TAR Campania (NA) Sez. V n. 851 del 2 febbraio 2024
Rifiuti.Abbandono ed individuazione del soggetto responsabile

Secondo l'art. 183, lett. h) dlv 152\2006 è considerato detentore dei rifiuti il produttore degli stessi o la persona fisica o giuridica che ne è in possesso. L'art. 188, primo comma del medesimo decreto stabilisce, a sua volta, che la responsabilità in ordine alla corretta gestione dei rifiuti compete al produttore iniziale o ad altro detentore, mentre il quarto comma di questa medesima norma precisa che tale responsabilità non viene meno con la consegna dei rifiuti ad altri soggetti, a meno che vi sia stato conferimento al servizio pubblico di raccolta ovvero conferimento a soggetti autorizzati alle attività di recupero o di smaltimento, e a condizione che il detentore abbia ricevuto il formulario di cui al successivo articolo 193. Risulta evidente in tale quadro che il soggetto che produce il rifiuto, fintantoché non se ne libera nei modi indicati dal citato art. 188, quarto comma, del d.lgs. n. 152 del 2006, è responsabile della corretta gestione del medesimo ed è quindi colui che deve essere individuato quale autore dell'abbandono nel caso in cui il materiale non venga correttamente smaltito.

Pubblicato il 02/02/2024

N. 00851/2024 REG.PROV.COLL.

N. 05011/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 5011 del 2020, proposto da
-OMISSIS-in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Maria Fontanella, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero della Difesa, Ministero dell'Interno, U.T.G. - Prefettura di Napoli, Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Caserta, Carabinieri Comando Provinciale di Caserta, Carabinieri Stazione di Teano, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliataria ex lege in Napoli, via Diaz, 11;
-OMISSIS-- Campania, U.T.G. - Prefettura di Caserta;

nei confronti

-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Antonio Santoro, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
-OMISSIS-;

per l'annullamento:

a) dell'ordinanza n. 84 del 22.10.2020, notificata in pari data, con cui il Comune di Teano ha ordinato ai sensi dell'art. 192 del D. Lgs 152/2006 alla società -OMISSIS- la rimozione e lo smaltimento dei rifiuti abbandonati presenti sulla particella 5004 del Foglio 18;

b) ove e per quanto occorra, del verbale conclusivo della conferenza dei servizi interna prot. n. 13286 del 19.10.20;

c) ove e per quanto occorra, della nota prot. n. 13872 del 30.10.20 del Comune di Teano;

d) ove e per quanto occorra, dei verbali della conferenza dei servizi interna prot. n. 2081 del 31.01.20 e 2946 del 14.02.20;

e) di ogni altro atto presupposto, preordinato, connesso e conseguente se ed in quanto lesivo degli interessi della ricorrente.

 

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa, del Ministero dell'Interno, dell’U.T.G. - Prefettura di Napoli, del Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco di Caserta, del Comando Provinciale dei Carabinieri di Caserta - Stazione di Teano;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore la dott.ssa Maria Grazia D'Alterio e uditi nell'udienza pubblica del giorno 5 dicembre 2023 per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

 

FATTO e DIRITTO

1. Con il ricorso all’esame è controversa la legittimità dell’ordinanza in oggetto, con cui il Comune di Teano ha ordinato alla società -OMISSIS-ai sensi dell’art. 192 del D. Lgs 152/2006, la rimozione e lo smaltimento dei rifiuti abbandonati sulla particella 5004 del Foglio 18, sede di un dismesso impianto di trattamento rifiuti, già gestito da essa società ricorrente.

2. Più in dettaglio, -OMISSIS- ha premesso in fatto che:

- con determinazione della Provincia di Caserta n. 64/W del 23 luglio 2009, veniva autorizzata ad esercitare l’attività di recupero rifiuti sulle particelle 5003, 5004 e 5005 del Foglio 18 e veniva altresì disposta l’iscrizione della stessa nel registro delle imprese abilitate al recupero dei rifiuti ex art. 216; detta autorizzazione veniva in seguito rinnovata con ulteriore determinazione provinciale n. 21/W del 24 febbraio 2014;

- con ordinanza n. 4 del 1° aprile 2015, il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere – Ufficio Esecuzioni Immobiliari ordinava la liberazione della particella 5004, in quanto oggetto di un pignoramento operato dalla società -OMISSIS-quest’ultima in contenzioso per l’accertamento della proprietà con la -OMISSIS-., comodante della -OMISSIS-);

- al fine di continuare nell’esercizio dell’attività anche sulla particella 5004, essa ricorrente presentava opposizione all’atto di precetto, che, tuttavia, veniva rigettata;

- ad ogni modo, ricevuta l’ordinanza di rilascio e nelle more della definizione dei giudizi di opposizione a precetto, -OMISSIS- continuava nell’esercizio della propria attività e rimuoveva i rifiuti in questione effettuando 11 carichi nel 2015 e 17 carichi nel 2016, per un totale di circa 2000 mc di materiale smaltito;

- a seguito di numerosi accessi dell’Ufficiale Giudiziario, si vedeva costretta ad interrompere le attività di rimozione dei restanti circa 3000 metri cubi e a rilasciare definitivamente il possesso dell’immobile al custode giudiziario -OMISSIS-

- per effetto del rilascio dell’immobile, essa ricorrente non poteva continuare nell’attività di recupero dei rifiuti depositati sulla particella 5004, atteso che la proprietà ed il possesso della particella in questione venivano acquisiti dal nuovo proprietario -OMISSIS-s, e, per esso, dal custode giudiziario-OMISSIS-., che effettuavano anche una divisione fisica – attraverso appositi cancelli - della particella 5004 dalle particelle limitrofe.

3. Avverso l’epigrafata ordinanza la ricorrente ha proposto gravame, deducendo, in plurimi articolati motivi in diritto, vizi di violazione di legge (segnatamente degli artt. 192 e seguenti del d.lgs. n. 152/2006) ed eccesso di potere per più profili (violazione giusto procedimento, ingiustizia manifesta, difetto di istruttoria e di motivazione, inesistenza ed erroneità dei presupposti).

In tesi di parte ricorrente - questo in estrema sintesi il contenuto delle doglianze - il provvedimento sarebbe palesemente illegittimo atteso che:

- sarebbero state violate le regole basilari di partecipazione e contraddittorio procedimentale su una questione fondamentale posta a base dell’impugnata ordinanza (ossia sulla circostanza per cui la società -OMISSIS- sarebbe obbligata alla rimozione dei rifiuti sulla base della sentenza del TAR Campania Napoli n. 5440/2019 che ha respinto il ricorso della società avverso il diniego di AUA per mancanza di titoli edilizi relativi all’impianto);

- l’Amministrazione procedente avrebbe errato nel ritenere che essa ricorrente sia tenuta a sgomberare i rifiuti presenti sulle aree in questione, non essendo legittimata passiva dell’ordine di rimozione, atteso che la particella 5004 non è più nella propria disponibilità, i materiali erano legittimamente depositati nell’area de qua nell’ambito di un’attività autorizzata e sono stati oggetto di trattamento fino a quando vi è stato lo spossessamento del cespite, per cui in alcun modo potrebbe configurarsi la fattispecie fattuale, e quindi giuridica, di accumulo/deposito incontrollato di rifiuti che, in via astratta, legittimerebbe l’adozione dell’ordinanza ex art 192;

- -OMISSIS- non sarebbe dunque incorsa nella fattispecie illecita dell’abbandono dei rifiuti in questione, non avendo alcuna colpa né tanto meno avrebbe operato dolosamente;

- l’abbandono dei rifiuti sarebbe riconducibile unicamente all’operato del custode giudiziario -OMISSIS- e del proprietario -OMISSIS-in tesi, unici legittimati passivi dell’ordinanza sia come responsabili dell’abbandono che come proprietari/detentori colpevolmente inerti.

In via subordinata, a tutto concedere, l’ordine impartito sarebbe comunque illegittimo in quanto avente ad oggetto un obbligo di “facere” ineseguibile per la -OMISSIS-oltre che impossibile, imponendo un obbligo di smaltimento contrario alla legge, trattandosi, in tesi, di rifiuti recuperabili; fisserebbe comunque un termine di 90 evidentemente incongruo, essendo in tesi necessaria una tempistica minima di 48 settimane lavorative, come emergerebbe dalla perizia tecnica di parte, prodotta in atti.

3. Si sono costituiti in giudizio per resistere all’avverso ricorso, per il tramite dell’avvocatura di Stato, le intimate amministrazioni statali, che hanno depositato memoria di stile, unitamente a corposa documentazione.

Si è inoltre costituita la controinteressata -OMISSIS- che ha ribadito la piena responsabilità della ricorrente nell’abbandono dei rifiuti, chiedendo che il ricorso sia respinto.

4. All’udienza di merito del 5 dicembre 2023 il Collegio ha trattenuto la causa in decisione.

5. Il ricorso è infondato.

5.1 L'art. 192, primo comma, del d.lgs. n. 152 del 2006 stabilisce che l'abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo sono vietati. In base al terzo comma del medesimo articolo, e nel rispetto dell’apicale principio di matrice comunitaria “chi inquina paga”, chiunque viola tale divieto è tenuto a procedere alla rimozione, all'avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi. Aggiunge, poi, lo stesso terzo comma che il sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all'esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate.

Come si vede, tali norme sono chiare nel prevedere che l'ordine di rimozione e trattamento impartito dal sindaco deve essere rivolto a colui che ha violato il divieto di abbandono rifiuti (questa responsabilità si estende, peraltro, anche al proprietario dell'immobile interessato dall'abbandono qualora vi abbia concorso con dolo o con colpa).

Per dare soluzione alla presente controversia, occorre quindi stabilire se la ricorrente (pacificamente non proprietaria del sito sul quale sono stati rinvenuti i rifiuti) può essere considerata soggetto che ha violato il divieto di abbandono.

A tal fine, occorre richiamare le disposizioni contenute nell'art. 183, lett. h), e nell'art. 188 del d.lgs. n. 152 del 2006. In base alla prima disposizione è considerato detentore dei rifiuti il produttore degli stessi o la persona fisica o giuridica che ne è in possesso. L'art. 188, primo comma, stabilisce, a sua volta, che la responsabilità in ordine alla corretta gestione dei rifiuti compete al produttore iniziale o ad altro detentore, mentre il quarto comma di questa medesima norma precisa che tale responsabilità non viene meno con la consegna dei rifiuti ad altri soggetti, a meno che vi sia stato conferimento al servizio pubblico di raccolta ovvero conferimento a soggetti autorizzati alle attività di recupero o di smaltimento, e a condizione che il detentore abbia ricevuto il formulario di cui al successivo articolo 193.

Risulta evidente in tale quadro che il soggetto che produce il rifiuto, fintantoché non se ne libera nei modi indicati dal citato art. 188, quarto comma, del d.lgs. n. 152 del 2006, è responsabile della corretta gestione del medesimo ed è quindi colui che deve essere individuato quale autore dell'abbandono nel caso in cui il materiale non venga correttamente smaltito.

5.2 Nel caso di specie, contrariamente a quanto pervicacemente sostenuto dalla difesa ricorrente, nella motivazione dell’atto impugnato sono chiaramente indicati gli elementi di fatto e le ragioni giuridiche sulla scorta dei quali la ricorrente è stata considerata responsabile dell’abbandono dei rifiuti ed è stata dunque destinataria dell’ordine di provvedere alla rimozione e smaltimento di detti rifiuti, rimarcandosi in particolare che:

- presso il sito già sede del dismesso impianto di trattamento rifiuti gestito dalla ricorrente risultavano presenti circa 3.303 tonnellate di rifiuti che la stessa -OMISSIS- dichiarava di propria pertinenza, pur asserendo di essere impossibilitata allo smaltimento a causa di indisponibilità di mezzi ed economica;

- che in data 1° aprile 2015 il G.E., venuto a conoscenza della occupazione abusiva, emetteva ordine di liberazione dell’immobile entro 31 ottobre 2016, che tuttavia non veniva eseguito;

- che con nota del 24 gennaio 2019, acquisita al protocollo dell’Ente al n. 1643 del 28 gennaio 2019, il Comando dei Carabinieri per la tutela ambientale – Nucleo Operativo Ecologia di Caserta, comunicava “l’abbandono di ingenti rifiuti non pericolosi all’interno di un’area industriale chiusa e recintata sita in località -OMISSIS- e distinta in catasto urbano del Comune di Teano al foglio 18 p.lla 5004”;

- che, sempre in data 24 gennaio 2019, con verbale 14/DPF/19, l’ARPAC a seguito di sopralluogo accertava la presenza all’interno dell’impianto di circa 3.303 tonnellate di rifiuti gestiti e prodotti dalla società -OMISSIS-, costituenti un potenziale rischio data la loro natura infiammabile e la totale assenza di presidi antincendi.

Dunque, da quanto emerge dalla documentazione in atti, e, del resto, riconosciuto dalla stessa ricorrente negli scritti difensivi, i rifiuti in questione erano stati da essa ricorrente depositati sulla particella 5004 in attesa di essere avviati al recupero. Di talché, ricevuto, come visto, l’ordine di liberazione dell’immobile da tutte le cose presenti nell’ambito del procedimento di esecuzione immobiliare e dismessa l’attività sul sito in questione, incombeva sulla ricorrente provvedere alla rimozione dei rifiuti ancora presenti sul sito. Difatti, venuta meno l’attività e, dunque, il titolo in base al quale tali rifiuti erano provvisoriamente stoccati (anche a prescindere dalle conseguenze derivanti dalla sentenza del TAR n. 5440/2019, richiamata dall’ordinanza impugnata a rafforzamento delle ragioni dell’ordine di rimozione), è sorto l’obbligo, da parte della società che li aveva prodotti e che li deteneva, di provvedere alla loro rimozione e allo smaltimento. Senonché, in violazione di tale obbligo, dal 2016 ad oggi i rifiuti in questione (trattasi incontestatamente di rifiuti con codice CER 19.12.12 – ovvero scarti di lavorazione non avviabili a recupero ma smaltibili solo presso le discariche, come certificato dal Nucleo NOE e dall’ARPAC) sono stati illegittimamente e intenzionalmente abbandonati dalla ricorrente su sito alieno, di cui la stessa non aveva oramai alcuna disponibilità giuridica.

Risulta in atti che più volte la ricorrente società è stata invitata, nell’ambito della procedura esecutiva di rilascio dell’immobile oggetto di vendita giudiziaria, a liberare il sito dai rifiuti abbandonati presso il cespite in oggetto, senonché, pur non disconoscendo che i rifiuti erano propri, dichiarava di non aveva i mezzi per provvedervi.

Il che, evidentemente, non costituisce elemento esimente dalla responsabilità in esame, che discende unicamente dal fatto che i rifiuti sono riconducibili alla pregressa attività svolta dalla ricorrente e che l’obbligo di corretto smaltimento è parte integrante l’attività di impresa.

5.3 Ciò posto, risultano inoltre infondate le ulteriori censure dedotte in via gradata, con cui la ricorrente lamenta l’impossibilità di adempimento all’ordine impartito, in quanto l’immobile ove sono situati i rifiuti è stato oggetto di rilascio forzoso e sottratto alla disponibilità del soggetto destinatario del comando.

E invero, basti al riguardo rilevare che l’ordinanza in questione reca l’ordine al custode giudiziario di consentire l’accesso al fondo alla ricorrente per permettere la rimozione e lo smaltimento dei rifiuti, e che i rilievi svolti in ordine alle contestate modalità, anche temporali, di rimozione e smaltimento dei rifiuti, come detto classificati con il su precisato codice CER 19.12.12, possono al più rilevare in sede di esecuzione, al fine di conseguire una eventuale rimodulazione dell’attività imposta, risultando comunque inidonei ad inficiare la legittimità dell’ordine impartito.

5.4 Alla stregua delle superiori considerazioni, risultando l’ordinanza impugnata ampiamente motivata con la ricorrenza dei presupposti in fatto e diritto previsti dalla normativa richiamata, oltre che correttamente indirizzata verso l’autore dell’abbandono, come accertato in contraddittorio con la stessa impresa interessata, a seguito di approfondita istruttoria, anche in sede conferenziale - ove risultano acquisiti gli esiti dei plurimi sopralluoghi compiuti dalle competenti autorità oltre che i provvedimenti emessi nel corso del procedimento esecutivo innanzi al giudice dell’esecuzione immobiliare -, il ricorso va respinto, essendo infondati tutti i dedotti motivi di gravame.

6. Le spese di lite seguono la soccombenza e cedono a carico della ricorrente, nella misura liquidata come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania – Napoli (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Condanna la ricorrente alla refusione delle spese di lite, nella misura complessiva di €. 5.000,00, di cui €. 3.000,00, oltre accessori come per legge, in favore della controinteressata, ed €. 2.000,00, oltre accessori come per legge, in favore delle amministrazioni resistenti.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (e degli articoli 5 e 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016), a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 5 dicembre 2023 con l'intervento dei magistrati:

Maria Abbruzzese, Presidente

Gianluca Di Vita, Consigliere

Maria Grazia D'Alterio, Consigliere, Estensore