenute nella Sentenza della Corte di Giustizia del 23 novembre 2006 sulla quale ci soffermeremo nel corso della trattazione.
Con circolare n. 1049 del 17 maggio 2007 il Comitato nazionale dell’Albo nazionale Gestori Ambientali ha stabilito che, in conseguenza dell’entrata in vigore di tale DPCM sopra richiamato, “anche gli impianti di recupero di cui all’articolo 3 co.1 lettere i) e l) del suddetto DPCM gestiti in procedura semplificata non potranno essere dispensati dalla procedura di valutazione di impatto ambientale.
Pertanto, relativamente a tali impianti di recupero di rifiuti, le sezioni regionali dell’albo dovranno richiedere la do*****entazione a corredo della comunicazione di inizio di attività prevista per l’applicazione delle procedure semplificate ai sensi degli articoli 214 e 216 del D.lgs 152/06 anche la presenza del provvedimento positivo di VIA, ovvero la verifica di assoggettabilità a VIA (screening) a seconda della tipologia dei rifiuti e delle quantità trattate in caso di rifiuti pericolosi”.
Una circolare del medesimo tenore era stata emanata dal Comitato Nazionale dell’Albo in data 26 gennaio 2007 (circolare n.0168) . In essa si affermava anche quanto segue: “resta inteso che qualora detti provvedimenti di VIA o di verifica contengano prescrizioni, le operazioni di recupero non potranno essere svolte in procedura semplificata, ma dovranno essere espletate le procedure ordinarie al fine di recepire tali prescrizioni in uno specifico provvedimento di attuazione.”
Tale ultimo assunto (opportunamente, a parere di chi scrive) non è stato inserito nella circolare del 17 maggio 2007.
Nel presente articolo si intende approfondire, senza pretesa di esaustività, le complesse tematiche inerenti ai do*****enti citati, partendo dal seguente caso concreto.
Una ditta piemontese autorizzata nel 2002, ai sensi dell’art. 28 del D.lgs 22/97 ( a seguito della c.d. transcodifica), a recuperare rifiuti pericolosi, nell’aprile del 2007 ha chiesto di trattare ulteriori rifiuti pericolosi tramite le procedure semplificate ex artt. 214 e 216 del D.lgs 152/2006 (le operazioni per cui ha chiesto l’iscrizione sono le seguenti: R4, R5 e R13). Dalla do*****entazione allegata all’istanza risulta che l’impianto non è destinato a subire modifiche né strutturali né dal punto di vista delle emissioni nell’ambiente.
La Sezione Regionale dell’Albo ha sospeso la procedura di iscrizione in attesa che venissero, espletate, tra l’altro, le procedure previste dalla LR 40/98 che, in Regione Piemonte, regola la Valutazione di Impatto Ambientale in quanto l’impianto rientrerebbe nella tipologia prevista all’Allegato A2 punto n.5 della LR 40/98 ( progetti sottoposti alla procedura di VIA di competenza della Provincia).


1) ESCLUSIONE DALLE PROCEDURE DI VIA AI SENSI DELLA NORMATIVA ATTUALMENTE VIGENTE
Si ritiene che l’operazione oggetto dell’iscrizione debba essere esclusa dalla VIA per diversi motivi il primo dei quali è riconducibile all’assetto della normativa attualmente vigente in materia che è opportuno richiamare, limitatamente alle disposizioni relative al caso di specie, con riferimento alle sue principali tappe evolutive.

1.a) EVOLUZIONE DELLA NORMATIVA IN MATERIA DI VIA (SINTESI)
A livello europeo la materia in argomento è regolata dalla Direttiva CEE/CEEA/CE n° 337 del 27/06/1985 : Direttiva del Consiglio del 27 giugno 1985 concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati. Essa è stata modificata dalle seguenti direttive:
1) Direttiva CEE/CEEA/CE n° 11 del 03/03/1997
2) Direttiva CEE/CEEA/CE n° 35 del 26/05/2003: Direttiva del Parlamento Europeo e del Consiglio del 26 maggio 2003 che prevede la partecipazione del pubblico nell'elaborazione di taluni piani e programmi in materia ambientale e modifica le direttive del Consiglio 85/337/CEE e 96/61/CE relativamente alla partecipazione del pubblico e all'accesso alla giustizia

Si ricorda brevemente che la Direttiva 85/337 s.m.i. contiene i seguenti allegati:

1) Allegato I ( elenca tipologie di progetti che gli Stati membri devono sottoporre obbligatoriamente a VIA).

In tale allegato sono previste le seguenti voci:

9. Impianti di smaltimento dei rifiuti (cioè rifiuti cui si applica la direttiva 91/689/CEE)(1) mediante incenerimento, trattamento chimico, quale definito nell'allegato II bis, punto D 9 della direttiva 75/442/ CEE(2), o interramento di rifiuti pericolosi.

10. Impianti di smaltimento dei rifiuti mediante incenerimento o trattamento chimico di rifiuti non pericolosi, quali definiti nell'allegato Il bis, punto D 9 della direttiva 75/442/CEE, con capacità superiore a 100 tonnellate al giorno.

2) Allegato II ( elenca tipologie di progetti che gli Stati membri possono discrezionalmente decidere di sottoporre o meno a VIA in base a determinati criteri indicati dalla direttiva medesima)
In tale allegato è prevista la seguente voce:

“11. Altri progetti
b) Impianti di smaltimento di rifiuti (progetti non compresi nell'allegato 1)”

1.a.1) - ATTUAZIONE DELLA DIRETTIVA CON RIFERIMENTO ALLE CATEGORIE DI PROGETTI ELENCATI NELL’ALLEGATO I
La direttiva n. 85/337/CEE è stata recepita in Italia con l’art. 6 della L. 8 luglio 1986 n. 349 (recante “Istituzione del Ministero dell‘Ambiente e norme in materia di danno ambientale”) e alcuni decreti attuativi:

Decreto Pres. Cons. Ministri n° 377 del 10/08/1988
Regolamentazione delle pronunce di compatibilità ambientale di cui all'art. 6della legge 8 luglio 1986, n. 349, recante istituzione del Ministero dell'ambiente e norme in materia di danno ambientale.

Decreto Pres. Cons. Ministri del 27/12/1988
Norme tecniche per la redazione degli studi di impatto ambientale e la formulazione del giudizio di compatibilità di cui all'art. 6, L. 8 luglio 1986, n. 349, adottate ai sensi dell'art. 3 del D.P.C.M. 10 agosto 1988, n. 377.

Questi provvedimenti disciplinano il procedimento di VIA di competenza statale cui sono, in sintesi, assoggettati i progetti rientranti nelle categorie previste dall’allegato I della direttiva e che corrispondono a quelle previste dall’art. 1 del DPCM n. 377/1988.


1.a.2) - ATTUAZIONE DELLA DIRETTIVA CON RIFERIMENTO ALLE CATEGORIE ELENCATE NELL’ALLEGATO II
Con la Legge Comunitaria 1993 (L. n° 146 del 22/02/1994 “Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'ltalia alle Comunità europee”) il Parlamento, in attesa dell’approvazione di una Legge-Quadro in materia di VIA, ha affidato al Governo il compito di definire con un apposito atto di indirizzo e di coordinamento “condizioni, criteri e norme tecniche per l'applicazione della procedura di impatto ambientale ai progetti inclusi nell'allegato II alla direttiva del Consiglio 85/337/CEE, con particolare riferimento alla necessità di individuare idonei criteri di esclusione o definire procedure semplificate per progetti di dimensioni ridotte o durata limitata, realizzati da artigiani o piccole imprese”.
Il Governo ha provveduto con l'emanazione del D.P.R. 12 aprile 1996 "Atto di indirizzo e di coordinamento in materia di valutazione di impatto ambientale“ in base al quale il recepimento dell'Allegato II della Direttiva comunitaria è affidato alle Regioni e Province Autonome, che avrebbero dovuto adottare in merito una propria legge attenendosi alle linee generali di attuazione contenute nell'Atto di indirizzo.
Il DPR 12 aprile 1996 è stato modificato con il DPCM 3 settembre 1999 .
L'allegato A al Dpr 12 aprile 1996 (come modificato dal Dpcm 3 settembre 1999) prevede che siano assoggettati alla procedura di valutazione d'impatto ambientale i progetti di cui alle lettere i) ed l) dell'allegatoA:

i) Impianti di smaltimento e recupero di rifiuti pericolosi, mediante operazioni di cui all'allegato B ed all'allegato C, lettere da R1 a R9 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, ad esclusione degli impianti di recupero sottoposti alle procedure semplificate di cui agli articoli 31 e 33 del medesimo decreto legislativo n. 22/1997.

l) Impianti di smaltimento e recupero di rifiuti non pericolosi, con capacità superiore a 100 t/giorno, mediante operazioni di incremento o di trattamento di cui all'allegato B, lettere D2 e da D8 a D11, ed all'allegato C, lettere da R1 a R9, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, ad esclusione degli impianti di recupero sottoposti alle procedure semplificate di cui agli articoli 31 e 33 del medesimo decreto legislativo n. 22/1997.

Sulla base del DPR citato La Regione Piemonte ha emanato la LR 40/98. che, all’allegato A2 ( progetti di competenza della Provincia, da sottoporre a VIA) contiene esclusioni analoghe a quelle previste dal DPCM del 1999:

Allegato A2 (progetti di competenza della Provincia da sottoporre a VIA):
n. 5 Impianti di smaltimento e recupero di rifiuti pericolosi, mediante operazioni di cui all'allegato B ed all'allegato C, lettere da R1 a R9, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, ad esclusione degli impianti di recupero sottoposti alle procedure semplificate di cui agli articoli 31 e 33 del medesimo decreto legislativo 22/1997

n. 6 Impianti di smaltimento e recupero di rifiuti non pericolosi, con capacità superiore a 100 t/giorno, mediante operazioni di incenerimento o di trattamento di cui all'allegato B, lettere D2 e da D8 a D11, ed all'allegato C, lettere da R1 a R9, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, ad esclusione degli impianti di recupero sottoposti alle procedure semplificate di cui agli articoli 31 e 33 del medesimo decreto legislativo 22/1997.
.
1.a.3) IL D.LGS 152/2006
Il D.lgs 152/2006 disciplina la materia della VIA nella Parte II.
Esso richiama senza variazione alcuna il DPR 12 aprile 1996 ( così come modificato dal DPCM 3 settembre 1999) .Infatti l’allegato III alla Parte II del D.lgs 152/06, nell’elenco A, annovera tra i progetti da sottoporre obbligatoriamente a VIA le seguenti tipologie di progetti:

9. a) Impianti di smaltimento e recupero di rifiuti pericolosi, mediante operazioni di cui all'allegato B ed all'allegato C, lettere da R1 a R9, della parte quarta del presente decreto, ad esclusione degli impianti di recupero sottoposti alle procedure semplificate di cui agli articoli 214 e 216 del presente decreto.

9.b) Impianti di smaltimento e recupero di rifiuti non pericolosi, con capacità superiore a 100 t/giorno, mediante operazioni di incenerimento o di trattamento cui all'allegato B, lettere D2 e da D8 a D11, ed all'allegato C, lettere da R1 a R9, della parte quarta del presente decreto, ad esclusione degli impianti di recupero sottoposti alle procedure semplificate di cui agli articoli 214 e 216 del presente decreto.

La parte II del D.lgs 152/06 per espressa previsione di legge ( art.53 del D.lgs 152/06 s.m.i.) entrerà in vigore il 31 luglio 2007. Attualmente pertanto si applica ancora la normativa antecedente dalla quale comunque il D.lgs in questione non si è sostanzialmente discostato ( v.art. 48 del D.lgs 152/06).

Il 18 maggio 2007 è entrato in vigore il DPCM 7 marzo 2007 con cui l’Italia ha recepito le indicazioni contenute nella sentenza della Corte di Giustizia 23 novembre 2006, causa C-486/04 (su cui ci si soffermerà nel prosieguo della trattazione ). L’art.2 di tale decreto prevede che le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano provvedano “ad aggiornare le proprie disposizioni “ con quelle in esso contenute.

Non risulta che la Regione Piemonte abbia ad oggi modificato la LR 40/98 per cui l’operazione oggetto della comunicazione risulta esclusa dalla VIA ai sensi dell’allegato A2 punto 5 della LR medesima(2) .

1.a.4 – LA SENTENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA DEL 23 NOVEMBRE 2006, CAUSA C-486/04
Ad analoghe conclusioni si giunge prendendo in considerazione la sopra richiamata sentenza della Corte di Giustizia in base alla quale secondo la sezione regionale dell’Albo il soggetto in questione dovrebbe attivare le procedure di VIA .
Con tale sentenza la Corte di Giustizia si è riferita ad un caso specifico riguardante un impianto di incenerimento di rifiuti . Più precisamente ha affermato che la Repubblica Italiana è venuta meno all’obbligo di recepire correttamente la direttiva 85/337 in quanto ha dispensato dalla procedura di VIA l’impianto, sito in Massafra, destinato all’incenerimento di combustibili derivanti da rifiuti e biomasse avente capacità superiore a 100 tonnellate al giorno.
Il progetto di tale impianto era stato escluso dalla Via in quanto riconducibile all’allegato A lettera l del DPR DEL 1996 così come modificato dall’art.3 del DPCM del 1999.
La Corte di giustizia ha affermato che, in realtà, tale impianto doveva ricondursi all’allegato I punto.10 della Direttiva 85/337 ( Impianti di smaltimento dei rifiuti mediante incenerimento o trattamento chimico di rifiuti non pericolosi, quali definiti nell'allegato Il bis, punto D 9 della direttiva 75/442/CEE, con capacità superiore a 100 tonnellate al giorno) e quindi non poteva essere escluso dalla VIA.
I giudici di Lussemburgo hanno inoltre aggiunto che la Repubblica Italiana è venuta meno all’obbligo di adeguarsi correttamente alla direttiva in questione in quanto:

1) ha adottato una norma ( l’art.3 del DPCM del 1999 di modifica del DPR del 1996) che sottrae alla procedura di VIA i progetti di impianti di recupero di rifiuti pericolosi e i progetti di impianti di recupero di rifiuti non pericolosi con capacità superiore a 100 tonnellate al giorno rientranti nell’allegato I della direttiva 85/337.

2) ha adottato una norma(l’art.3 del DPCM del 1999 di modifica del DPR del 1996) la quale per stabilire se un progetto rientrante nell’allegato II della direttiva 85/337 s.m.i. debba essere sottoposto a VIA fissa un criterio inadeguato, in quanto questo può portare all’esclusione dalla valutazione di progetti che hanno rilevanti ripercussioni sull’ambiente.

Questa decisione si fonda sul seguente presupposto: ad avviso della Corte, la direttiva sulla V.I.A. ha introdotto una nozione autonoma di smaltimento, non equivalente a quella di cui alla Direttiva 75/442 ( Direttiva-rifiuti) e comprensiva dell'insieme delle operazioni che portano o allo smaltimento dei rifiuti, nel senso stretto del termine, o al loro recupero - punto 44 Sentenza 23 nov. 2006.
E’ interessante notare tuttavia che la Corte non si è espressa sugli impianti ( compresi nei punti 9 e 10 allegato I della Direttiva) di smaltimento dei rifiuti “mediante….. trattamento chimico, quale definito nell’allegato II bis , punto D9 della direttiva 75/442” ( di cui ai punti 9 e 10 dell’Allegato I) e neppure sugli impianti “di smaltimento mediante “interramento”” ( di cui al punto 9 dell’allegato I della direttiva) .

Il punto D9 della Direttiva 442/75 s.m.i. ( in materia di rifiuti) è il seguente:
D9: Trattamento fisico-chimico non specificato altrove nel presente allegato, che dia origine a composti o a miscugli eliminati secondo uno dei procedimenti elencati nei punti da D1 a D8 e da D10 a D12.

Da quanto esposto parrebbe logico affermare quanto segue: mentre, in generale, gli impianti in cui si bruciano rifiuti ( siano essi classificabili come impianti di smaltimento o di recupero ai sensi della direttiva –rifiuti) rientrano nella nozione di impianti di “smaltimento” da sottoporre obbligatoriamente a VIA ai sensi dei punti 9 e 10 Allegato I della Direttiva 337/85 (con il limite superiore a 100 mila t. giorno per gli impianti di incenerimento di rifiuti non pericolosi) , non così accade in riferimento alla categoria degli impianti di smaltimento mediante trattamento chimico-fisico che viene individuato in modo molto preciso con specifico riferimento ad una operazione di smaltimento vero e proprio e cioè quella classificata al punto D9, allegato II bis della Direttiva – rifiuti.

Lo stesso potrebbe argomentarsi in riferimento all’operazione dell’interramento di cui al punto 9 allegato I della direttiva.

Ora, tornando al caso di specie, si osserva che quand’anche l’impianto fosse da realizzare ( presupposto che, come meglio di illustrerà in seguito, sembra indispensabile per attivare le procedure previste dalla normativa in materia di VIA) esso non sarebbe riconducibile a nessuna delle tipologie di progetti elencati nell’allegato I della Direttiva 85/337s.m.i.; le operazioni per cui si chiede l’iscrizione non consistono né in operazioni di incenerimento, né di interramento di rifiuti né di trattamento di rifiuti quale definito nell’allegato II bis, punto D9 della Direttiva 75/442: infatti si chiede l’iscrizione ai punti R4, R5 e R13 dell’allegato IIB della Direttiva – rifiuti.

In altri termini, l’impianto in esame non rientrerebbe in nessuna delle categorie di impianti che, ai sensi della Direttiva 85/337 (così come interpretata dalla Corte di Giustizia) devono, obbligatoriamente, sottoporsi a VIA e cioè quelli inclusi nell’allegato I della direttiva medesima ( impianti, tra l’altro, di competenza statale secondo l’ordinamento italiano, almeno sino a quando non entrerà in vigore la parte II del D.lgs 152/06 , ai sensi e per gli effetti dell’art. 48 del D.lgs medesimo).

Appare più corretto classificare l’impianto suddetto ai sensi dell'allegato II punto 11) lett.b) "Impianti di smaltimento di rifiuti (progetti non compresi nell'allegato I)" della Direttiva 337/85 (posto che,lo si ribadisce, ad avviso della Corte, la direttiva sulla V.I.A. ha introdotto una nozione autonoma di smaltimento, non equivalente a quella di cui alla Direttiva 75/442 e comprensiva dell'insieme delle operazioni che portano o allo smaltimento dei rifiuti, nel senso stretto del termine, o al loro recupero - punto 44 Sentenza 23 nov. 2006).

Ora, da questa classificazione derivano alcune importanti conseguenze che di seguito si esporranno.

La giurisprudenza è ormai pacifica su un punto :“le direttive comunitarie, anche quando non recepite nell’ordinamento italiano, in violazione dell’obbligo di attuazione, hanno una diretta efficacia nell’ordinamento interno limitatamente alle disposizioni che non lascino alcuno spazio alla discrezionalità in ordine alla loro attuazione” ( Cass. 18 aprile 1994 n. 3693; cass 3 febbraio 1995, n.1271); di conseguenza i giudici italiani “ sono tenuti a disapplicare le norme di diritto nazionale non conformi a disposizioni analitiche di una direttiva comunitaria” ( Cass 3693/94 e Consiglio di Stato sez IV 29 ottobre 1991, n.864. Corte Costituzionale n. 389/89 e 170/84).

Non vi è tuttavia sempre unità di vedute quando si tratta di individuare le disposizioni del diritto comunitario “direttamente applicabili”, cioè quelle che non necessitano di atti interni di recepimento per essere applicate in quanto , nella sostanza, del tutto analoghe a delle norme regolamentari .(3)

Nella materia di cui si tratta il legislatore italiano, con l’emanazione del DPCM 17 maggio 2007, ha fatto proprio l’orientamento espresso dal Consiglio di Stato con sentenza del 10 maggio 2003 n.2883; in quest’ultima si afferma, in sintesi, che la Direttiva 337/85 ( in materia di VIA) si compone di due parti: una immediatamente precettiva e vincolante che impone l'acquisizione della VIA per i progetti indicati nell'allegato I; l'altra, contenuta nel co.2 dell'art.4 ,che si limita a riservare alla valutazione discrezionale degli Stati membri la determinazione delle caratteristiche delle opere elencate nell'allegato II che impongono la soggezione dei relativi progetti alla procedura di V.I.A.

Poiché la tipologia di impianto in questione è prevista dall'allegato II, non risulta configurabile un'efficacia diretta e immediata della Direttiva e neppure un effetto immediatamente precettivo della sentenza della Corte più volte richiamata: per tale tipologia di impianto si deve pertanto seguire il diritto interno di recepimento della Direttiva: tale diritto è attualmente rappresentato dalla LR 40/98 , che esclude, attualmente dalla VIA gli impianti di recupero che è possibile autorizzare in forma semplificata; il DPCM 7 marzo 2007, che recepisce le indicazioni della Corte, impone, a sua volta, alle Regioni di “aggiornare i propri ordinamenti” per cui anche le disposizioni in esso contenute non sono di immediata applicazione in quanto quest’ultima è demandata alle singole leggi regionali.
Come sopra si è precisato la situazione si complicherà ulteriormente a partire dal 31 luglio 2007 quando entrerà in vigore la Parte II del D.lgs 152/06 che contiene disposizioni identiche a quelle di cui al DPCM 3 settembre 1999.

2 – ESCLUSIONE DALLE PROCEDURE DI VIA AI SENSI DELLE NORME IN MATERIA DI MODIFICHE DI IMPIANTI ESISTENTI
Esiste un altro e più determinante aspetto sul quale è necessario soffermarsi: l’istanza di iscrizione dalla quale si è tratto spunto, è relativa al recupero di rifiuti pericolosi in un impianto esistente e già autorizzato a svolgere questo tipo di attività.
Un aspetto che merita di essere esaminato consiste nel verificare se tale operazione può avere rilevanza in riferimento alle norme che la normativa in materia di VIA dedica alle modifiche di impianti già esistenti.
A questo riguardo giova soffermarsi sull’oggetto della VIA e, quindi, richiamare le norme vigenti in materia di modifiche.

2.a : OGGETTO DELLA VIA
Si ricorda che ai sensi dell’art.1 della Dir. 337/85 s.m.i. oggetto della VIA sono i “progetti pubblici e privati che possono avere un impatto ambientale importante” . Il co. 2 prevede: “. Ai sensi della presente direttiva si intende per:
progetto:
- la realizzazione di lavori di costruzione o di altri impianti od opere,
- altri interventi sull'ambiente naturale o sul paesaggio, compresi quelli destinati allo sfruttamento delle risorse del suolo;

L’art.5 co.1 del D.lgs 152/06 dal canto suo, contiene le seguenti definizioni:
b) procedimento di valutazione di impatto ambientale - VIA: l'elaborazione di uno studio concernente l'impatto sull'ambiente che può derivare dalla realizzazione e dall'esercizio di un'opera il cui progetto è sottoposto ad approvazione o autorizzazione, lo svolgimento di consultazioni, la valutazione dello studio ambientale e dei risultati delle consultazioni nell'iter decisionale di approvazione o autorizzazione del progetto dell'opera e la messa a disposizione delle informazioni sulla decisione;

e) progetto di un'opera od intervento: l'elaborato tecnico, preliminare, definitivo o esecutivo concernente la realizzazione di un impianto, opera o intervento, compresi gli interventi sull'ambiente naturale o sul paesaggio quali quelli destinati allo sfruttamento delle risorse naturali e del suolo; salvi i casi in cui le normative vigenti di settore espressamente dispongano altrimenti, la valutazione di impatto ambientale viene eseguita sui progetti preliminari che contengano l'esatta indicazione delle aree impegnate e delle caratteristiche prestazionali delle opere da realizzare, oltre agli ulteriori elementi comunque ritenuti utili per lo svolgimento della valutazione di impatto ambientale;

Nell’allegato III elenco A lett.da 9a) a f) ed elenco B lett. da r) ad u) si fa riferimento a impianti di smaltimento o di recupero per indicare le opere da assoggettare a VIA e quindi evidentemente ad opere da realizzare.

Analoga è la formulazione degli allegati della Direttiva, della normativa statale antecedente al D.lgs 152/06 e della normativa regionale vigente.

Dall’esame della normativa citata sembra corretto affermare che l’attivazione delle procedure di VIA precede la realizzazione di un impianto, di un’opera o di un intervento: infatti la VIA è, per eccellenza, lo strumento preventivo di tutela dell’ambiente rispondente, per l’appunto, al principio di prevenzione, uno dei principi fondamentali in materia di diritto comunitario dell’ambiente.

Questo assunto è comprovato anche da altre disposizioni ; in particolare viene in considerazione l’art. 15 della L. 21 dicembre 2001 n.443 (sulla quale ci soffermeremo nel prosieguo della trattazione) in base al quale le attività di recupero in forma semplificata che a seguito delle modifiche del codice europeo dei rifiuti si trovavano a trattare rifiuti pericolosi hanno potuto proseguire sino al rilascio dell’autorizzazione ex art.28 , senza essere soggette a VIA in quanto “attività già in essere”.

Nel caso di specie non si intende realizzare nessun impianto, nessuna opera e nessun intervento: si intende incrementare il novero dei rifiuti da recuperare nell’ambito di un impianto esistente e già autorizzato.

2.b: LE DISPOSIZIONI IN MATERIA DI MODIFICHE DI IMPIANTI ESISTENTI
Quanto ricordato circa l’oggetto della VIA vale anche in materia di modifiche o di ampliamento o di varianti di opere/impianti già esistenti: esse, come si vedrà, rilevano ai fini della normativa sulla VIA in quanto si concretizzino in interventi che di per se’ costituiscono una nuova opera oppure modifichino al punto quella originaria già esistente da far sì che quest’ultima sia da ascrivere ad una diversa categoria progettuale.

L’operazione che la ditta intende effettuare, come prima precisato, non comporta modifiche all’impianto già esistente né dal punto di vista strettamente impiantistico, né dal punto di vista dell’impatto sull’ambiente che non risulta subire variazione rispetto allo stato attuale quindi, anche sotto questo profilo, sembra da escludere la necessità di attivare le procedure di VIA.

Giova comunque richiamare le norme vigenti sul punto e la situazione attuale dell’impianto sotto il profilo delle autorizzazioni già rilasciate.

2.b.1 - LA NORMATIVA REGIONALE:
La LR 40/98 contiene al riguardo la seguente disposizione:
“Art. 4 (Progetti sottoposti alla procedura di VIA)
4. Gli interventi di modifica o ampliamento su opere già esistenti sono sottoposti alla fase di verifica, secondo le modalità di cui all'articolo 10, qualora da tali interventi derivi un'opera che rientra nelle categorie progettuali di cui agli allegati Al, A2, B1, B2 e B3”.

La D.G.R. n° 18-27763 del 12/07/1999 recante “Legge regionale 14 dicembre 1998, n. 40 "Disposizioni concernenti la compatibilita' ambientale e le procedure di valutazione". Prime indicazioni regionali (art. 23, comma 3, L.R. 40/1998), così dispone:
Precisazioni sugli interventi di modifica o ampliamento di opere esistenti
Gli interventi di modifica o ampliamento su opere già esistenti, ai sensi dell'articolo 4, comma 4, della l.r. 40/1998, sono sottoposti alla fase di verifica della procedura di VIA, secondo le modalità di cui all'articolo 10, qualora da tali interventi derivi un'opera che rientra in una delle categorie progettuali di cui agli allegati A1, A2, B1, B2 e B3, intendendosi ovviamente compreso in tale dizione anche il rientro in una nuova categoria progettuale diversa dalla precedente.
In altre parole, nel caso di un'opera esistente non rientrante negli allegati, l'intervento di modifica o ampliamento è sottoposto alla fase di verifica se comporta per l'opera nel suo complesso l'ingresso in una categoria progettuale degli allegati. Nel caso di un'opera già esistente che si configura viceversa come rientrante in una delle categorie progettuali di cui agli allegati A1, A2, B1, B2 e B3, essendo anche al di sopra dell'eventuale soglia di riferimento, una sua modifica o ampliamento sarà sottoposta a procedura di verifica se tale intervento comporta per l'opera nel suo complesso il passaggio ad una categoria progettuale degli allegati diversa per soglia o tipologia, ivi comprese le categorie di competenza statale.
Ovviamente, se l'ampliamento sia tale da configurare un autonomo intervento aggiuntivo rispetto all'opera preesistente, ove l'intervento rientri esso stesso in una delle categorie progettuali degli allegati A e B della l.r. 40/1998, esso seguirà le procedure ordinarie previste dalla l.r. 40/1998 per le diverse opere, avendo cura di tener conto di quanto previsto dall'art. 4, comma 5, ai fini di consentire la valutazione complessiva delle opere tra loro interconnesse, sempreché non rientri in uno dei casi di esclusione previsti dall'allegato C”.

2.b.2 : LA NORMATIVA STATALE
Il Decreto Pres. Cons. Ministri n° 377 del 10/08/1988 (Regolamentazione delle pronunce di compatibilità ambientale di cui all'art. 6 della legge 8 luglio 1986, n. 349, recante istituzione del Ministero dell'ambiente e norme in materia di danno ambientale), attualmente ancora in vigore, contiene un’analoga disposizione:
2. La medesima procedura si applica anche agli interventi su opere già esistenti, non rientranti nelle categorie del comma 1, qualora da tali interventi derivi un'opera che rientra nelle categorie stesse; si applica altresì agli interventi su opere già esistenti rientranti nelle categorie del comma 1 qualora da tali interventi derivi un'opera con caratteristiche sostanzialmente diverse dalla precedente, con esclusione, comunque, dei ripristini e delle terze corsie autostradali aggiuntive che siano richieste da esigenze relative alla sicurezza del traffico o al mantenimento del livello di esercizio.
Il D.lgs 152/2006 s.m.i. all’art. 23 co.3 prevede che “La medesima procedura si applica anche agli interventi su opere già esistenti, non rientranti nelle categorie del comma 1, qualora da tali interventi derivi un'opera che rientra nelle categorie stesse. Si applica altresì alle modifiche sostanziali di opere ed interventi rientranti nelle categorie di cui al comma 1, lettere a) e b)”.

L’art.5 del D.lgs 152/06 così dispone con riferimento alle opere già esistenti:
g) modifica sostanziale di un'opera o intervento: l'intervento su un'opera già esistente dal quale derivi un'opera con caratteristiche sostanzialmente diverse dalla precedente; per le opere o interventi per i quali nell'Allegato III alla parte seconda del presente decreto sono fissate soglie dimensionali, costituisce modifica sostanziale anche l'intervento di ampliamento, potenziamento o estensione qualora detto intervento, in sé considerato, sia pari o superiore al trenta per cento di tali soglie;

Tali disposizioni rispondono allo stesso criterio che aveva ispirato l’art. 27 co. 8 Del D.lgs 22/97 s.m.i a proposito delle procedure di rinnovo delle autorizzazioni di impianti di smaltimento o di recupero di rifiuti: “le procedure di cui al presente articolo si applicano anche per la realizzazione di varianti sostanziali in caso di esercizio, che comportano modifiche a seguito delle quali gli impianti non sono più conformi all’autorizzazione rilasciata”.

Analoga disposizione è prevista dall’art.208 co.20 del D.lgs 152/06 : “Le procedure di cui al presente articolo si applicano anche per la realizzazione di varianti sostanziali in corso d'opera o di esercizio che comportino modifiche a seguito delle quali gli impianti non sono più conformi all'autorizzazione rilasciata”; e dall’art.2 co.1 lett n) del D.lgs 59/2003 (IPPC) : “modifica sostanziale: una modifica dell'impianto che, secondo un parere motivato dell'autorità competente, potrebbe avere effetti negativi e significativi per gli esseri umani o per l'ambiente. In particolare, per ciascuna attività per la quale l'allegato I indica valori di soglia, è sostanziale una modifica che dia luogo ad un incremento del valore di una delle grandezze, oggetto della soglia, pari o superiore al valore della soglia stessa”.

2.b.3: LE AUTORIZZAZIONI ATTUALI DELL’IMPIANTO E APPLICAZIONE DEI CRITERI SOPRA ESPOSTI IN MATERIA DI MODIFICHE DI IMPIANTI ESISTENTI
Richiamato il quadro normativo di riferimento è bene esaminare la situazione dell’impianto in questione dal punto di vista delle autorizzazioni che lo riguardano. In proposito si ricorda che con atto n. del 2002 la Provincia, ai sensi dell’art28 del D.lgs 22/97 s.m.i., ha autorizzato l’impianto in questione a svolgere le seguenti attività di recupero:

• R5 di cui all’allegato C del D.lgs 22/97 per i rifiuti pericolosi costituiti da Sali e loro soluzioni contenenti metalli pesanti aventi CER 060313
• R4 e R3 di cui all’allegato C del D.lg 22/97 per i rifiuti pericolosi costituiti da componenti pericolosi rimossi da apparecchiature fuori uso aventi CER 160215.

Tale autorizzazione è stata rilasciata a seguito delle modifiche del catalogo europeo dei rifiuti attuate dalla Commissione europea con decisione n. 2001/118/CE del 16 gennaio 2001 e s.m.i. ; tale provvedimento ha introdotto nuove tipologie di rifiuto e ha classificato come pericolosi taluni rifiuti già previsti dal catalogo come non pericolosi.
Il Ministero dell’ambiente italiano con direttiva del 9 aprile 2002 (Indicazioni per la corretta e piena applicazione del regolamento comunitario n. 2557/2001 sulle spedizioni di rifiuti ed in relazione al nuovo elenco dei rifiuti) ha emanato uno schema di trasposizione dai vecchi ai nuovi CER ( c.d. transcodifica); tale direttiva contiene le seguenti disposizioni:

“3. Autorizzazioni di gestione dei rifiuti ex articoli 28 e 30 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22.
A. Gli operatori interessati utilizzano lo schema di trasposizione di cui all'allegato B per l'individuazione dei codici dei rifiuti gestiti, con le procedure indicate al punto 1, in attesa che le Autorita' competenti al rilascio delle autorizzazioni all'esercizio delle operazioni di recupero e di smaltimento di cui all'articolo 28 del Decreto Legislativo 5 febbraio 1997 n. 22, ovvero alle iscrizioni di cui all'articolo 30 del Decreto Legislativo 5 febbraio 1997 n. 22, provvedano, in occasione della prima richiesta utile di rinnovo, ad aggiornare i codici dei rifiuti indicati nelle autorizzazioni o nelle iscrizioni, B. Per i rifiuti che, per effetto delle decisioni di cui al punto 1, acquisiscono la classificazione di rifiuti pericolosi, si applica l'articolo 1 comma 15 della legge 6 dicembre 2001 n. 443”.

All’epoca la ditta XXXXXX era iscritta nel registro provinciale delle imprese che effettuano attività di recupero di rifiuti non pericolosi ( iscrizione n. XXXX – data di inizio attività XXXX ). I CER trattati erano i seguenti: 060304, 060302, 160202.
A seguito della c.d. transcodifica tali CER risultavano così modificati:
• CER 060304: 060313 ( pericoloso) Sali e loro soluzioni contenenti metalli pesanti; 060314 ( non pericoloso) Sali e loro soluzioni diversi da quelli di cui alle voci 060311 e 060313
• CER 060302: 060313 ( pericoloso) Sali e loro soluzioni contenenti metalli pesanti; 060314 ( non pericoloso) Sali e loro soluzioni diversi da quelli di cui alle voci 060311 e 060313
• CER 160202: 160215 ( pericoloso) componenti pericolosi rimossi da apparecchiature fuori uso
160216 ( non pericoloso) componenti pericolosi rimossi da apparecchiature fuori uso diversi da quelli di cui alla voce 160215.

I rifiuti individuati dai codici CER 060313 e 160215 essendo classificati pericolosi esulavano dalla disciplina delle procedure semplificate ex artt. 31 e 33 del D.lgs 22/97.

Si è, pertanto, seguito l’iter di autorizzazione previsto dal punto 15 della L. 21 dicembre 2001 n.443 (Delega al Governo in materia di infrastrutture ed insediamenti produttivi strategici ed altri interventi per il rilancio delle attivita' produttive) a norma del quale:
“15. I soggetti che effettuano attivita' di gestione dei rifiuti la cui classificazione e' stata modificata con la decisione della Commissione europea 2001/118/CE del 16 gennaio 2001 inoltrano richiesta all'ente competente, entro trenta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, presentando domanda di autorizzazione ai sensi dell'articolo 28 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, e successive modificazioni, o iscrizione ai sensi dell'articolo 30 del medesimo decreto legislativo, indicando i nuovi codici dei rifiuti per i quali si intende proseguire l'attivita' di gestione dei rifiuti. L'attivita' puo' essere proseguita fino all'emanazione del conseguente provvedimento da parte dell'ente competente al rilascio delle autorizzazioni o iscrizioni di cui al citato decreto legislativo n. 22 del 1997. Le suddette attivita' non sono soggette alle procedure per la VIA in quanto le stesse sono attivita' gia' in essere.”

Quindi l’impianto in questione ha ottenuto una autorizzazione ex art. 28 del D.lgs 22/97 s.m.i. al recupero di rifiuti pericolosi senza essere sottoposto a VIA per espressa previsione di legge.

Si tratta ora di verificare la classificazione del medesimo ai sensi della LR 40/98 al fine di verificare se l’operazione relativa all’istanza in oggetto possa rilevare come modifica sostanziale ai sensi dell’art.4 co.4 della legge citata e quindi far scattare le procedure ivi previste.

A questo riguardo si precisa che, di per sé, tale impianto rientra nell’Allegato A2 punto n.5 della LR 40/98:
“n. 5 Impianti di smaltimento e recupero di rifiuti pericolosi, mediante operazioni di cui all'allegato B ed all'allegato C, lettere da R1 a R9, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, ad esclusione degli impianti di recupero sottoposti alle procedure semplificate di cui agli articoli 31 e 33 del medesimo decreto legislativo 22/1997”.

Ammesso e non concesso che l’operazione di recupero dei rifiuti oggetto della comunicazione (che non comporta modifiche impiantistiche) debba considerarsi “modifica o ampliamento”dell’impianto esistente, si ritiene che:
1- tale operazione di per sé non può essere definita come un “ampliamento” “ tale da configurare un autonomo intervento aggiuntivo rispetto all'opera preesistente” rientrante “ in una delle categorie progettuali degli allegati A e B della l.r. 40/1998”; esso, pertanto non “ seguirà le procedure ordinarie previste dalla l.r. 40/1998 per le diverse opere”
2 – tale operazione non comporterebbe “per l'opera nel suo complesso il passaggio ad una categoria progettuale degli allegati diversa per soglia o tipologia, ivi comprese le categorie di competenza statale”.( Delib. Giunta Reg. n° 18-27763 del 12/07/1999 cit.): l’impianto continuerebbe a rientrate nella tipologia di cui all’allegato A2 punto n.5 con conseguente esclusione dalla procedura di verifica ex art. 4 co.4. della LR 40/98.

Per parafrasare le disposizioni statali in materia di VIA dall’operazione di cui si tratta non deriverebbe “un’opera con caratteristiche sostanzialmente diverse da quella precedente”.



NOTE:
(1) Le opinioni esposte nel presente scritto sono espresse a titolo personale e non in nome e per conto della Provincia di Vercelli.
(2) Si veda VALENTINA VATTANI, DPCM 7 marzo 2007:la valutazione di impatto ambientale si applica anche agli impianti di recupero che operano in procedura semplificata”, in www.Dirittoambinte.it, in cui si legge: “il nuovo intervento normativo (…) va a modificare, quindi, il citato DPCM 3 settembre 1999, attualmente ancora vigente. Il DPCM 3 settembre 1999 dovrebbe, comunque, essere sostituito – a partire dal 31 luglio 2007 – dalla parte seconda del D.Lgs 152/2006 ( se non vi saranno ulteriori proroghe) il cui Allegato III, al momento, ripropone la stessa esenzione dall’applicazione della VIA per gli impianti operanti in procedura semplificata: sarà, quindi, necessario intervenire con una modifica anche nei confronti di questo provvedimento”.
(3) Si veda in proposito di RAFFAELLA PORRATO “Immediata applicabilità delle direttive VIA: giurisprudenza nazionale e comunitaria a confronto”, www.dirittoanbiente.com