Trasporto abusivo di rifiuti e confisca del mezzo utilizzato

di Vincenzo PAONE

Un contributo recentemente apparso sulle colonne di questa Rivista1  ha stimolato alcune riflessioni sul tema della confisca prevista dalla normativa sui rifiuti (sia quella ordinaria, e cioè il D.Lgs. n. 152/2006, che quella speciale, e cioè Legge n. 210/2008) in caso di trasporto abusivo.

Il primo dato normativo da cui partire è l’art. 259, comma 2, D.Lgs. n. 152/2006 secondo cui «Alla sentenza di condanna, o a quella emessa ai sensi dell'art. 444 del codice di procedura penale, per i reati relativi al traffico illecito di cui al comma 1 o al trasporto illecito di cui agli artt. 256 e 258, comma 4, consegue obbligatoriamente la confisca del mezzo di trasporto».

Si tratta di una confisca obbligatoria atipica regolata da legge speciale e perciò non completamente sovrapponibile alla confisca di cui all'art. 240 cod. pen.

Come si evince dalla lettera della legge, l’art. 259 non richiama l’art. 240, comma 2, cod. pen. che prevede alcune ipotesi di confisca obbligatoria 2 e tale fatto non deve passare sotto silenzio.

Innanzitutto, va evidenziato che, per l’oggetto della confisca, e cioè il mezzo utilizzato per il trasporto abusivo dei rifiuti, si ricadrebbe, astrattamente, nel disposto del comma 1 dell’art. 240 cod. pen. essendo incontrovertibile che si tratti di cosa che è servita per commettere il reato e non certo di cosa che costituisce il prezzo del reato e neppure di cosa, la fabbricazione, l'uso, il porto, la detenzione o l'alienazione della quale costituisce reato.

Orbene, posto che le cose utilizzate per commettere il reato, a termini di codice penale, sono soggette a confisca facoltativa e non obbligatoria, ne deriva che l’art. 259 va annoverato nel gruppo di disposizioni che prevedono l’obbligatorietà della confisca, in deroga al regime di tipo facoltativo di cui all'art. 240 cod. pen., delle cose servite per commettere il reato di trasporto illecito di rifiuti, in forza dell’implicita presunzione legislativa di pericolosità del mezzo di trasporto utilizzato. Peraltro, tale presunzione, nonostante quello che appare ad una prima lettura della disposizione, in talune circostanze viene meno confermando così che questa ipotesi di confisca è diversa da quella di cui al n. 2 del capoverso dell’art. 240 cod. pen. relativa alle cose obiettivamente e intrinsecamente criminose.

Infatti, in primo luogo, la confisca del veicolo non può essere disposta se il Pubblico ministero adotta il rito del decreto penale di condanna giacché, come ha spiegato la Cassazione, la speciale confisca contemplata dall’art. 259, avendo una funzione prevalentemente sanzionatoria, non è equiparabile alla confisca prevista dall'art. 240, comma 2, cod. pen. che il giudice ordina, con il decreto penale di condanna, ai sensi dell'art. 460, comma 2, del codice di rito (così Cass. pen., sez. III, 27-04-2016, n. 43547, Gardelli, Riv. pen., 2017, 166, che conferma un orientamento maggioritario).

In secondo luogo, in caso di proscioglimento per estinzione dal reato, non può essere disposta la confisca in quanto tale ipotesi non rientra nei casi di confisca obbligatoria ex art. 240, comma 2, cod.pen. (così Cass. pen., sez. III, 16-04-2008, Centurione, rv. 240544).

In terzo luogo, la sentenza di condanna costituisce il presupposto per la confisca del veicolo ai sensi dell'art. 6, comma 1 bis, l. n. 210/2008, che non è, invece, possibile disporre ove si definisca il procedimento mediante applicazione della pena ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen. (così Cass. pen. n. 18515 del 16/01/2015, Ruggeri, Rv. 263773).

In questo contesto, vanno considerati due istituti giuridici la cui applicazione dovrebbe interferire con il regime della confisca previsto dall’art. 259, D.Lgs. n. 152/2006.

Si tratta della speciale causa di non punibilità per particolare tenuità dell’offesa di cui all’art. 131 bis, cod. pen. e della causa di estinzione del reato di cui all’art. 318 septies, D.Lgs. n. 152/2006, che

consegue all’adempimento della prescrizione impartita dall'organo di vigilanza a norma dell’art. 318 ter, dec. cit.

Orbene, secondo Cass. pen., sez. III, 31-05-2016, n. 16607, Candiano, Foro it., 2017, II, 541, in caso di trasporto di rifiuti commesso in una zona in cui si applica la l. n. 210/2008 3 , sussiste l'obbligo di disporre la confisca del veicolo utilizzato per il trasporto anche se si perviene al proscioglimento per particolare tenuità del fatto ai sensi dell'art. 131 bis cod. pen.

A nostro avviso, la decisione non appare condivisibile 4 perché, ponendosi anche in contrasto con Cass. pen. Ruggeri, cit., non tiene conto che l’estinzione del reato impedisce, per dettato normativo, di disporre la confisca.

In termini analoghi, si dovrebbe ragionare con riguardo all’altro istituto - la prescrizione di regolarizzazione – perché, anche in questo caso, la legge dispone espressamente che la contravvenzione si estingue se il contravventore adempie ai vari obblighi (ottemperare esattamente e nei termini alla prescrizione impartita ed eseguire nei termini il pagamento). Sul punto, tuttavia, non risulta che la giurisprudenza si sia ancora pronunciata.

Va precisato, a questo proposito, che l’impossibilità di applicare la confisca del mezzo di trasporto deriva dal fatto che il procedimento si conclude senza una sentenza di condanna e non dal fatto che il contravventore, in ossequio alla prescrizione impartita ex artt. 318 bis e ss. D.Lgs 152/2006, abbia effettuato l’iscrizione (tardiva) all’Albo dei Gestori Ambientali. Invero, è esatto che la confisca dell’automezzo utilizzato per la commissione del reato di trasporto illecito di rifiuti non è esclusa dalla sopravvenuta autorizzazione concessa al titolare dell’automezzo (in questi termini, Cass. pen, sez. III, 20 febbraio 2014, n. 22903, Labghine, Ambiente e sviluppo, 2014, 731, che conferma orientamento consolidato), ma tale principio non ricorre nell’ipotesi di estinzione del reato ex art. 318 septies, D.Lgs. n. 152/2006 per la ragione prima illustrata.

Un problema diverso da quelli fin qui esaminati concerne la sorte del veicolo appartenente ad un terzo soggetto estraneo al reato: non ne facciamo oggetto di specifica trattazione perché è pacifico in giurisprudenza che la regola dell’obbligatorietà della confisca sia derogata nel caso in cui il terzo proprietario del veicolo, estraneo al reato, provi che l'uso illecito della res gli sia stato ignoto e/o non collegabile ad un suo comportamento negligente.

II. Merita invece soffermarsi, brevemente, su quel «capolavoro» di tecnica giuridica rappresentato dall’art. 260 ter D.Lgs. n. 152/2006 (introdotto dall'art. 36, comma 1, D.Lgs. n. 205/ 2010) di cui ci interessano i commi 4 e 5 che così recitano:

«4. In caso di trasporto non autorizzato di rifiuti pericolosi, è sempre disposta la confisca del veicolo e di qualunque altro mezzo utilizzato per il trasporto del rifiuto, ai sensi dell'art. 240, secondo comma, del codice penale, salvo che gli stessi che appartengano, non fittiziamente a persona estranea al reato.

5. Il fermo di cui al comma 1 e la confisca di cui al comma 4 conseguono obbligatoriamente anche all'accertamento delle violazioni di cui al comma 1 dell'art. 256».

Abbiamo detto che faremo brevi riflessioni perché, a nostro avviso, la disposizione in commento non è più applicabile. Infatti, fin dal d.l. 31 agosto 2013, n. 101, convertito con modificazioni dalla l. 30 ottobre 2013, n. 125, il legislatore ha disposto (con l'art. 11, comma 3-bis) che "Nei dieci mesi successivi alla data del 1º ottobre 2013 [...] le sanzioni relative al SISTRI di cui agli articoli 260-bis e 260- ter del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, non si applicano".

Successivamente, la norma è stata più volte rinnovata fino alla l. 27 dicembre 2017, n. 205, che ha disposto che "Fino alla data del subentro nella gestione del servizio da parte del concessionario individuato con le procedure di cui al comma 9-bis, e comunque non oltre il 31 dicembre 2018 [...] le sanzioni relative al SISTRI di cui agli articoli 260-bis, commi da 3 a 9, e 260-ter del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e successive modificazioni, non si applicano".

Come è noto, il SISTRI è ormai andato in «soffitta» dal 1° gennaio 2019 (con d.l. 14 dicembre 2018 n. 135 convertito con modificazioni dalla l. 11 febbraio 2019, n. 12) e pertanto il sistema, compresa la parte sanzionatoria, non è più operativo.

Riteniamo comunque utile esprimere alcune sintetiche osservazioni sul rapporto tra l’art. 260 ter e l’art. 259 D.Lgs. n. 152/2006.

Orbene, a parte la sciatteria del testo (v. la frase «… salvo che gli stessi che appartengano, non fittiziamente a persona estranea al reato » in cui compare un «che» di troppo e una virgola di meno!), è il senso complessivo della disposizione che facciamo fatica a comprendere.

Appare chiaro, infatti, che la disposizione interveniva sulla stessa tematica dell’art. 259, senza peraltro abrogarlo formalmente. E’ vero che l’abrogazione della norma precedente ad opera della successiva poteva anche essere implicita, ma siamo perplessi che tale strada fosse percorribile.

In primo luogo, l’art. 260 ter parlava esclusivamente di rifiuti pericolosi, mentre l’art. 259, comma 2, non fa distinzione di sorta.

In secondo luogo, l’art. 260 ter introduceva nell’ordinamento la previsione che il veicolo poteva appartenere, non fittiziamente, a persona estranea al reato - mutuando, anche se solo in parte, l’elaborazione della giurisprudenza – mentre l’art. 259 nulla dice espressamente al riguardo.

In terzo luogo, l’art. 260 ter disponeva, a differenza dell’art. 259 che limita la confisca alla sentenza di condanna o di patteggiamento, che «è sempre disposta la confisca del veicolo e di qualunque altro mezzo utilizzato per il trasporto del rifiuto, ai sensi dell'art. 240, secondo comma, del codice penale».

Fermo restando che la domanda è ormai oziosa, ci chiediamo se fosse stato rivoluzionato il sistema, nel senso che la confisca era diventata effettivamente obbligatoria, come attestato dal «sempre» e dal richiamo all'art. 240, comma 2, cod. pen. che prevede, in esordio, la confisca obbligatoria, oppure se, al di là delle apparenze, non fosse cambiato nulla.

Per abbozzare una risposta, occorre ricordare che l’ordinamento conosce già un’ipotesi di confisca obbligatoria modellata giust’appunto mediante il rinvio all’art. 240 cod. pen. Parliamo dell'art. 6 l. n. 152/1975 che così dispone: il disposto del primo capoverso dell' articolo 240 del codice penale si applica a tutti i reati concernenti le armi, ogni altro oggetto atto ad offendere, nonché le munizioni e gli esplosivi.

Come è noto, l'orientamento della Corte di Cassazione è nel senso che nell'art. 6 cit. il richiamo al disposto del primo capoverso dell'art. 240 riguardi soltanto l'obbligatorietà̀ della confisca per tutti i reati concernenti le armi (e oggetti assimilati), e non l'intera previsione normativa contenuta nel medesimo capoverso, con la conseguenza che i materiali indicati nell’art. 6 l. n. 152/1975 devono considerarsi aggiunti all'elenco delle cose confiscabili indicate nella norma codicistica, a prescindere dalla loro intrinseca criminosità. La confisca è, dunque, obbligatoria anche se ricorre una causa estintiva del reato, come l’oblazione.

Orbene, siamo fortemente dubbiosi che l’art. 260 ter potesse essere inteso al pari dell’art. 6 legge armi perché, dal punto di vista testuale, non vi era la chiara indicazione che il richiamo al capoverso dell’art. 240 cod. pen. fosse stato fatto per stabilire l’obbligatorietà – sempre e comunque – della confisca.

Peraltro, esclusa l’ipotesi di intendere il comma 4 dell’art. 260 ter in senso analogo all’art. 6 legge armi, il richiamo al comma 2 dell’art. 240 cod. pen. non aveva alcun senso. Infatti, non dimentichiamo che la confisca delle cose costituenti il prezzo del reato, prevista come obbligatoria dall'art. 240, comma 2, n. 1, cod. pen., non può essere disposta nel caso di estinzione del reato (Cass. pen., sez. un., 10-07-2008, n. 38834, De Maio, Foro it., 2009, II, 156). Inoltre, la confisca va applicata anche senza sentenza di condanna sulle cose di cui al comma 2, n. 2, dell’art. 240 cod. pen. in ragione della loro intrinseca illiceità, requisito che non ricorre nell’ipotesi del veicolo utilizzato per il trasporto abusivo di rifiuti.

Comunque, queste ed altre domande sono superate dal fatto che, attualmente, l’art. 260 ter è improduttivo di effetti pratici e pertanto l’art. 259 resta la norma cardine della disciplina in materia.

III. L’articolo menzionato in esordio ricordava, opportunamente, che gli organi di polizia giudiziaria devono disporre il sequestro preventivo del mezzo di trasporto finalizzato alla confisca.

A questo riguardo va chiarito che, anche se nella giurisprudenza della Cassazione ricorre l’affermazione che il reato di trasporto di rifiuti senza autorizzazione ha natura di reato istantaneo che si perfeziona nel momento in cui si realizza la singola condotta tipica, sicchè è sufficiente un unico trasporto ad integrare la fattispecie incriminatrice, la stessa Suprema Corte, a cominciare dalla sentenza n. 5716 del 7 gennaio 2016, P.M. in proc. Isoardi, Foro it., 2016, II, 433, ha puntualizzato che il reato si configura purchè la condotta «costituisca un'attività di gestione di rifiuti e non sia assolutamente occasionale».

In relazione a quest’ultimo concetto, la Cassazione ha chiarito che «la rilevanza della "assoluta occasionalità" ai fini dell'esclusione della tipicità deriva non già da una arbitraria delimitazione interpretativa della norma, bensì dal tenore della fattispecie penale, che, punendo la "attività" di raccolta, trasporto, recupero, smaltimento, commercio ed intermediazione, concentra il disvalore d'azione su un complesso di azioni, che, dunque, non può coincidere con la condotta assolutamente occasionale».

Nella stessa ottica, Cass. 23 marzo 2016, n. 29975, Bottazzi, Foro it., 2016, II, 668, ha sostenuto che il tratto della «non occasionalità» rappresenta l’autentica cifra di riconoscimento della fattispecie di reato, sicché il trasporto occasionale, inteso nel senso rigoroso di operazione oggettivamente isolata e del tutto priva di collegamento rispetto ad una stabile o anche solo continuativa attività di gestione di rifiuti o comunque scollegata da una fonte stabile di produzione del rifiuto stesso, fuoriesce dall’ambito di operatività della norma incriminatrice.

Ne consegue che se il trasporto di rifiuti è realmente un episodio del tutto «occasionale» ed estemporaneo, il reato è escluso; se viceversa si inserisce – come accade nella maggioranza dei casi – in un’attività stabile, anche minimamente organizzata, connessa alla durevole necessità di gestire i rifiuti prodotti dalla propria attività o prodotti da terzi, il fatto è sempre punibile.

In questa prospettiva, la polizia giudiziaria ha il compito di stabilire, in prima battuta, se la condotta accertata sia caratterizzata dall’assoluta occasionalità o sia invece l’espressione di un’attività organizzata.

Allo scopo di meglio orientarsi, la polizia giudiziaria potrà far leva su alcuni indici, capaci di dimostrare il minimo livello organizzativo dell’attività che esclude la natura occasionale del trasporto: la natura, la tipologia e l’eterogeneità dei rifiuti trasportati; l’entità ponderale dei rifiuti trasportati (indicativa anche dello svolgimento di una raccolta preliminare e di una più o meno lunga fase di raggruppamento preliminare dei rifiuti, con la conseguente necessità di disporre di un sito dedicato per l’appunto a tale stoccaggio); l’impiego di un veicolo adeguato e funzionale al trasporto di rifiuti, tipo autocarro, furgone e via dicendo; la finalità del trasporto dei rifiuti perché, se è quella di ricavare un lucro dalla loro vendita, è provata l’esistenza di un’attività organizzata.

In conclusione, attraverso gli elementi obiettivi da individuarsi in concreto e da apprezzarsi anche in via alternativa tra loro, la polizia giudiziaria potrà valutare, nella fase iniziale del controllo su strada, in cui non si dispone di altri indizi, se il soggetto si sia limitato al compimento di un atto occasionale (e cioè dell’unico trasporto accertato) o se è plausibile che stia svolgendo, anche «di fatto», un’«attività» di raccolta e trasporto dei rifiuti.

1 La confisca obbligatoria del mezzo di trasporto ex artt. 259 comma 2° e 260 ter commi 4° e 5° d.lgs 152/06 conseguente al reato di trasporto illecito di rifiuti, di Corbella, www.lexambiente.com, 7/10/2019.

2 Recita l’articolo «Nel caso di condanna, il giudice può ordinare la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato, e delle cose, che ne sono il prodotto o il profitto.

È sempre ordinata la confisca:

1) delle cose che costituiscono il prezzo del reato;

1-bis) dei beni e degli strumenti informatici o telematici che risultino essere stati in tutto o in parte utilizzati per la commissione dei reati di cui agli artt. 615-ter , 615-quater , 615-quinquies , 617-bis , 617-ter , 617-quater , 617-quinquies , 617-sexies , 635-bis , 635-ter , 635-quater , 635-quinquies , 640-ter e 640-quinquies nonché dei beni che ne costituiscono il profitto o il prodotto ovvero di somme di denaro, beni o altre utilità di cui il colpevole ha la disponibilità per un valore corrispondente a tale profitto o prodotto, se non è possibile eseguire la confisca del profitto o del prodotto diretti;

2) delle cose, la fabbricazione, l'uso, il porto, la detenzione o l'alienazione delle quali costituisce reato, anche se non è stata pronunciata condanna».

3 L’art. 6, comma 1 bis, L. n. 210 del 2008 prevede per tutte le fattispecie penali di cui al citato articolo, poste in essere con l'uso di un veicolo, che, alla sentenza di condanna, consegua la confisca del veicolo.

4 Peraltro, la sentenza motiva sinteticamente la statuizione limitandosi a sostenere che «Posto che nel caso in questione al Candiano è stato dapprima sequestrato e quindi confiscato il veicolo a bordo del quale egli stava provvedendo al trasporto non autorizzato dei rifiuti, costituiti dai rottami ferrosi, di cui al capo di imputazione, correttamente la corte d’appello, pur considerata la condotta posta in essere non punibile ai sensi dell’art. 131 bis c.p., ritenutane l’oggettiva contrarietà al diritto, ha disposto, applicando l’art. 6, comma 1 bis, d.l. n. 172 del 2008, come risultante a seguito delle legge di conversione, la confisca del veicolo in questione».