Classificazione e gestione di rifiuti costituiti da mascherine, guanti ed indumenti protettivi (DPI) utilizzati per Covid 19

di Gianfranco AMENDOLA

1. Premessa. - 2. La classificazione dei rifiuti-DPI usati. - 3. DPI usati da considerare rifiuti pericolosi a rischio infettivo. - 4. DPI usati da considerare rifiuti assimilati agli urbani. - 5. La gestione dei rifiuti-DPI usati prodotti da utenze domestiche. - 6. La gestione dei rifiuti-DPI usati prodotti da utenze non domestiche.

1. - Premessa . Come era prevedibile, la recente pandemia ha comportato e comporta, tra l’altro, riflessi importanti anche nel settore di quei rifiuti che, qualora contaminati dal virus, possono creare danni e pericoli per la salute e per l’ambiente.

Opportunamente, quindi, sin dai primi giorni della emergenza Covid 19, sono intervenuti l’Istituto superiore di sanità (ISS) e il Consiglio SNPA (Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente) – che, come è noto, rappresenta a livello nazionale ISPRA (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) e, quindi, le ARPA (Agenzie regionali per la protezione dell’ambiente) –, con due documenti 1 , da noi già commentati in un recente lavoro 2 , finalizzati alla emanazione di linee guida per la gestione dei rifiuti urbani, specie se prodotti in abitazioni dove soggiornano soggetti positivi al tampone in isolamento o in quarantena obbligatoria.

Recentemente, sia ISS sia ISPRA sono nuovamente intervenuti con specifico riferimento ai rifiuti «tipici» da pandemia, quali dispositivi di protezione individuale costituiti da mascherine e guanti usati (che vengono ricompresi, con qualche forzatura, nella categoria dei DPI, dispositivi di protezione individuale), approfondendone natura, pericolosità, classificazione e gestione, onde evitare che, al momento di disfarsene dopo l’uso, si verifichino pericoli o danni alla salute ed all’ambiente.

Ciò è avvenuto con i seguenti documenti 3 :

1) Rapporto ISS COVID-19 - n. 26/2020 Versione del 18 maggio 2020 « Indicazioni ad interim su gestione e smaltimento di mascherine e guanti monouso provenienti da utilizzo domestico e non domestico » il quale, dopo una premessa sulla classificazione, fornisce raccomandazioni per la gestione di mascherine e guanti monouso come rifiuti prodotti da utilizzo domestico e non domestico, compresi Enti pubblici e privati, attività commerciali e produttive, diverse dalle attività sanitarie e sociosanitarie. Vengono fornite raccomandazioni anche sulle caratteristiche, posizionamento e movimentazione dei contenitori per la raccolta di tali rifiuti;

2) Rapporto ISPRA 16 maggio 2020, n. 1905 « I rifiuti costituiti da DPI usati» il quale approfondisce la problematica della classificazione delle mascherine e dei guanti usati in condizioni ordinarie e nell’ambito dell’emergenza Covid, fornisce la stima della produzione di DPI e i dati sulla gestione dei rifiuti sanitari a rischio infettivo, concludendo con alcune indicazioni per la gestione di questi rifiuti.

Scopo del presente lavoro è fornire, appunto, sulla base di quanto contenuto nei predetti documenti (che, come è naturale, trattano soprattutto degli aspetti sanitari e tecnici), precisazioni di tipo giuridico, in relazione alla gestione di questi rifiuti che sempre più spesso vengono abbandonati in strade e luoghi pubblici; rinviando agli stessi documenti per la completa conoscenza del loro contenuto, specie prescrittivo.

Va subito premesso, a questo proposito, che, comunque, le indicazioni, i suggerimenti e le prescrizioni tecniche specifiche di ISS, ISPRA e SNPA, per quanto autorevoli e condivisibili, non sono, di per sé, cogenti e vincolanti, a meno che non vengano trasfuse in qualche provvedimento dell’Autorità previsto dalla legge (quale, ad esempio, una ordinanza contingibile ed urgente di Comune o Regione); e, quindi, se manca un provvedimento specifico, resta cogente anche per questi rifiuti la sola disciplina generale di settore prevista dalla legge 4 .

2. - La classificazione dei rifiuti-DPI usati. Ciò premesso, occorre, in primo luogo, procedere alla classificazione di questi rifiuti.

Scorrendo l’Elenco europeo dei rifiuti (EER), si verifica, così, che essi sono espressamente previsti solo nell’ambito dei rifiuti prodotti dal settore sanitario e quindi rientrano nel capitolo 18: codice EER 18.01.03* rifiuti che devono essere raccolti e smaltiti applicando precauzioni particolari per evitare infezioni oppure 18.01.04 rifiuti che non devono essere raccolti e smaltiti applicando precauzioni particolari per evitare infezioni (es. bende, ingessature, lenzuola, indumenti monouso, assorbenti igienici). Trattasi, come evidenziato dall’asterisco, di rifiuti con voci a specchio i quali, devono essere classificati, a cura del produttore, come pericolosi o non pericolosi «in base al caso specifico e alla composizione dei rifiuti» 5 .

Più in particolare, il regolamento italiano relativo alla gestione dei rifiuti sanitari (d.p.r. n. 254/2003) li colloca nella categoria dei rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo, la quale comprende [art. 2, comma 1, lett. d)]:

« i seguenti rifiuti sanitari individuati dalle voci 18.01.03* (...) nell’allegato A della citata direttiva in data 9 aprile 2002:

1) tutti i rifiuti che provengono da ambienti di isolamento infettivo nei quali sussiste un rischio di trasmissione biologica aerea, nonché da ambienti ove soggiornano pazienti in isolamento infettivo affetti da patologie causate da agenti biologici di gruppo 4, di cui all’allegato XI del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, e successive modificazioni;

2) i rifiuti elencati a titolo esemplificativo nell’allegato I del presente regolamento (fra cui guanti monouso, gli indumenti protettivi, mascherine, calzari, soprascarpe, camici ecc.) che presentano almeno una delle seguenti caratteristiche:

2a) provengano da ambienti di isolamento infettivo e siano venuti a contatto con qualsiasi liquido biologico secreto od escreto dei pazienti isolati;

2b) siano contaminati da: 2b1) sangue o altri liquidi biologici che contengono sangue in quantità tale da renderlo visibile; 2b2) feci o urine, nel caso in cui sia ravvisata clinicamente dal medico che ha in cura il paziente una patologia trasmissibile attraverso tali escreti; 2b3) liquido seminale, secrezioni vaginali, liquido cerebro-spinale, liquido sinoviale, liquido pleurico, liquido peritoneale, liquido pericardico o liquido amniotico ».

Ed è lo stesso regolamento a sancire opportunamente che «i rifiuti speciali 6 , prodotti al di fuori delle strutture sanitarie, che come rischio risultano analoghi ai rifiuti pericolosi a rischio infettivo, ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera d), devono essere gestiti con le stesse modalità dei rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo. Sono esclusi gli assorbenti igienici» (art. 15).

Ne deriva che, a prescindere dalla loro origine e provenienza, mascherine, guanti ecc., utilizzati come indumenti protettivi per Covid 19, se, come rischio, risultano analoghi ai rifiuti pericolosi a rischio infettivo di cui all’art. 2, comma 1, lett. d) del regolamento n. 254/2003 devono – come riconosce ISPRA – «essere ricondotti al capitolo 18, relativo al settore sanitario e veterinario o da attività di ricerca collegate ed, in particolare, facendo riferimento alle attività di diagnosi, trattamento e prevenzione delle malattie negli esseri umani ai codici, già sopra riportati, 18.01.03* e 18.01.04 ». Di conseguenza, anche se non provengono da strutture sanitarie, devono essere gestiti con le stesse modalità previste dal citato regolamento. E pertanto, come giustamente evidenziato da ISS nel suo primo rapporto, « dovrebbero essere applicate le prescrizioni del d.p.r. stesso; nello specifico i rifiuti andrebbero raccolti in idonei imballaggi a perdere, secondo quanto riportato all’art. 9 “Deposito temporaneo, deposito preliminare, messa in riserva, raccolta e trasporto dei rifiuti sanitari sterilizzati”, comma 5 »; e, soprattutto, « devono essere smaltiti mediante termodistruzione in impianti autorizzati (…) » e, più in particolare in « impianti di incenerimento di rifiuti urbani e in impianti di incenerimento di rifiuti speciali » (art. 10). Solo qualora ciò non sia possibile e si tratti di rifiuti sterilizzati, essi « previa autorizzazione del Presidente della Regione, possono essere sottoposti al regime giuridico dei rifiuti urbani e alle norme tecniche che disciplinano lo smaltimento in discarica per rifiuti non pericolosi » (art. 11).

3. - DPI usati da considerare rifiuti pericolosi a rischio infettivo. Resta da capire quando mascherine, guanti ecc., utilizzati come indumenti protettivi in relazione a Covid 19, e non provenienti da strutture sanitarie, possano essere considerati, come rischio, analoghi a quelli pericolosi a rischio infettivo provenienti da strutture sanitarie.

In proposito, se provengono da abitazioni, e pertanto, come origine, sono rifiuti urbani 7 , intervengono le indicazioni ISS e SNPA già ricordate; e pertanto vanno considerati rifiuti pericolosi a rischio infettivo (EER 18.01.03*) qualora provengano da abitazioni dove soggiornano soggetti positivi al tampone in isolamento o quarantena obbligatoria 8 .

Se, invece, questi rifiuti sono speciali in quanto provengono da strutture diverse, quali, ad esempio, quelle dove si svolgono attività commerciali, industriali o produttive, occorre, in primo luogo, che il produttore accerti l’esistenza o meno di un potenziale rischio infettivo, visto che – come giustamente evidenzia ISPRA – « non è possibile escludere a priori il rischio di presenza di casi di soggetti positivi non ancora diagnosticati. A tal fine alcuni elementi di valutazione finalizzati all’esclusione del potenziale rischio infettivo posso essere rappresentati:

- dal monitoraggio dei casi di positività al virus dei lavoratori dell’unità locale dell’impresa negli ultimi quindici giorni;

- dall’utilizzo di sistemi di sterilizzazione dei rifiuti;

- dalla possibilità di sviluppare, qualora effettivamente applicabili, procedure di quarantena interna dei rifiuti presso il luogo di produzione per un periodo di tempo adeguato al fine di garantire l’effettivo abbattimento della carica virale. Alcuni riferimenti bibliografici sembrano indicare che questa possa essere un’opzione attuabile ».

In caso positivo, questi rifiuti vanno gestiti come pericolosi a rischio infettivo (EER 18.01.03*), seguendo le prescrizioni del regolamento sui rifiuti sanitari ovvero quelle, specifiche, delle Autorità.

In caso negativo, invece, si deve considerare, ai sensi dell’art. 184, comma 2, lett. b), d.lgs. n. 152/06, la possibilità di gestirli come urbani in quanto rifiuti assimilati agli urbani: quei rifiuti, cioè, «non pericolosi 9 provenienti da locali e luoghi adibiti ad usi diversi da quelli di civile abitazione, assimilati ai rifiuti urbani per qualità e quantità, ai sensi dell’articolo 198, comma 2, lett. g [il quale, a sua volta, richiama l’art. 195, comma 2, lett. e)].

4. - DPI usati da considerare rifiuti assimilati agli urbani. Secondo questa procedura, in estrema sintesi, per dichiarare un rifiuto speciale assimilato agli urbani, occorre un primo intervento, dello Stato, per la fissazione di criteri qualitativi e quali-quantitativi per l’assimilazione [art. 195, comma 2, lett. e)]; e poi un secondo intervento, dei Comuni per determinare in concreto, in base a questi criteri, con loro regolamento, la quantità e qualità di rifiuti assimilati nel loro territorio [art. 198, comma 2 lett. g)].

Attualmente, l’intervento dello Stato è contenuto, con riferimento alla precedente normativa sui rifiuti, nella « Deliberazione del 27 luglio 1984 del comitato interministeriale di cui all’art. 5 del d.p.r. 915/1982 », la quale, come « Criteri generali per l’assimilabilità dei rifiuti speciali ai rifiuti urbani » (punto 1.1), prevede che « possono essere ammessi allo smaltimento in impianti di discarica per urbani se rispettano le seguenti condizioni: a) abbiano una composizione merceologica analoga a quella dei rifiuti urbani (…) » (punto 1.1.1). Su questa base, passando all’intervento comunale, si è evidenziato, in giurisprudenza, che «il rifiuto assimilato rappresenta quella tipologia di rifiuto che, nonostante sia stato prodotto da un’attività economica e nonostante non rientri nell’elenco di cui all’art. 184, comma 2, d.lgs. n. 152 del 2006, è stato assimilato al rifiuto urbano con apposita deliberazione comunale. Pertanto, l’ente, con la delibera di assimilazione apporta una trasformazione nel rifiuto, il quale, da rifiuto speciale, diviene rifiuto urbano, conferibile al servizio comunale e rientrante nella privativa dell’ente e, pertanto, soggetto a tassazione» 10 .

In altri termini, i DPI usati non pericolosi prodotti da utenze non domestiche (e, quindi, speciali) possono essere, di regola 11 , assimilati agli urbani in presenza di un atto del Comune che ne dichiari l’assimilazione e ne determini le quantità, poiché solo a quel punto essi diventano urbani a tutti gli effetti con obbligo di conferirli al Comune che dovrà gestirli in regime di privativa, limitandone eventualmente la quantità in base alla sua possibilità di gestione; con evidente sollievo per il produttore che sarà sgravato dei relativi oneri e spese.

In questo quadro, quindi, per la classificazione di questi rifiuti e l’assegnazione del codice EER occorre, a nostro avviso, fare riferimento a due soli capitoli 12 :

- 18 Rifiuti prodotti dal settore sanitario e veterinario o da attività di ricerca collegate (tranne i rifiuti di cucina e di ristorazione che non derivino direttamente da trattamento terapeutico)

- 20 Rifiuti urbani (rifiuti domestici e assimilabili prodotti da attività commerciali e industriali nonché dalle istituzioni) inclusi i rifiuti della raccolta differenziata.

5. - La gestione dei rifiuti-DPI usati prodotti da utenze domestiche. Trattasi, come abbiamo detto, di rifiuti urbani la cui gestione compete, quindi, ai Comuni.

In proposito, con specifico riferimento alla pandemia Covid 19, ISS, ISPRA e SNPA distinguono due categorie di rifiuti urbani:

a ) quelli prodotti nelle abitazioni dove soggiornano soggetti positivi al tampone in isolamento o quarantena obbligatoria (da ritenere equivalenti ai pericolosi a rischio infettivo, EER 18.01.03*);

b ) quelli prodotti dalla popolazione generale, in abitazioni dove non soggiornano soggetti positivi al tampone in isolamento o quarantena obbligatoria. Rifiuti che, pur destando, ovviamente, minore preoccupazione, non possono essere considerati pericolosi ma neppure del tutto «sicuri» perché non si può escludere che provengano da abitazioni dove soggiornino soggetti contagiati ma non sintomatici; e, pertanto, non testati con tampone e non riconosciuti.

In base a questa distinzione, l’indicazione di ISS, ISPRA e SNPA richiede che, nel primo caso, debba essere interrotta la raccolta differenziata, ove in essere, e tutti i rifiuti domestici, indipendentemente dalla loro natura e includendo fazzoletti, rotoli di carta, i teli monouso, mascherine e guanti, debbano essere considerati indifferenziati; e pertanto raccolti e conferiti insieme, con particolari modalità espressamente specificate 13 . Essi, inoltre, dovrebbero essere ritirati da un apposito «servizio dedicato» da parte di personale opportunamente addestrato.

Nel secondo caso, invece, si raccomanda di mantenere le procedure in vigore nel territorio di appartenenza, non interrompendo la raccolta differenziata; ma « a scopo cautelativo fazzoletti o rotoli di carta, mascherine e guanti eventualmente utilizzati, dovranno essere smaltiti nei rifiuti indifferenziati », utilizzando, anche in tal caso, « almeno due sacchetti uno dentro l’altro o in numero maggiore in dipendenza della resistenza meccanica dei sacchetti » 14 .

Quanto al loro smaltimento, il documento SNPA dispone che i rifiuti indifferenziati provenienti da abitazioni in cui sono presenti soggetti positivi al tampone, in quarantena obbligatoria (prima categoria), qualora raccolti «con giro dedicato», siano prioritariamente avviati a incenerimento senza alcun trattamento preliminare, e che «laddove tale modalità di gestione non possa essere attuata, i rifiuti sono conferiti agli impianti di trattamento meccanico biologico (TMB) se garantiscono l’igienizzazione del rifiuti nel corso del trattamento biologico (bioessicazione o biostabilizzazione) e la protezione degli addetti dal rischio biologico, agli impianti di sterilizzazione o direttamente in discarica, senza alcun trattamento preliminare (previo eventuale inserimento dei sacchetti integri all’interno di appositi big-bags), limitando il più possibile, nella fase di coltivazione della discarica, la movimentazione dei rifiuti che andranno possibilmente confinati in zone definite della discarica. Deve essere garantita la copertura giornaliera dei rifiuti con adeguato strato di materiale protettivo, tale da evitare ogni forma di dispersione».

In tutti gli altri casi i rifiuti urbani indifferenziati verranno gestiti secondo le normali procedure 15 .

Appare, quindi, evidente, che le indicazioni sanitarie per l’emergenza Covid 19 relative ai rifiuti urbani non coincidono con quanto prescritto dalla legge in via ordinaria per i rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo. Circostanza, peraltro chiaramente riconosciuta anche dall’ISS il quale, nel suo documento, dopo aver premesso che « la situazione ideale sarebbe riferirsi al d.p.r. n. 254/2003», evidenzia giustamente che tale normativa, al momento attuale, « potrebbe essere di difficile attuazione»; e pertanto fornisce opportunamente le indicazioni alternative sopra riportate, considerate « sufficientemente protettive per tutelare la salute della popolazione e degli operatori del settore dell’igiene ambientale ».

Esse, tuttavia, come già abbiamo detto, possono divenire cogenti solo se inserite in un provvedimento idoneo a derogare alla disciplina in vigore, quale, ad esempio, una ordinanza contingibile ed urgente.

Anzi, a questo proposito, è opportuno ricordare che, salvo ordinanze comunali più rigorose per motivi di salute pubblica (come ha fatto il Comune di Roma), l’ abbandono sul suolo e nel suolo o nelle acque nonché il deposito incontrollato di DPI usati prodotti nelle abitazioni dove non soggiornano soggetti positivi al tampone, in isolamento o quarantena obbligatoria è punito, ai sensi dell’art. 256, comma 1, d.lgs. n. 152/06, con la sanzione amministrativa pecuniaria da trecento euro a tremila euro ; ovvero, se si tratta di DPI prodotti in abitazioni dove soggiornano soggetti positivi al tampone, in isolamento o quarantena obbligatoria (da ritenere equivalenti ai pericolosi a rischio infettivo), la predetta sanzione amministrativa è aumentata fino al doppio.

6. - La gestione dei rifiuti-DPI usati prodotti da utenze non domestiche. Per la gestione di DPI usati prodotti da utenze non domestiche 16 , occorre in primo luogo verificare se si tratta di rifiuti speciali assimilati agli urbani, e quindi da considerare urbani a tutti gli effetti; in tal caso valgono le considerazioni svolte nel paragrafo che precede, con la sola precisazione che, come già ricordato, possono essere assimilati solo i rifiuti non pericolosi; e pertanto occorre una valutazione preliminare, da parte del produttore, che escluda la possibile pericolosità dei DPI usati prodotti dalla sua attività, rispetto alla quale ISPRA indica alcuni parametri significativi già riportati.

Se, invece, da questa valutazione emerge il rischio infettivo, i DPI devono essere considerati equivalenti ai pericolosi a rischio infettivo (EER 18.01.03*) e come tali gestiti secondo quanto prescrive il regolamento o un provvedimento dell’Autorità.

Se, infine, si tratta di rifiuti speciali non pericolosi e non assimilati agli urbani, in assenza di uno specifico provvedimento dell’Autorità, sembra applicabile il codice EER 18.01.04, con le normali regole previste per la gestione dei rifiuti speciali non pericolosi.

Quanto alle sanzioni, vale la pena di ricordare che l’ abbandono sul suolo e nel suolo o nelle acque nonchè il deposito incontrollato di DPI non effettuato da privati per rifiuti prodotti da abitazioni, ma datitolari di imprese o dai responsabili di enti per rifiuti prodotti dalla propria attività lavorativa, è punito, ai sensi dell’art. 256, comma 2, d.lgs. n. 152/06 a) con la pena dell’arresto da tre mesi a un anno o con l’ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti non pericolosi; b) con la pena dell’arresto da sei mesi a due anni e con l’ammenda da duemilaseicento euro a ventiseimila euro se si tratta di rifiuti pericolosi.

1 1) Rapporto» ISS (Istituto superiore di sanità) Covid 19 n. 3/2020 aggiornato al 14 marzo 2020 con «indicazioni ad interim per la gestione dei rifiuti urbani in relazione alla trasmissione dell’infezione da virus sars-cov-2 » che fornisce le linee di indirizzo per la raccolta dei rifiuti extra-ospedalieri da abitazioni di pazienti positivi al Covid 19, in isolamento domiciliare, e dalla popolazione in generale;

2) Documento approvato dal Consiglio SNPA (Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente) in data 23 marzo 2020 con « Prime indicazioni generali per la gestione dei rifiuti - emergenza CoViD-19 » che, partendo dal rapporto ISS, formula alcune considerazioni aggiuntive sulla raccolta e gestione dei rifiuti urbani in questo periodo evidenziando altresì ulteriori problematiche nel settore dei rifiuti connesse con le carenze dell’attuale sistema di fronte alla nuova situazione di emergenza

2 Amendola, Covid-19 e gestione dei rifiuti. Cosa cambia. Emergenza permanente? , in www.questione giustizia.it, 13 maggio 2020 e in www.lexambiente.it, 22 maggio 2020

3 Entrambi consultabili integralmente nei siti ISS e ISPRA

4 È, comunque sempre possibile ed auspicabile che i suggerimenti di ISS, ISPRA e SNPA vengano accolti dai destinatari, salvo che non siano in evidente contrasto con quanto prescritto dalla legge.

5 Comunicazione della Commissione UE - Orientamenti tecnici sulla classificazione dei rifiuti (2018/C 124/01), punto 2.1.2, in G.U.C.E. 9 aprile 2018

6 A nostro sommesso avviso, se si legge tutto il periodo, appare chiaro che, se anche si parla di «rifiuti speciali», l’oggetto di questa disposizione non riguarda rifiuti in base alla loro origine o provenienza ma in base alla loro pericolosità (quelli « che come rischio risultano analoghi ai rifiuti pericolosi a rischio infettivo » provenienti dalle strutture sanitarie). Ma su questo torneremo.

7 Art. 184, comma 2, d.lgs. n. 152/06: «Sono rifiuti urbani: a ) i rifiuti domestici, anche ingombranti, provenienti da locali e luoghi adibiti ad uso di civile abitazione; (…) ».

8 L’ISS nel suo primo rapporto del 14 marzo (richiamato, per conferma, anche in quello successivo del 18 maggio) afferma testualmente che « i rifiuti urbani provenienti dalle abitazioni dove soggiornano soggetti positivi al tampone in isolamento o in quarantena obbligatoria, dovrebbero essere considerati equivalenti a quelli che si possono generare in una struttura sanitaria, come definiti dal d.p.r. n. 254/2003 ».

9 Possono, quindi, essere assimilati agli urbani solo i DPI «non pericolosi», rispetto ai quali è opportuno ribadire che è onere del produttore dimostrare la loro non pericolosità.

10 T.A.R. Puglia - Lecce, Sez. I 1° marzo 2018, n. 351, in www.ambientelegaledigesta.it. Nello stesso senso, cfr. Cass. Sez. III Pen. 18 dicembre 2006, n. 2871, Rando, in www.lexambiente.com, secondo cui «i rifiuti speciali assimilati agli urbani sono soltanto quelli che, per quantità e qualità, siano previsti dai regolamenti comunali , sicché il Comune (...) ha il potere, quanto alla qualità, di stabilire quali, fra i rifiuti inseriti nella delibera interministeriale 1984, siano assimilabili, e, quindi, escluderne altri, nonché di individuare le quantità conferibili».

11 Salvo provvedimenti di urgenza per motivi sanitari o ambientali.

12 Non si ritiene, quindi, condivisibile la proposta, contenuta negli ultimi documenti ISS e ISPRA, di fare riferimento, per DPI prodotti dalle utenze produttive i cui rifiuti non sono assimilati agli urbani, al capitolo 15 (« Rifiuti di imballaggio, assorbenti, stracci, materiali filtranti e indumenti protettivi »), visto che la procedura per la classificazione (da ultimo, cfr. Comunicazione della Commissione sugli orientamenti tecnici sulla classificazione dei rifiuti, 2018/C 124/01) privilegia il criterio della origine e della «specialità» del rifiuto, mentre il ricorso alla categoria del capitolo 15 è prevista solo come criterio residuale e generico rispetto alla prima, specifica individuazione. Peraltro, sotto il profilo sostanziale, non sembra che, comunque, si perverrebbe a risultati diversi visto che anche la voce del capitolo 15 prevede (come il capitolo 18) rifiuti con codici a specchio.

13 Secondo l’ISS, « per la raccolta dovranno essere utilizzati almeno due sacchetti uno dentro l’altro o in numero maggiore in dipendenza della loro resistenza meccanica, possibilmente utilizzando un contenitore a pedale.

Si raccomanda di:

- chiudere adeguatamente i sacchi utilizzando guanti mono uso;

- non schiacciare e comprimere i sacchi con le mani;

- evitare l’accesso di animali da compagnia ai locali dove sono presenti i sacchetti di rifiuti;

- smaltire il rifiuto dalla propria abitazione quotidianamente con le procedure in vigore sul territorio (esporli fuori dalla propria porta negli appositi contenitori, o gettarli negli appositi cassonetti condominiali o di strada ) ».

14 Si raccomanda, altresì, « di chiudere adeguatamente i sacchetti, utilizzando guanti monouso, senza comprimerli, utilizzando legacci o nastro adesivo e di smaltirli come da procedure già in vigore (esporli fuori dalla propria porta negli appositi contenitori, o gettarli negli appositi cassonetti condominiali o di strada ) ».

15 Per completezza, si segnala che il rapporto ISS contiene anche « Raccomandazioni per gli operatori del settore di raccolta e smaltimento rifiuti » e «Raccomandazioni per i volontari».

16 Comunque, come rileva giustamente ISPRA, «per le utenze sanitarie si applica quanto disposto dal d.p.r. n. 254/2003, che individua la corretta codifica nel capitolo 18 dell’elenco europeo dei rifiuti, sia ai fini della classificazione che per le relative modalità di gestione».

Pubblicato su Diritto e Giurisprudenza agraria alimetare e dell'ambiente n. 3\2020. Si ringraziano Autore ed Editore