TAR Lombardia (MI) Sez. I, n. 2946, del 6 dicembre 2012
Rifiuti.Legittimità ordinanza del Sindaco per abbandono di rifiuti ed ingiunzione alla messa in sicurezza, bonifica e ripristino dello stato dei luoghi

E’ legittima l’ordinanza del Sindaco emessa ai sensi dell’art. 14 del D.lgs. 22/1997, per abbandono di rifiuti ed ingiunzione alla messa in sicurezza, bonifica e ripristino dello stato dei luoghi, limitatamente alla richiesta di approntamento delle opere di ripristino della recinzione, necessarie ad inibire o, quanto meno, limitare l’incontrollato accesso all’area in questione, in quanto espressione del principio di “ragionevole esigibilità”, principio, che, invece, non è invocabile quando il sacrificio imposto al proprietario sia obiettivamente sproporzionato. Si deve inoltre, rilevare che l’inerzia della società ricorrente, quantunque non identificabile in una compartecipazione agevolatrice, debba essere adeguatamente sanzionata mediante l’imposizione dell’onere reale di cui all’art. 17, comma 10, del D.lgs. 22/97, oggi trasfusa nell’art. 253 del D.lgs. 152/2006. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 02946/2012 REG.PROV.COLL.

N. 01460/2002 REG.RIC.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1460 del 2002, proposto da: 
Fallimento Nord Italia T.B.I. s.r.l., rappresentata e difesa dall'avv. Marzia Eoli, con domicilio eletto presso il suo studio in Milano, Via Conservatorio, 15

contro

Comune di Castano Primo, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avv. Pietro Romano, con domicilio eletto presso il suo studio in Rho, Via dei Martiri, 3;
Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, presso i cui Uffici è domiciliato ex lege in Milano, Via Freguglia, 1; 
Provincia di Milano, non costituita in giudizio

per l'annullamento

dell’ordinanza del Sindaco di Castano Primo n. 11 del 14.2.2002, emessa ai sensi dell’art. 14 del D.lgs. 22/1997, per abbandono di rifiuti ed ingiunzione alla messa in sicurezza, bonifica e ripristino dello stato dei luoghi; dell’ordinanza n. 217 del 28.7.1999; del rapporto di servizio delle guardie ecologiche della Provincia di Milano del 10.5.1999; del rapporto informativo del Corpo forestale dello Stato – Comando stazione di Magenta del 27.5.1999; di ogni diverso provvedimento presupposto, connesso e consequenziale.

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Castano Primo e del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 novembre 2012 il dott. Angelo Fanizza e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

Con ricorso ritualmente proposto la società Fallimento Nord Italia s.r.l. – costituitasi, in persona del proprio curatore, a seguito del fallimento della società Nord Italia s.r.l., originaria proprietaria di un’estesa area sita nel Comune di Castano Primo – ha impugnato, chiedendone l’annullamento, l’ordinanza del Sindaco n. 11 del 14.2.2002, emessa ai sensi dell’art. 14 del D.lgs. 22/1997, per abbandono di rifiuti e ingiunzione alla messa in sicurezza, bonifica e ripristino dello stato dei luoghi; l’ordinanza n. 217 del 28.7.1999; il rapporto di servizio delle guardie ecologiche della Provincia di Milano del 10.5.1999; il rapporto informativo del Corpo forestale dello Stato – Comando stazione di Magenta del 27.5.1999; ogni diverso provvedimento presupposto, connesso e consequenziale.

A fondamento dell’impugnazione ha rappresentato in fatto:

- che al momento dell’emissione dell’ordinanza impugnata la società Nord Italia s.r.l. risultava essere proprietaria di un’area con destinazione produttiva nel Comune di Castano Primo, sulla quale la società La.co.nor s.r.l., operante nel settore della depurazione delle acque e delle concerie di pellame, aveva precedentemente realizzato un capannone per la propria attività;

- che nel 1999, dopo il fallimento della predetta società – dichiarato con sentenza del Tribunale di Milano n. 59666 del 14.3.1995 – le guardie ecologiche della Provincia di Milano e del Corpo forestale dello Stato avevano effettuato alcuni sopralluoghi dai quali era risultato che nell’area in questione era stata abbandonata una notevole quantità di rifiuti, e che, per effetto di tali accertamenti, era stata emessa l’ordinanza di sgombero n. 217 del 28.7.1999, e, successivamente, dopo altri tre anni, l’ordinanza oggetto di impugnazione.

La società ricorrente ha, poi, dedotto i seguenti motivi:

1°) violazione del principio del contraddittorio nel corso dell’attività ispettiva:

2°) violazione degli artt. 7 e 8 della legge n. 241/90;

3°) violazione degli artt. 6 e 14 del D.lgs. 22/1997; eccesso di potere per travisamento dei presupposti di fatto e di diritto; illogica, carente e contraddittoria motivazione.

La domanda cautelare è stata radicata, oltre che sulla fondatezza in diritto del ricorso, sul pregiudizio grave ed irreparabile sotteso al fatto che “l’osservanza delle prescrizioni contenute nel presente provvedimento (…) causerebbe alla massa dei creditori danni ingentissimi” (cfr. pag. 8 – 9).

Si sono costituiti in giudizio il Ministero delle Politiche agricole e forestali (24.5.2002) e il Comune di Castano Primo (3.06.2002), entrambi opponendosi ai motivi di ricorso e chiedendone la reiezione, con vittoria di spese.

Con ordinanza n. 1129 del 5.6.2002 la Sezione ha accolto la domanda cautelare, rilevando, tra l’altro, che “l’ordinanza non è stata preceduta da comunicazione di avvio del procedimento e l’affermata esigenza di celerità non si concilia con la pendenza del procedimento da un triennio”; che “nella parte in cui identifica la società fallita come responsabile materiale dell’abbandono, qualificando parte dei rifiuti presenti in situ come “residui dell’attività industriale” svolta dalla medesima, l’ordinanza contrasta con i rapporti 10.5.1999 e 27.5.1999 delle Guardie ecologiche della Provincia e del Corpo forestale dello Stato, dai quali risulta trattarsi dei residui di lavorazione di altra ditta”; che, dunque, “la responsabilità del ricorrente Fallimento quale proprietario dell’area, per difetto di vigilanza, non pare suffragata da prove idonee”.

In vista dell’udienza di discussione nel merito, fissata al 21.11.2012, il ricorrente Fallimento ha ritualmente depositato una memoria conclusiva, alla quale ha fatto seguito il deposito di una memoria di replica da parte dell’Amministrazione comunale.

In particolare, la società ricorrente ha prima significato che “il Fallimento non riesce a vendere il terreno e non ha disponibilità economiche” (cfr. pag. 1), deducendo che “l’Amministrazione comunale ha ipotizzato in maniera del tutto arbitraria ed approssimativa una responsabilità quasi oggettiva in capo al curatore fallimentare” (cfr. pag. 2) e riportandosi, quindi, alle conclusioni precedentemente rassegnate.

Il Comune di Castano Primo ha, invece, replicato, che “l’ordinanza è da qualificarsi come contingibile ed urgente, sia perché emessa direttamente dal Sindaco (diversamente sarebbe il dirigente o responsabile del servizio a doverla emettere), sia perché in essa sono richiamati i fatti che la qualificano come tale” (cfr. pag. 1) e che “parte dei rifiuti provengono dall’attività produttiva della Nord Italia (oggi fallita) e solo alcuni sono stati abbandonati da terzi rimasti sconosciuti” (cfr. pag. 2), sicché “con riferimento a detti rifiuti sussiste la responsabilità della resistente (rectius: ricorrente) come produttore degli stessi” (cfr. pag. 3).

All’udienza del 21 novembre 2012 la causa è stata trattenuta per la decisione.

DIRITTO

Il ricorso è fondato e va, pertanto, accolto, nei termini che seguono.

Con i primi due motivi di ricorso, che possono essere esaminati congiuntamente, la società ricorrente ha denunciato il difetto di contraddittorio conseguente alla mancata trasmissione dell’avviso di avvio del procedimento.

Si tratta di censure infondate.

Occorre, infatti, considerare che l’art. 14 del D.lgs. 22/97, con disposizione rimasta, peraltro, immutata anche nella legislazione attuale (art. 192, comma 1 del D.lgs. 152/2006), ha previsto, al primo comma, che “l’abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo sono vietati” e, al terzo comma, che “chiunque viola i divieti di cui ai commi 1 e 2 è tenuto a procedere alla rimozione, all'avvio a recupero o allo smaltimento dei rifiuti ed al ripristino dello stato dei luoghi in solido con il proprietario e con i titolari di diritti reali o personali di godimento sull'area, ai quali tale violazione sia imputabile a titolo di dolo o colpa. Il Sindaco dispone con ordinanza le operazioni a tal fine necessarie ed il termine entro cui provvedere, decorso il quale procede all'esecuzione in danno dei soggetti obbligati ed al recupero delle somme anticipate”.

In ragione di tali previsioni, è evidente che l’obbligo di rimozione dei rifiuti abbandonati gravasse solidalmente anche sui soggetti aventi un diritto di godimento sulla relativa area.

Con la conseguenza che, costituendo l’ordine di smaltimento esercizio di un’attività tipicamente vincolata dell’Amministrazione, il Comune di Castano Primo, pure in esito all’esame delle eventuali deduzioni presentate, non sarebbe potuto pervenire ad alcuna diversa conclusione, se del caso vantaggiosa per la ricorrente.

In altri termini, la circostanza che dai sopralluoghi si fosse ipotizzata la responsabilità della ricorrente in concorso con altra, sebbene ignota, impresa, non avrebbe potuto comunque indurre il Sindaco ad adottare una diversa statuizione avuto riguardo allo stato di degrado del capannone e di quanto depositato in esso e nell’area circostante.

Giova in proposito ricordare che la tutela ambientale, già al tempo dei fatti di causa, fosse preordinata al perseguimento di un primario interesse per la collettività, come testimoniano numerose pronunce della giurisprudenza costituzionale (cfr. sentenza n. 151/1986 che ha definito il paesaggio “un valore primario, valore estetico e culturale”; n. 210/1987 che ha qualificato l’Ambiente come “diritto fondamentale della persona umana ed interesse della collettività”, condividendo “la concezione unitaria del bene ambientale comprensiva di tutte le risorse naturali e culturali”; n. 641/1987 che ha definito l’Ambiente come “bene di valore assoluto e primario”, nonché “un bene immateriale unitario”).

Per tali ragioni, la mancata comunicazione all’interessata dell’avvio del procedimento di rimozione regredisce a mero vizio procedimentale: vicenda quest’ultima pianamente assimilabile a quella poi disciplinata con l’art. 21octiesdella L. 7.8.1990, n. 241, come novellata con la L.11.2.2005, n. 15

Con il terzo motivo di ricorso il Fallimento ha invece dedotto che “la qualificazione giuridica dei materiali abbandonati in loco, così come astrattamente riferibile alle tipologie di rifiuti ricompresi e tutelati dal D.lgs. n. 22/97 citato, appare seriamente criticabile e finisce per viziare l’intera procedura” e che “sotto altro profilo, non ha alcuna ragion d’essere l’altra contestazione sottesa al provvedimento impugnato e cioè quella che attiene alla nozione di responsabilità per inquinamento del proprietario del fondo” (cfr. pag. 7).

Il motivo è fondato, nei termini che seguono.

Dall’esame della documentazione in atti il Collegio ritiene utile precisare che:

1) nel rapporto di servizio del 28.7.1999 redatto dalle Guardie ecologiche della Provincia di Milano risulta che “da successive indagini i sottoscritti hanno accertato” che “la ditta in oggetto (LACONOR s.r.l.) ha cessato l’attività nel 1990 vendendo l’insediamento alla società NORD ITALIA T.B.I. – Trattamenti biologici industriali s.r.l.” e che “da informazioni assunte presso il Comando della Polizia municipale di Castano Primo si è appurato che l’insediamento in argomento era già stato oggetto di una comunicazione di reato alla A.G. in data 09.10.1998 a carico della ditta “Confezioni Luna” di Huang Cuodong, operante in altra sede ma resasi responsabile di abbandono nell’area in oggetto di rifiuti tuttora visibili nel cumulo presente nel piazzale esterno”;

2) con ordinanza n. 333 del 17.6.1994 il Sindaco del Comune di Castano Primo ha ingiunto alla ditta Nord Italia T.B.I. s.r.l. il “ripristino della recinzione e della chiusura del cancello, al fine di rendere inaccessibile ad estranei l’area di che trattasi”: ordinanza che, da quanto si evince dalla relazione del Corpo forestale dello Stato, trasmessa all’Avvocatura dello Stato e depositata in data 29.6.2012, non sarebbe stata mai ottemperata;

3) all’esito del sopralluogo effettuato dalle Guardie ecologiche della Provincia di Milano in data 10.5.1999 è risultato che una parte dei rifiuti è stata rinvenuta all’interno del capannone (“sacchi contenenti presumibilmente residui o prodotti finiti della ditta stessa che emettono odori sgradevoli”; “n° 6 barili in materiale plastico di colore blu contenenti una sostanza oleo-bituminosa non identificabile, che potrebbe essere pericolosa”), mentre “nel piazzale di suddetta area” sono stati “scaricati rifiuti di generi vari (sacchi di plastica pieni di immondizia, carcasse di animali in decomposizione, batterie di automobili e rifiuti ingombranti)” (cfr. relazione di servizio del 10.5.1999);

4) nella relazione di servizio del 27.5.1999 il comandante della stazione di Magenta del Corpo forestale dello Stato ha dichiarato che “in data 22 maggio 1999 lo scrivente Comando ha rilevato in località Via Lonate al Monte n. 3 in Comune di Castano P. (area ex ditta LA.CO.NOR) un consistente abbandono di rifiuti effettuato da ignoti”, inoltre precisando che “dell’aggravamento del degrado in tale area lo scrivente aveva informato verbalmente anche in passato il Comandante della Polizia municipale e segnalato la necessità, che si ribadisce, di procedere ad un intervento che metta in sicurezza e perlomeno impedisca l’accesso degli automezzi al piazzale e capannoni della ex ditta LA.CO.NOR da anni in completo abbandono”;

5) nel citato rapporto di servizio del 28.7.1999 delle Guardie ecologiche della Provincia di Milano è, inoltre, riportato che “all’interno del primo capannone si nota la presenza di ca 20 mc di sacchi di plastica, regolarmente impilati, costituenti, con ogni probabilità, residui di prodotti della ex ditta”.

Da quanto ricostruito in punto di fatto, il Collegio ha motivo di ritenere che la responsabilità del rilevato abbandono di rifiuti non sia, neanche in parte, fondatamente attribuibile alla società ricorrente quale diretta produttrice degli stessi, non potendosi, a tal fine, accreditare idonea rilevanza probatoria alle deduzioni, aventi al più carattere indiziario (“con ogni probabilità”), contenute nella relazione di servizio del 28.7.1999 del nucleo ecologico della Provincia di Milano, soprattutto alla luce della circostanza che tale accertamento è avvenuto a nove anni dalla cessione del capannone alla società ricorrente (1990) e a quattro anni dal fallimento della stessa (1995).

Nondimeno, l’esame della documentazione in atti conferma che la situazione di notevole degrado ambientale è da ascrivere alla facilità di accesso all’area in questione, priva di recinzione, il che ha indubbiamente favorito l’indisturbato abbandono di rifiuti, anche da parte di soggetti estranei al contesto territoriale di riferimento (cfr. rapporto di servizio del 28.7.1999).

Si tratta, quindi, di stabilire se sussista una culpa in vigilando della società ricorrente, tale da giustificare l’applicazione della sanzione amministrativa ripristinatoria comminata con l’ordinanza impugnata, ovvero se – come dedotto dalla stessa – l’Amministrazione comunale abbia travisato il fondamento della normativa applicata, prospettando che la violazione del comma 1 dell’art. 14 del D.Lgs. n. 22 del 1997 sia stata contestata sulla base di una sorta di obbligazione propter rem di diritto pubblico a carico del proprietario, pur essendosi pacificamente ammesso, nell’impugnato provvedimento, che “non è stato possibile accertare i responsabili materiali dell’abbandono di rifiuti”.

Ora, il Collegio non ignora l’orientamento secondo cui “ai fini dell’adozione di una ordinanza di sgombero di rifiuti abbandonati ai sensi dell’art. 192 del D.Lgs. 3 aprile 2006 n. 152, non si può ravvisare la colpa del proprietario dell’area nel fatto che lo stesso non abbia recintato il fondo, atteso che, per principio generale del diritto (cfr. art. 841 cod. civ.), la "chiusura del fondo" costituisce una mera facoltà del proprietario, e dunque giammai un suo obbligo” (cfr., Consiglio di Stato, sez. V, 19 marzo 2009, n. 1612; TAR Umbria, 27 gennaio 2012, n. 13; TAR Lazio - Roma, sez. II, 10 maggio 2005, n. 3582), ma ritiene, in ogni caso, che l’applicazione di tale principio non possa essere disgiunta dall’esame obiettivo della situazione dei luoghi.

Situazione che, già prima del fallimento della società ricorrente, appariva compromessa sul piano ambientale, risultando che “nei primi mesi del 1993 il C.F.S. di Milano su delega della Procura svolgeva indagini per accertare lo smaltimento abusivo di rifiuti nell’area di pertinenza della ex ditta LA.CO.NOR”, dalle quali era emerso che nell’area in questione era stata registrata la “presenza di alte concentrazioni di metalli pesanti” (cfr. relazione di servizio del 17.6.2002).

Per arginare tale crescente degrado, l’Amministrazione comunale aveva quindi emesso l’ordinanza n. 333 del 17.6.1994, diretta ad ingiungere – ma, come poi si vedrà, senza esito alcuno – il “ripristino della recinzione e della chiusura del cancello”.

Sul punto, valuta il Collegio che l’eventuale corresponsabilità in solido della società proprietaria dell’area con gli ignoti autori dell’illecito abbandono dei rifiuti sia da subordinarsi all’accertamento di una condotta di compartecipazione agevolatrice, non sussistendo in capo alla ricorrente una posizione di garanzia (cfr. Cassazione penale, sez. III, 15 marzo 2005, n. 21996).

Ciò premesso, occorre rilevare che:

- in ragione dell’inottemperanza all’ordine di ripristino della recinzione, va ritenuto che la soglia di attenzione della società ricorrente – una volta subentrata nella proprietà alla La.co.nor. nel 1990 e fallita poi nel 1995 – non sia stata sufficiente a contenere i fenomeni di degrado ambientale. E’ cioè mancata una doverosa sorveglianza nel periodo in cui era in bonis ed era dunque nella condizione di poter rimuovere i rifiuti abbandonati dalla propria dante causa e, se del caso, i rifiuti correlati all’attività ivi svolta;

- tuttavia, non vi è prova che la società ricorrente, dopo la cessazione di ogni attività nell’area controversa, fosse a conoscenza del successivo e perdurante abbandono di rifiuti, il che non consente di addebitare a questa la circostanza di non aver impedito l’evento dannoso (cfr. Cassazione penale, 12 marzo 2007, n. 10484);

- la compartecipazione agevolatrice da parte del proprietario del terreno, e quindi la colpa di cui all’art. 14 comma 3 D.lgs 22/97, è stata ravvisata in giurisprudenza nelle ipotesi in cui il predetto sia anche detentore dello stesso, e quindi sia nelle condizioni di impedire la consumazione dell’illecito (cfr. Cassazione penale, 29 maggio 2007, n. 21097): ipotesi che, nel caso, non ricorre;

- il Comune di Castano Primo non può dirsi immune da responsabilità, avendo, con notevole intempestività, provveduto all’emissione dell’ordinanza sindacale di rimozione e ripristino dei luoghi ben tre anni dopo l’ordinanza con cui aveva ingiunto il ripristino della recinzione e la chiusura del cancello.

Ad avviso del Collegio, perciò, non può ritenersi accertato, nei confronti della società ricorrente, un concorso colposo.

Tuttavia, occorre rilevare che il richiesto approntamento delle opere di ripristino della recinzione, necessarie ad inibire o, quanto meno, limitare l’incontrollato accesso all’area in questione, abbia costituito espressione del principio di “ragionevole esigibilità” (cfr. Tar Puglia – Lecce, 12 luglio 2012, n. 1255): principio, che, invece, non è invocabile quando il sacrificio imposto al proprietario sia obiettivamente sproporzionato (cfr. Consiglio Stato, sez. V, 8 marzo 2005, n. 935, secondo cui non è esigibile la predisposizione di un servizio di vigilanza notturno e diurno al fine di assicurare l’osservanza del divieto di accesso comunque apposto dal consorzio di gestione all’ingresso della strada di servizio).

Di conseguenza, confermandosi l’avviso espresso dalla Sezione in sede cautelare, l’ordinanza impugnata merita di essere annullata, dovendosi, però, rilevare che l’inerzia della società ricorrente, quantunque non identificabile in una compartecipazione agevolatrice, debba essere adeguatamente sanzionata mediante l’imposizione dell’onere reale di cui all’art. 17, comma 10, del D.lgs. 22/97, oggi trasfusa nell’art. 253 del D.lgs. 152/2006, in cui si prevede che “in ogni caso, il proprietario non responsabile dell'inquinamento può essere tenuto a rimborsare, sulla base di provvedimento motivato e con l'osservanza delle disposizioni di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 241, le spese degli interventi adottati dall'autorità competente soltanto nei limiti del valore di mercato del sito determinato a seguito dell'esecuzione degli interventi medesimi. Nel caso in cui il proprietario non responsabile dell'inquinamento abbia spontaneamente provveduto alla bonifica del sito inquinato, ha diritto di rivalersi nei confronti del responsabile dell'inquinamento per le spese sostenute e per l'eventuale maggior danno subito”.

Per completezza, è infine da considerarsi infondata l’eccezione opposta dal Comune di Castano Primo, in sede di replica, secondo cui “l’ordinanza è da qualificarsi come contingibile ed urgente, sia perché emessa direttamente dal Sindaco (diversamente sarebbe il dirigente o responsabile del servizio a doverla emettere), sia perché in essa sono richiamati i fatti che la qualificano come tale” (cfr. pag. 1), e ciò sia alla luce del chiaro disposto dell’art. 14 del D.lgs. 22/97, che attribuiva proprio al Sindaco la competenza all’emissione di tali provvedimenti, sia in ragione della mancata esplicitazione dei presupposti specificamente richiesti dall’art. 50 del D.lgs. 267/2000.

In conclusione, il ricorso va accolto, nei sensi espressi in motivazione.

Quanto alle spese processuali, valuta il Collegio che in considerazione del ritardo dell’Amministrazione comunale nel provvedere alla formale contestazione dell’illecito, da un lato, e della condotta inerte tenuta dalla società ricorrente dopo l’ordinanza n. 333/1999, dall’altro, non vi siano sufficienti ragioni per applicare il principio della soccombenza e debba, quindi, disporsi l’integrale compensazione tra le parti.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione I)

definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie nei limiti di cui in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 21 novembre 2012 con l'intervento dei magistrati:

Francesco Mariuzzo, Presidente

Raffaello Gisondi, Primo Referendario

Angelo Fanizza, Referendario, Estensore

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 06/12/2012

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)