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Provincia di Treviso. Circolare esplicativa per la gestione, ai sensi degli artt. 31 e 33 del D.Lgs. 22/97, di rifiuti recuperabili non pericolosi individuati nel D.M. 05.02.1998 e all’allegato C della Direttiva del Ministero dell’ambiente e della Tutela del Territorio del 9 aprile 2002 – Indicazioni Operative.

di Carlo Rapicavoli

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Alle ditte

che effettuano recupero rifiuti non pericolosi in regime di procedura semplificata

Loro Sedi

In relazione alle comunicazioni di recupero di rifiuti non pericolosi ai sensi degli artt. 31 e 33 del D.Lgs. 22/97, presentate alla scrivente Amministrazione, si forniscono le seguenti indicazioni operative.

TIPOLOGIE EX D.M. 05.02.1998 e CODICI CER

L’indicazione nell’apposita modulistica della tipologia di cui agli Allegati 1 e 2 del D.M. 05.02.1998 abilita alla gestione dei rifiuti ascrivibili a tutti i codici CER ad essa associati in base a quanto riportato nel sopracitato D.M., come integrato dalla Direttiva del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio del 9 aprile 2002.

L’Allegato C della Direttiva ministeriale ha aggiornato il D.M. 05.02.1998 consentendo di associare alle Tipologie degli Allegati del D.M. 05.02.1998 i nuovi codici C.E.R., di cui alla Decisione n. 2000/532/CE e successive modifiche ed integrazioni.

Ferma restando la corrispondenza tra Tipologia del D.M. 05.02.1998 e nuovi codici CER in base a quanto riportato al citato Allegato C della Direttiva ministeriale, si rammenta che devono essere integralmente rispettate tutte le indicazioni e le prescrizioni riportate nel medesimo D.M. per una determinata tipologia.

In particolare, la provenienza, le caratteristiche, il tipo d'attività di recupero nonché le materie prime e /o i prodotti ottenuti devono coincidere con quanto descritto negli allegati 1 e 2 del D.M. 05.02.1998.

Discostarsi da dette prescrizioni tecniche, anche nel caso in cui sia gestito un codice CER correttamente associabile ad una data tipologia, comporta violazioni sanzionate penalmente a norma dell’Art. 51 del D.Lgs. 22/97.

Per la tipologia 16 (rifiuti compostabili) la comunicazione deve indicare quali delle sottocategorie del punto 16.1 (lettere da a] a m]) sono gestite. Le condizioni poste dal D.M. 05.02.1998 per l’esercizio in procedura semplificata dell’attività di compostaggio variano a seconda delle sottocategorie trattate, richiedendo una diversa graduazione dei presidi ambientali richiesti. Pertanto, si rimanda all'integrale ed attenta lettura del citato punto 16 che deve essere rispettato nella sua articolazione.

ANALISI DEI RIFIUTI E TEST DI CESSIONE

La conduzione di campionamenti ed analisi è prevista dall’Art. 8 del D.M. 05.02.1998 che specifica anche le modalità esecutive delle stesse. Per quanto attiene alla periodicità delle verifiche analitiche lo stesso Art. 8 prevede che queste “devono essere effettuate ad ogni inizio d'attività e, successivamente, ogni due anni e, comunque, ogni volta che intervengano delle modifiche sostanziali nel processo di recupero dei rifiuti”.

Le tipologie per le quali è necessaria l’esecuzione d'analisi di caratterizzazione sono quelle per le quali gli allegati al D.M. 05.02.1998 definiscono determinate caratteristiche chimico - fisiche e/o concentrazioni limite d'inquinanti possibilmente contenuti nel rifiuto. La DGRV 1792 del 19.05.1998 contiene, negli allegati, un’indicazione di massima delle tipologie per le quali è richiesta la caratterizzazione analitica, ritenendo escluse quelle che il D.M. 05.02.1998 definisce precisamente dal punto di vista della descrizione merceologica.

Fermo quanto sopra, si deve tenere presente che le analisi devono essere riferite ad un campione rappresentativo dei rifiuti e che, pertanto, nel caso di diversi produttori/fornitori di rifiuti di una stessa tipologia è necessario lo svolgimento degli accertamenti analitici su campioni di rifiuto di ciascun produttore/fornitore. Infatti, le caratteristiche chimico-fisiche e/o il grado di contaminazione di un rifiuto possono mutare a seconda dello specifico produttore. Pertanto, l’esecuzione di campionamenti ed analisi almeno biennali, richiesta dalla normativa, deve intendersi riferita a campioni rappresentativi dei rifiuti provenienti da ciascun produttore. Eccezioni a quest'indicazione possono verificarsi solo dietro dimostrazione dell’esatta coincidenza dei cicli produttivi di provenienza dei rifiuti e della rappresentatività generale dei campioni sottoposti a verifica.

Analoghe considerazioni devono essere fatte per quanto concerne l’esecuzione del Test di Cessione di cui all’Allegato 3 del D.M.05.02.1998. Anche in questo caso, la caratterizzazione della cedibilità deve essere condotta su campioni rappresentativi dei rifiuti provenienti da ciascun produttore. Il test deve essere condotto su campioni ottenuti nella stessa forma fisica prevista nelle condizioni finali d’uso. Pertanto, qualora si preveda di recuperare un rifiuto in uno dei modi per i quali il D.M. 05.02.1998 richiede l’esecuzione del test di cessione, quest’ultimo deve essere eseguito su campioni della medesima granulometria prevista per l’impiego finale. Di questo si deve tenere conto, in particolar modo, nel caso in cui il rifiuto sia sottoposto a trattamenti di frantumazione, triturazione o, comunque di riduzione volumetrica prima dell’impiego.

Per quanto concerne le analisi alle emissioni previste dal D.M. 05.02.1998 ci si deve riferire, per tempi e modi, ai decreti autorizzativi ai sensi del D.P.R. 203/88. Qualora tali provvedimenti non fossero ancora stati rilasciati, le ditte dovranno provvedere, oltreché alla registrazione dei dati in continuo del CO, anche all'esecuzione due volte all'anno su tutti i parametri previsti dal D.M. 05.02.1998.

La corretta esecuzione del campionamento è fondamentale per garantire la rappresentatività del campione nonché per la corretta conduzione delle prove e degli accertamenti analitici. Pertanto, è necessario che al campionamento attenda personale qualificato alle dipendenze del laboratorio incaricato delle analisi o da esso designato e, comunque, terzo rispetto al produttore del rifiuto o del recuperatore. I certificati analitici e di prova devono indicare chiaramente le modalità di prelievo del campione, le metodiche impiegate per le determinazioni, le generalità e la qualifica del personale addetto al prelievo nonché ogni altra informazione atta a collegare il campione prelevato al rifiuto che rappresenta.

Le analisi condotte su campioni prelevati in difformità a quanto sopra riportato saranno respinte.

RECUPERO MEDIANTE FORMAZIONE DI RILEVATI E SOTTOFONDI STRADALI

Per quanto concerne il recupero di rifiuti da impiegarsi nella formazione di rilevati e sottofondi stradali si rammenta che la comunicazione deve riguardare lo specifico sito ove il rilevato o il sottofondo devono essere realizzati. In tali casi i rifiuti da impiegare devono essere sottoposti preventivamente all’esecuzione del test di cessione descritto all’Allegato 3 del D.M. 05.02.1998 e i risultati devono essere contenuti entro i limiti indicati nel medesimo allegato. Il test deve essere condotto sul rifiuto “tal quale” (cfr D.M. 05.02.1998) che deve essere caratterizzato prima del suo abbancamento, essendo il superamento del test condizione necessaria per il suo impiego legittimo.

I test di cessione devono essere condotti sulle singole partite delle varie tipologie di rifiuto e non su miscele di queste. In ogni caso, i rifiuti impiegati nella formazione di rilevati e sottofondi stradali devono come tali presentare sin dell’origine caratteristiche di cedibilità conformi alla norma per campioni di granulometria identica a quella del rifiuto nello stato in cui sarà recuperato.

Nel campo del recupero d'inerti non devono essere confuse le attività di recupero che portano alla produzione di materie prime secondarie (che se rispondenti a determinati requisiti tecnici vengono escluse dal campo d'applicazione dei rifiuti) con l’impiego diretto (subordinato comunque al possesso di requisiti tecnologici e/o chimico - fisici) di “rifiuti”, che deve avvenire con l’osservanza di tutte le formalità previste dalla normativa in tale caso.

Come in generale per gli altri casi di Comunicazione ai sensi degli Artt. 31 e 33 del D.Lgs. 22/97, l’attività di recupero e quindi il conferimento di rifiuti presso il sito/cantiere non può avere inizio prima di 90 giorni a decorrere dalla data di presentazione della comunicazione stessa, salvo diversa disposizione delle autorità competenti.

Per ciascun cantiere deve essere tenuto un registro di carico e scarico ai sensi dell’Art. 12 del D.Lgs. 22/97 corredato dai formulari di trasporto (ex Art. 15 del D.Lgs. 22/97) che, secondo i termini di Legge, costituiscono parte integrante del registro stesso. La presa in carico sul registro deve avvenire entro le 24 ore successive al conferimento di ciascun carico. In corrispondenza dello spazio “annotazioni” del registro di carico e scarico deve essere indicata l’esatta ubicazione dei rifiuti recuperati, preferibilmente con riferimento a planimetrie d'opportuna scala da allegare al registro stesso. Obbligatoriamente devono essere allegati i certificati analitici e test di cessione relativi alle partite di rifiuti impiegate.

I registri devono essere presenti presso il cantiere durante i periodi d'attività di questo o durante il periodo entro cui l’attività cantieristica prevede l’apporto di rifiuti e devono essere in ogni caso prontamente ostensibili in caso di controllo. Successivamente, devono essere conservati presso la sede della ditta che ha effettuato la comunicazione per il periodo previsto dalla Legge.

GESTIONE DI RIFIUTI URBANI IN IMPIANTI OPERANTI IN PROCEDURA SEMPLIFICATA

L’art. 19 del D. Lgs. 22/97 attribuisce alle regioni funzioni pianificatorie in materia di rifiuti nonché di promozione della loro gestione integrata (cfr. comma 1, lett. i) da intendersi come “complesso delle attività volte ad ottimizzare il riutilizzo, il riciclaggio, il recupero e lo smaltimento dei rifiuti “.

In base a quanto disposto dall’art. 23 del D. Lgs. 22/97, “salvo diversa disposizione stabilita con legge regionale, gli ambiti territoriali ottimali per la gestione dei rifiuti urbani sono le province. In tali ambiti ottimali le province assicurano una gestione unitaria dei rifiuti urbani e predispongono piani di gestione dei rifiuti (…).

La L.R. 3/2000 definisce agli artt. 8, 9, 10 e 11 contenuto e procedure per la formazione ed approvazione dei piani provinciali e regionali di gestione dei rifiuti urbani. Fino ad approvazione di tali strumenti pianificatori rimane vigente il Piano Regionale di Smaltimento dei Rifiuti Solidi Urbani (PRSRSU) di cui al Provvedimento del Consiglio Regionale del 28.10.1988, n. 785. Tale provvedimento suddivide il territorio della provincia di Treviso in tre autorità di bacino alle quali è demandata fino ad approvazione della nuova pianificazione provinciale l’attività di gestione integrata dei rifiuti urbani.

La L. 179/2002 (art. 23, comma 1, lett e) ha disposto che “la privativa comunale non si applica alle attività di recupero dei rifiuti urbani ed assimilati, a far data dal 01.01.2003”, modificando in tal senso l’art. 21, comma 7 del D. Lgs 22/97. Si evidenzia che il venir meno della privativa comunale nei confronti delle attività di recupero dei rifiuti urbani ed assimilati non comporta il venir meno né della qualificazione di “servizio pubblico” di tale fase di gestione, né del suo assoggettamento alla pianificazione pubblica nell’ambito della gestione integrata dei rifiuti solidi urbani.

Alla luce del quadro normativo sopra riassunto, si sottolinea che le attività di recupero in regime semplificato per i rifiuti classificati come urbani ai sensi dell’art. 7, comma 2 del D. Lgs. 22/97 devono essere conformi alle norme tecniche definite dal D.M. 05.02.1998, e compatibili con la pianificazione vigente per la gestione dei rifiuti solidi urbani.

Il Dirigente

Dott. Carlo Rapicavoli