Consiglio di Stato, Sez. V, n. 5287, del 27 ottobre 2014
Rumore.Regolamentazione dell’emissione e della immissione dei rumori dei pubblici esercizi

In attuazione della legge 26 ottobre 1995, n. 447, i comuni, il cui territorio presenti un rilevante interesse paesaggistico-ambientale e turistico, possono introdurre una più specifica regolamentazione dell’emissione e della immissione dei rumori e di disciplinare l’esercizio di professioni ed attività rumorose, anche individuando fasce orarie in cui le stesse possono essere esercitate, anche tale disciplina postula l’esercizio del potere regolamentare da parte del consiglio comunale, senza alcuna competenza particolare o residuale della giunta comunale. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese).

N. 05287/2014REG.PROV.COLL.

N. 05272/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quinta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello iscritto al numero di registro generale 5272 del 2013, proposto da: 
COMUNE DI VENEZIA, in persona del sindaco in carica, rappresentato e difeso dagli avvocati Giulio Gidoni, Nicoletta Ongaro e Nicolo' Paoletti, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocto Nicolo' Paoletti in Roma, via Barnaba Tortolini, n, 34;

contro

MA.CRI.MA S.A.S., DESAFIO S.R.L., CAPO HORN PUB S.R.L., ognuna in persona del proprio legale rappresentante in carica, tutte non costituite in giudizio;

nei confronti di

FUGA ALESSANDRO; AGENZIA REGIONALE PER LA PREVENZIONE E PROTEZIONE AMBIENTALE DEL VENETO (A.R.P.A.V.), in persona del legale rappresentante in carica, non costituita in giudizio; MINISTERO DELL'INTERNO, U.T.G. - PREFETTURA DI VENEZIA, in persona dei rispettivi legali rappresentanti in carica, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici sono domiciliati per legge in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. VENETO – VENEZIA, Sez. III, n. 4 del 7 gennaio 2013, resa tra le parti, concernente la regolamentazione degli orari di chiusura dei pubblici esercizi e limiti di rumorosità;



Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno e di U.T.G. - Prefettura di Venezia;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 aprile 2014 il Cons. Carlo Saltelli e uditi per le parti l’avvocato Natalia Paoletti, per delega dell’avvocato Paoletti Nicolò, e l’avvocato dello Stato Palasciano;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.



FATTO

1. Il regolamento di Polizia Urbana del Comune di Venezia, modificato con delibera del consiglio comunale n. 75 del 23 maggio 2011, ha previsto all’art. 49 ter (“Limitazione degli orari di apertura di esercizi commerciali, artigianali e di somministrazione di alimenti e bevande”) che “Nelle aree della città in cui si evidenzino fenomeni di degrado e/o allarme sociale consistenti soprattutto in assembramenti di numerose persone che, stazionanti all’esterno di esercizi commerciali, artigianali e di somministrazione di alimenti e bevande, consumino sulla pubblica via bevande in misura e forma tali da compromettere la qualità della vita ed il riposo delle persone residenti nonché le comune regole di vita civile, potranno essere imposte limitazioni agli orari di apertura di esercizi commerciali, artigianali e di somministrazione di alimenti e bevande siti all’interno di dette aree. Le suddette aree e le tipologie di limitazioni sono stabilite con determinazione di Giunta comunale”.

Il successivo art. 49 quater (“Altre limitazioni alle attività svolte dagli esercizi commerciali, artigianali e du somministrazione di alimenti e bevande”) ha poi disposto che “Nelle aree della città in cui si evidenzino i fenomeni di cui al precedente art, 49 ter, le relative limitazioni alle attività di esercizi commerciali, artigianali e di somministrazione di alimenti e bevande potranno essere precedute da limitazioni agli orari di fruizione dei plateatici, con obbligo di non utilizzo degli stessi da parte degli esercenti. Le suddette aree e le tipologie di limitazioni sono stabilite con deliberazione di Giunta comunale. Potranno inoltre essere imposti a esercizi commerciali, artigianali e di somministrazione di alimenti e bevande divieti di porre in essere qualsiasi forma e tipologia di spettacolo sul suolo pubblico e presso i plateatici dei pubblici esercizi, nonché il suono di strumenti musicali di qualsiasi tipo, ivi compreso l’impiego anche dei soli impianti stereofonici o comunque atti alla diffusione musicale. Potranno inoltre essere imposti, all’interno di esercizi commerciali, artigianali e di somministrazione di alimenti e bevande, divieti di porre in essere qualsiasi forma di spettacolo e di intrattenimento musicale, ivi compreso l’impiego anche dei soli impianti stereofonici o comunque atti alla diffusione musicale”.

2. Con ordinanza prot. O.R. 2011.466 del 2 agosto 2011, il Sindaco del Comune di Venezia, ai sensi dell’articolo 54, comma 4, del D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, per la tutela della sicurezza urbana e l’incolumità pubblica in relazione agli elevati livelli sonori riconducibili al formarsi di grosse aggregazioni di persone stazionanti in Campo Santa Margherita (in vulgo Santa Margherita), sia presso i plateatici dei locali, sia in aree diverse, tenuto conto anche delle indagini svolte dall’ARPAV, disponeva:

a) in Campo Santa Margherita (in vulgo Santa Margherita) e nelle attigue Rio Terà Canal, Rio Terà de la Scoazera, Calle del Nonzolo, Corte del Calderer, Sotoportego e Corte de le Carozze, Calle del Sangue o Brocheta, Sotoportego de l’Uva, Ponte e Calle del Forno, Calle del Cafetier, nel Sestiere di Dorsoduro e Calle Renier, Corte e Calle del Formager, Calle della Chiesa, Campiello del Tragheto, Ponte di Santa Margherita, Sotoportego e Corte del Fontego, Calle del Magazen, Ramo e Campiello Cappello, Calle de Mezo de la Vida, Calle del Scaleter, Ramo de la Mista, Calle Soranzo, Corte Vecchia e attigua Calle del Forno, Corte Grifalconi, Campo San Pantalon, Ponte di San Pantalon, Calle e Crosera San Pantalon, Campiello de Cà Angaran, Calle dei Preti o del Pistor, Calle de la Scuola, Sotoportego e Calle del Cafetier attiguo alla Crosera San Pantalon, Sotoportego e Calle del Scaleter attiguo alla Crosera San Pantalon, Calle de la Saoneria e Calle Dolfin, il divieto dalle ore 00,01 alle ore 06,00 di esercizio di ogni attività di somministrazione di alimenti e bevande, di commercio di alimenti e di bevande alcoliche e non nonché l’esercizio di attività di produzione di alimenti con contestuale commercializzazione degli stessi al pubblico;

b) il divieto dalle ore 00,01 alle ore 8,00 di porre in essere qualsiasi forma e tipologia di spettacolo sul suolo pubblico e presso i plateatici dei pubblici servizi, nonché il suolo di strumenti musicali di qualsiasi tipo, ivi compreso l’impiego anche dei soli impianti stereofonici o comunque atti alla diffusione musicale;

c) il divieto all’interno dei pubblici esercizi, degli esercizi commerciali e degli esercizi artigianali insistenti nelle predette zone, dalle ore 00,01 alle ore 08,00, di porre in essere qualsiasi forma di spettacolo e di intrattenimento musicale, ivi compreso l’impiego anche dei soli impianti stereofonici o comunque atti alla diffusione musicale;

d) il divieto nelle medesime zone, fra le ore 18,00 e le ore 08,00, di manifestazioni non di competenza del Questore ex art. 18 del TULPS;

e) il divieto di concessioni di proroghe degli orari di chiusura dei pubblici esercizi;

f) il divieto nelle predette zone della concessione di deroga ai limiti di rumorosità di cui all’articolo 6 della legge 26 ottobre 1995, n. 447, nonché di deroga agli orari di rispetto della quiete oltre le ore 24,00;

g) la revoca delle precedente ordinanze sindacali n. 2011.381 del 30 giugno 2011 e 2011.444 del 22 luglio 2011;

h) l’efficacia di tale ordinanza per due mesi a decorrere dalle ore 18.00 del 3 agosto 2011.

3. Col ricorso di primo grado, MA.CRI.MA. s.a.s., Desafio s.r.l. e Capo Horn Pub s.r.l. hanno chiesto al Tribunale amministrativo regionale per il Veneto l’annullamento di tale ordinanza e degli atti connessi e presupposti, tra cui, per quanto necessario, le verifiche fonometriche effettuate dall’ARPAV, le relazioni di servizio del Corpo di Polizia Municipale e la deliberazione del Consiglio Comunale n. 75 del 23 maggio 2001, di introduzione nel Regolamento di Polizia Urbana degli articoli 49 ter e quater, deducendone l’illegittimità alla stregua dei seguenti motivi di censura: A) nei confronti dell’ordinanza sindacale del 3 agosto 2011: 1) “Violazione e falsa applicazione dell’art. 54, comma 4, del D. Lgs. 18 agosto 2000, n. 267 sotto vari profili – Violazione e falsa applicazione del decreto del Ministro dell’Interno 5.8.2008 – Incompetenza – Violazione e falsa applicazione dell’art. 23 della Costituzione”; 2) “Violazione e falsa applicazione dell’art. 54, quarto comma sotto diverso profilo – violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 3 della legge n. 241 del 1990 (principio di logicità, trasparenza, razionalità e buon andamento) – Eccesso di potere per difetto di istruttoria, contraddittorietà della motivazione, erroneità dei presupposti”; 3) “Violazione e falsa applicazione degli artt. 18 e 20 della L.R. del Veneto n. 29 del 2007 – Violazione e falsa applicazione dell’art. 54, comma 4° del D. Lgs. n. 267 del 2000, degli artt, 3, 9 e 10 della legge 241 del 1990 – Violazione dell’art. 1 della legge 241 del 1990 (principio di trasparenza, logicità, razionalità e buon andamento) – Eccesso di potere per difetto di istruttoria, erroneità dei presupposti di fatto, carenza e contraddittorietà della motivazione”;

B) Sulla deliberazione di consiglio comunale n. 75 del 23.5.2011: 4) “Violazione e falsa applicazione degli artt. 18 e 20 della L.R. del Veneto n. 29 del 2007 – Incompetenza – Violazione e falsa applicazione degli artt. 9 e 10 della legge n. 241 del 1990”; 5) “Violazione dell’art. 1 della legge n. 241 del 1990 (Principio di buon andamento, logicità e razionalità) – Eccesso di potere per difetto di istruttoria, contraddittorietà, erroneità dei presupposti di fatto”.

4. In applicazione degli articoli 49 ter e 49 quater del Regolamento di Polizia Urbana (ed in considerazione della grave situazione di scadimento della qualità urbana che in alcune zone della città derivava dall’inquinamento acustico conseguente anche all’uso di impianti stereofonici o comunque di diffusione sonora, oltre che alla presenza di avventori, anche in orari notturni, presso locali commerciali e di somministrazione di alimenti e bevande, situazione cui non avevano posto adeguato, sufficiente e soprattutto duraturo rimedio le adottate ordinanze sindacali contingibili ed urgenti), la Giunta comunale di Venezia con la delibera n. 502 del 27 ottobre 2001 (avente ad oggetto “Determinazione, ai sensi dell’art. 49 ter e 49 quater, del regolamento di Polizia Urbana, delle aree caratterizzate da evidenti fenomeni di degrado e/o di allarme sociale e delle relative limitazioni – determinazione della somma dovuta a titolo di pagamento in misura ridotta della sanzione amministrativa, ai sensi del secondo comma dell’art. 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689”), tenuto conto anche degli esiti delle campagne di rilevazione dell’inquinamento acustico svolte dall’ARPAV e ritenuto, tra l’altro, anche che “…l’inquinamento acustico in Campo Santa Margherita e Crosera San Pantalon, abbia perso il carattere di contingibilità ed urgenza ed abbia invece acquistato in via stabile lo status previsto e descritto dagli artt. 49 ter e quater del Regolamento di Polizia Urbana…e che le limitazione [apportate con le ordinanze contingibili ed urgenti] hanno portato ad una riduzione, ma non all’eliminazione, dei fenomeni descritti in seno ai due artt. del Regolamento di P.U.; che si ritiene tuttavia ottenibile con l’applicazione permanente delle limitazioni sin qui imposte solo in via d’urgenza”:

a) ha individuato quali aree in cui, ex art. 49 ter e quater, si evidenziano fenomeni di degrado e/o allarme sociale: Campo Santa Margherita (in vulgoSanta Margherita) e nelle attigue Rio Terà de la Scoazera, Calle del Nonzolo, Corte del Calderer, Sotoportego e Corte de le Carozze, Calle del Sangue o Brocheta, Sotoportego de l’Uva, Ponte e Calle del Forno, Calle del Cafetier, nel Sestiere di Dorsoduro e Calle Renier, Corte e Calle del Formager, Calle della Chiesa, Campiello del Tragheto, Ponte di Santa Margherita, Sotoportego e Corte del Fontego, Calle del Magazen, Ramo e Campiello Cappello, Calle de Mezo de la Vida, Calle del Scaleter, Ramo de la Mista, Calle Soranzo, Corte Vecchia e attigua Calle del Forno, Corte Grifalconi, Campo San Pantalon, Ponte di San Pantalon, Calle e Crosera San Pantalon, Campiello de Cà Angaran, Calle dei Preti o del Pistor, Calle de la Scuola, Sotoportego e Calle del Cafetier attiguo alla Crosera San Pantalon, Sotoportego e Calle del Scaleter attiguo alla Crosera San Pantalon, Calle de la Saoneria e Calle Dolfin”;

b) ha stabilito, ai sensi degli articoli 49 ter e quater, le seguenti tipologie di limitazioni in tali aree: b1) il divieto, dalle ore 00,01 alle ore 06,00, di esercizio di ogni attività di somministrazione di alimenti e bevande, di commercio di alimenti e di bevande alcoliche, nonché di attività artigianali di produzione di alimenti con contestuale commercializzazione degli stessi al pubblico; b2) il divieto, dalle ore 00,01 alle ore 08.00, di porre in essere qualsiasi forma e tipologia di spettacolo su suolo pubblico e presso i plateatici dei pubblici esercizi, nonché di suono di strumenti musicali di qualsiasi tipo, ivi compreso l’impiego anche dei soli impianti stereofonici o comunque atti alla diffusione musicale;

b3) il divieto, all’interno dei pubblici esercizi, degli esercizi commerciali e degli esercizi artigianali insistenti nelle predette zone dalle ore 00,01 alle ore 08,00 di porre in essere qualsiasi forma di spettacolo e di intrattenimento musicale, ivi compreso l’impiego anche dei soli impianti stereofonici o comunque atti alla diffusione musicale;

b4) l’obbligo di rimozione dei plateatici in tutte le aree individuate alle ore 24,00 (orario di chiusura degli esercizi) e la collocazione degli stessi all’interno di appositi locali (se disponibili all’attività) oppure a raso degli stabili degli esercizi;

c) ha stabilito in €. 400,00 la sanzione, ai sensi dell’art. 51 del Regolamento di Polizia Urbana e dell’art. 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689, amministrativa per la violazione di quanto prescritto;

d) ha altresì stabilito nelle zone indicate il divieto: d1) dalle ore 18.00 alle ore 08.00 del giorno successivo, di tutte le manifestazioni non di competenza del Questore ex art. 18 TULPS; d2) di concessione di proroghe agli orari di chiusura dei pubblici esercizi; d3) di concessione di deroga ai limiti di rumorosità di cui all’articolo 6 della legge 26 ottobre 1995, n. 447, nonché di deroga agli orari di rispetto della quiete oltre le ore 24,00.

5. Tale delibera è stata impugnata dalle originarie ricorrenti con motivi aggiunti, deducendo sostanzialmente gli stessi motivi di censura già sollevati col ricorso introduttivo del giudizio.

6. L’adito tribunale, sez. III, nella resistenza dell’intimato Comune di Venezia, con la sentenza n. 4 del 7 gennaio 2013, ha dichiarato il ricorso (NRG. 1593/2911) improcedibile per sopravvenuta carenza d’interesse quanto all’impugnazione dell’ordinanza sindacale prot. O.R. 2011.466 del 2 agosto 2011, per il resto accogliendolo in parte ed annullando pertanto l’art. 49 ter del regolamento di polizia urbana del Comune di Venezia e la delibera della Giunta comunale n. 502 del 27 ottobre 2011, limitatamente al punto 2, lettera a); al punto 2, limitatamente all’espressione “49 – ter”; al punto 4, limitatamente all’espressione “è vietata in tutte le zone indicate al precedente punto 1 la concessione di proroga agli orari di chiusura dei pubblici esercizi”; per il resto, quanto all’art. 49 quater, lo ha dichiarato inammissibile per carenza d’interesse.

In sintesi, ad avviso dei primi giudici, l’art. 49 ter del regolamento di polizia urbana sarebbe illegittimo, in quanto avrebbe attribuito alla giunta comunale poteri spettanti per legge al sindaco ai sensi del quarto e del sesto comma dell’art. 54 del Testo unico degli enti locali e dell’art 20 della legge regionale n. 29 del 2007; né a fondamento di tale potere potrebbe utilmente invocarsi l’art. 6 della legge n. 477 del 1995, relativa alla diversa fattispecie dell’inquinamento acustico.

Quanto all’art. 49 quater, le cui disposizioni attengono a limitazioni diverse dalla determinazioni degli orari dei pubblici servizi (ed in particolare alla fruizione dei plateatici, agli spettacoli sul suolo pubblico e all’impiego di strumenti di diffusione sonora), i primi giudici hanno rilevato che i ricorrenti non avrebbero svolte censure specifiche, con conseguente inammissibilità del ricorso in parte qua per difetto (non mancando peraltro di evidenziare al riguardo l’insussistenza del denunciato vizio di incompetenza).

7. Il Comune di Venezia ha chiesto la riforma della sentenza del TAR, lamentandone l’erroneità e l’ingiustizia alla stregua di due motivi di gravame, il primo con riferimento al Regolamento di Polizia Urbana ed il secondo con riguardo alla delibera della Giunta n. 502 del 27 ottobre 2011, rubricati rispettivamente “1) Erroneità della sentenza per violazione dell’art. 54 DLgs n. 267/01. Violazione dell’art. 6 L. n. 477/95. Illogicità e ingiustizia manifesta” e “Erroneità e manifesta ingiustizia per violazione dell’art. 54 Dlgs n. 267/01. Violazione dell’art. 6 L. n. 477/95 e del DM 16/3/98 e del DPCM 14/11/87. Omessa considerazione e travisamento dei dati fonometrici rilevati da Arpav”

Le società appellate non si sono costituite in giudizio.

Si sono costituiti in giudizio il Ministero dell’Interno e l’U.T.G. – Prefettura di Venezia.

8. All’udienza in camera di consiglio del 24 settembre 2013, fissata per la decisione dell’istanza cautelare di sospensione dell’efficacia della sentenza impugnata, la causa è stata rinviata al merito.

9. Nell’imminenza dell’udienza di trattazione le parti hanno illustrato con apposite memorie le proprie rispettive tesi difensive.

All’udienza pubblica del 29 aprile 2014, dopo la rituale discussione, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

10. Ai fini della decisione è necessario premettere quanto segue.

10.1. Il d. lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali”) fissa in modo puntuale le competenze del consiglio comunale (art. 42), della giunta comunale (art. 48) e del sindaco, quale organo del comune (art. 50) e quale ufficiale di governo (art. 54).

L’organo consiliare elettivo è chiamato ad esprimere gli indirizzi politico – amministrativi di carattere generale, che si traducono in atti amministrativi fondamentali, tassativamente indicati nell’art. 42, mentre la giunta ha una competenza residuale, spettandole di emanare tutti gli atti che non sono riservati dalla legge al consiglio comunale e che non ricadono nelle competenze del sindaco (ex multis, Cons. St. sez. V, 13 dicembre 2005, n. 7058; 2 marzo 2010, n. 1208; 12 ottobre 2011, n. 5518; 2 febbraio 2013, n. 539; 15 luglio 2013, n. 3809; 20 agosto 2013, n. 4192; 20 dicembre 2013, n. 6115).

10.2. All’organo consiliare spetta in via generale ed esclusiva (art. 42, comma 2, lett. a) l’esercizio del potere normativo che, quale peculiare caratteristica dell’autonomia dell’ente locale (art. 3, comma 4), si manifesta, oltre che nell’adozione dello statuto, anche nell’emanazione di regolamenti, atti a contenuto generale ed astratto, disciplinanti il comportamento, alla stregua di altre norme giuridiche, della generalità dei cittadini o di una determinata categoria di essi.

Il potere regolamentare trova espresso e generale fondamento nell’art. 7 (e copertura costituzionale nell’art. 117 Cost., come riscritto dalla legge costituzionale 18 ottobre del 2001, n. 3) e non è limitato alle materie ivi indicate, riguardando tutti gli ambiti di competenza comunale: ciò sia in ragione del carattere meramente esemplificativo del contenuto del richiamato art. 7, sia in ragione della natura di ente a fini generali propria del comune (quale ente rappresentativo della comunità stanziata sul relativo territorio), sia infine perché il potere regolamentare si pone anche quale espressione del potere di autoorganizzazione dell’ente stesso (Cons. St., sez. V, 27 settembre 2004, n. 6317).

Coerentemente con la delineata natura e con le funzioni dell’organo consiliare è da considerarsi del tutto speciale ed eccezionale la competenza della giunta comunale di emanare regolamenti, limitata ai soli “regolamenti sull’ordinamento degli uffici e dei servizi, nel rispetto dei criteri generali stabiliti dal consiglio”.

10.3. Ai sensi del comma 7 dell’art. 50, rientra nelle esclusive competenze del sindaco il coordinamento e la riorganizzazione, sulla base degli indirizzi espressi dal consiglio comunale e nell’ambito dei criteri eventualmente indicati dalla Regione, degli “…orari degli esercizi commerciali, dei pubblici servizi e dei servizi pubblici…”.

Al sindaco è riconosciuto anche il potere di modificare gli orari degli esercizi commerciali, dei pubblici esercizi e dei servizi pubblici “in casi di emergenza, connessi con il traffico o con l’inquinamento atmosferico o acustico, ovvero quando a causa di circostanze straordinarie si verifichino particolari necessità dell’utenza o per motivi di sicurezza urbana”: in tali casi egli agisce, ai sensi del comma 6 dell’art. 54, in qualità di ufficiale di governo, emanando ordinanze contingibili ed urgenti.

Come ha più volte rilevato la giurisprudenza, tali provvedimenti sono espressione di un potere e atipico, il cui esercizio è consentito solo allorché sussista un pericolo attuale per l’incolumità pubblica, cioè una situazione di eccezionalità tale da rendere indispensabili ed improcrastinabili interventi urgenti ed extra ordinem, consistenti nell’imposizione di obblighi di fare o di non fare a carico del privato, e, d’altra parte, gli ordinari mezzi previsti dall’ordinamento non siano idonei ed adeguati.

E’ stato anche recentemente ribadito che tale potere “…può essere legittimamente esercitato, quale immanente prerogativa sindacale di provvedere in via d’urgenza e contingibile alla tutela dell’ordine pubblico e della sicurezza pubblica, nonché quando la violazione delle norme che tutelano i beni previsti dal D.M. 5 agosto 2008 (situazioni di degrado o isolamento, tutela del patrimonio pubblico e della sua fruibilità, incuria ed occupazione abusiva di immobili, intralcio alla viabilità o alterazione del decoro urbano) non assuma rilevanza solo in sé stessa (poiché in tal caso soccorrono gli strumenti ordinari), ma qualora possa costituire la premessa per l’insorgere di fenomeni di criminalità suscettibili di minare la sicurezza pubblica, dato che, in tal caso, vengono in rilievo interessi che vanno oltre le normali competenze di polizia amministrativa locale” (Cons. St., sez. VI, 31 ottobre 2013, n. 5276).

10.4. La legge regionale del Veneto n. 29 del 21 settembre 2007 ha specificamente disciplinato l’esercizio dell’attività di somministrazione di alimenti e bevande.

Per quanto qui interessa, in particolare:

a) all’art. 6 ha previsto puntuali limitazioni anche orarie per la somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche;

b) all’art. 18 (Orari degli esercizi di somministrazione di alimenti e bevande) ha attribuito al Comune, sentite le rappresentanze locali delle organizzazioni del commercio, turismo e servizi, delle associazioni dei consumatori e degli utenti e delle organizzazioni dei laboratori, il potere di determinare l’orario massimo nell’ambito di determinate fasce orarie e degli orari minimi e massimo di apertura, puntualmente indicati;

c) all’art. 20 (Limitazioni degli orari per esigenze pubbliche ha testualmente stabilito che “1. Salvo quanto previsto dall’articolo 54, comma 3 [ora comma 4],del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 “Testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali”, il sindaco può disporre con atto motivato rivolto a persone determinate, in via permanente o per situazioni contingenti, limitazioni agli orari per ragioni di ordine e di sicurezza pubblica o comunque di interesse pubblico senza applicare le procedure di cui all’articolo 18, comma 1”.

Anche secondo tale normativa spetta in via generale al consiglio comunale l’esercizio del potere regolamentare e al sindaco quello di adottare singoli provvedimenti per ragioni di ordine sicurezza pubblica o comunque di pubblico interesse (ragioni evidentemente diverse da quelle che legittimerebbero l’emanazione delle ordinanze contingibili ed urgenti, nell’esercizio cioè della funzione di ufficiale di governo), con esclusione di qualsiasi competenza, anche solo residuale, in capo alla giunta.

10.5. Per completezza sull’argomento deve rilevarsi che dopo l’entrata in vigore degli artt. 35, comma 6, del d.l. 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla l. 15 luglio 2011, n. 111, e 31, comma 1, del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito con modificazioni dalla l. 22 dicembre 2011, n. 214, costituisce principio generale dell’ordinamento nazionale la libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali sul territorio, senza contingenti, limiti territoriali o altri vincoli di qualsiasi genere, compresi gli orari di apertura e chiusura dell’esercizio, esclusi quelli connessi alla tutela della salute, dei lavoratori, dell’ambiente, ivi compreso quello urbano, e dei beni culturali, con conseguente automatica caducazione di tutti i provvedimenti amministrativi, anche di natura generale e regolamentare, che ponevano limiti agli orari stessi (Cons. St., sez. V, 13 gennaio 2014, n. 70).

11. Sulla base del delineato substrato normativo e giurisprudenziale, la Sezione è dell’avviso che i motivi dell’appello principale, che per loro intima connessione possono essere esaminati congiuntamente, siano infondati.

11.1. L’amministrazione comunale di Venezia ha dedotto che sono legittimi i propri provvedimenti, in particolare delle previsioni contenute negli artt. 49 ter e 49 quater del Regolamento di Polizia Urbana (introdotti con la delibera consiliare n. 75 del 23 maggio 2011) e della delibera della Giunta municipale n. 502 del 27 ottobre 2011, negando decisamente che tali atti siano inficiati dal vizio di incompetenza, come lamentato dai ricorrenti in primo grado e riscontrato dai primi giudici, ed invocando a fondamento del potere esercitato l’art. 54 del D. Lgs. n. 267 del 2000, come modificato dal d.l. 23 maggio 2008, n. 92, convertito con modificazione dalla legge 24 luglio 2008, n. 125, ed i principi desumibili dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 115 del 7 aprile 2011.

Tale ricostruzione non può essere accolta.

11.1.1. Sotto un primo profilo va osservato che l’art. 54 disciplina soltanto le competenze del sindaco nei servizi statali, mentre la controversia in esame esula da tale ambito, attenendo a questioni di rilievo esclusivamente comunale.

Né alcun elemento utile alla tesi dell’appellante può ricavarsi dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 115 del 7 aprile 2011: infatti dalla dichiarata illegittimità costituzionale dell’art. 54, nella parte in cui ricomprendeva la locuzione “anche” prima delle parole “contingibili ed urgenti” e consentiva pertanto al Sindaco di emettere ordinanza “ordinarie” al fine di prevenire ed eliminare gravi pericoli per l’incolumità pubblica e la sicurezza pubblica, per violazione dei principi costituzionali di uguaglianza (art. 3), riserva di legge (23) e legalità (art. 97), e dalla conseguente legittimità costituzionale del potere del sindaco di emanare ordinanze contingibili ed urgenti, per fronteggiare situazioni eccezionali ed imprevedibili, con effetti provvisori e limitati, non può ricavarsi l’esistenza di un potere implicito di regolamentare la materia de qua.

11.1.2. A ciò non consegue tuttavia che il Comune sia privo del potere di regolamentare la materia di cui si discute.

In realtà la Corte Costituzionale con la sentenza n. 226 del 24 giugno 2010, giudicando sulla questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, commi 40, 41, 42 e 43 delle legge 15 luglio 2009, n. 94 (Disposizioni in materia di sicurezza pubblica), sollevata dalle Regioni Toscana, Emilia – Romagna e Umbria, ha rilevato che la nozione di sicurezza pubblica, ai sensi dell’art. 1, del d.m. 5 agosto 2008, identifica “un bene pubblico da tutelare attraverso attività poste a difesa, nell’ambito delle comunità locali, del rispetto delle norme che regolano la vita civile, per migliorare le condizioni di vivibilità nei centri urbani, la convivenza civile e la coesione sociale”, sottolineando che il medesimo decreto ministeriale ha ad oggetto esclusivamente la tutela della sicurezza pubblica, intesa come attività di prevenzione e repressione dei reati ed aggiungendo significativamente che “…i poteri esercitabili dai sindaci, ai sensi dei commi 1 e 4 dell’art. 54 del d.lgs. n. 267 del 2000, non possono essere che quelli finalizzati all’attività di prevenzione e repressione dei reati, e non i poteri concernenti lo svolgimento delle funzioni di polizia amministrativa nelle materie di competenza delle Regioni e delle Province Autonome (sentenza n. 196 del 2009)”.

Spetta effettivamente all’ente locale il potere di tutelare la sicurezza urbana, intesa come bene pubblico che concerne il regolare ed ordinato svolgimento della vita civile, per migliorare le condizioni di vivibilità nei centri urbani, la convivenza civile e la coesione sociale, con esclusione dell’attività di prevenzione e repressione dei reati (che attiene invece all’ordine pubblico ed alla sicurezza pubblica e spetta esclusivamente allo Stato e che legittima il potere extra ordinem del sindaco, quale ufficiale di governo), tale potere rientrando però non già nell’alveo del citato art. 54, bensì nelle funzioni e nei compiti propri della polizia amministrativa locale (secondo la definizione dell’art. 159, comma 1, del 31 marzo 1998, n. 112, riguardando “le misure dirette ad evitare danni o pregiudizi che possono essere arrecati ai soggetti giuridici ed alle cose nello svolgimento di attività relative alle materie nelle quali vengono esercitate le competenze, anche delegate, delle regioni e degli enti locali, senza che ne risultino lesi o messi in pericolo i beni e gli interessi tutelati in funzione dell’ordine pubblico e della sicurezza pubblica”).

L’esercizio di tale potere spetta, secondo la ordinaria ripartizione delle competenze tra gli organi del comune, esclusivamente al consiglio comunale.

11.1.3. Sotto altro profilo la Sezione deve rilevare che, come emerge dalla lettura della sentenza impugnata, il vizio di incompetenza riscontrato dai primi giudici non riguarda la delimitazione delle “…aree della città in cui si evidenzino fenomeni di degrado e/o allarme sociale consistenti soprattutto in assembramenti di numerose persone che, stazionanti all’esterno di esercizi commerciali, artigianali e di somministrazione di alimenti e bevande, consumino sulla pubblica via bevande in misura e forma tali da compromettere la qualità della vita ed il riposo delle persone residenti nonché le comune regole di vita civile” (punto 1 della delibera della Giunta comunale n. 502 del 27 ottobre 2011), quanto piuttosto il punto 2 a) della delibera stessa, che stabilisce le tipologie delle limitazioni (in particolare “a) è vietato, nelle zone indicate al punto 1, dalle ore 00.01 alle ore 06.00, l’esercizio di ogni attività di somministrazione di alimenti e bevande, di commercio di alimenti e bevande alcoliche, nonché l’esercizio di attività artigianali di produzione di alimenti con contestuale commercializzazione degli stessi in pubblico”), il punto 3 limitatamente all’espressione 49 ter, e il punto 4 (nella parte in dispone che “è vietata in tutte le zone indicate al precedente punto 1, la concessione di proroghe agli orari di chiusura dei pubblici esercizi”).

Diversamente da quanto sostenuto dall’appellante la questione non riguarda pertanto la sussistenza del potere del Comune di adottare per determinate aree della città misure atte a garantire la qualità della vita, il riposo delle persone residenti e le comune regole della vita civile e tutelare così la sicurezza urbana, quanto piuttosto quale sia la natura delle disposizioni che prevedono le tipologie di limitazioni che a tal fine possono essere imposte agli orari di apertura degli esercizi commerciali, artigianali e di somministrazione di alimenti e bevande.

11.2. Così correttamente delineato l’ambito della controversia, la Sezione osserva che:

- non può ragionevolmente dubitarsi della natura regolamentare, correttamente esercitata dal consiglio comunale, della disposizione dell’art. 49 ter che ha conferito alla giunta il compito di individuare e delimitare le “…aree della città in cui si evidenzino fenomeni di degrado e/o allarme sociale consistenti soprattutto in assembramenti di numerose persone che, stazionanti all’esterno di esercizi commerciali, artigianali e di somministrazione di alimenti e bevande, consumino sulla pubblica via bevande in misura e forma tali da compromettere la qualità della vita ed il riposo delle persone residenti nonché le comune regole di vita civile” e della natura provvedimentale del punto 1 della delibera di giunta n. 502 del 27 ottobre 2011 che ha effettivamente individuato quelle aree, così che sul punto nessun vizio di incompetenza sussiste nell’emanazione di quegli atti (tanto più che al riguardo nessuna contestazione è stata fatta);

- non altrettanto può dirsi per quanto riguarda l’individuazione delle tipologie di limitazioni da adottare a tutela e garanzia della sicurezza urbana.

Trattandosi anche in questo caso di determinazioni di carattere regolamentare (stante l’indeterminatezza e la generalità dei destinatari e l’indefinita ripetibilità ed applicabilità a fattispecie concrete), la loro individuazione spettava esclusivamente al consiglio comunale, secondo l’ordinaria ripartizione delle competenze tra gli organi comunali come sopra delineata, coerentemente peraltro con la natura rappresentativa dell’organo consiliare.

Il consiglio comunale pertanto non poteva sostanzialmente delegare tale potere, attribuendolo, com’è avvenuto, alla giunta municipale, non avendo quest’ultima nessuna competenza ad esercitare funzioni normative, eccezion fatta per l’ipotesi, espressamente prevista, di cui all’art. 48, comma 3, del D. Lgs. n. 267 del 2000, tanto più che nel caso di specie neppure alcun criterio è stato formulato dal consiglio comunale per l’eventuale esercizio di tale impropria ed inammissibile delega.

Sotto tale aspetto, va rilevato che - per il principio di legalità – un organo amministrativo può delegare ad un altro organo i poteri di cui sia titolare solo qualora una legge lo consenta.

Infatti, solo una disposizione di rango primario può consentire ad un organo amministrativo di devolvere ulteriori poteri ad un altro organo, con i relativi obblighi e le relative responsabilità.

In tal senso correttamente i primi giudici hanno ritenuto sussistente il vizio di incompetenza delle determinazioni della giunta (in connessione all’illegittimità dell’atto del consiglio attributivo del relativo potere), giacché - pur dovendosi ammettere che, fermo restando il potere sindacale di emanare ordinanze contingibili ed urgenti allorché si verifichino situazioni eccezionali, impreviste ed imprevedibili come tali autonomamente idonee a ledere o mettere in pericolo l’incolumità dei cittadini e la sicurezza pubblica (ivi compreso l’inquinamento acustico o atmosferico), il comune abbia il potere di tutelare e garantire la sicurezza urbana individuando a tal fine le misure più idonee ed adeguate - tale potere non può che manifestarsi in via ordinaria attraverso l’esercizio della potestà regolamentare che spetta interamente ed esclusivamente all’organo consiliare.

11.3. A conclusioni analoghe deve giungersi anche con riferimento all’art. 6 della legge 26 ottobre 1995, n. 447.

Se è vero che in attuazione di tale normativa i comuni, il cui territorio presenti un rilevante interesse paesaggistico – ambientale e turistico, possono introdurre una più specifica regolamentazione dell’emissione e della immissione dei rumori e di disciplinare l’esercizio di professioni ed attività rumorose, anche individuando fasce orarie in cui le stesse possono essere esercitate, anche tale disciplina postula l’esercizio del potere regolamentare da parte del consiglio comunale, senza alcuna competenza particolare o residuale della giunta comunale, diversamente da quanto è avvenuto nel caso di specie (ciò indipendentemente da ogni considerazione sulla adeguatezza e sulla idoneità dell’istruttoria espletata al riguardo).

11.4. Il rigetto degli esaminati motivi dell’appello principale, con conseguente conferma dell’effettiva sussistenza del vizio dell’atto del consiglio comunale (che non avrebbe potuto delegare un proprio potere) e del conseguente vizio di incompetenza che inficia gli atti impugnati in primo grado, rende allo stato privo di interesse l’esame delle ulteriori questioni concernenti la legittimità sostanziale dei medesimi provvedimenti.

12. In conclusione, alla stregua delle osservazioni svolte, l’appello deve essere respinto.

Le spese del presente grado di giudizio possono essere compensate tra le parti, stante la peculiarità della controversia.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, Sezione Quinta, definitivamente pronunciando sull’appello n. 5272 del 2013 proposto dal Comune di Venezia avverso la sentenza del Tribunale amministrativo regionale per il Veneto, sez. III, n. 4 del 7 gennaio 2013, lo respinge.

Spese compensate del secondo grado.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 aprile 2014 con l'intervento dei magistrati:

Luigi Maruotti, Presidente

Carlo Saltelli, Consigliere, Estensore

Antonio Amicuzzi, Consigliere

Nicola Gaviano, Consigliere

Fabio Franconiero, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 27/10/2014

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)