Granducato di Toscana. In nome del popolo toscano (sulla sentenza 917\2013 del TAR Toscana)

di MASSIMO GRISANTI

La misura è colma!

 

Con la sentenza n. 917 depositata il 6 giugno 2013, la I^ Sezione del TAR Toscana (Pres. Buonvino, Cons. est. Bellucci, Cons. Testori) aggiunge un’altra perla al proprio carniere per la tracciata linea secessionistica dal Diritto Nazionale.

 

Recita la sentenza:

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

(…) L’art. 13 della legge n. 64/1974 impone, nei Comuni a rischio sismico, l’acquisizione del parere del Genio civile prima dell’adozione dello strumento urbanistico; tuttavia tale norma è destinata a rimanere in vigore, ai sensi dell’art. 20 della legge n. 741/1981, soltanto fino a quando le regioni non legiferino in ordine ai criteri di formazione o adeguamento degli atti di governo del territorio.

Orbene, l’art. 62 della L.R. n. 1/2005 ha prescritto che, in sede di formazione del regolamento urbanistico, siano effettuate indagini geologiche tese a verificare la pericolosità del territorio, a garanzia della fattibilità delle trasformazioni previste e nel perseguimento dell’obiettivo della riduzione del rischio sismico.

Pertanto il parere del Genio civile, imposto dal legislatore nazionale, è stato sostituito con l’obbligo del deposito delle indagini geologiche, ai sensi del citato art. 62 e del relativo regolamento di attuazione approvato con decreto del Presidente della giunta regionale n. 26 del 27.4.2007.

Ne deriva che legittimamente il Consiglio comunale, con l’impugnata deliberazione, ha dato atto dell’avvenuto deposito delle suddette indagini presso l’ufficio del Genio civile, anziché acquisirne il parere.”.

 

Repubblica Italiana? In nome del Popolo Italiano?

 

Il TAR continua a disapplicare la Legge dello Stato (d.P.R. n. 380/2001), laddove all’art. 89 prescrive l’obbligo del parere favorevole dell’Ufficio tecnico regionale del Genio Civile prima della deliberazione di approvazione della proposta di variante allo strumento urbanistico generale.

Per il legislatore statale tanto è fondamentale il parere che ha qualificato come rigetto il silenzio serbato sulla richiesta.

 

La disposizione invocata dal TAR, ovverosia l’art. 20 della legge n. 741/1981, è implicitamente abrogata per effetto dell’entrata in vigore del Testo Unico dell’Edilizia (cfr. Corte Costituzionale, sentenza n. 182/2006) atteso che:

“(…) E' bensì vero che già a partire dalla legge della Regione Toscana 6 dicembre 1982, n. 88 (Ulteriori norme per l'accelerazione delle procedure per l'esecuzione di opere pubbliche), operava nella Regione l'istituto della denuncia di inizio dell'attività (art. 2), in attuazione dell'art. 20 della legge 10 dicembre 1981, n. 741 (Ulteriori norme per l'accelerazione delle procedure per l'esecuzione delle opere pubbliche), che in materia di interventi in zona a rischio sismico abilitava le regioni a sostituire il sistema di monitoraggio connesso al regime autorizzatorio, di cui all'art. 18 della legge 2 febbraio 1974, n. 64 (Provvedimenti per le costruzioni con particolari prescrizioni per le zone sismiche), con “modalità di controllo successivo”.

Questo principio è però venuto meno a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 94 del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia), il quale prevede l'autorizzazione regionale esplicita. L'intento unificatore della legislazione statale è palesemente orientato ad esigere una vigilanza assidua sulle costruzioni riguardo al rischio sismico, attesa la rilevanza del bene protetto, che trascende anche l'ambito della disciplina del territorio, per attingere a valori di tutela dell'incolumità pubblica che fanno capo alla materia della protezione civile, in cui ugualmente compete allo Stato la determinazione dei principi fondamentali.

Né costituisce argomento probante, per avallare la tesi della Regione, la circostanza che la legge n. 741 del 1981 non compaia fra quelle abrogate dall'art. 136 del richiamato d.P.R. n. 380 del 2001, dal momento che non se ne fa espressa menzione neppure nell'elenco delle disposizioni di legge mantenute in vigore (art. 137). (…)”.

 

Né è minimamente pensabile che il TAR fosse stato all’oscuro della sentenza della Consulta, data l’eco nazionale che ebbe all’indomani del deposito nonché l’impegno profuso dal Presidente della Conferenza Stato-Regioni per far modificare l’art. 94 del T.U.E. (“autorizzazione per l’inizio dei lavori in zona sismica”) che, per effetto del d.l. n. 35/2005, vide mutata la propria portata applicativa a tutte le zone sismiche.

 

Non può essere revocato in dubbio che il prescritto parere del Genio Civile costituisca espressione di quel principio fondamentale legato ad esigere la vigilanza assidua sulla costruzioni riguardo al rischio sismico.

 

Il Cittadino toscano prima di essere tale, è ITALIANO.

 

Inoltre, la Repubblica – di cui il TAR ne costituisce Organo – ha l’obbligo di assicurare il livello essenziale prestazionale di tutela dell’incolumità a tutti i Cittadini Italiani, ovunque si trovino, senza confini di Regione.

Peraltro, il livello essenziale prestazionale finisce per essere inquadrabile in un diritto del Cittadino.

 

Dal momento che con la riforma del Titolo V della Costituzione lo Stato ha riservato a sé la potestà legislativa esclusiva nella materia dei “livelli essenziali delle prestazioni” la decisione del TAR – che disconosce ai Cittadini, così negandoglielo, l’esistenza del diritto al livello minimale di tutela contro i fattori di rischio connessi all’utilizzazione del suolo – come può essere stata presa “NEL NOME DEL POPOLO ITALIANO”?

E’ un evidentissimo ossimoro!

 

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Scritto il 05/07/2013