Siti contaminati Relazione di Ennio Cillo

Relazione

L'attenzione che in questo momento si registra per la bonifica dei siti contaminati deriva certamente dal fatto che la disciplina dettata dagli artt. 17 e 51 bis del D.Lgs. 22/97 e succ. mod. è divenuta efficace ed applicabile in concreto dopo l'entrata in vigore il 16.12.99 del D.M. n. 471/99, che ha dettato i criteri di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati.

La particolare rilevanza deriva dall'incisività di una disciplina che, partendo dal riscontro oggettivo di una situazione di inquinamento o di un grave pericolo di inquinamento, comunque cagionato, prevede finalmente l'obbligo di attivarsi per la bonifica, sanzionandone l'omissione con previsione di sanzioni penali e/o di strumenti civili che ne garantiscono l'effettiva realizzazione. Quello che importa sottolineare è che la messa in sicurezza e la bonifica dei siti inquinati deve trovare una corretta ed immediata attuazione, senza rinvii o condoni che, per quanto si dirà appresso, non trovano, a nostro avviso, alcuna giustificazione.

Trattandosi di una normativa complessa, occorre soffermarsi tecnicamente sulla natura dell'obbligo di bonifica, attualmente previsto e sanzionato dall'art. 51 bis del D.Lgs. 22/97, come modificato.

Per comprendere la struttura della norma è necessario partire dalla prima formulazione, contenuta nell'art. 50, comma 2 dell'originario decreto "Ronchi", che sanzionava la condotta di chiunque non ottemperasse all'obbligo, specificamente descritto all'art. 17, comma 2 di procedere a proprie spese agli interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale delle aree inquinate, secondo la procedura ivi descritta. Chi fosse il soggetto in capo al quale sorgeva quest'obbligo derivava dalla congiunta lettura dei due articoli, giacché il "chiunque" indicato dall'art. 50/2° veniva poi specificato nella prima parte dell'art. 17/2° come colui che avesse, anche accidentalmente, cagionato l'inquinamento o il pericolo di inquinamento.

In questa prima schematica formulazione, come in dottrina ha osservato Fabio Anile, "appariva elementare, all'interprete, riconoscervi un reato omissivo proprio in cui veniva sanzionata l'omessa bonifica." [1]

La ratio e la finalità della norma, così come la struttura del reato non sono certo cambiati, nonostante la nuova formulazione abbia suscitato perplessità, che con un attento esame possono essere superate.

L'art. 51 bis del D.Lgs. 22/97 prevede, infatti, una figura di reato che correttamente può essere definita di "omessa attivazione e realizzazione delle procedure di bonifica".

Il soggetto al quale la norma si rivolge è "chiunque cagiona l'inquinamento o il pericolo concreto ed attuale di inquinamento, previsto dall'art. 17, comma 2", laddove è specificato che la norma si riferisce a chi, anche in maniera accidentale, cagiona l'inquinamento stesso, individuato con il superamento dei limiti di accettabilità della contaminazione specificati nel D.M. 471/99.

L'aver cagionato l'inquinamento non rientra, dunque, nella condotta punita dalla legge, come risulta evidente, oltre che da numerose e diverse argomentazioni [2], soprattutto dal fatto che sia espressamente considerato anche l'inquinamento causato accidentalmente e, quindi, senza colpa o dolo, che pacificamente non può costituire fonte di responsabilità penale, e che, quindi, ne costituisce solo il presupposto di fatto che identifica specificamente il soggetto tenuto all'obbligo di bonifica.

Al contrario, chi ha proposto in dottrina ricostruzioni in cui identifica la condotta sanzionata dall'art. 51 bis nel superamento dei limiti di contaminazione o nel pericolo di contaminazione si scontra, evidentemente, con due ostacoli che appaiono insormontabili, il riferimento dell'art. 17/12° all'ipotesi di inquinamento accidentale, che l'interprete è a quel punto obbligato ad escludere dalla norma penale [3] e la necessità di qualificare l'obbligo di bonifica come condizione obiettiva di punibilità [4] in contrasto con la definizione del codice penale che all'art. 44 prevede tale ipotesi proprio per il caso che la condizione dalla quale deriva la possibilità di applicare la sanzione sia indipendente dalla volontà del colpevole. Al contrario nell'obbligo di bonifica è previsto esattamente il contrario e, cioè, che il soggetto che abbia, anche incolpevolmente, prodotto l'inquinamento commette il reato di omessa bonifica se consapevole dell'inquinamento non si attiva per colpa o per dolo con i tempi e le modalità previste dall'art. 17 e dal regolamento 471/99.

Nella corretta ricostruzione del reato l'obbligo di bonifica sorge, quindi, non appena il soggetto sia divenuto consapevole del superamento o del pericolo di superamento dei valori limiti previsti dal D.M. 471/99 e ciò o per aver preso consapevolezza a seguito dell'avvenuto inquinamento o anche, con evidente riferimento a fatti di inquinamento pregressi, a seguito di accertamento e diffida da parte dell'autorità preposta al controllo. In quest'ultimo caso, infatti, i termini per gli adempimenti di cui all'art. 7/2° del D.M. 471/99 decorrono, come previsto dall'art. 8/4°, dalla notifica dell'ordinanza di diffida.

Poiché il reato di cui all'art. 51 bis è reato permanente, decorre dalla scadenza del termine di 48 ore per la notifica della notizia di inquinamento verificatosi o dall'ingiustificata interruzione della procedura di bonifica e permane fino alla rimozione dell'inquinamento o, comunque, al completamento della procedura di bonifica.

Attualmente l'obbligo di bonifica è vigente dopo l'entrata in vigore, il 16.9.99, del regolamento emanato con il D.M. 471/99 e che ha stabilito in dettaglio i limiti di accettabilità di contaminazione dei suoli e le procedure di bonifica. Da tale data iniziano a decorrere i termini di cui all'art. 17/2° del D.Lgs. 22/97 per avviare la procedura di bonifica come specificamente descritta dall'art. 7 del citato regolamento, con la conseguente possibilità di accertamento dell'omissione, penalmente rilevante, per il soggetto obbligato di cui al predetto articolo.

Dall'art. 8/4°, ma anche da numerose altre indicazioni testuali, es. art. 14/1° lett. b, risulta evidente che i riferimenti ai regimi di responsabilità sono differenziati a seconda che ci si riferisca al responsabile dell'inquinamento, ovvero al proprietario o ad altro soggetto interessato, evidentemente diverso dai primi due.

Occorre soffermarsi brevemente sui diversi tipi di responsabilità previsti dalla normativa in esame dalla quale discende, per il soggetto qualificato di cui all'art. 7 una responsabilità penale in caso di omissione, nel mentre per il proprietario dell'area, che non abbia, comunque, causato l'inquinamento o per altro soggetto interessato in ragione del suo rapporto con l'area, sussistono obblighi e responsabilità esclusivamente civilistiche, in virtù dell'onere reale e dei privilegi che gravano sull'area inquinata.

Rispetto alla vigenza dell'obbligo penale non è, quindi, rilevante la previsione all'art. 9 del regolamento di un termine di 6 mesi, scadente il 16.6.2000 per avviare la procedura con la comunicazione della situazione di inquinamento e la messa in sicurezza, giacché espressamente l'art. 9 si riferisce al proprietario del sito o ad altro soggetto che non sia colui che abbia cagionato anche accidentalmente l'inquinamento e che comunque voglia bonificare il sito. Di conseguenza, già la proroga prevista dal D.M. 471/99 non ha modificato i tempi e gli obblighi dell'art. 51 bis successivamente al 16.9.99.

L'art. 9, in particolare, prevede che gli interessati, diversi dal soggetto di cui al comma 7, possano entro il 16 giugno 2000 "di propria iniziativa" avviare la procedura di messa in sicurezza e bonifica, verificata dalla Regione, a seguito della comunicazione della situazione di inquinamento. La decorrenza dell'obbligo di bonifica sarà definita dalla Regione in base ad una graduatoria di pericolosità del sito. I commi 4 e 5 prevedono, poi, la possibilità di procedere agli interventi analoghi a quelli di cui al comma 3, ove abbiano valore interregionale o nazionale, con la possibilità che tempi e modalità di intervento possano essere definiti con apposito accordo di programma con i Ministeri e gli Enti locali eventualmente interessati.

La proroga riguarderebbe esclusivamente queste ipotesi ed un rinnovo della stessa, oltre che irrilevante sotto il profilo della decorrenza degli obblighi penalmente sanzionati, rischia di vanificare la credibilità dell’intera procedura e dei relativi obblighi: il comma 3, infatti, non prevede termini massimi nei quali può essere fissata la decorrenza dell'obbligo di bonifica; i commi 4 e 5 prevedono fino ad un anno per l'accordo di programma e i termini delle procedure di bonifica sono particolarmente lunghi.

Va aggiunto che, un'eventuale proroga del termine previsto dall'art. 9 del regolamento potrebbe erroneamente accreditare l'idea che il soggetto autore dell'inquinamento abbia ancora un periodo di tempo a disposizione prima di ottemperare agli obblighi di legge.

Per evitare che l’eventuale proroga del termine di cui all’art. 9, comma 3, limiti comunque l’accertamento dei reati è, al contrario, necessario che indipendentemente dalla scadenza o meno del termine di cui all’art. 9, comma 3, vengano attivati i controlli in tutti i siti potenzialmente contaminati per il rispetto degli artt. 7 e 8, al fine cioè di verificare se, a prescindere dalla posizione del proprietario, siano sorti obblighi di cui all’art. 7, a carico di alcuno e l’eventuale responsabilità per la tempestiva attivazione della procedura di bonifica, ovvero la necessità di diffida ad intervenire. Questo accertamento verificherà anche che non si versi nell’ipotesi di cui all’art. 9, comma 6, cioè che non siano in atto situazioni di inquinamento.

Si chiede quindi, l’effettiva e tempestiva applicazione dell’intera disciplina sugli obblighi di bonifica senza ingiustificati ritardi o proroghe.

D’altro canto le esigenze di iscrizione in bilancio delle spese da impegnare nelle bonifiche da parte delle società che intendano attivarsi, possono ben essere tenute in conto e risolte con eventuali integrazioni normative, senza che ciò interferisca con gli obblighi già vigenti a carico di chi abbia cagionato, anche se accidentalmente, l’inquinamento.

Occorre ribadire che quello della bonifica è per chi abbia cagionato l’inquinamento un obbligo penalmente sanzionato, rafforzato dalla previsione che in caso di condanna la sospensione della pena possa essere subordinata al rispetto dell’obbligo di bonifica, non può quindi accogliersi la tesi di chi ha prospettato la previsione dell’art. 51 bis come una condotta facoltativa da sollecitare o premiare garantendo l’impunità da eventuali precedenti reati ancorché non dolosi.

Del resto il nostro ordinamento già conosce casi nei quali, a fronte di diritti fondamentali messi in pericolo, si impone un obbligo di intervento penalmente sanzionato, prescindendo dalla responsabilità per la precedente condotta, come, ad esempio, nel caso dell'obbligo e della relativa omissione di soccorso a seguito di incidente stradale, caso nel quale tale obbligo è a carico dell'investitore anche se da ciò ne consegua l'identificazione per lui eventualmente pregiudizievole in ordine alla precedente condotta, con la previsione, in quel caso, di solo esclusione della possibilità di arresto in flagranza; né mai alcuno ha sostenuto che per poter obbligare l'investitore a soccorrere la vittima gli si debba garantire l'impunità per l'eventuale reato colposo precedente.

Peraltro, ove si prevedesse per il solo fatto di bonificare, il condono per precedenti reati, si priverebbe la norma penale di ogni forza dissuasiva, giacché ciascuno riterrebbe più comodo, più che prevenire, operare "eventualmente" in caso di danno, andando, comunque, esente da pena per gli eventuali reati pregressi e ricevendo nei casi più gravi anche il pubblico finanziamento come contributo al suo condono.

Va a questo punto ricordato che la Corte Europea di giustizia, di recente e proprio in relazione alle sanzioni previste dalla normativa italiana sui rifiuti, ha ritenuto che "l'art. 5 del trattato impone agli stati membri di adottare tutte le misure atte a garantire la portata e l'efficacia del diritto comunitario". A tal fine essi devono fare in modo che gli strumenti normativi adottati "conferiscano alla sanzione stessa un carattere di effettività, di proporzionalità e di capacità dissuasiva" Corte di Giustizia 12.9.96 [5].

Va rilevato, infine, che pur essendo indiscussa l'esigenza di adeguare il nostro sistema sanzionatorio penale a quello degli altri paesi europei introducendo nel nostro codice penale i delitti ambientali, si registrano tuttora ingiustificati ritardi nell'approvazione dei relativi disegni di legge, giacenti da oltre un anno presso le Commissioni Ambiente e Giustizia del Senato.

L'approvazione di questi disegni di legge costituisce la sede più opportuna per l'introduzione, in maniera definitiva, nel nostro ordinamento della previsione del ravvedimento operoso, con uno sconto di pena particolarmente rilevante per i delitti, per chi si attivi, in particolare con la bonifica, ovvero con la previsione di ulteriori sanzioni altrettanto stringenti a carico di chi non ottemperi a tali obblighi.

In particolare potrà prevedersi che ai soggetti che abbiano adottato o adottino le procedure di cui all’art. 17 del d.lgs. 5/2/97 n. 22 e successive modificazioni e integrazioni e di cui al D.M. n. 471/99 o che abbiano stipulato o stipulano accordi di programma previsti nell’ambito delle medesime normative, per i reati connessi ai fatti di inquinamento, si applichi la riduzione della pena fino a 2/3 ove completino la bonifica prima dell’apertura del dibattimento di primo grado o della decisione ex art. 444 c.p.p..

Va detto, però, che nel mentre si tarda ad introdurre essenziali presidi sostanziali di tutela ambientale non si possono ipotizzare proroghe o benefici anche in ordine ai tempi ed ai modi di applicazione dei pochi principi, fra i quali quelli previsti dall'art. 51 bis del D.Lgs. 22/97, che consentono una tutela della salute e dell'ambiente e di ritenere ancora che non sia proprio un'utopia pretendere l'applicazione del principio chi inquina paga.

 

 



[1] F. Anile Bonifica dei siti contaminati: obblighi di ripristino e tutela penale in Ambiente n.2/99, pg. 119 e seg.

 

[2] F.Anile cit. ed anche Prime considerazioni penalistiche sul regolamento n. 471/99 in Ambiente n. 2/2000, pg. 150 e seg.

[3] A questa conclusione giunge, infatti, Paola Severino Di Benedetto, escludendo qualsiasi rilievo penale al riferimento, anche in maniera accidentale. I profili penali connessi alla bonifica dei siti contaminati in Ambiente n. 5/2000 pg. 422.

[4] Eloisa Aliotta Art. 51 bis "Bonifica dei siti" tutto da rifare in Ambiente n. 1/1998 pg. 75 e seg.

[5] Il richiamo è di Paola Severino Di Benedetto nel saggio citato.