INQUINAMENTO DA RUMORE E TUTELA PENALE
di Luca RAMACCI
(pubblicato su Giurisprudenza di Merito n. 12-2007) il provvedimento commentato (Tribunale di NAPOLI Sez. XII ordinanza 7 marzo 2007) è visibile qui

  1. Premessa

L’ordinanza del Tribunale di Napoli affronta, con puntuali riferimenti alla giurisprudenza di legittimità, alcune rilevanti questioni in tema di inquinamento acustico e, segnatamente, l’individuazione del concetto di professione o mestiere rumoroso, i rapporti tra le fattispecie previste dal primo e dal secondo comma dell’articolo 659 C.P. ed i requisiti richiesti per la configurabilità del reato contemplato dal primo comma.

Si tratta di questioni affrontate in più occasioni, anche se talvolta in modo poco convincente, dalla corte di cassazione e dalla giurisprudenza di merito.


  1. Inquinamento acustico e diritto penale

La materia dell’inquinamento acustico, nel vasto panorama del diritto penale dell’ambiente rientra, unitamente all’inquinamento da campi elettromagnetici, tra quei fenomeni di origine fisica non sempre adeguatamente considerati. Nel caso dell’inquinamento acustico, in particolare, sporadicamente vengono tenute nella giusta considerazione le conseguenze derivanti dall’esposizione al rumore sulla salute delle persone che, come indicato dalla scienza medica, incidono non soltanto sull’equilibrio fisico, ma anche su quello psichico dei soggetti esposti.

Ne è ben consapevole il legislatore nazionale il quale, ormai da circa un trentennio, ha valutato il problema con riferimento non solo all’ambiente esterno ma anche agli ambienti di lavoro[1] sebbene solo nel 1991, in attesa dell’emanazione della legge-quadro sull’inquinamento acustico, con il DPCM 1 marzo 1991 recante “Limiti massimi di esposizione al rumore negli ambienti abitativi e nell'ambiente esterno” il problema venne affrontato in modo organico.

La legge quadro (Legge 26 ottobre 1995, N. 447) ha poi fornito una disciplina organica della materia attraverso l’indicazione di definizioni, la fissazione di valori limite e l’individuazione di provvedimenti per la limitazione delle emissioni sonore di natura amministrativa, tecnica, costruttiva e gestionale, la previsione di controlli e sanzioni nonché l’individuazione delle competenze dei singoli enti territoriali[2]. Ad essa hanno fatto seguito numerose disposizioni finalizzate alla sua concreta attuazione e provvedimenti specifici, attinenti a determinate fonti sonore[3] e, da ultimo, il D.Lv. 19 agosto 2005, n. 194 ”Attuazione della direttiva 2002/49/CE relativa alla determinazione e alla gestione del rumore ambientale[4] che ha in parte modificato la legge quadro.

La promulgazione della legge quadro, che prevede nell’articolo 10 specifiche sanzioni amministrative in caso di superamento dei limiti, ha determinato i noti problemi di individuazione del rapporto tra le ipotesi previste dal primo e dal secondo comma dell’articolo 659 c.p., con particolare riferimento alla sopravvivenza di tale ultima ipotesi di reato in considerazione del ritenuto rapporto di specialità tra la violazione amministrativa contemplata dalla legge del 1995 e quella penale.

3. L’articolo 659 c.p. II comma

Il Tribunale di Napoli propende per la tesi che ritiene depenalizzato il secondo comma dell’articolo 659, definendo indubitabile tale evenienza. Tale assunto, tuttavia, non appare del tutto pacifico in quanto la questione è stata ripetutamente affrontata in giurisprudenza con esiti diversi.

Va in primo luogo ricordato come non si sia mai posto in dubbio (e sul punto la giurisprudenza è uniforme) che le due disposizioni debbano ritenersi tra loro distinte, in quanto perseguono finalità differenti. Quella prevista al primo comma, infatti, sanziona “gli effetti negativi della rumorosità in funzione della tutela della tranquillità pubblica”, mentre la seconda “essendo diretta unicamente a stabilire i limiti di intensità delle sorgenti sonore provenienti fisiologicamente da attività rumorose, oltre i quali deve ritenersi sussistente l'inquinamento acustico, prende in considerazione soltanto il dato oggettivo del superamento di una certa soglia di rumorosità…[5].

Ulteriore differenza tra le due fattispecie è rappresentata dal fatto che, nel secondo comma, vi è una presunzione juris et de iure della sussistenza dell’evento perturbante sulla base del solo esercizio irregolare della professione o del mestiere rumoroso perché in contrasto le disposizioni di legge o le prescrizioni dell'autorità mentre, nella diversa ipotesi di cui al primo comma, si esige la prova della idoneità del rumore a turbare la quiete pubblica[6].

A fronte di tali certezze, però, la individuazione dei rapporti tra secondo comma dell’articolo 659 C.P. e legge quadro sull’inquinamento acustico è stata particolarmente tormentata.

Iniziata con una decisione di un giudice di merito, poi cassata, che riteneva abrogato l’intero articolo 659 C.P. [7], la sequenza delle pronunce si caratterizza per un andamento tanto concitato quanto contraddittorio che ha visto anche l’adozione di soluzioni interpretative diverse formulate in sentenze depositate il medesimo giorno[8] o a brevissima distanza di tempo, fino a stabilizzarsi, ma solo apparentemente, nel ritenere implicitamente depenalizzato il secondo comma dell’articolo 659[9] la cui vitalità troverà nuova linfa, come si dirà tra poco, in successive pronunce.

Va poi osservato che le diverse decisioni che propendono per la depenalizzazione del secondo comma dell’articolo 659 c.p. si fondano su considerazioni diverse.

In alcuni casi, in fatti, viene riconosciuta la sussistenza di un rapporto di specialità tra l’articolo 659 c.p. secondo comma e l’articolo 10 della legge quadro con la conseguenza che, sulla scorta del disposto dell’articolo 9 della legge 68981, deve ritenersi applicabile la sola fattispecie che prevede l’irrogazione della sanzione amministrativa[10].

Tale rapporto di specialità, in alcuni casi, nell’esaminare il contenuto dell’articolo 10 legge 44795, veniva valutato considerando l'identità della situazione presa in esame dal codice penale rispetto a quella sanzionata in via amministrativa, alla quale veniva peraltro riconosciuto anche un contenuto più ampio, in quanto riferita a "chiunque", e non solo a chi eserciti professioni o mestieri per loro natura fonti di rumore[11].

In altri casi, con maggiore attenzione, la necessaria comparazione tra le due fattispecie trovava un confine nelle ipotesi riferite al solo superamento di limiti di emissione poiché solo in tali casi poteva rinvenirsi una perfetta coincidenza tra norma penale e amministrativa[12].

Tale ultimo orientamento, sicuramente maggioritario, è stato ribadito in successive occasioni con argomentazioni dello stesso tenore giungendo però, in tempi più recenti, ad una diversa comparazione tra le disposizioni della legge quadro ed il secondo comma dell’articolo 659 C.P. escludendo così la sussistenza del rapporto di specialità.

Se, infatti, si è da un lato continuato a ribadire che la rilevanza penale della condotta prevista dal secondo comma dell'art. 659 c.p. non è stata del tutto eliminata ma resta circoscritta alla violazione delle prescrizioni attinenti il problema della rumorosità ma diverse da quelle concernenti i limiti delle emissioni sonore,[13] in altre occasioni si è precisato che, anche con riferimento al superamento dei limiti di legge, non sussisterebbe il rapporto di specialità tra le due fattispecie in quanto quella contemplata dall'art. 659 comma 2 “…contiene un elemento, mutuato da quella del comma 1 con cui il comma 2 va posto in relazione, estraneo alla fattispecie prevista dall'art. 10 legge 447/1995 che tutela genericamente la salubrità ambientale limitandosi a stabilire, e a sanzionarne in via amministrativa il superamento, i limiti di rumorosità delle sorgenti sonore oltre i quali deve ritenersi sussistente l'inquinamento acustico. Tale elemento è rappresentato proprio da quella concreta idoneità della condotta rumorosa, che determina la messa in pericolo del bene della pubblica tranquillità tutelato da entrambi i commi dell'art. 659 C.P., a recare disturbo al riposo e alle occupazioni di una pluralità indeterminata di persone[14]. Il principio è stato successivamente ribadito con riferimento alla nota vicenda delle orchestrine di piazza San Marco a Venezia[15].

Nel formulare tale lettura della norma, tuttavia, la Cassazione ha preso nuovamente in esame i rapporti tra primo e secondo comma dell’articolo 659 c.p. e, mentre in precedenza si era affermato che l’esercizio di un mestiere rumoroso, se determinante disturbo all’occupazione o al riposo delle persone, poteva configurare anche la violazione prevista dal primo comma (e in tal senso si è orientato il Tribunale di Napoli nella decisione in rassegna) nell’effettuare la comparazione tra il primo ed il secondo comma dell'articolo in esame sembra ora escludere tale possibilità.

In un primo tempo, infatti, si era osservato che “…se da un canto l'esercizio di mestieri rumorosi non è sanzionabile ai sensi del secondo comma della norma quando si svolga nel rispetto delle disposizioni di legge e delle prescrizioni dell'autorità, dall'altro l'uso di strumenti sonori eccedenti il normale esercizio è punibile ai sensi del primo comma, ove siano disturbate le occupazioni o il riposo delle persone. Pertanto, è punibile ai sensi del primo comma della norma incriminatrice in questione colui che esercita una professione o un mestiere rumoroso facendo abuso di strumenti sonori, a nulla rilevando che l'autorità amministrativa non abbia disciplinato l'attività[16]. L’assunto era stato poi ribadito con riferimento, però, alla produzione di rumori non strettamente connessi con l’espletamento dell‘attività rumorosa[17] affermando, in altre occasioni, che la sussistenza del reato di cui al primo comma dell’articolo 659 non può essere esclusa per il solo fatto che nell'esercizio di una attività rumorosa non siano stati superati i limiti indicati da disposizioni specifiche, perché colui che svolge un’attività di per sé rumorosa resta comunque obbligato non solo al rispetto delle disposizioni di legge e delle prescrizioni impartite dall'Autorità, ma anche a porre in essere tutte le cautele necessarie ad evitare il disturbo delle occupazioni o del riposo delle persone. Da ciò consegue che, nel caso in cui non ricorra la violazione di disposizioni di legge o di prescrizioni imposte dall'Autorità, può ritenersi sussistente l'ipotesi contravvenzionale prevista dal primo comma qualora i rumori prodotti siano di intensità tale da superare i limiti di normale tollerabilità, generando disturbo alle occupazioni ed al riposo delle persone[18].

Si è in altra occasione affermato che tale lettura della norma “…non si pone in contrasto con la consolidata giurisprudenza, secondo la quale è possibile il concorso fra le ipotesi criminose contemplate dai due commi dell'art. 659 c.p.; infatti, queste si coordinano nel senso che, quando il fatto è commesso dall'esercente un mestiere rumoroso, costui risponderà (anche) della contravvenzione al primo comma solo se si tratta di un'attività eccedente il normale esercizio della professione o di un uso smodato dei mezzi tipici di essa”.[19]

Successivamente, invece, si è ritenuto che ogni ipotesi di esercizio di un mestiere naturalmente rumoroso rientri nella disposizione di cui al secondo comma, la quale risulta attenuata rispetto a quella contemplata dal primo comma e ciò in quanto il legislatore avrebbe provveduto ad un necessario contemperamento tra le esigenze della quiete pubblica con quelle della produzione considerate anche dalle altre norme di settore. Con l’introduzione delle sanzioni amministrative ad opera della legge quadro, il superamento dei limiti di accettabilità nell’esercizio di mestieri rumorosi risulterebbe depenalizzata, mentre rientrerebbe ancora nell’ipotesi del secondo comma la violazione di prescrizioni in tema di rumore diverse da quelle concernenti i limiti delle emissioni o immissioni sonore. Date tali considerazioni, la Corte sembrerebbe escludere che tale ultima fattispecie possa configurare l’ipotesi contravvenzionale prevista al primo comma dell’articolo 659 C.P.[20]

Si è poi osservato che la disposizione di cui al secondo comma dell’articolo 659 pur tutelando la tranquillità pubblica ricomprendente la quiete privata prevede tuttavia sanzioni più lievi quando la violazione sia riconducibile non tanto a comportamenti privi di collegamento con altri interessi ritenuti dall'ordinamento apprezzabili quanto dall'irregolare svolgimento di un'attività lavorativa in sé rumorosa[21].

Dal sommario esame dei diversi indirizzi prospettati dalla giurisprudenza di legittimità emerge ancora un quadro di complessiva incertezza anche se sembra potersi sostenere, con sufficiente tranquillità, che non è assolutamente da condividere il più volte criticato (e ormai abbandonato) indirizzo che propendeva per una depenalizzazione totale del secondo comma dell’articolo 659 C.P., se non altro per il fatto che l’articolo 10 della legge-quadro ha, evidentemente, un diverso ambito di applicazione, sicuramente minore rispetto a quello dell’articolo 659, secondo comma contemplando il solo superamento di valori limite normativamente fissati, mentre la violazione della disposizione penale potrebbe concretarsi anche mediante l’esercizio di attività rumorose in contrasto con disposizioni imposte con modalità o per ragioni diverse da quelle considerate dalla legge quadro, come nel caso di fissazione di limiti più restrittivi per particolari situazioni o per finalità diverse da quelle prese in considerazione dalla legge quadro predetta. Senza contare, inoltre, che la disposizione penale considera complessivamente il fenomeno delle immissioni rumorose e moleste a differenza dell’articolo 10 della legge quadro che si riferisce soltanto a violazioni formali[22]. Una diversa lettura porterebbe quindi ad una eccessiva contrazione delle condotte penalmente sanzionabili.

Particolarmente convincente appare, al contrario, la lettura dell’articolo 659 C.P. che fa pienamente salva l’applicabilità del secondo comma dell’articolo 659 C.P. escludendone ogni rapporto di specialità con l’articolo 10 Legge 47795 poiché fondata su un’attenta analisi dei contenuti, obiettivamente diversi, delle due disposizioni pur restando auspicabile una stabilizzazione ulteriore da parte della giurisprudenza della Cassazione (come pare sia avvenuto pure con riferimento all’articolo 674 c.p.) anche quale conseguenza del fatto che la materia dell’inquinamento acustico è ora tabellarmente assegnata ad una sezione diversa (la terza penale).

4. L’offensività della condotta

Sicuramente uniforme risulta, invece, non solo la giurisprudenza riguardante le modalità di accertamento della potenzialità offensiva delle emissioni sonore[23], ma anche quella relativa alla individuazione dei mestieri rumorosi per i quali si esclude, come ricordato dai giudici partenopei nel provvedimento in esame, la necessità di una preventiva catalogazione rientrando in tale categoria tutti quelli che, in concreto, si svolgono provocando rumori, con la conseguenza che qualsiasi attività lavorativa che provochi rumori impone a chi la esercita la osservanza delle disposizioni della legge o delle prescrizioni dell'autorità[24]. Si è inoltre stabilito che il concetto di rumorosità che caratterizza le professioni o i mestieri va esteso anche “..ai mezzi tecnici e agli apparati che, secondo moderne visioni commerciali, ne agevolano lo svolgimento, anche se non per una maggiore comodità dei titolari degli esercizi, ma per agevolare il pubblico[25].



[1] Si rinvengono riferimenti alle emissioni sonore negli ambienti di lavoro, abitativi e nell’ambiente esterno nella Legge 23 dicembre 1978 n. 833 (Legge di riforma sanitaria)

[2] Confronta le disposizioni contenute nella legge 44795 e quelle del D.P.C.M. 1 marzo 1991 M. GABRIOTTI in “La tutela del “bene ambiente” dall’inquinamento acustico” in Ambiente – Consulenza e pratica per l’impresa n. 61996 pagg. 452 e ss.

[3] Per l’individuazione dei singoli provvedimenti v. RAMACCI “Diritto penale dell’ambiente” Padova 2007 pag. 439 e ss.

[4] In dottrina, per un primo commento, v. MURATORI “Gestione del rumore ambientale : l’Italia si adegua, a modo suo, alle regole” in Ambiente e Sviluppo n. 122005 pag. 1049

[5] Così Cass. Sez. I n. 1075 del 1712007 Raggio ed altri. In precedenza, sullo stesso argomento, Cass. Sez. I 28111996, P.M. in proc. Tornei; Cass. Sez. I 2841997, Cavallini in Cons. Impr. Comm. Ind. 1997, 11, pag. 2111; Cass. Sez. I n. 1012 del 19111999, Piccioni; Sez. I n. 319 dell’ 812002, Fittabile

[6] V. oltre alle precedenti conformi, Cass. Sez. I 2011995, Amato, Sez. I n. 6276 del 2261996, Bedin, Sez. I n. 9728 dell’1191998, Basile

[7] La prima decisione nota è del G.I.P. Pretura Venezia 1371996, Rosso in Il Nuovo Diritto n. 91996 pagg.789 e ss. con nota di L. RAMACCI “Inquinamento acustico: è ancora applicabile l’articolo 659 C.P. dopo l’entrata in vigore della legge 44795?” sulla quale interveniva poi Cass. Sez. I 1231997, Rosso in Riv. Pen. N. 41997 con nota di L. RAMACCI “Inquinamento acustico: la Cassazione individua l’ambito di applicazione della Legge Quadro e dell’articolo 659 C.P.

[8] Cass. Sez. I 2111997, Marasco Petromilli in Cass. Pen. 1998 p. 88 e ss. proponeva infatti una lettura diametralmente opposta a quella prospettata nella sentenza di cui alla nota precedente

[9] V. ad esempio, Cass. Sez. I 841998, Herpel in Riv. Pen. 51998, pag. 434 e Cass. Sez. I 851998, Girolimetti. V. anche Cass. Sez. I n. 3123 del 1662000

[10] Così Cass. Sez. I 2111997, Marasco Petromilli, cit.

[11] Cass. Sez. I n. 4199 dell’891997, PG in proc. Sansalone. Nello stesso senso Cass. Sez. I n. 11113 del 3121997, Antonazzo

[12] Cass. Sez. I n. 1245 dell’ 841998, Herpel in Riv. Pen. 51998, pag. 434, cit. e Cass. Sez. I n. 1789 dell’ 851998, Girolimetti., cit. V. anche Cass. Sez. I n. 10518 del 9102000, Mirarci; Sez. I n. 3123 del 1662000; Sez. I n. 6291 del 1951999

[13] V. ad es. Cass. Sez. III n. 2875 del 2612007, Roma. Nello stesso senso Sez. III n. 530 del 1412005, PM in proc. Termini ed altro; Sez. I n. 43202 del 19122002, Romanisio

[14] Cass. Sez. I n. 25103 del 362004, Amato

[15] Cass. Sez. III n. 1561 del 1912007, Rey ed altro

[16] Cass. Sez. I n. 1370 del 1021995, Mangone

[17] Cass. Sez. I n. 7188 del 1761994, Sereni

[18] Cass. Sez. III n. 23130 del 572006, Ferrantelli. Precedentemente lo stesso principio era stato affermato da Cass. Sez. I n. 1329 del 1941994 Graziotti.

[19] Cass. Sez. I n. 30773 del 1892006, Galli

[20] Cass. Sez. III n. 2875 del 2612007, Roma, cit.

[21] Cass. Sez. I n. 25103 del 362004, Amato, cit.

[22] V. ad es. Sez. I n. 43202 del 19122002, Romanismo, cit.

[23] V. per tutte Cass. Sez. I n. 7042 dell’ 1171996, Fontana; Sez. I n. 739 del 2111998, PM in proc. Tilli

[24] Così Cass. Sez. I n. 8700 del 2391993, Senatra

[25] Cass. Sez. I n. 10701 del 27101995, Falcone. La fattispecie riguardava, come nel caso affrontato dal Tribunale di Napoli, il rumore provocato da un condizionatore installato in un esercizio commerciale.