TAR Umbria Sez. I n.334 del 28 agosto 2012
Rifiuti. Legittimazione associazione

In tema di localizzazione di discariche o comunque di localizzazione di impianti per il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti l’associazione ambientale locale è priva di legittimazione attiva, in quanto carente del riconoscimento ministeriale previsto dall’art. 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349.

N. 00334/2012 REG.PROV.COLL.

N. 00229/2010 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Umbria

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 229 del 2010, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Associazione Amici della Terra - Club della Teverina, in persona del legale rappresentante pro tempore dr. Claudio Cesaretti, nonchè da Giulio Morresi e Luigi Tata, rappresentati e difesi dagli avv. Andrea Vincenti e Lietta Calzoni, con domicilio eletto presso l’avv. Lietta Calzoni in Perugia, via Bonazzi, 9;

contro

Comune di Giove, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Umberto Segarelli, con domicilio eletto presso l’avv. Maurizio Mariani in Perugia, via Podiani, 17;

nei confronti di

- Tiber Eko S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Federica Pasero, con domicilio eletto presso l’avv. Federica Pasero in Perugia, piazza Piccinino n. 9;
- Ministero per i Beni e le Attivita' Culturali, Direzione Regionale Beni Culturali e Paesaggistici dell'Umbria, Soprintendenza per i Beni Archeologici per l'Umbria, non costituiti in giudizio;

per la declaratoria

- dell’illegittimità del comportamento tenuto dal Comune di Giove in merito al procedimento di d.i.a. avviato dalla società Tiber Eko con nota del 16 gennaio 2010, acquisita in pari data al protocollo dell’ente al n. 177 e concluso in data incerta, comunque successiva al 7 aprile 2010;

- dell’illegittimità della d.i.a. stessa, in quanto gravemente carente di numerosi presupposti in fatto e in diritto, nonché di tutti gli atti successivi;

- dell’obbligo della Tiber Eko S.r.l. di ripristinare lo stato dei luoghi, in quanto tutta l’attività edilizia posta in essere risulta priva di titolo;

nonché per l’annullamento

- di tutti gli atti presupposti, connessi e/o conseguenti al procedimento di d.i.a. avviato dalla società Tiber Eko con nota del 16 gennaio 2010, acquisita in pari data al protocollo dell’ente al n. 177, tra cui in particolare:

il permesso di costruire n. 43/2009 rilasciato dallo sportello unico per l’edilizia del Comune di Giove in data 14 luglio 2009; il permesso di costruire in sanatoria n. 1/2010 del 19 febbraio 2010, rilasciato dallo sportello unico per l’edilizia del Comune di Giove con protocollo n. 858 in data 20 febbraio 2010, pubblicato all’albo pretorio dal 20/2/2010 al 7/3/2010;

- nonché per il risarcimento del danno.

 

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Giove e della Tiber Eko S.r.l.;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 maggio 2012 il Cons. Stefano Fantini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

I ricorrenti, associazione “Amici della Terra-Club della Teverina”, il legale rappresentante della stessa, dr. Claudio Cesaretti, anche in proprio, ed i sigg.ri Giulio Morresi e Luigi Tata, in qualità di residenti a Giove e proprietari di terreni situati nelle immediate vicinanze del sito ove la Tiber Eko S.r.l. sta effettuando lavori relativi alla realizzazione di un impianto di cogenerazione ad alto rendimento da digestione anaerobica alimentato da scarti di agricoltura (detto anche “biodigestore”), in località Renari, espongono che la società controinteressata ha presentato la domanda di rilascio del permesso di costruire il suddetto biodigestore in data 16 maggio 2009 (pratica edilizia n. 172/2009), poi ritirata, e riproposta il successivo 11 novembre 2009 per il procedimento di D.I.A., nel frattempo introdotto per gli impianti di “piccola cogenerazione” dalla legge 23 luglio 2009, n. 29. La D.I.A. è stata respinta il 24 novembre 2009 per carenza di documentazione.

Una seconda D.I.A. è stata presentata il 16 gennaio 2010 (pratica DIA 162/10), integrata da una richiesta di permesso di costruire in sanatoria il successivo 11 febbraio; il permesso in sanatoria è stato rilasciato il 20 febbraio per i manufatti agricoli.

La D.I.A. per il biodigestore è rimasta sospesa finchè, in data 1 aprile 2010, la Tiber Eko ha depositato in Comune le integrazioni documentali richieste, seguite in data 16 aprile 2010 dalla comunicazione di inizio lavori.

Con il presente ricorso chiedono l’accertamento dell’illegittimità del comportamento tenuto dal Comune di Giove in ordine al procedimento di D.I.A. avviato dalla Tiber Eko il 16 gennaio 2010 e conclusosi in data 7 aprile, impugnando inoltre il permesso di costruire n. 43 del 2009 ed il permesso di costruire in sanatoria n. 1 del 2010 ed invocando altresì la tutela risarcitoria.

A) Nei confronti della pratica edilizia n. 172/2009 (concernente l’istanza del permesso di costruire per il biodigestore in data 16 maggio 2009), nonché della pratica edilizia n. 184/2009 concernente il permesso di costruire manufatti agricoli a cielo aperto (permesso di costruire n. 43/09) deducono i seguenti motivi di diritto :

1) Eccesso di potere per arbitrarietà manifesta; sviamento di potere; difetto di istruttoria; contraddittorietà.

2) Violazione dell’art. 11 del d.P.R.n. 380 del 2001 e dell’art. 17 della l.r. Umbria n. 1 del 2004.

3) Violazione dell’art. 34, comma 8, della l.r. Umbria n. 11 del 2005, nonché del combinato disposto degli artt. 23 della l.r. Umbria n. 11 del 2005 e 21 del regolamento regionale 3 novembre 2008, n. 9.

4) Violazione dell’art. 34, comma 4, del l.r. Umbria n. 11 del 2005.

5) Violazione dell’art. 34, comma 9, della l.r. Umbria n. 11 del 2005.

6) Violazione dell’art. 4 della l.r. Umbria n. 1 del 2004 e dell’art. 30 del regolamento del Comune di Giove.

7) Violazione dell’art. 17 della l.r. Umbria n. 1 del 2004.

La pratica n. 172/09 introdotta in data 16 maggio 2009 per la realizzazione di un impianto anaerobico è stata repentinamente abbandonata il successivo 10 luglio, data nella quale la controinteressata ha presentato una domanda per il rilascio del permesso di costruire di manufatti ad uso agricolo (nella specie, depositi di materiale a cielo aperto). E’ stato dunque rilasciato il permesso di costruire n. 43/09 in data 14 luglio 2009, senza che l’Amministrazione si sia interrogata sulle ragioni di una siffatta modifica della destinazione del bene, repentina quanto immotivata.

Soprattutto, la domanda è stata presentata dal sedicente promittente acquirente dell’area oggetto di intervento, che peraltro tale non era, e dunque da soggetto non attestante la disponibilità della superficie su cui i lavori dovevano svolgersi, come dimostrano i successivi atti di messa in disponibilità dell’area dei proprietari delle particelle.

Non risulta essere stato previsto né richiesto alcun vincolo ventennale ad uso agricolo per manufatti in costruzione e gli stessi non hanno i requisiti per essere considerati pertinenziali.

Non risulta essere stato prodotto, né richiesto un piano aziendale approvato dal Comune dopo parere favorevole della Regione, né risulta prodotta la comunicazione ai Comuni confinanti per il raggiungimento dei cinquanta ettari per la validazione del piano aziendale (la Tiber Eko ha dichiarato la disponibilità di 42,921 ettari).

Non risulta neppure che il Comune, prima di rilasciare il permesso di costruire, abbia previamente convocato la Commissione di qualità paesaggistica. L’autocertificazione igienico-sanitaria prodotta ed accolta non è pertinente all’oggetto della domanda, in quanto occorreva l’autorizzazione espressa dalla A.S.L.

B) Nei confronti della D.I.A. n. 156/2009 deducono i seguenti motivi :

8) Violazione dell’art. 20, comma 1, lett. b, ed art. 21 della l.r. Umbria n. 1 del 2004.

9)Eccesso di potere per arbitrarietà manifesta; sviamento di potere; difetto di istruttoria.

Con la pratica edilizia in esame la società controinteressata intendeva imporre il cambio di destinazione d’uso di manufatti agricoli ancora in costruzione. Per ottenere il mutamento di destinazione d’uso o si portavano a termine i lavori iniziati in osservanza del permesso di costruire n. 43/09 ottenendo la relativa agibilità dell’opera per poi presentare una D.I.A. per il biodigestore, oppure si doveva chiedere una variante al permesso di costruire n. 43/09, ma non basta la presentazione di una D.I.A. che non consente il cambio di destinazione d’uso. Per di più la D.I.A. manca di un vero e proprio progetto. Ne è derivato l’ordine di non effettuare i lavori in data 24 novembe 2009.

C) Con riguardo alla D.I.A. n. 162/2010 deducono ancora le seguenti, ulteriori censure :

10) Eccesso di potere per arbitrarietà manifesta; sviamento di potere; difetto di istruttoria; contraddittorietà.

11) Violazione dell’art. 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241.

12) Violazione degli artt. 20, comma 1, lett. b), e 21 della l.r. Umbria n. 1 del 2004.

13) Violazone dell’art. 21 della l.r. Umbria n. 1 del 2004.

La Tiber Eko ha presentato la seconda D.I.A. in data 16 gennaio 2010, ed il procedimento avrebbe dunque dovuto concludersi entro il 15 febbraio; anche in tale caso non è stata effettuata alcuna utile istruttoria.

D) Con riguardo alla pratica edilizia n. 226/2010 ed al permesso di costruire n. 1/2010, deducono ancora :

14) Eccesso di potere per arbitrarietà manifesta; sviamento di potere; difetto di istruttoria; contraddittorietà.

In data 11 febbraio 2010 la Tiber Eko inoltrava richiesta di permesso di costruire in sanatoria per opere eseguite in parziale difformità rispetto a quelle autorizzate con permesso di costruire n. 43/2009 e relative alla realizzazione di manufatti ad uso agricolo; successivamente il Comune emanava l’ordinanza n. 8 del 12 febbraio 2010, disponente la sospensione dei lavori (manufatti agricoli).

La società controinteressata ha ritenuto di sanare le difformità dei manufatti agricoli rispetto al progetto originario.

Nella nota prot. n. 830 del 19 febbraio 2010 il Comune prescriveva alla controinteressata il pagamento degli oneri concessori; con nota prot. n. 846 in pari data indicava il pagamento degli oneri concessori per il rilascio della sanatoria.

Non è stata coinvolta la Commissione di Qualità Paesistica per l’esame della sanatoria.

E) Con riguardo alla D.I.A. n. 162/2010 deducono le seguenti censure :

15) Eccesso di potere per arbitrarietà manifesta, sviamento di potere, difetto di istruttoria e contraddittorietà sotto altri profili, nella considerazione che, benché la D.I.A. fosse sospesa, i lavori per la realizzazione dei manufatti agricoli assumevano sempre più la forma del biodigestore.

Quindi, con nota dell’1 aprile 2010 la società Tiber Eko depositava la documentazione richiesta; si tratta delle “integrazioni documentali” in base alle quali la D.I.A. n. 162/2010 è stata assentita.

Alla data del 7 aprile 2010 la controinteressata non aveva ancora ottenuto il nulla osta per il passaggio del cavo elettrico, e dunque l’assenso dei proprietari dei suoli attraversati, richiesti dal Comune per la validità della D.I.A. La relazione tecnica integrativa consta di un piano per le dismissioni degli impianti e di un piano di smaltimento del materiale in uscita, e concerne essenzialmente lo smaltimento dei reflui per fertirrigazione e/o come ammendanti; ma tale tipo di smaltimento è impraticabile nel territorio interessato dal progetto, in relazione al contenuto delle norme regionali vigenti.

In ogni caso, le integrazioni documentali rese dalla Tiber Eko sono del tutto inadeguate rispetto alle richieste formulate dall’Amministrazione, ed avrebbero dovuto comportare un provvedimento in autotutela dell’Amministrazione.

Si sono costituiti in giudizio il Comune di Giove e la controinteressata Tiber Eko S.r.l. eccependo l’inammissibilità del ricorso per carenza di legittimazione attiva e di interesse al ricorso, nella considerazione che l’Associazione Amici della Terra-Club della Teverina è un’articolazione locale di associazione nazionale, ed inoltre costituita specificamente per la proposizione del presente ricorso, peraltro finalizzato ad avversare un progetto in grado di generare benefici in termini di risparmio energetico, ma anche di riduzione delle emissioni di CO2, e dunque in linea con le finalità statutarie dell’associazione, mentre i ricorrenti Montesi e Tata nulla deducono circa il pregiudizio alla salute od il danno che verrebbe loro arrecato, non sussistendo neppure il requisito della “vicinitas”; allegano inoltre l’infondatezza nel merito del ricorso.

Con successivi motivi aggiunti la ricorrente ha impugnato la pratica edilizia V/170/10 relativa ad un procedimento di D.I.A. in variante avviato dalla Tiber Eko in data 29 aprile 2010, deducendone l’illegittimità derivata, nonché l’eccesso di potere per arbitrarietà manifesta, lo sviamento di potere, il difetto dei presupposti, la violazione dei principi di imparzialità e trasparenza dell’azione amministrativa, il difetto di istruttoria, la contraddittorietà e la carenza di motivazione, lamentandosi in sintesi una pluralità di vizi funzionali dell’azione amministrativa, oltre che la perdurante mancanza di un effettivo progetto dell’opera da realizzare.

Le parti resistenti ribadiscono l’eccezione di inammissibilità, ampliandone la portata anche alla luce della sentenza di Cons. Stato, Ad. Plen., 29 luglio 2011, n. 15, che, con riguardo alla D.I.A., valutata alla stregua di atto di autonomia privata con valore di titolo abilitante, ritiene consentita solamente un’azione di accertamento del comportamento inerte dell’Amministrazione rispetto all’esercizio del potere inibitorio, e comunque di infondatezza nel merito del ricorso.

All’udienza del 16 maggio 2012 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. - Devono essere preliminarmente esaminati i plurimi profli di inammissibilità del ricorso svolti dalle perti resistenti.

In primo luogo, si eccepisce la carenza di legittimazione attiva dell’Associazione Amici della Terra-Club della Teverina, in quanto articolazione locale di associazione nazionale, ed anche nell’ulteriore prospettiva che si tratta di un’associazione costituita esclusivamente per esperire la presente iniziativa giurisdizionale, essendo nella stessa confluito il comitato spontaneo “Salviamo il basso Tevere” formatosi, appunto, per combattere il “biodigestore” di Giove.

L’eccezione è fondata, e meritevole pertanto di positiva valutazione.

La giurisprudenza prevalente, formatasi in tema di localizzazione di discariche o comunque di localizzazione di impianti per il trattamento e lo smaltimento dei rifiuti, è infatti orientata nel senso di ritenere che l’associazione ambientale locale sia priva di legittimazione attiva, in quanto carente del riconoscimento ministeriale previsto dall’art. 13 della legge 8 luglio 1986, n. 349. Più precisamente, si afferma che la speciale legittimazione delle associazioni a protezione ambientale a ricorrere in sede di giurisdizione amministrativa per l’annullamento di atti illegittimi ai sensi dell’art. 18, comma 5, della legge n. 349 del 1986 riguardi l’associazione ambientalistica nazionale formalmente riconosciuta e non le sue strutture territoriali, le quali non possono ritenersi munite di autonoma legittimazione processuale neppure per l’impugnazione di un provvedimento ad efficacia territorialmente limitata, In altri termini, o l’articolazione costituisce un soggetto a sé stante, ed in tale caso rientra nella sfera di previsione dell’art. 18 già citato, oppure rappresenta un’articolazione territoriale dell’associazione, ed in quanto tale il presidente del club o comitato locale non ha la rappresentanza dell’associazione nazionale, la sola legittimata ex lege, né il potere di promuovere la lite per suo conto ed in suo nome. Secondo un siffatto orientamento, dunque, il carattere nazionale od ultra regionale dell’associazione costituisce al tempo stesso presupposto del riconoscimento e limite della legittimazione speciale, la quale ha dunque carattere ontologicamente unitario (in termini, tra le tante, Cons. Stato, Sez. IV, 14 aprile 2006, n. 2151; Sez. VI, 9 marzo 2010, n. 1403; Sez. VI, 7 aprile 2010, n. 1960). Si è anche evidenziato, richiamando il precedente di Cons. Stato, Ad. Plen., 11 gennaio 2007, n. 2 (in tema di associazioni di consumatori, tematica distinta, ma contenutisticamente simmetrica), che ove la legittimazione ad agire discenda direttamente dalla legge, con carattere dunque eccezionale, neppure la previsione statutaria può assegnare ad articolazioni interne dell’ente associativo la contitolarità della predetta legittimazione, che resta in capo all’ente di carattere nazionale accreditato in sede ministeriale; ciò in quanto lo statuto non può conferire una legittimazione che la legge non ha previsto (T.A.R. Lombardia, Milano, Sez. II, 19 ottobre 2011, n. 1481).

Obietta parte ricorrente, nei propri scritti difensivi, che, al di là della legittimazione legale ex artt. 13 e 18 della legge n. 349 del 1986, vi sia spazio per riconoscere anche una legittimazione ordinaria alle associazioni ambientalistiche che godano di un adeguato grado di stabilità e rappresentatività in un ambito territorialmente limitato.

Su tale questione si registra in giurisprudenza qualche oscillazione, nel senso che talune pronunce affermano che il giudice amministrativo può riconoscere, caso per caso, legittimazione ad impugnare atti amministrativi incidenti sull’ambiente anche ad associazioni a carattere locale, che perseguano, conformemente al loro statuto, in modo non occasionale, obiettivi di tutela ambientale, avendo altresì un adeguato grado di rappresentatività e stabilità in un’area di afferenza riconducibile alla zona ove si colloca il bene a fruizione collettiva che si asserisce leso (Cons. Stato, Sez. IV, 8 novembre 2010, n. 7907).

Al contrario, altra parte della giurisprudenza afferma che dopo l’entrata in vigore della legge n. 349 del 1986 non vi è più spazio per il riconoscimento della legittimazione processuale in capo ad associazioni diverse da quelle rientranti nella previsione dell’art. 13 della legge stessa, in quanto la pregressa costruzione giurisprudenziale è stata elaborata per risolvere il problema della tutela processuale dei ridetti interessi “diffusi”, per i quali all’epoca non esistevano meccanismi normativi che autorizzassero particolari soggetti ad invocare tale tutela; una volta che il legislatore è intervenuto con la previsione di una legittimazione ex lege, si esaurisce l’ambito della tutela processuale riconosciuta dall’ordinamento (Cons. Stato, Sez. IV, 28 marzo 2011, n. 1876).

Entrambe le soluzioni presentano profili di coerenza sistematica.

Nel caso di specie, peraltro, anche a volere seguire l’indirizzo meno restrittivo, osserva il Collegio che in capo al ricorrente Club della Teverina difettano i requisiti per riconoscergli autonoma legittimazione, e non già come articolazione territoriale di un’associazione nazionale. A questo riguardo, la giurisprudenza richiede che le associazioni locali perseguano statutariamente, in modo non occasionale, obiettivi di tutela ambientale, e posseggano un adeguato grado di rappresentatività e stabilità in un’area di afferenza ricollegabile alla zona in cui è situato il bene che si assume leso (Cons. Stato, Sez. VI, 26 luglio 2001, n. 4123).

L’Associazione Amici della Terra-Club della Teverina non possiede il carattere di ente esponenziale in via stabile e continuativa di interessi diffusi radicati sul territorio, essendo sorto solamente nel marzo 2010, cioè circa due mesi prima della proposizione del presente ricorso, per effetto della confluenza in esso del comitato spontaneo “Salviamo il basso Tevere”; e non basta il mero scopo associativo a rendere differenziato un interesse diffuso od adespota, facente capo alla popolazione nel suo complesso, quale la salvaguardia dell’ambiente (cfr. art. 2 dello Statuto), in quanto, diversamente, si eluderebbe il divieto di azione popolare (in termini Cons. Stato, Sez. V, 14 giugno 2007, n. 3192).

Al difetto di legittimazione attiva dell’associazione ricorrente si accompagna quella, anche in proprio, del suo legale rappresentante dr. Claudio Cesaretti, che non ha allegato la titolarità di alcuna situazione giuridica soggettiva specifica.

2. - Si deve ora procedere allo scrutinio dell’eccezione di difetto di legittimazione e di interesse al ricorso dei sigg.ri Morresi e Tata, argomentata dalle parti resistenti nella considerazione dell’inadeguatezza della mera allegazione di essere residenti a Giove e proprietari di terreni situati nelle immediate vicinanze del sito ove è in corso di realizzazione il biodigestore (la cui opera, peraltro, gli stessi ricorrenti, con la memoria di discussione, precisano essere interrotta, ed il cantiere abbandonato da più di un anno e mezzo), senza provare il danno arrecato nella loro sfera giuridica.

Anche tale eccezione appare meritevole di positiva valutazione.

Occorre infatti considerare come la giurisprudenza prevalente ritenga che la mera vicinanza di un fondo ad una discarica o ad un impianto di trattamento di rifiuti non legittima di per sé il proprietario frontista ad insorgere avverso il provvedimento od il contegno autorizzativo dell’opera, essendo necessaria anche la prova del danno che egli da questa possa ricevere, che, esemplificativamente, può essere connesso al fatto che la localizzazione dell’impianto riduce il valore economico del fondo situato nelle sue vicinanze, od al fatto che le prescrizioni dettate dall’Autorità competente in ordine alle modalità di gestione dell’impianto sono inidonee a salvaguardare la salute di chi vive nelle vicinanze, od anche all’incremento del traffico veicolare (in termini, tra le tante, Cons. Stato, Sez. V, 27 aprile 2012, n. 2460; Sez. V, 16 giugno 2009, n. 3849; Sez. V, 20 maggio 2002, n. 2714).

I ricorrenti, nella memoria di discussione, deducono che la prova del pregiudizio non può essere fornita a priori, essendo celata dal lamentato difetto di istruttoria, dovendosi dunque radicare l’interesse nel solo criterio della vicinitas.

Tale assunto non è peraltro condivisibile, in quanto la vicinitas, intesa quale stabile e significativo collegamento del ricorrente con la zona il cui ambiente si intende proteggere (così Cons. Stato, Sez. V, 26 febbraio 2010, n. 1134), può fondare la legittimazione al ricorso (in quanto enuclea la titolarità di una posizione giuridica differenziata rispetto alla collettività indifferenziata), ma non anche l’interesse al ricorso, inteso come utilità concreta ritraibile dall’eventuale accoglimento del ricorso.

Sotto questo profilo, anch’esso attinente ad una condizione dell’azione, il sindacato di legittimità su di un provvedimento preordinato alla cura di interessi generali che nel territorio trovano la loro esplicazione può essere provocato da un soggetto che agisce uti singulus solo prospettando il pregiudizio specifico che astrattamente viene prodotto nella sfera giuridica del ricorrente, senza, ovviamente, dover provare l’effettività del danno subendo.

Si consideri, in questa prospettiva, che l’impianto contestato, per il quale è stata presentata la D.I.A. n. 162/2010, ha una capacità di generazione inferiore a 1 MW (è dunque un impianto di piccola cogenerazione), il che ne giustifica la sottoposizione, per l’installazione e per l’esercizio, al regime semplificato della D.I.A. ai sensi dell’art. 27, comma 20, della legge n. 99 del 2009.

Inoltre l’area in cui l’impianto dovrà essere collocato è classificata dal piano regolatore come “area agricola marginale”, compatibile dunque con l’intervento finalizzato alla produzione di energia da fonti rinnovabili.

Ed, ancora, si può evincere dalla documentazione tecnica in atti, ed inoltre è ribadito costantemente negli scritti difensivi della Tiber Eko S.r.l., con riferimento tanto allo statuto societario, quanto alle caratteristiche tecniche dell’impianto progettato, che lo stesso produce energia elettrica ed energia termica da prodotti agricoli.

Di qui la conseguenza che il nuovo impianto non appare in grado di determinare un deterioramento ambientale (e, conseguentemente, un significativo deprezzamento di valore economico) dell’area in misura non proporzionata alla vocazione urbanistica della stessa.

3. - Dalle considerazioni che precedono discende l’inammissibilità del ricorso e, per le stesse ragioni, dei motivi aggiunti, nonchè della congiunta domanda risarcitoria, peraltro del tutto generica e sfornita di ogni supporto probatorio.

Si ravvisano tuttavia ragioni tali da giustificare la compensazione tra tutte le parti delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Umbria (Sezione Prima)

definitivamente pronunciando, dichiara inammissibili il ricorso ed i motivi aggiunti.

Compensa tra le parti le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Perugia nella camera di consiglio del giorno 16 maggio 2012 con l'intervento dei magistrati:

Cesare Lamberti, Presidente

Carlo Luigi Cardoni, Consigliere

Stefano Fantini, Consigliere, Estensore





L'ESTENSORE
IL PRESIDENTE










DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 28/08/2012

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)