TAR Campania (NA) Sez. V n. 925 del 11 febbraio 2021
Rifiuti.Poteri di controllo e poteri sanzionatori di spettanza regionale e poteri del sindaco

La circostanza che in forza dell'art. 208 dlv 152\06 il competente ufficio regionale debba vigilare sull’osservanza della prescrizioni inerenti l’autorizzazione di impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti ed all’occorrenza, in ipotesi di accertamento della loro violazione, adottare una diffida, accompagnata eventualmente dalla sospensione dell’autorizzazione per un tempo determinato, potendo ricorrere anche alla revoca dell’autorizzazione in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e di reiterate violazione, invero non esclude che il Sindaco, quale rappresentante della Comunità locale, a tutela della salute collettiva, possa adottare un’ordinanza ex art. 50 comma 5 del T.U.E.L., venendo in rilievo due distinti poteri, non potendo l’ordinario potere regionale di controllo sull’osservanza della prescrizioni impartite con l’autorizzazione ex art. 208 del T.U.A. - che può condurre anche alla revoca dell’autorizzazione - portare ad escludere l’esercizio del ricorso allo strumento extra ordinem da parte del Sindaco, nella ricorrenza dei relativi presupposti di contingibilità ed urgenza, costituendo la norma dell’art. 50 comma 5 del T.U.E.L. - al pari di quella dell’art. 54 del medesimo T.U.E.L. - una norma di chiusura del sistema, per fronteggiare quelle situazioni non suscettibili di essere risolte con pari efficienza ed urgenza con il ricorso ai rimedi tipici previsti dall’ordinamento. Ciò senza mancare di rilevare che il potere di spettanza regionale inerisce al controllo sul rispetto delle prescrizioni impartite con l’autorizzazione e può assumere carattere sanzionatorio, potendo giungere anche alla revoca dell’autorizzazione, laddove il potere extra ordinem esercitato dal Sindaco ha carattere cautelativo a tutela della salute della cittadinanza.


Pubblicato il 11/02/2021

N. 00925/2021 REG.PROV.COLL.

N. 03221/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3221 del 2014, proposto da
Ge.S.I.A. S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Lucio Iannotta, Andrea Iannotta, con domicilio eletto presso lo studio Lucio Iannotta in Napoli, via Fedro 7;

contro

Comune di Pastorano in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Giuseppe Ugo De Rosa, con domicilio eletto presso lo studio Giuseppe Abbamonte in Napoli, viale Gramsci, 16;
Provincia di Caserta, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato Filomena Bilancio, con domicilio ex lege presso Segreteria Tar Campania - Napoli e domicilio digitale come da Pec dei Registri di Giustizia;
Regione Campania in persona del Presidente pro tempore, non costituita in giudizio;
A.S.L. di Caserta, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Marina Ragozzino, Giulio Colaiori, con domicilio eletto ex lege ex lege presso Segreteria Tar Campania - Napoli e domicilio digitale come da Pec dei registri di giustizia;
Agenzia Regionale Protezione Ambiente (Arpa) - Campania, Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliataria ex lege in Napoli, via Diaz, 11;

per l'annullamento

Dell’ordinanza n. 15 del 28 marzo 2014, notificata in data 4 aprile 2014, a firma del Sindaco del Comune di Pastorano, avente ad oggetto "ordinanza di divieto scarico del percolato dalle vasche al canale "Acqualata” D.lgs. 152 del 3 aprile 2006 in località Torre Lupara 1 Pastorano (CE) su area di proprietà della società G.E.S.I.A. S.r.l. e i dei relativi atti presupposti, connessi e consequenziali;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Comune di Pastorano in persona del Sindaco pro tempore e di Provincia di Caserta e di A.S.L. di Caserta e di Agenzia Regionale Protezione Ambiente (Arpa) - Campania e di Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 17 novembre 2020, tenuta da remoto ai sensi dell’art. 4 del D.L. 28/2020 e dell’art. 25 del D.L. 137/2020, la dott.ssa Diana Caminiti e trattenuta la causa in decisione sulla base degli atti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1.Con il presente ricorso, notificato in data 3-4 giugno 2014 e depositato il successivo 18 giugno, G.E.S.I.A. s.p.a. ha impugnato l'ordinanza n. 15 del 28 marzo 2014, notificata in data 4 aprile 2014, a firma del Sindaco del Comune di Pastorano, avente ad oggetto "ordinanza di divieto scarico del percolato dalle vasche al canale "Acqualata” D.lgs. 152 del 3 aprile 2006 in località Torre Lupara 1 Pastorano (CE), su area di proprietà della società G.E.S.I.A. S.r.l. ed i relativi atti presupposti.

2. L’ordinanza oggetto di impugnativa dispone testualmente:

Premesso che:

- l'art. 50, comma 4 del D. Lgs. n° 267/2000 (TUEL) stabilisce che il Sindaco esercita altresì le altre funzioni attribuitegli quale autorità locale nelle materie previste da specifiche disposizioni di legge e il comma 5 prevede che, in particolare, in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale, le ordinanze contingibili e urgenti sono adottate dal Sindaco, quale rappresentante della comunità locale;

- il D. Lgs.n° 152 del 03/04/2005e s.m.i., adegua alle direttive europee la disciplina nazionale per la gestione dei rifiuti, ed in particolare la parte IV — Norme in materia di gestione dei rifiuti e bonifica dei siti inquinati;

Vista la nota prot. n. 544/21-02-2014, registrata al protocollo generale dell'Ente n. 1229 in data 24/02/2014, con la quale l'ASL CE2 di Caserta - UOPC - Ambito n. 4 - Capua - Distretto Sanitario n. 22 (ex 39-41) ha comunicato che personale dell’ARPAC, unitamente ai carabinieri del NOE hanno effettuato verbale di sopralluogo, invitando questo Ente ad adottare i provvedimenti di competenza, affinché vengano rimosse con urgenza le gravi irregolarità descritte nel verbale di cui si allega copia;

Letto il verbale di sopralluogo n. 13/DPF/14 del 07/02/2014 dal quale si evince che:

- sul terreno posto di fronte al cancello d'ingresso della ditta sono stoccati su nudo terreno, otto scarrabili, di cui uno scarrabile di circa 20 mc occupato da rifiuti plastici imballati con CER 191212; tale scarrabile non è a tenuta. Sul terreno si rileva lo spandimento di misto granulometrico di materiale di demolizione e costruzione;

- sui piazzali esterni ai capannoni, con pavimentazione industriale e sistema di raccolta acque, giacciono numerosi scarrabili pieni di rifiuti sprovvisti di copertura e non a tenuta, con evidenti percolazioni: sempre sul piazzale insistono, nello spazio tra i due capannoni, due cumuli per circa 200 mc di rifiuti CER 191212 disposti direttamente sulla pavimentazione e delimitati da setti in c.a. vibrato;

-tre vasche dell'impianto di trattamento dei rifiuti liquidi, non autorizzati all'uopo né incluse nelle aree dell'impianto autorizzati, sono occupate da rifiuti. Nello specifico una è occupata dal percolato altre due da percolato e rifiuti;

- le aree di passaggio e lavorazione previste in planimetria sono occupate da automezzi e scarrabili con e senza rifiuti;

- in prossimità delle vasche di accumulo del percolato è stata rinvenuta la presenza di una tubazione in poliuretano di colore di circa 3 pollici, con raccorderia utilizzabile per l'innesto ad un raccordo a T collegato ad una pompa di rilancio azionabile manualmente. Tale tubazione corre interrata fino a giungere al canale di bonifica denominato Acqualata. Al momento la tubazione è scollegata, ma si rilevano tracce di liquido sia all'interno di essa che in prossimità del raccordo di rilancio a T;

Considerato che ai sensi della normativa vigente il soggetto proprietario dell'area deve provvedere:

- alla rimozione sul nudo terreno posto di fronte al cancello d’ingresso di otto scarrabili, di cui uno scarrabile di circa 20 mc occupato da rifiuti plastici imballati con CER 191212;

- alla rimozione, sui piazzali esterni ai capannoni con pavimentazione industriale e sistema di raccolta acque, dei numerosi scarrabili pieni di rifiuti sprovvisti di copertura e non a tenuta, con evidenti percolazioni, nonché alla rimozione, sempre sul piazzale e nello spazio tra i due capannoni, di due cumuli per circa 200 mc di rifiuti CER 191212 disposti direttamente sulla pavimentazione e delimitati da setti in cemento armato vibrato;

- alla rimozione dei rifiuti contenuti nelle vasche dell'impianto di trattamento dei rifiuti liquidi, non autorizzati all'uopo, né incluse nelle aree dell'impianto autorizzati, stralciate dal D.D. 781/2010, al fine di avviarli a smaltimento e/o recupero secondo le tipologie, nel rispetto del D.Lgs. 152/06 e s.m.i.;

Dato atto che l'art. 192 del D. Lgs. 152/2006 prevede:

-il divieto di abbandono e deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo:

-l'obbligo per coloro che violano tali divieti di recuperare o smaltire detti rifiuti e di ripristinare lo stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento dell'area;

- il Sindaco disponga con ordinanza le operazioni necessarie per rimuovere i rifiuti abbandonati ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all'esecuzione in danno delle operazioni di rimozione dei rifiuti ed al recupero delle somme anticipate;

- qualora la responsabilità del fatto illecito sia imputabile ad amministratori o rappresentanti di persona giuridica, sono tenuti in solido la persona giuridica ed i soggetti che siano subentrati nei diritti della persona stessa;

Vista la situazione di fatto e di diritto riassunta in premessa e meglio esplicitata nel verbale di sopralluogo dell'ARPAC n. 13/DPF/14 del 07/02/2014 sopra menzionato;

Preso atto che, alla luce di quanto emerso e analizzato, l'area versa in condizioni di elevata precarietà ambientale sicuramente non più procrastinabile nel tempo e rappresenta un elevato rischio di inquinamento per il suolo, sottosuolo e aria, come emerso dal verbale di sopralluogo dell'ARPAC n. 13/DPF/14 in data 07/02/2014;

Ritenuto:

- necessario provvedere, in tempi ristretti, alle operazioni di rimozione e smaltimento o recupero di tutti i rifiuti, al fine di ripristinare lo stato dei luoghi e le condizioni di sicurezza sanitaria ed ambientale del sito;

- configurarsi, altresì, le fattispecie previste dall'art.192, comma l D. Lgs 152/2006, il prescrive il divieto di abbandono e deposito incontrollato dei rifiuti sul suolo e nel sottosuolo.

Visto l'art. 7 della Legge n°24190, ai sensi del quale, per i provvedimenti caratterizzati da ragioni di celerità del procedimento (consistenti, nella fattispecie, nell'urgenza di dare immediata tutela all'interesse di igiene pubblica) non viene comunicato l'avvio del procedimento:

Richiamati:

·il D1.gs. 267/2000:

· gli arti. 192-255 e 256 del d.l.gs. 152/2006;

ORDINA

Alla soc G.E.S.I.A....di provvedere con la massima urgenza e comunque entro e non oltre il termine di 30 (trenta) giorni dalla notifica della presente ordinanza:

- alla rimozione dei rifiuti contenuti nelle vasche dell'impianto di trattamento dei rifiuti liquidi, non autorizzati all'uopo né incluse nelle aree dell'impianto autorizzato stralciate dal D.D. 781/2010 al fine di avviarli a smaltimento c/o recupero secondo le tipologie nel rispetto del D.Lgs. 152/06 e s.m.i. (nello specifico una è occupata da percolato altre due da percolato e rifiuti);

-di ripristinare lo stato dei luoghi:

- di non scaricare il percolato dalle vasche al canale "Acqualata”;

- comunicare a questo Comune l'avvenuta esecuzione di quanto ordinato al fine di consentire l'effettuazione delle opportune verifiche da parte dei competenti organi di controllo...”.

3.Con un primo ordine di censure la società ricorrente ha dedotto la contraddittorietà e l’illogicità manifesta e la violazione e falsa applicazione dell'art. 50 D.lgs. n. 267/2000, la violazione dell'art. 192 D.lgs. n. 152/2006, nonché il difetto di motivazione e il travisamento dei fatti.

Nella prospettazione attorea l’ordinanza de qua richiamerebbe infatti sia l'art. 50 commi 4 e 5 D.lgs. n. 267/2000, che disciplina un potere previsto per situazioni di effettivo e concreto pericolo per l'incolumità pubblica (nel caso di specie insussistenti) non fronteggiabili con gli ordinari strumenti di amministrazione attiva, sia l'art. 192 D.lgs. n. 152/2006, che regolamenta invece un ordinario potere d'intervento (a carattere sanzionatorio). La coesistenza di tali invocate disposizioni normative darebbe prova in ambo i casi (sia che esso sia configurabile quale strumento extra ordinem, sia nel caso in cui esso non sia attratto nel genus delle ordinanze contingibili ed urgenti) della contraddittorietà giuridica dell’atto impugnato e dell'incertezza dei presupposti fattuali posti a base di esso.

3.1. Inoltre secondo la società ricorrente risulterebbe in ogni caso violato il disposto dell’art. 192 del T.U.A. (comma 3), per non essere stata l’ordinanza de qua preceduta dalla comunicazione di avvio del procedimento e dal necessario contraddittorio procedimentale, non potendosi in tale ipotesi applicarsi, a fronte di detta omissione, il disposto sanante dell’art. 21 octies comma 2 l. 241/90.

Al riguardo la ricorrente assume che, ove l'Amministrazione comunale, in applicazione dell'art. 192 D.lgs. n. 152/2006 avesse effettivamente comunicato a GE.S.I.A. s.p.a. l'apertura del procedimento, avrebbe potuto accertare che le situazioni prospettate nel verbale A.R.P.A.C. del 7 febbraio 2014 erano state tutte immediatamente avviate a superamento ed erano state completamente superate già il 27 marzo 2014, vale a dire il giorno prima dell'adozione dell'ordinanza impugnata (e otto giorni prima della notifica della stessa), come risultante dalla comunicazione (con contestuale richiesta di nuovo sopralluogo) dell'Amministratore Unico di GE.S.I.A. s.p.a., datata 27 marzo 2014, trasmessa al Settore Regionale competente in materia di autorizzazioni all'esercizio di impianti di rifiuti (ovvero l'Unità Operativa Dirigenziale Autorizzazioni Ambientali e Rifiuti, già Settore Ecologia, Tutela dell'Ambiente, etc, di Caserta) con pec del 28 marzo 2014.

In tale comunicazione del 27 marzo si rappresentava inoltre che le criticità contestate erano state determinate dagli eventi atmosferici verificatisi nei primi giorni di febbraio, che avevano determinato la caduta accidentale di materiale, giacente sul piazzale, in 3 delle 8 vasche, nonché dalla non programmata e non prevedibile temporanea chiusura di alcuni impianti di conferimento e dalla contemporanea necessità di procedere al rinnovo delle omologhe per altri impianti.

In relazione al superamento di tutte le situazioni rilevate con verbale di sopralluogo A.R.P.A.C. del 7 febbraio 2014 parte ricorrente ha peraltro adotto, quale principio di prova, quanto rappresentato nella perizia di parte supportata da 9 fotografie, del 7 aprile 2014 nonché la relazione di campionamento e analisi di sedimenti prelevati da canale "Acqualata" - Pastorano (CE), con allegati report fotografici e rapporti di prova, del 17 aprile 2014 dalla quale si evincerebbe che non v'èra stata, né vi sarebbe alcuna possibilità che GE.S.I.A. s.p.a. potesse aver smaltito nel canale "Acqualata" rifiuti liquidi.

Nella prospettazione attorea pertanto l’ordinanza gravata sarebbe affetta de deficit istruttorio e motivazionale, evincendosi dalla predetta documentazione che non si erano verificate situazioni di pericolo per la salute pubblica e l'ambiente; in particolare la parte ricorrente assume che alcun accertamento diretto era stato compiuto dal Sindaco del Comune di Pastorano in ordine al presunto "scarico di percolato nel canale Acqualata" e detta omissione sarebbe ancor più grave avendo sul punto l'A.R.P.A.C. manifestato solo un sospetto.

3.2. Con un ulteriore ordine di censure la società ricorrente contesta la violazione dell’art. 208 del T.U.A., sulla base del presupposto che la realizzazione dell’impianto di stoccaggio provvisorio (R13) di rifiuti speciali non pericolosi da essa gestito, in applicazione di detto disposto normativo, era stata autorizzata con decreto dirigenziale del Settore 6 dell'Area Generale di Coordinamento Ecologia, Tutela dell'Ambiente e Disinquinamento, Giunta Regionale Campania, n. 211 del 28 giugno 2006 e che con successivo decreto dirigenziale del Settore 2 dell'Area Generale di Coordinamento Ecologia, Tutela dell'Ambiente e Disinquinamento, Giunta Regionale Campania, n. 781 del 9 luglio 2010 era stato autorizzato l'esercizio dell'attività sino al 2020.

Pertanto, nella prospettazione attorea, le vicenda de qua - che (comunque) riguarderebbero la conformità o meno al progetto, le opere e la strumentazione degli impianti di smaltimento e o recupero rifiuti e il rispetto delle autorizzazioni (all'esercizio di tali impianti) e dei principi in materia ambientale - sarebbe di esclusiva competenza regionale: nel caso in oggetto dell'Unità Operativa Dirigenziale Autorizzazioni Ambientali e Rifiuti, già Settore Ecologia, Tutela dell'Ambiente di Caserta, e non certamente dell'Amministrazione comunale.

A dire della parte ricorrente l'incompetenza del Sindaco del Comune di Pastorano nell'adozione di provvedimenti - quale è quello in oggetto, che riguardino comunque l'impianto GE.S.I.A. s.p.a. e gli effetti che possono scaturire dal suo esercizio - si ricaverebbe anche dalla lettura dei commi 11 e 13 dell'art. 208 del T.U.A..

Proprio in ragione di quanto segnalato dall'A.R.P.A.C. con verbale del 7 febbraio 2014 (presupposto del provvedimento comunale qui impugnato) e della indicata normativa, l'Unità Operativa Dirigenziale Autorizzazioni Ambientali e Rifiuti, già Settore Ecologia, Tutela dell’Ambiente di Caserta, aveva aperto un procedimento di contestazione delle evidenziate situazioni riscontrate il 7 febbraio 2014, con nota prot. n. 260382 dell’11 aprile 2014. Alla nota regionale aveva replicato GE.S.I.A. s.p.a. con memoria e allegati del 26 aprile 2014 (trasmessa, in pari data, per conoscenza anche al Comune di Pastorano), rappresentando il superamento delle situazioni rilevate e fornendo la prova dell'impossibilità dello scarico di percolato nel canale "Acqualata". Con il medesimo atto di replica, data la competenza al riguardo della Regione Campania, GE.S.I.A. s.p.a. aveva chiesto all'Amministrazione regionale chiarimenti in ordine alla procedura da seguire per l'immediato riempimento, rectius tombamento, di tutte le 8 vasche, destinate al trattamento, mai utilizzate, per evitare che in futuro si potessero verificare i medesimi inconvenienti.

3.3. Infine la società ricorrente, in considerazione a suo dire della carenza dei presupposti per l'adozione dell'ordinanza impugnata, stante il superamento di tutte le criticità contestate, ha eccepito anche la violazione dell'art. 21 quinquies e dell'art. 21 nonies della Legge n. 241 del 7 agosto 1990, sulla base del rilievo che nell’ipotesi di specie si verserebbe in un'ipotesi di doveroso esercizio di poteri di autotutela amministrativa.

4. Si sono costituiti in resistenza, con deposito di memoria di mero stile, la Provincia di Caserta, la A.S.L. di Caserta, nonché l’Agenzia Regionale Protezione Ambiente (Arpa) - Campania, mentre il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, nel costituirsi ha eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva, sulla base del rilievo che l’atto extra ordinem adottato dal sindaco sia imputabile esclusivamente all’ente locale; da ciò l’estraneità del Ministero.

5. Si è altresì costituito il Comune di Pastorano, il quale, in vista della celebrazione dell’udienza di merito, ha depositato articolata memoria difensiva, instando per il rigetto del ricorso.

6. La società ricorrente ha prodotto memoria di replica con documenti, nonché note di udienza, al fine di replicare alle avverse deduzioni.

7. Il ricorso è stato trattenuto in decisione all’esito dell’udienza straordinaria, fissata per lo smaltimento dell’arretrato, del 17 novembre 2020, celebrata sulla base dei soli scritti difensivi, ai sensi del combinato disposto degli artt. 4 d.l. 28/020 e 25 d.l. 137/2020, applicabili ratione temporis.

8. In via preliminare va osservato come possa prescindersi dalla documentazione depositata da parte ricorrente in data 18 febbraio 2020 ed in particolare dal verbale di sopralluogo 45/DPF/14 del 5 maggio 2014 dell’Arpac, nella prospettazione di parte attestante il superamento delle criticità accertate nel precedente sopralluogo effettuato dall’Arpac n. 13/DPF/14 del 07/02/2014 che aveva condotto all’adozione dell’ordinanza gravata nella presente sede - che dovrebbe indurre alla declaratoria di improcedibilità per carenza di interesse del presente ricorso, peraltro non richiesta dalla parte - avuto riguardo all’infondatezza del ricorso medesimo.

9. In limine litis va osservato come nulla debba essere disposto in ordine alla legittimazione passiva del Ministero dell’Ambiente, dovendosi ritenere che il ricorso sia stato notificato, avuto riguardo alla materia trattata, al medesimo Ministero a scopi meramente notiziali, essendo stato notificato non al solo Comune, cui va imputato il gravato provvedimento, tra l’altro adottato dal sindaco quale rappresentante della Comunità locale, ai sensi dell’art. 50 commi 4 e 5 del T.U.E.L., ma a tutti gli enti potenzialmente interessati, tra cui la Regione Campania, non costituita.

9.1. Ciò posto, prima di procedere alla disamina dei motivi di ricorso, tra i quali assume rilievo assorbente senza dubbio la censura di incompetenza, fondata sulla prescrizione dell’art. 208 comma 13 del T.U.A., avuto riguardo al noto arresto di cui alla sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 5 del 2015, occorre qualificare l’ordinanza gravata, che, come dedotto dalla ricorrente, contiene il riferimento tanto al disposto dell’art. 192 del T.U.A. quanto al disposto dell’art. 50 del T.U.E.L., avuto riguardo al potere in concreto esercitato, secondo il principio “iura novit curia”.

9.1.1.Al riguardo si rappresenta che secondo l’orientamento giurisprudenziale seguito dalla Sezione, anche nella materia dei rifiuti è ben possibile, nella sussistenza dei relativi presupposti, il ricorso allo strumento extra ordinem delle ordinanze contingibili ed urgenti.

Ed invero secondo quanto rappresentato nella sentenza di questa Sezione, richiamata da entrambe le parti, n. 03041 del 05/06/2019, con richiamo anche ad altri precedenti “La Sezione al riguardo ha espresso il convincimento, ribadito in questa sede, (ex multis sentenze 1 febbraio 2016 n. 603; 12 novembre 2018 n. 06550) secondo il quale non si condivide la prospettazione pure affermata da una parte della giurisprudenza che “il cit. art. 192, d.lgs. n. 152 del 2006, prevedendo un ordinario potere d'intervento attribuito all'Autorità amministrativa in caso di accertato abbandono o deposito incontrollato di rifiuti e rappresentando, quindi, una specifica norma di settore, escluda a priori la possibilità per l'ente di far uso, per garantire la rimozione dei rifiuti, del potere extra ordinem, proprio delle ordinanze contingibili ed urgenti” (in tal senso, invece, T.A.R. Puglia, Lecce, sez. I, 4 novembre 2014, n. 2637).

Invero, diversa è la funzione dei due atti, il primo, sanzionatorio, con accertamento in contraddittorio della responsabilità a titolo di dolo o colpa, il secondo, meramente ripristinatorio, in via d’urgenza.

Questa stessa sezione ha infatti affermato che “ai fini dell'emanazione delle ordinanze contingibili ed urgenti da parte del Sindaco ex art. 54, T.U.E.L., volte a prevenire ed eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità dei cittadini, stante l'indispensabile celerità che caratterizza l'intervento, si può prescindere dalla verifica della responsabilità di un determinato evento dannoso provocato dal privato interessato. L'ordinanza de qua, infatti, non ha carattere sanzionatorio, non dipendendo dall'individuazione di una responsabilità del proprietario, ma solo ripristinatorio, per essere diretta solamente alla rimozione dello stato di pericolo e a prevenire danni alla salute pubblica. Pertanto, legittimamente l'ordinanza viene indirizzata al proprietario dell'area, e cioè a chi si trova con questa in rapporto tale da consentirgli di eliminare la riscontrata situazione di pericolo, ancorché detta situazione non possa essergli imputata” (T.A.R. Campania, Napoli, sez. V, 14 ottobre 2013, n. 4603).

In particolare, “le ordinanze contingibili e urgenti di competenza del Sindaco quale ufficiale del Governo sono strumenti apprestati dall'ordinamento per fronteggiare situazioni impreviste e di carattere eccezionale, per le quali sia impossibile o inefficace l'impiego dei rimedi ordinari, e si presentano quindi quali mezzi di carattere residuale, espressione di norme di chiusura del sistema, i cui tratti distintivi sono costituiti dall'atipicità, dalla valenza derogatoria rispetto agli strumenti ordinari, dal presupposto della concreta minaccia all'interesse pubblico tutelato dalla norma e dall'eccezionalità e gravità del pericolo, dall'attitudine a produrre effetti anche non provvisori se la specifica condizione di imminente ed effettivo rischio da contrastare lo richieda, dalla necessaria sommarietà degli accertamenti che ne precedono l'emissione pur nel rispetto dell'esigenza che l'istruttoria si fondi su elementi concreti ed attendibili e non su mere presunzioni, dalla connaturata semplificazione procedimentale dell'iter, e, infine, da un onere motivazionale circoscritto agli aspetti essenziali della decisione” (T.A.R. Emilia-Romagna, Bologna, sez. I, 18 dicembre 2014 n. 1240; T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. I, 21 maggio 2014, n. 745).

Si è pertanto affermato che, “in caso di incendio di un immobile usato come deposito di rifiuti, il provvedimento, con il quale sono state ordinate una serie di attività finalizzate alla messa in sicurezza del sito, è interamente riconducibile alle ordinanze contingibili ed urgenti ex art. 54, d.lgs. 18 agosto 2000 n. 267, ed è giustificato dall'eccezionalità della situazione e dall'esigenza di fronteggiare con immediatezza la situazione caratterizzata da numerosi fattori di inquinamento, in ciò prescindendo da ogni verifica in ordine all'accertamento delle responsabilità, nonché al grado di concentrazione dei fattori inquinanti rispetto ai limiti fissati, attività incompatibili con l'esigenza di immediatezza che la situazione ha imposto” (T.A.R. Abruzzo, L'Aquila, sez. I, 24 luglio 2010, n. 548), “facendo comunque salva la necessità di individuare in un momento successivo il soggetto effettivamente responsabile della situazione abusiva” (T.A.R. Puglia, Bari, sez. III, 5 settembre 2007, n. 2087). Conseguentemente, “tra le ordinanze contingibili ed urgenti in materia di sanità pubblica che il Sindaco può emettere rientrano anche i provvedimenti urgenti a tutela della salute pubblica, quando questa sia minacciata da fenomeni di inquinamento ambientale provocati da rifiuti, emissioni inquinanti nell'aria e scarichi inquinanti” (T.A.R. Calabria, Catanzaro, sez. II, 1 dicembre 2010 n. 2831; T.A.R. Lombardia, Milano, sez. IV, 16 luglio 2009, n. 4379).

9.2. Ciò posto, mentre nella fattispecie presa in considerazione nella sentenza n. 03041 del 05/06/2019 cit. non si rivenivano i presupposti per il ricorso al potere extra ordinem, neppure allegati nell’ordinanza gravata, per cui si era ritenuto che in relazione all’ordine di rimozione dei rifiuti il sindaco avesse voluto esercitare l’ordinario potere ex art. 192 del T.U.A., nell’ipotesi di specie appare indubbio che il sindaco, nonostante il riferimento ai divieti posti dall’art. 192 del T.U.A. ed ai relativi obblighi ripristinatori, abbia voluto adottare un’ordinanza contingibile ed urgente, quale rappresentante della comunità locale, ovvero ai sensi dell’art. 50 comma 5 del T.U.E.L. che prevede che, in caso di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale, le ordinanze contingibili e urgenti sono adottate dal Sindaco, quale rappresentante della comunità locale; disposto normativo questo peraltro citato nella premessa dell’ordinanza de qua ed atto a connotare il potere in concreto esercitato.

9.3. Tale qualificazione è suffragata anche dalla circostanza che nell’ordinanza gravata vi è un concreto riferimento alle ragioni di urgenza qualificata che avevano condotto alla sua adozione, laddove si afferma che con la nota prot. n. 544/21-02-20 l'ASL CE2 di Caserta - UOPC — Ambito n. 4 - Capua - Distretto Sanitario n. 22 (ex 39-41) aveva comunicato che personale dell'ARPAC unitamente ai carabinieri del NOE avevano effettuato verbale di sopralluogo, invitando il Comune ad “adottare i provvedimenti di competenza, affinché venissero rimosse con urgenza le gravi irregolarità”, descritte nel verbale di sopralluogo, nonché laddove si afferma “Preso atto che, alla luce di quanto emerso e analizzato, l'area versa in condizioni di elevata precarietà ambientale sicuramente non più procrastinabile nel tempo e rappresenta un elevato rischio di inquinamento per il suolo, sottosuolo e aria, come emerso dal verbale di sopralluogo dell'ARPAC n. 13/DPF/14 in data 07/02/2014;

Ritenuto:

- necessario provvedere, in tempi ristretti, alle operazioni di rimozione e smaltimento o recupero di tutti i rifiuti, al fine di ripristinare lo stato dei luoghi e le condizioni di sicurezza sanitaria ed ambientale del sito”.

Ciò senza mancare di rilevare che con l’ordinanza de qua sono imposti obblighi ultronei rispetto all’obbligo di rimozione dei rifiuti, suscettibile di essere impartito ai sensi dell’art. 192 del T.U.A., quali il ripristino in generale dello stato dei luoghi e delle condizioni di sicurezza sanitaria ed ambientale del sito, nonché il divieto di scaricare il percolato dalle vasche al canale "Acqualata”.

10. Così qualificata l’ordinanza de qua, può procedersi alla disamina della censura, di carattere assorbente ex lege (Cfr il noto arresto di cui alla sentenza dell’Adunanza Plenaria n. 5 del 2015) con cui la società ricorrente deduce l’incompetenza del Sindaco e sinanche del Comune, stante la competenza in materia della Regione, ai sensi dell’art. 208 comma 13 del T.U.A., venendo in rilievo nell’ipotesi di specie un impianto di trattamento dei rifiuti autorizzato dalla Regione Campania.

10.1. La censura non è meritevole di accoglimento.

Ed invero il disposto normativo citato da parte ricorrente prevede che “Ferma restando l'applicazione delle norme sanzionatorie di cui al titolo VI della parte quarta del presente decreto, in caso di inosservanza delle prescrizioni dell'autorizzazione l'autorità competente procede, secondo la gravità dell'infrazione:

a) alla diffida, stabilendo un termine entro il quale devono essere eliminate le inosservanze;

b) alla diffida e contestuale sospensione dell'autorizzazione per un tempo determinato, ove si manifestino situazioni di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente;

c) alla revoca dell'autorizzazione in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazione di pericolo per la salute pubblica e per l'ambiente”.

La circostanza che in forza del cennato disposto normativo il competente ufficio regionale debba vigilare sull’osservanza della prescrizioni inerenti l’autorizzazione di impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti ed all’occorrenza, in ipotesi di accertamento della loro violazione, adottare una diffida, accompagnata eventualmente dalla sospensione dell’autorizzazione per un tempo determinato, potendo ricorrere anche alla revoca dell’autorizzazione in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e di reiterate violazione, invero non esclude che il Sindaco, quale rappresentante della Comunità locale, a tutela della salute collettiva, possa adottare un’ordinanza ex art. 50 comma 5 del T.U.E.L., venendo in rilievo due distinti poteri, non potendo l’ordinario potere regionale di controllo sull’osservanza della prescrizioni impartite con l’autorizzazione ex art. 208 del T.U.A. - che può condurre anche alla revoca dell’autorizzazione - portare ad escludere l’esercizio del ricorso allo strumento extra ordinem da parte del Sindaco, nella ricorrenza dei relativi presupposti di contingibilità ed urgenza, costituendo la norma dell’art. 50 comma 5 del T.U.E.L. - al pari di quella dell’art. 54 del medesimo T.U.E.L. - una norma di chiusura del sistema, per fronteggiare quelle situazioni non suscettibili di essere risolte con pari efficienza ed urgenza con il ricorso ai rimedi tipici previsti dall’ordinamento.

Ciò senza mancare di rilevare che il potere di spettanza regionale inerisce al controllo sul rispetto delle prescrizioni impartite con l’autorizzazione e può assumere carattere sanzionatorio, potendo giungere anche alla revoca dell’autorizzazione, laddove il potere extra ordinem esercitato dal Sindaco ha carattere cautelativo a tutela della salute della cittadinanza.

11. Avuto riguardo a quanto evidenziato nel paragrafo 9.2. va disattesa anche la censura articolata nel primo motivo di ricorso, nella parte in cui di evidenzia l’illogicità dell’ordinanza de qua per essere stato richiamato sia il disposto relativo all’esercizio del potere atipico di cui all’art. 50 comma 5 del T.U.E.L. che quello del potere tipico di cui all’art. 192 del T.U.A.; ciò in quanto il chiaro riferimento contenuto in più punti dell’ordinanza de qua alle ragioni di urgenza determinate dall’elevato rischio di inquinamento ambientale rappresentato nel verbale di sopralluogo dell’Arpac, trasmesso al Comune per l’adozione urgente dei provvedimenti di propria competenza, deve portare a ritenere che nell’ipotesi di specie il sindaco abbia inteso ricorrere al potere extra ordinem di cui all’art. 50 comma 5 del T.U.E.L., essendo stato il disposto dell’art. 192 del T.U.A. richiamato quanto all’individuazione del divieto di deposito dei rifiuti, nonché quanto ai correlativi obblighi ripristinatori gravanti sia sul proprietario o gestore del sito che sul soggetto responsabile del deposito dei rifiuti (figure peraltro che nella specie coinciderebbero, non essendo neppure contestato che il deposito dei rifiuti, quale dedotto nella gravata ordinanza, a seguito dell’effettuazione del sopralluogo, sia ascrivibile alla società ricorrente che ivi svolge la propria attività di gestione di un impianto per il trattamento dei rifiuti, sebbene la medesima società abbia addotto quale giustificazione della situazione accertata al momento del sopralluogo anche il concorrere di fattori atmosferici).

12. Peraltro dalle risultanze della nota della A.S.L. e del verbale di sopralluogo dell’ARPAC, i cui rilievi sono riportati nell’ordinanza gravata, non può dubitarsi che nella specie ricorressero i presupposti di contingibilità ed urgenza per il ricorso al potere extra ordinem, in considerazione delle condizioni dell’elevata precarietà ambientale non procrastinabile nel tempo e dell’elevato rischio di inquinamento per il suolo, sottosuolo e aria, determinato dalla situazione accertata al momento di detto sopralluogo, quale esattamente riportata nell’ordinanza gravata, non riconducibile, come vorrebbe fare intendere la parte ricorrente, al solo paventato pericolo di scolo del percolato dalle vasche al canale "Acqualata”, in relazione al quale peraltro è stato posto un divieto pro futuro essendo l’ordine di ripristino riferito al solo raccordo a T, in relazione al quale si ipotizza nella stessa ordinanza che potesse essere utilizzare per scaricare il percolato dalle vasche nel canale “Acqualata”, peraltro osservandosi che al momento del sopralluogo detto raccordo era scollegato per cui non pare ravvisabile quella discrasia tra il verbale di sopralluogo dell’ARPAC e l’ordinanza gravata, quale dedotto da parte ricorrente.

La situazione di criticità ambientale, a prescindere dallo scolo nel canale “Acqualata” è invero ben rappresentata nell’ordinanza che facendo proprie le risultanze del verbale redatto dall’ARPAC ha evidenziato lo stato in cui si trovata l’area al momento dell’accesso, con numerosi accumuli di rifiuti sul suolo o in contenitori non a tenuta stagna o non autorizzati, con evidenti percolazioni.

Da ciò senza dubbio il ricorrere dei presupposti di contingibilità ed urgenza.

Ed invero la giurisprudenza ha infatti chiarito che:

a) la capacità delle ordinanza extra ordinem di derogare a norme legislative vigenti è consentita solo se temporalmente delimitata e comunque nei limiti della concreta situazione di fatto che si tratta di fronteggiare (Corte cost., 7 aprile 2011, n. 115);

b) l'assoluta imprevedibilità della situazione da affrontare non è un presupposto indefettibile per l'adozione delle ordinanze sindacali extra ordinem (Cons. St., Sez. V, 3 giugno 2013, n. 3024);

c) l’ordinanza può essere adottata solo ove non sia possibile fronteggiare la situazione con i provvedimenti tipici già previsti dall’ordinamento (Cons. St., Sez. VI, 31 maggio 2013, n. 3007; Id., Sez. V, 20 febbraio 2012, n. 904; Id., Sez. Vi, 9 febbraio 2010, n. 642);

d) la circostanza che la situazione di pericolo sia protratta nel tempo non rende illegittima l’ordinanza, dal momento che in determinate situazioni il trascorrere del tempo non elimina da se il pericolo, ma può, invece, aggravarlo (Cons. St., Sez. V, 25 maggio 2012, n. 3077; Id.,12 ottobre 2010, n. 7411);

e) la situazione di pericolo deve essere attuale rispetto al momento dell’adozione del provvedimento (Cons. St., Sez. V, 19 settembre 2012, n. 4968);

f) le ordinanze contingibili ed urgenti devono essere adeguatamente motivate ed istruite anche in ragione del carattere extra ordinem che le caratterizza (Cons. St., Sez. VI, 13 giugno 2012, n. 3490); g) le misure di messa in sicurezza d'emergenza ed i relativi poteri della Pubblica amministrazione possono essere esercitati, anche prescindendo dall'accertamento della responsabilità dell'inquinamento, accertamento i cui tempi sarebbero in molti casi incompatibili con l'urgenza di garantire la sicurezza del sito (Cons. St., Sez. II, 30 aprile 2012, n. 566; Id., Sez. I, 22 dicembre 2011, n. 452; Id., Sez. V, 15 febbraio 2010, n. 820).

Nell’ipotesi di specie, avuto riguardo all’articolata motivazione dell’ordinanza gravata, non può pertanto dubitarsi che ricorressero i presupposti per l’adozione dell’ordinanza extra ordinem.

12.1. In considerazione di tali rilievi va pertanto rigettata anche la censura di difetto di istruttoria e di motivazione, essendo stata l’ordinanza de qua adottata su segnalazione della A.S.L. all’esito degli accertamenti condotti dall’Arpac, proprio in considerazione del pericolo per la salute pubblica determinato dalle condizioni in cui versava il sito al momento del sopralluogo, le cui risultanze sono dettagliatamente riportate nel corpo dell’ordinanza.

13. Parimenti da disattendere, avuto riguardo alla qualificazione dell’ordinanza de qua quale ordinanza contingibile ed urgente - e non quale ordinanza ex art. 192 del T.U.A. – e alle motivazioni in essa contenute circa il ricorrere di una situazione di urgenza qualificata, è la censura relativa alla mancata comunicazione di avvio del procedimento.

Infatti, come innanzi precisato, nell’ordinanza sono riportate le ragioni di urgenza qualificata ed è altresì specificato il ricorrere delle ragioni di deroga all’obbligo di comunicazione di avvio del procedimento laddove si precisa “Visto l'art. 7 della Legge n°24190, ai sensi del quale, per i provvedimenti caratterizzati da ragioni di celerità del procedimento (consistenti, nella fattispecie, nell'urgenza di dare immediata tutela all'interesse di igiene pubblica) non viene comunicato l'avvio del procedimento”.

Pertanto la contestata omissione deve ritenersi legittima, avuto riguardo alla giurisprudenza in materia secondo la quale “Il ricorso allo strumento dell'ordinanza sindacale contingibile ed urgente giustifica l'omissione della comunicazione di avvio del procedimento unicamente in presenza di una urgenza qualificata, in relazione alle circostanze del caso concreto, che deve essere debitamente esplicitata con specifica motivazione sulla necessità e l'urgenza di prevenire il grave pericolo alla cittadinanza (ex multis T.A.R. Lombardia Milano, Sez. II, 05/11/2014, n. 2653; in senso analogo da ultimo T.A.R. Sicilia Catania Sez. III, 24/04/2020, n. 798 secondo cui “L'urgenza qualificata che, ai sensi dell'art. 7 della L. n. 241/1990, consente all'amministrazione di derogare all'obbligo di comunicare l'avvio del procedimento, non può che attenere al singolo procedimento e trovare giustificazione nelle esigenze proprie e peculiari dello stesso. Pertanto l'amministrazione, se ritenga esistenti i presupposti di celerità che legittimano l'omissione della comunicazione dell'avvio del procedimento, deve dare contezza, nel provvedimento finale, dell'urgenza che consente di bypassare la comunicazione di avvio del procedimento”).

13.1. Inoltre la società ricorrente - lungi dal contestare gli obblighi posti con l’ordinanza gravata (ad eccezione del divieto di scolo, peraltro fondato sul solo pericolo di scolo del percolato nel canale Acqualata) derivanti dalla situazione quale accertata al momento del sopralluogo dell’ARPAC - si è limitata ad osservare che, ove fosse stato data la comunicazione di avvio del procedimento avrebbe potuto dimostrare che la situazione di criticità evidenziata al momento del sopralluogo dell’ARPAC era già venuta meno in data antecedente l’adozione dell’ordinanza, circostanza questa che lungi dal deporre nel senso dell’illegittimità del provvedimento gravato, porterebbe semmai a ritenere il ricorso inammissibile per carenza di interesse, non subendo la società ricorrente alcuna lesione dal medesimo provvedimento, in quanto impositivo di obblighi già assolti dalla stessa ricorrente a seguito dell’effettuazione del sopralluogo da parte dell’Arpac.

14. Nè la doverosa ottemperanza alle prescrizioni impartite potrebbe costituire il presupposto per il ricorso ai poteri di autotutela previsti dall’ordinamento (annullamento d’ufficio ex art. 21 nonies e revoca ex art. 21 quniquies l. 241/90), rispettivamente previsti in ipotesi di provvedimenti illegittimi ovvero in ipotesi di sopravvenire di situazioni o di interessi portanti ad un diverso contemperamento degli interessi, con conseguenza infondatezza anche dell’ultimo motivo di ricorso.

15. In considerazione dell’infondatezza di tutte le censure, il ricorso va rigettato.

15.1. Le questioni esaminate pertanto esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati presi in considerazione tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante: fra le tante, per le affermazioni più risalenti, Cass. civ., sez. II, 22 marzo 1995, n. 3260, e, per quelle più recenti, Cass. civ., sez. V, 16 maggio 2012, n. 7663).

16. Sussistono nondimeno eccezionali e gravi ragioni, avuto riguardo alla risalenza nel tempo del ricorso e all’ottemperanza prestata dalla parte ricorrente alle prescrizioni impartite, quale risultante dagli atti depositati, per compensare integralmente tra tutte le parti le spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Compensa le spese di lite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 17 novembre 2020, tenuta da remoto con modalità Teams ai sensi dell’art. 4 del D.L. 28/2020, dell’art. 25 D.L. 137/2020 e dell’art. 2 comma 2 d.P.C.S. n. 134/2020, con l'intervento dei magistrati:

Pierluigi Russo, Presidente FF

Diana Caminiti, Consigliere, Estensore

Maria Grazia D'Alterio, Primo Referendario