TAR Campania (SA) Sez. II n. 537 del 2 marzo 2021
Rifiuti.Assimilazione dei veicoli sequestrati in deposito a rifiuti

La definizione di rifiuto fornita dall’art. 183, comma 1, lett. a), d. lgs. 3 aprile 2006 n. 152, si basa sul dato funzionale, con la conseguenza che, per stabilire se una determinata sostanza o un determinato oggetto siano da considerare rifiuto, non occorre individuarne gli elementi intrinseci che ne determinano la qualificazione, ma occorre piuttosto fare riferimento appunto al dato funzionale, essendo rifiuto tutto ciò di cui il detentore si sia disfatto ovvero intenda disfarsi o sia obbligato a farlo. Se tale è la definizione di rifiuto, fornita dalla legislazione di settore, non può effettuarsi un’automatica, ed acritica, equiparazione tra i “rifiuti”, come sopra individuati, e le autovetture, in giudiziale sequestro, o parti di esse, giacenti nell’area, di pertinenza del custode. Il quale, all’evidenza, non s’è disfatto, né ha avuto l’intenzione, né ha – stricto iure – l’obbligo, di disfarsi di tali veicoli, i quali, in quanto sottoposti a sequestro, e quindi, evidentemente, ivi depositati, in relazione al vincolo di natura reale, disposto in relazione ad indagini di natura penale, non possono essere, fino al momento delle definitive determinazioni dell’A. G. penale, in ordine alla loro sorte (esemplificando: fino alla loro confisca, ovvero fino alla loro restituzione all’avente diritto, a seconda dell’esito delle indagini preliminari, svolte relativamente ad essi, ovvero sino all’esito del giudizio, eventualmente da dette indagini sorto), sottratti a tale vincolo, ben potendo gli stessi veicoli, sino alle predette definitive determinazioni dell’A. G. penale, essere tuttora necessari a fini di prova dei reati, per i quali si procede.

Pubblicato il 02/03/2021

N. 00537/2021 REG.PROV.COLL.

N. 00212/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso, numero di registro generale 212 del 2020, proposto da:
-OMISSIS- s. r. l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Teodoro Reppucci, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto, in Salerno, al Largo San Tommaso d’Aquino, 3, presso la Segreteria del T. A. R. Salerno;

contro

-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Giuseppe Ercolino, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto, in Salerno, al Largo Dogana Regia, 15, presso l’Avv. Antonio Brancaccio;

per l’annullamento

- dell’ordinanza n. -OMISSIS-, notificata in data 12.11.2019, con la quale il Sindaco ordinava alla ricorrente, “nel rispetto dell’art. 247 d. lgs. 152/2006 (sc. di provvedere) a propria cura e spese, entro 90 gg., alla rimozione, all’avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti, previa attribuzione del relativo codice CER ed al ripristino dello stato dei luoghi”;

- d’ogni altro atto preordinato, presupposto, connesso e conseguente;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del -OMISSIS-;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 24 febbraio 2021, tenutasi da remoto in modalità TEAMS, il dott. Paolo Severini;

Ritenuto e considerato, in fatto e in diritto, quanto segue;


FATTO

La società ricorrente, gerente attività di: “soccorso stradale, gestione di depositi di veicoli sequestrati per enti pubblici e privati, [etc...]”, in sostanza di custode giudiziario, con una serie di depositi nella Regione Campania, in particolare nelle aree di Avellino e Napoli, e che, nell’esecuzione di detta attività, sull’area in questione (depositeria giudiziale di -OMISSIS-– località Vallipesce) aveva in deposito circa 600 veicoli, sequestrati dalle Forze di Polizia, in particolare veicoli affidati in giudiziale custodia, nel corso degli anni dal 2000 al 2004, come da verbali depositati; richiamata la documentazione, attestante la regolarità delle autorizzazioni, ex d. l.vo 571/82, in suo possesso (autorizzazione prefettizia, rilasciata in data-OMISSIS-, per il deposito di veicoli anche nell’area, sita alla località Vallipesce, e successive), avverso il provvedimento gravato articolava le seguenti censure in diritto:

- 1) Violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e 8 della legge n. 241/1990 – Eccesso di potere: nella specie l’Amministrazione aveva omesso la comunicazione d’avvio del procedimento, con conseguente lesione del diritto di partecipazione e di difesa della ricorrente;

- 2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 192, comma III, 239, 255 e 247 del d. l.vo 152/2006; Eccesso di potere per difetto e carenza d’istruttoria, contraddittorietà della motivazione, travisamento dei fatti e del diritto, motivazione apparente ed illogica: nell’ordinanza impugnata si contestava, al legale rappresentante della ricorrente, lo stoccaggio e l’abbandono incontrollato di rifiuti speciali, laddove “l’insussistenza della condotta contestata emergeva, ictu oculi, dalla presa d’atto dell’attività, svolta nell’ambito dell’area sottoposta a sequestro, di deposito giudiziario di autovetture”; nell’area sequestrata erano, in particolare, depositati circa 600 veicoli (ivi allocati, in virtù di provvedimenti amministrativi ovvero giudiziari), in pessimo stato di conservazione; la quale condizione tuttavia, in sé considerata (attraverso la denominazione, loro ascritta nell’ordinanza, di “veicoli completamente fuori uso”), non consentiva di qualificarli come “rifiuti”, sì da ritenere verificata l’elevata contestazione (cfr. art. 183, comma 1, lettera a), del D. Lgs n. 152/2006, secondo cui per rifiuto deve intendersi qualunque sostanza od oggetto di cui il detentore “si disfi, abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi”); ma nella specie non poteva dirsi posta in essere, dalla ricorrente, alcuna azione tesa al “disfarsi” di quanto oggetto del provvedimento impugnato, ovvero alla decisione, o all’obbligo, di farlo; insomma, “i veicoli sottoposti a sequestro giudiziario o amministrativo ed affidati ad un custode, non potevano concettualmente rientrare nella nozione di rifiuto, come sopra delineata, essendo vincolati alla disponibilità dell’autorità giudiziaria o amministrativa e non potendo, quindi, essere oggetto d’alcuna attività (volta ad eliminarli: nde) da parte del custode”; tampoco, nella specie, sussisteva “la volontà, da parte dei proprietari/detentori dei veicoli, oggetto di sequestro, di disfarsene, atteso il vincolo reale, gravante sui medesimi e l’affido temporaneo in custodia alla ricorrente”; infatti, “solo con il dissequestro e con la conseguente libera disponibilità delle autovetture stesse, da parte dei relativi proprietari si sarebbe potuto, al limite, ipotizzare la sussistenza dei presupposti”, di cui sopra; pertanto, “sotto il profilo del deposito e dello smaltimento di rifiuti, l’ordinanza impugnata, per non avere tenuto in debita considerazione le evidenziate circostanze”, meritava, ad avviso della ricorrente, d’essere annullata.

Si costituiva in giudizio il -OMISSIS-, con memoria in cui concludeva per il rigetto del ricorso, in quanto infondato, evidenziando, in particolare, che la comunicazione d’avvio del procedimento, culminato nel provvedimento gravato, era stata regolarmente inviata via p. e. c., che la ricorrente non era debitamente autorizzata per l’esercizio di tale attività, nell’area in questione, e che la stessa ricorrente aveva omesso di chiedere, all’autorità giudiziaria, che aveva disposto il sequestro di tali veicoli, l’autorizzazione a rimuoverli, ex art. 247 d. l.vo 152/2006, perpetuando, così, un’ultradecennale situazione d’inquinamento ambientale, nell’area interessata.

Con ordinanza, resa all’esito dell’udienza in camera di consiglio del 4.03.2020, la Sezione così provvedeva, circa la domanda cautelare, articolata da parte ricorrente:

“Rilevato che il ricorso, ad un primo sommario esame, pare favorevolmente valutabile, ai fini cautelari, attesa l’estremamente problematica assimilazione dei “veicoli oggetto di sequestro, che risultano versare in pessime condizioni”, depositati nell’area di ca. 10.000 mq., gestita dalla società ricorrente, ed oggetto del provvedimento gravato (nel quale, quindi, si specifica essere stati sottoposti, a sequestro preventivo convalidato dall’A. G., 8.000 mq. di detta area, “occupati da circa 600 veicoli sequestrati dalle forze di polizia”), sic et simpliciter, a “rifiuti”, dei quali possa ordinarsi la rimozione, ai sensi del d. lgs. 152/2006 (stante, in particolare, la persistente pertinenza dei veicoli de quibus, sottoposti – come testualmente affermato dal Comune – al predetto vincolo di natura reale, ad indagini dell’A. G. penale);

Riservato, in ogni caso, ogni approfondimento della questione all’udienza di merito, che si provvede contestualmente a fissare, con la sollecitudine consentita dalla gravosa situazione dei ruoli della Sezione;

Rilevato che le spese di fase possono, per la peculiarità della specie, compensarsi tra le parti;

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania – Sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda), accoglie la domanda cautelare, e per l’effetto:

a) sospende l’efficacia del provvedimento impugnato;

b) fissa per la trattazione di merito del ricorso l’udienza pubblica del 14 ottobre 2020;

c) compensa le spese della presente fase cautelare tra le parti”.

Nell’imminenza della discussione, seguiva il deposito, da parte del -OMISSIS-, di un “verbale di dissequestro temporaneo e rimozione dei sigilli, con contestuale ri(ap)posizione al termine delle operazioni, nell’ambito del proc. pen. 5833/2019 mod. 21 RGNR, dell’area di 8.000 mq., catasto terreni fl. 31 p.lle 163 – 164”, disposto, in data 14/12/2020, dalla Procura della Repubblica di Avellino.

All’udienza pubblica del 24.02.2021, tenutasi da remoto in modalità TEAMS, il ricorso era trattenuto in decisione.

DIRITTO

Ritiene il Tribunale, riprendendo ed ampliando quanto osservato, in sede di decisione circa la domanda cautelare, proposta dalla ricorrente, che il presente gravame, conformemente alla seconda doglianza, ivi sollevata, vada accolto.

L’ordine, impartito dal -OMISSIS-, al legale rappresentante della società ricorrente, di “procedere, con urgenza, nel rispetto di quanto disposto dall’art. 247 comma 1, d. lgs. 152/2006, a proprie cura e spese – entro il termine di 90 (novanta) giorni dalla data di notifica della presente ordinanza – alla rimozione, all'avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti, previa attribuzione del pertinente codice c. e. r., ed al ripristino dello stato dei luoghi nel rispetto della normativa vigente in materia”, nella sua assolutezza, non tiene conto delle decisive circostanze, evincibili dallo stesso provvedimento gravato, che:

- a seguito di sopralluogo, effettuato in data 3/09/2019 dal Comando Polizia Municipale (di -OMISSIS-) presso l’area sita in località Vallipesce di -OMISSIS-, in catasto terreni al fol. 31, p.lle 163 e 164 (ex p.lle 159 e 160), gestita dalla società ricorrente, di proprietà di terzi, era emerso che sulla stessa erano depositati veicoli oggetto di sequestro, che risultano versare in pessime condizioni;

- (…)

- in data 27/09/2019 il Comando Polizia Municipale, a seguito di indagini, aveva proceduto, d’iniziativa, al sequestro preventivo (convalidato in data 01/10/2019), di circa 8.000 mq. di detta area, occupata da circa 600 veicoli, sequestrati dalle Forze di Polizia.

Di conseguenza, l’assimilazione, sic et simpliciter operata, in detta ordinanza, dei veicoli sequestrati dalle forze di polizia, siti nel deposito gestito dalla ricorrente, a “rifiuti”, ai sensi del d. l.vo 152/2006, non può essere accettata.

Ai sensi dell’art. 183, comma 1, lett. a), del d. l.vo 152/2006, s’intende per “rifiuto” “qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l'intenzione o abbia l'obbligo di disfarsi”.

La giurisprudenza amministrativa ha chiarito, al riguardo, che: “La definizione di rifiuto fornita dall’art. 183, comma 1, lett. a), d. lgs. 3 aprile 2006 n. 152, si basa sul dato funzionale, con la conseguenza che, per stabilire se una determinata sostanza o un determinato oggetto siano da considerare rifiuto, non occorre individuarne gli elementi intrinseci che ne determinano la qualificazione, ma occorre piuttosto fare riferimento appunto al dato funzionale, essendo rifiuto tutto ciò di cui il detentore si sia disfatto ovvero intenda disfarsi o sia obbligato a farlo” (T. A. R. Lombardia – Milano, Sez. III, 4/11/2019, n. 2302).

Se tale è la definizione di rifiuto, fornita dalla legislazione di settore, non può effettuarsi un’automatica, ed acritica, equiparazione tra i “rifiuti”, come sopra individuati, e le autovetture, in giudiziale sequestro, o parti di esse, giacenti nell’area, di pertinenza della ricorrente.

La quale, all’evidenza, non s’è disfatta, né ha avuto l’intenzione, né ha – stricto iure – l’obbligo, di disfarsi di tali veicoli, i quali, in quanto sottoposti a sequestro, e quindi, evidentemente, ivi depositati, in relazione al vincolo di natura reale, disposto in relazione ad indagini di natura penale, non possono essere, fino al momento delle definitive determinazioni dell’A. G. penale, in ordine alla loro sorte (esemplificando: fino alla loro confisca, ovvero fino alla loro restituzione all’avente diritto, a seconda dell’esito delle indagini preliminari, svolte relativamente ad essi, ovvero sino all’esito del giudizio, eventualmente da dette indagini sorto), sottratti a tale vincolo, ben potendo gli stessi veicoli, sino alle predette definitive determinazioni dell’A. G. penale, essere tuttora necessari a fini di prova dei reati, per i quali si procede.

Anzi, se proprio si vuole spingere il ragionamento, fino alle estreme conseguenze, ove il custode giudiziario si disfi, senza l’autorizzazione dell’A. G. competente, di cose in giudiziale sequestro, ed a lui affidate, ben potrebbe commettere il reato, p. e. p. dagli artt. 334 o 335 c. p.

Ciò vale tanto più, se si considera il rigoroso orientamento della giurisprudenza, circa la condotta del reato di cui all’art. 335 c. p. (cfr. Tribunale Torre Annunziata, 17/07/2020, n. 909: “Elemento soggettivo del reato di violazione colposa dei doveri inerenti alla custodia di cose sottoposte a sequestro è costituito dalla colpa appunto, pertanto affinché sia sufficiente la penale responsabilità del nominato custode è sufficiente il mancato rinvenimento dei beni sequestrati, che pertanto risultano dispersi, in quanto allo stesso addebitabile in assenza di prova di caso fortuito o forza maggiore”).

Si prescinde qui, ovviamente, da qualsivoglia riferimento al possesso, o meno, in capo alla ricorrente, delle autorizzazioni, necessarie a gestire il deposito giudiziario in argomento, perché non dirimente, ai fini del decidere.

Né le superiori problematiche possono essere superate, per effetto del mero riferimento, contenuto sia nella motivazione, sia nel dispositivo dell’ordinanza gravata, all’art. 247 del d. l.vo 152/2006, secondo cui: “Nel caso in cui il sito inquinato sia soggetto a sequestro, l'autorità giudiziaria che lo ha disposto può autorizzare l'accesso al sito per l'esecuzione degli interventi di messa in sicurezza, bonifica e ripristino ambientale delle aree, anche al fine di impedire l'ulteriore propagazione degli inquinanti ed il conseguente peggioramento della situazione ambientale”.

Il riferimento, che postulerebbe, nella specie – deve ritenersi, stante la mancata esplicitazione di tale onere, nell’ordinanza impugnata – che il legale rappresentante della ricorrente avrebbe dovuto munirsi dell’autorizzazione dell’A. G., che aveva disposto il sequestro “del sito inquinato” (evidentemente al fine, poi, d’effettuare la rimozione dei veicoli in sequestro, ivi giacenti), non considera, infatti, che una cosa è il sequestro dell’area, ove i veicoli erano depositati (è lo stesso provvedimento gravato a renderci edotti che “in data 27/09/2019 il Comando Polizia Municipale, a seguito di indagini, ha proceduto, di iniziativa, al sequestro preventivo (convalidato in data 01/10/2019), di circa 8.000 mq. della suddetta area, occupata da circa 600 veicoli sequestrati dalle Forze di Polizia”), una cosa sono i veicoli stessi, ivi abbandonati, sottoposti al vincolo reale in forza di provvedimenti dell’A. G., ovviamente distinti e, con ogni verosimiglianza, di molto precedenti il sequestro dell’area, da parte della Polizia Municipale.

Di talché, quand’anche il legale rappresentante della ricorrente si fosse munito della prospettata autorizzazione dell’A. G. procedente, per accedere al sito inquinato, onde effettuare le operazioni di bonifica che gli erano state prescritte, ciò non avrebbe risolto, peraltro, la centrale problematica, sopra evidenziata, rappresentata dalla pertinenza dei medesimi veicoli, per il tramite dell’istituto del sequestro giudiziario, ad indagini penali, e della conseguente imposizione, relativamente ai medesimi, di un vincolo d’indisponibilità, che si presta ad essere sciolto, solo all’esito delle definitive determinazioni dell’A. G. competente, in relazione (ad ognuno dei) medesimi veicoli in sequestro, nessuno escluso.

Insomma, nella specie, “la rimozione, l’avvio a recupero o lo smaltimento dei “rifiuti” (id est degli autoveicoli, sequestrati dalle forze di polizia, depositati nell’area de qua) ed il ripristino dello stato dei luoghi, ordinati, dal sindaco di -OMISSIS-, alla società ricorrente, in persona del l. r. p. t., sono stati illegittimamente disposti, perché hanno obliterato del tutto il dato, che trattandosi di veicoli in sequestro sarebbe occorso preventivamente accertare se, relativamente a ciascuno di essi, l’A. G. competente avesse adottato le proprie definitive determinazioni al riguardo.

E non è francamente accettabile l’imposizione, in capo al legale rappresentante della società ricorrente, di siffatto onere, che si connota evidentemente in termini di peculiare gravosità, dovendosi in particolare, per ciascuno dei veicoli in sequestro, accertare a quale procedimento penale lo stesso pertenesse, per verificare poi se il medesimo, non essendo eventualmente più necessario, a fini probatori, potesse essere (se effettivamente – come pare di comprendere dal tenore dell’ordinanza – ormai abbandonato ed inservibile), effettivamente distrutto, con conseguente bonifica dell’area.

Del resto, è lo stesso verbale, da ultimo depositato dalla difesa del -OMISSIS-, a corroborare la convinzione del Tribunale, precedentemente espressa.

In esso, infatti, si legge, inter alias: “(…) Gli accertamenti si rendono necessari per ottemperare a quanto disposto dal magistrato titolare delle indagini, in merito al proc. penale 5833/19 mod. 21 (…), ossia effettuare il sopralluogo preliminare, al fine di definire con il rappresentante della parte (…) la necessità di rimuovere le autovetture individuate durante il sopralluogo e di aggiornarsi orientativamente dall’11 al 15 gennaio, con l’ausilio di mezzo meccanico idoneo (escavatore) per rimuovere la crosta superficiale del terreno, operazioni necessarie per l’espletamento del campionamento conoscitivo del terreno superficiale (…)”.

Dal che s’evince, chiaramente, lo scrupolo e la giustificata cautela adoperate, da parte della P. G., su ordine del P. M., nell’operare un sopralluogo preliminare, presso l’area di cui si discute, “per definire con il rappresentante della parte (…) la necessità di rimuovere le autovetture individuate durante il sopralluogo”, il che implica un’attività di preliminare individuazione delle autovetture da rimuovere, che non può non ricollegarsi, ad avviso del Collegio, proprio alla necessità di una previa ed attenta verifica, circa la possibilità di procedere a tale rimozione (evidentemente, in relazione agli evidenziati vincoli di natura reale, scaturenti da indagini o da giudizi penali, gravanti sulle medesime).

In conformità a tali argomentazioni, il provvedimento impugnato dev’essere, quindi, annullato.

Le spese, per l’indubbia particolarità e complessità della specie, possono eccezionalmente compensarsi, fermo restando il rimborso del contributo unificato versato, a carico del -OMISSIS- e in favore della società ricorrente, con attribuzione al difensore della stessa, che ne ha fatto anticipo e richiesta, ex art. 93 c. p. c.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania – Sezione staccata di Salerno (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, l’accoglie, nei sensi di cui in motivazione, e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.

Spese compensate, fermo restando il rimborso del contributo unificato versato, a carico del -OMISSIS- e in favore della società ricorrente, con attribuzione al difensore della stessa, antistatario, ex art. 93 c. p. c.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, commi 1 e 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, e dell’articolo 10 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare le parti del presente giudizio.

Così deciso, in Salerno, nella camera di consiglio del giorno 24 febbraio 2021, con l’intervento dei magistrati:

Nicola Durante, Presidente

Paolo Severini, Consigliere, Estensore

Igor Nobile, Referendario