Consiglio di Stato, Sez. IV, n. 1807, del 9 aprile 2015
Sviluppo sostenibile.Necessità VIA per sottostazione elettrica destinata a servire 16 impianti eolici

Occorre la V.I.A. ai sensi dell’Allegato III alla Parte Seconda del d.lgs. nr. 152 del 2006 e s.m.i per la realizzazione di una sottostazione elettrica connessa ad un impianto di produzione di energia elettrica da fonte eolica (16 impianti), rientrante nella Rete nazionale. La Circolare del Ministero dell’Ambiente del 21 ottobre 2013 chiarisce che il parere di compatibilità ambientale delle opere elettriche accessorie di collegamento alla Rete elettrica nazionale può essere rilasciato dal medesimo ente competente ad esprimersi per l’impianto principale (ossia dalla Regione); in particolare, l’ente ministeriale ha escluso che le predette opere accessorie possano essere valutate separatamente dall’opera principale, non potendo ipotizzarsi una valutazione compiuta da autorità diversa da quella cui è in capo il procedimento di V.I.A. (Segnalazione e massima a cura di F. Albanese)

N. 01807/2015REG.PROV.COLL.

N. 08687/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso in appello nr. 8687 del 2013, proposto dalla REGIONE BASILICATA, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Nicoletta Pisani, con domicilio eletto presso il proprio Ufficio di Rappresentanza in Roma, via Nizza, 56, 

contro

T.R.E. - TOZZI RENEWABLE ENERGY S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avv.ti Simona Viola, Mario Bucello e Marcello Molé, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Roma, via N. Porpora, 16, 

nei confronti di

- TERNA - RETE ELETTRICA NAZIONALE S.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore,rappresentata e difesa dagli avv.ti Stefano Mastrolilli, Filippo Di Stefano e Giancarlo Bruno, con domicilio eletto presso il secondo in Roma, via F. Denza, 15; 
- COMUNI DI LAVELLO e MONTEMILONE, in persona dei rispettivi Sindaci pro tempore, non costituiti; 
- PROVINCIA DI POTENZA, in persona del Presidente pro tempore, non costituita;

per la riforma

della sentenza del T.A.R. della Basilicata nr. 477/2013, depositata il 3 agosto 2013, notificata alla Regione Basilicata il 16 settembre 2013.

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di T.R.E. - Tozzi Renewable Energy S.p.a. e di Terna - Rete Elettrica Nazionale S.p.a., nonché l’appello incidentale proposto dalla prima;

Viste le memorie prodotte dall’Amministrazione appellante (in date 15 febbraio 2014 e 13 gennaio 2015) e da T.R.E. S.p.a. (in date 15 febbraio e 14 marzo 2014 e 23 gennaio 2015) a sostegno delle rispettive difese, e preso atto altresì del deposito tardivo di Terna S.p.a. in data 9 febbraio 2015;

Vista l’ordinanza di questa Sezione nr. 787 del 18 febbraio 2014, con la quale sono stati disposti incombenti istruttori, nonché la successiva nr. 1180 del 18 marzo 2014, con la quale è stata accolta la domanda incidentale di sospensione dell’esecuzione della sentenza impugnata;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, all’udienza pubblica del giorno 24 febbraio 2015, il Consigliere Raffaele Greco;

Uditi l’avv. Pisani per l’Amministrazione appellante, l’avv. Bucello per T.R.E. S.p.a. e l’avv. Bruno per Terna S.p.a.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO

La Regione Basilicata ha impugnato, chiedendone la riforma previa sospensione dell’esecuzione, la sentenza con la quale il T.A.R. della Basilicata ha:

- respinto il ricorso proposto dalla T.R.E. - Tozzi Renewable Energy S.p.a. per l’annullamento della nota con cui il Responsabile dell’Ufficio Compatibilità Ambientale della Regione le aveva comunicato il parere negativo del Comitato Tecnico Regionale per l’Ambiente sull’istanza di valutazione di impatto ambientale per la realizzazione di una sottostazione elettrica nei terreni del Comune di Montemilone, connessa ad un impianto di produzione di energia elettrica da fonte eolica da installare nel Comune di Lavello;

- ordinato tuttavia al C.T.R.A. di indicare, entro un termine perentorio, una soluzione progettuale alternativa in modo da consentire alla Conferenza dei servizi, incaricata di pronunciarsi sull’istanza di autorizzazione unica per l’impianto, di scegliere la soluzione meno impattante sul territorio.

A sostegno dell’appello, l’Amministrazione istante ha dedotto l’erroneità della sentenza del T.A.R.:

1) nella parte in cui, pur respingendo il ricorso di primo grado, ha imposto un obbligo al C.T.R.A., così violando il disposto dell’art. 34, comma 1, lettera c), cod. proc. amm. e il principio della divisione dei poteri;

2) laddove il T.A.R. ha specificamente ordinato al C.T.R.A. di proporre una soluzione progettuale alternativa meno impattante, violando così la legge regionale della Basilicata 14 dicembre 1998, nr. 47, il decreto legislativo 3 aprile 2006, nr. 152, e l’art. 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, nr. 387.

Si è costituita la società T.R.E. - Tozzi Renewable Energy S.p.a., ricorrente in prime cure, la quale ha presentato appello incidentale con cui ha dedotto l’erroneità della sentenza:

I) nella parte in cui non ha rilevato la violazione da parte dell’Amministrazione del dovere motivazionale previsto dall’art. 3 della legge 7 agosto 1990, nr. 241;

II) laddove ha dichiarato l’inammissibilità dei motivi aggiunti;

III) laddove, conseguentemente, non si è pronunciata sulle doglianze con cui era stata dedotta la violazione delle norme del d.lgs. nr. 152 del 2006 attributive del potere di V.I.A., nonché delle direttive comunitarie nr. 77/2001 e nr. 28/2009, della legge 1 giugno 2002, nr. 120, e da ultimo l’erroneità dei presupposti, il travisamento dei fatti, difetto di istruttoria ed eccesso di potere per erroneità delle valutazioni del C.T.R.A.

Si è altresì costituita in giudizio la società Terna S.p.a., già interveniente ad adiuvandum in prime cure, in qualità di proprietario e gestore della rete elettrica, a sostegno dei motivi dedotti dalla appellante incidentale.

All’esito di approfondimenti istruttori, alla camera di consiglio del 18 marzo 2014, questa Sezione ha accolto la domanda incidentale di sospensione della sentenza appellata formulata dalla Regione in una all’impugnazione principale.

Si sono poi succedute diverse memorie, con le quali le parti hanno ribadito le rispettive ragioni.

All’udienza pubblica del 24 febbraio 2015, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Il presente giudizio riguarda la realizzazione di un impianto di produzione di energia elettrica da fonte eolica nel Comune di Lavello, composto da 19 aerogeneratori dalla potenza nominale complessiva pari a 57 MW.

Per realizzare tale impianto, la società T.R.E. - Tozzi Renewable Energy S.p.a. ha presentato alla Regione Basilicata, alla Provincia di Potenza e al Comune di Lavello sia un’istanza di rilascio dell’autorizzazione unica ai sensi dell’art. 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, nr. 387, sia una domanda per l’attivazione del procedimento di valutazione di impatto ambientale ai sensi del decreto legislativo 3 aprile 2006, nr. 152, e della legge regionale della Basilicata 14 dicembre 1998, nr. 47.

Alle dette domande, nell’ambito della procedura di V.I.A., ha fatto sèguito il deposito della documentazione di legge presso il competente Ufficio Compatibilità Ambientale del Dipartimento Regionale Ambiente, Territorio e Politiche di Sostenibilità.

2. Le istanze sono state in un primo momento respinte con delibera della Giunta Regionale nr. 1547 del 31 agosto 2009, impugnata dalla società istante dinanzi al T.A.R. dal Basilicata, il quale ha accolto il ricorso con sentenza nr. 23 del 10 gennaio 2013.

3. Nelle more di ciò, la Regione Basilicata ha approvato un apposito disciplinare per lo svolgimento del procedimento per il rilascio dell’autorizzazione unica ex art. 12, d.lgs. nr. 387/2003 secondo le previsioni di cui all’art. 3 della legge regionale 19 gennaio 2010, nr. 1.

Tale disciplinare, fra l’altro, prevedeva all’art. 9, comma 4, che le domande di autorizzazione unica sarebbero state esaminate secondo l’ordine cronologico della data di presentazione.

4. Ciò premesso, in data 15 gennaio 2011 sono state presentate contemporaneamente ben 155 domande di autorizzazione ex art. 12, d.lgs. nr. 387/2003, tra cui anche quella della T.R.E. S.p.a.: a seguito di pubblico sorteggio la domanda della società suddetta si è collocata al 126° posto.

Tuttavia, in data 1 ottobre 2012 il Responsabile dell’Ufficio Compatibilità Ambientale della Regione ha comunicato alla società istante che il Comitato Tecnico Regionale per l’Ambiente, durante la seduta del 31 maggio 2012, nell’ambito del procedimento di V.I.A. per l’installazione del parco eolico in riferimento alla sottostazione elettrica di raccordo con l’elettrodotto denominato Matera – Santa Sofia da edificare nei terreni del Comune di Montemilone, aveva ritenuto necessaria una soluzione alternativa di connessione alla Rete di trasmissione nazionale, chiedendo dunque di integrare l’istanza di V.I.A con la seguente documentazione:

- nuova soluzione tecnica minima generale, rilasciata da Terna S.p.a.;

- progettazione definitiva, assentita da Terna S.p.a., delle opere necessarie a garantire il trasferimento dell’energia elettrica prodotta dall’impianto eolico, alla Rete di trasmissione nazionale nel rispetto della nuova soluzione tecnica minima generale;

- integrazione dello studio di impatto ambientale con la predetta progettazione definitiva;

- documentazione ex art. 11, l.r. nr. 47/1998, attestante l’avvenuta pubblicazione dello studio di impatto ambientale sia mediante inserzione nell’Albo Pretorio del Comune o dei Comuni territorialmente interessati, sia su un quotidiano a diffusione regionale mercé un annuncio contenente l’indicazione dell’opera, la sua localizzazione e la sommaria descrizione del progetto.

La nota avvertiva altresì che, in caso di mancata presentazione della documentazione suindicata entro 90 giorni dal ricevimento della stessa, non si sarebbe dato ulteriore corso al procedimento di V.I.A. e l’istanza sarebbe stata archiviata.

5. Con ricorso proposto dinanzi al T.A.R. della Basilicata, la società istante ha impugnato la predetta nota deducendo la violazione dell’art. 3 della legge 7 agosto 1990, nr. 241, stante la mancata allegazione del parere del C.T.R.A., ivi richiamato.

5.1. Costituitasi in resistenza la Regione Basilicata, con ordinanza interlocutoria il giudice adìto ha ordinato all’Amministrazione di depositare una relazione di chiarimenti affinché venissero esplicitati i motivi posti a fondamento del parere negativo del C.T.R.A. in relazione alla sottostazione elettrica.

L’Amministrazione, in esecuzione dell’ordinanza, ha depositato una nota (nr. 24828 del 6 febbraio 2013) nella quale era contenuto il richiamo al parere negativo reso dal C.T.R.A. per un progetto simile a quello in questione, laddove era stata ritenuta eccessivamente impattante la previsione della stazione elettrica di Montemilone; a fronte di tale parere negativo, era stata rappresentata a tutte le società presentatrici di progetti di impianti aventi come punto di connessione la medesima sottostazione la necessità di integrare le rispettive istanze di V.I.A. con una soluzione di connessione alternativa.

5.2. La società ricorrente ha proposto motivi aggiunti avverso la relazione di chiarimenti della Regione, lamentando plurimi vizi di legittimità; a fronte di ciò, la Regione ha eccepito l’inammissibilità dei motivi aggiunti oltreché l’assenza del denunciato difetto di motivazione, sostenendo che il provvedimento reiettivo risultava correttamente motivato per relationem.

5.3. Con atto di intervento ad adiuvandum si è altresì costituita in giudizio la società Terna S.p.a., in qualità di gestore e proprietaria della rete elettrica, precisando che la costruzione della sottostazione elettrica di Montemilone si rendeva necessaria al fine di “razionalizzare la presenza sul territorio delle relative infrastrutture di connessione, in modo tale da ridurre ai minimi termini l’impatto di tali impianti”.

6. Il T.A.R. adìto, con la sentenza oggetto dell’odierna impugnazione, ha respinto il ricorso introduttivo, ritenendo priva di fondamento l’asserita violazione dell’art. 3 della legge nr. 241/1990, e dichiarato inammissibili i motivi aggiunti, stante la natura non provvedimentale della relazione istruttoria con questi censurata.

Tuttavia, con la medesima sentenza è stato prescritto al C.T.R.A. di indicare entro 60 giorni una diversa soluzione progettuale accettabile, tenendo conto del parere della società Terna S.p.a., così da permettere alla Conferenza dei servizi, incaricata di esprimersi sul progetto, di scegliere l’alternativa meno impattante.

7. La predetta sentenza è oggetto di appello da parte sia della Regione Basilicata, sia, con impugnazione incidentale, della società originaria ricorrente e, con intervento ad adiuvandum, della stessa Terna S.p.a.

8. Questa Sezione ha chiesto alla Regione Basilicata di depositare il parere del C.T.R.A., finora non acquisito agli atti del giudizio, ma solo parzialmente richiamato in taluni di essi; l’Amministrazione ha dato riscontro all’ordine depositando ulteriore relazione, nella quale erano ribaditi i motivi della non ostensibilità del parere nella sua interezza.

9. Tutto ciò premesso, e prima ancora di scendere all’esame delle impugnazioni proposte dalle parti, la Sezione reputa opportuno chiarire che, in ragione della natura degli atti censurati e del contenuto delle doglianze formulate in prime cure, dovevano considerarsi certamente ammissibili sia il ricorso introduttivo che i motivi aggiunti proposti dalla società istante.

Ed infatti, quanto al ricorso introduttivo, la nota prot. nr. 171125 del 1 ottobre 2012, con esso impugnata, lungi dal poter essere qualificata come un mero atto interlocutorio o soprassessorio, risulta resa dall’Amministrazione in puntuale applicazione dell’art. 7, comma 5, della l.r. nr. 47 del 1998 (che trova riscontro, al livello della legislazione nazionale, nella previsione dell’art. 26, comma 3-ter, del d.lgs. nr. 152 del 2006), e dunque costituisce una peculiare modalità di definizione del procedimento di V.I.A., con l’espressa previsione di archiviazione della domanda in caso di mancata evasione alla richiesta di integrazione istruttoria: pertanto, ne va condivisa la qualificazione in termini di atto di arresto procedimentale fatta dal primo giudice.

Non possono invece condividersi le conclusioni del T.A.R. quanto ai motivi aggiunti, con i quali parte istante censurava non tanto la relazione istruttoria, resa dall’Amministrazione stessa nel corso del giudizio (atto conseguente ad adempimenti processuali imposti dal giudice, e quindi non impugnabile perché funzionale allo svolgimento del giudizio), ma pur sempre i medesimi atti gravati col ricorso originario, sulla base di nuovi vizi emersi a sèguito dei chiarimenti resi dall’Amministrazione.

10. Tanto chiarito in via preliminare, e principiando dall’esame dell’appello principale, viene in rilievo il primo motivo, con il quale l’Amministrazione regionale contesta il contenuto prescrittivo della sentenza impugnata.

Il motivo è fondato, atteso che, come già evidenziato in sede cautelare, le suindicate prescrizioni risultano incompatibili con il dispositivo di reiezione del ricorso.

Infatti, ai sensi dell’art. 34, comma 1, lettera c), cod. proc. amm. non è ammissibile che le “misure idonee a tutelare la situazione giuridica soggettiva dedotta in giudizio” si accompagnino a una sentenza di rigetto, anziché di accoglimento (così come testualmente prevede la norma); la ragione di ciò è di palmare evidenza, se si considera che le pronunce di rigetto lasciano invariato l’assetto giuridico dei rapporti quale determinato dall’atto amministrativo impugnato con il ricorso non accolto, e pertanto rispetto a questo tipo di pronunce non si pone alcun obbligo di ottemperanza, dato che esse nulla aggiungono e nulla tolgono rispetto all’assetto precedente dei rapporti.

11. Quanto sopra sarebbe già di per sé idoneo e sufficiente a esaurire ogni rilievo in ordine alla fondatezza dell’appello della Regione Basilicata, assorbendo ogni altra questione.

In ogni caso – e alla luce dei rilievi della società appellata, la quale ha sostenuto che la sentenza impugnata, malgrado il dispositivo di rigetto, andrebbe qualificata come di accoglimento -, quanto al secondo motivo dell’appello principale, con cui si contesta l’imposizione al C.T.R.A. di un obbligo di individuare soluzioni alternative, neanche nel merito persuadono le prescrizioni del giudice di prime cure: è evidente, infatti, che fra le attribuzioni dell’autorità competente a esprimersi sulla domanda di V.I.A. non rientra quella di elaborare e proporre soluzioni progettuali alternative, spettando ad essa unicamente di accertare se il progetto proposto è o meno compatibile con l’ambiente (ed al più, e nella misura in cui la legge lo preveda, chiedere integrazioni o modifiche al progetto, le quali devono però essere realizzate comunque dal proponente).

Donde, ed a prescindere da ogni considerazione sulla natura (di rigetto o di accoglimento) della sentenza in epigrafe, l’inconfigurabilità di quella sorta di rapporto “collaborativo”, fra proponente e autorità preposta alla V.I.A., che le statuizioni del T.A.R. sembrano presupporre, e che invece si risolverebbe in un immotivato aggravio di oneri istruttori e procedurali per l’Amministrazione (laddove, al contrario, la normativa statale e regionale in subiecta materia è alquanto chiara nel disciplinare anche la scansione dei passaggi istruttori sull’istanza di V.I.A., al punto – come si è visto – di ricollegare alla stasi di questi la stessa definizione negativa del procedimento).

12. In considerazione dei rilievi che precedono, l’appello principale si appalesa fondato e quindi meritevole di accoglimento.

13. Passando dunque all’esame dell’appello incidentale proposto dalla società originaria ricorrente, con esso vengono riproposte le censure articolate nel ricorso introduttivo e nei motivi aggiunti (in parte esaminate e in parte non esaminate dal primo giudice).

14. Quanto al primo motivo, con cui si denuncia la violazione del dovere di motivazione di cui all’art. 3 della legge nr. 241 del 1990, sul punto il primo giudice ha condiviso l’avviso dell’Amministrazione, secondo cui la nota di sostanziale arresto procedimentale del 1 ottobre 2012 era adeguatamente motivata per relationem attraverso il richiamo del parere negativo reso dal C.T.R.A. con riferimento all’impatto ambientale della sottostazione elettrica.

Al riguardo, l’istruttoria compiuta anche nel presente grado ha peraltro chiarito che giammai la società istante avrebbe potuto avere accesso al predetto parere, dal momento che il progetto della società proponente non è mai stato portato all’esame del Comitato; più specificamente, la richiesta di integrazione documentale oggetto di impugnazione in prime cure si fondava sul richiamo di un parere reso in ordine ad altro progetto proposto da diversa società, in relazione al quale il C.T.R.A. si era espresso negativamente a causa della ritenuta incompatibilità ambientale della sottostazione elettrica cui l’impianto in esame avrebbe dovuto connettersi, al pari dell’impianto per cui è causa.

Ciò spiega anche il perché l’Amministrazione non abbia mai ritenuto di produrre il predetto parere nella sua interezza, afferendo esso ad un distinto procedimento amministrativo e coinvolgendo informazioni e dati di soggetti terzi.

Quanto sopra potrebbe prima facie evidenziare la sussistenza di un vizio a carattere procedimentale, avendo in sostanza l’Amministrazione proceduto a richiedere integrazioni documentali ex art. 7, comma 5, della l.r. nr. 47/1998 senza aver previamente sottoposto all’esame del C.T.R.A. lo specifico progetto presentato dalla società odierna appellante.

E, tuttavia, per valutare se tale modus procedendi comporti effettivamente l’illegittimità delle conclusioni cui è giunta l’Amministrazione occorre esaminare i motivi successivi dell’appello incidentale, afferenti alle ragioni del (sostanziale) diniego di V.I.A. sul progetto: è infatti evidente che, ove si dovesse verificare in termini di certezza che il parere del C.T.R.A. non sarebbe potuto essere diverso da quello espresso nella diversa ipotesi richiamata, l’eventuale omissione non potrebbe che ritenersi irrilevante.

15. Con riguardo dunque al secondo motivo dell’appello incidentale, va previamente ribadito quanto più sopra rilevato circa l’ammissibilità dei motivi aggiunti di primo grado, tenuto conto che con questi, più che impugnare la nota depositata dall’Amministrazione in ottemperanza all’ordine istruttorio impartito dal T.A.R., si sviluppavano nuove censure avverso i medesimi atti gravati in via principale a sèguito delle nuove informazioni acquisite tramite la detta relazione istruttoria.

15.1. Ciò premesso, col mezzo in esame parte appellante incidentale assume che illegittimamente sarebbe stato espresso parere negativo in sede di V.I.A. a causa dell’eccessivo impatto ambientale della sottostazione elettrica, quale opera connessa all’impianto eolico per cui è causa; al contrario, l’Amministrazione assume che la verifica dell’impatto ambientale dell’impianto non poteva non estendersi anche alle “opere connesse” a questo, e fra esse anche alla sottostazione elettrica che era indispensabile per il suo funzionamento.

15.2. Sul punto, è opportuno procedere innanzi tutto a una ricostruzione del quadro normativo di riferimento.

Il modulo semplificato dell’autorizzazione unica previsto, per gli impianti di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, dall’art. 12 del d.lgs. nr. 387 del 2003, è congegnato – sulla scorta delle retrostanti disposizioni comunitarie – in modo da riassumere in sé tutte le autorizzazioni e i pareri necessari per la realizzazione dell’impianto, con la sola eccezione proprio delle procedure di V.I.A.; queste ultime, se necessarie, devono essere svolte a parte, inserendosi quale subprocedimento nell’ambito della Conferenza di servizi prevista per il rilascio dell’autorizzazione: tanto si evince dal comma 5 del citato art. 12, il quale, nello stabilire il termine di conclusione del procedimento, fa espressamente salvo “…il previo espletamento, qualora prevista, della verifica di assoggettabilità sul progetto preliminare, di cui all’articolo 20 del decreto legislativo 3 aprile 2006, nr. 152, e successive modificazioni”.

Inoltre, il summenzionato articolo prevede l’estensione dell’autorizzazione unica anche alle “opere connesse” ed alle infrastrutture indispensabili per il funzionamento dell’impianto da fonte rinnovabile; al contrario, in tema di V.I.A. non è previsto né dalla normativa nazionale né da quella regionale che, laddove per un certo impianto questa sia richiesta, essa si estenda anche alle opere connesse.

15.2.1. Sotto tale ultimo profilo, non può non convenirsi con l’odierna appellante incidentale, laddove evidenzia:

a) che l’elencazione delle opere soggette a V.I.A., discendente direttamente dalla normativa europea, va considerata tassativa e non può formare oggetto di interpretazione estensiva o analogica;

b) che pertanto, con riguardo all’ipotesi che qui interessa, ai fini dell’assoggettabilità a V.I.A. le eventuali “opere connesse” all’impianto da fonte rinnovabile devono essere sempre considerate a parte (così come confermato anche dalle “Linee guida” nazionali per l’autorizzazione unica).

15.2.2. Al di là di quanto sopra, non può invece convenirsi con la società istante laddove assume in modo netto e incontrovertibile che per la “sottostazione” in discorso non era affatto richiesta la V.I.A. alla stregua della legislazione vigente.

Ed invero, gli Allegati III e IV alla Parte Seconda del d.lgs. nr. 152 del 2006 – quali risultanti dalle modifiche introdotte dal decreto-legge 18 ottobre 2012, nr. 179, convertito con modificazioni dalla legge 17 dicembre 2012, nr. 221 – ricomprendono espressamente gli “elettrodotti” con determinate caratteristiche dimensionali e di potenza fra le opere assoggettate, rispettivamente, a V.I.A. statale e a V.I.A. regionale: in particolare, per quelli rientranti nella Rete elettrica nazionale, quale è quello per cui qui è causa, è prevista la V.I.A. statale.

Orbene, da un lato nel presente giudizio non è stato sollevato il problema del rientrare o meno della “sottostazione”, cui doveva connettersi l’impianto per cui è causa, nei limiti previsti dai citati Allegati (essendosi la ricorrente limitata a sostenere sic et simpliciter – ma infondatamente, come si è visto - che per essa non occorreva la V.I.A.); sotto diverso profilo, dalle deduzioni dell’interveniente Terna S.p.a. si evince comunque che la sottostazione de qua, essendo destinata a servire ben 16 impianti del tipo di quello per cui qui è causa, avrebbe dovuto essere di dimensioni ragguardevoli e certamente superiori ai limiti minimi di cui agli Allegati medesimi.

15.3. Al quadro normativo fin qui tracciato va poi aggiunta la Circolare del Ministero dell’Ambiente del 21 ottobre 2013, laddove è espressamente chiarito che il parere di compatibilità ambientale delle opere elettriche accessorie di collegamento alla Rete elettrica nazionale può essere rilasciato dal medesimo ente competente ad esprimersi per l’impianto principale (ossia dalla Regione); in particolare, l’ente ministeriale ha escluso che le predette opere accessorie possano essere valutate separatamente dall’opera principale, non potendo ipotizzarsi una valutazione compiuta da autorità diversa da quella cui è in capo il procedimento di V.I.A. sul presupposto che “…la separazione di competenze amministrative non può generare una valutazione degli impatti ambientali non coerente con la finalità della direttiva V.I.A. 2011/92/UE che prevede, invece, la valutazione degli impatti del progetto nel suo complesso, ivi incluse le opere accessorie quando queste rappresentano una parte integrante dell’opera principale”.

15.3. Alla luce dei rilievi fin qui svolti, deve ritenersi:

- che, trattandosi di opera elettrica rientrante nella Rete nazionale e certamente di rilevanti dimensioni e potenza, occorresse la V.I.A. ai sensi dell’Allegato III sopra richiamato;

- che correttamente si sia proceduto alla V.I.A. in sede regionale, in applicazione degli indirizzi impartiti con la circolare ministeriale testé richiamata.

Ciò che disvela l’infondatezza del secondo motivo di appello incidentale, col quale è stata riproposta la doglianza afferente all’asserita illegittimità del parere ambientale negativo motivato sulla base dell’impatto della sottostazione elettrica, anziché delle caratteristiche dell’impianto eolico in sé considerato.

16. Da quanto fin qui esposto discende anche l’infondatezza del terzo motivo di appello incidentale, col quale la società istante riproduce le censure articolate nel merito sulle conclusioni sfavorevoli cui è pervenuta l’Amministrazione.

Infatti, tali censure si riducono sostanzialmente all’affermazione per cui la V.I.A. sarebbe stata negata non già per caratteristiche intrinseche dell’impianto da esaminare, ma per circostanze esterne ad esso, ossia per l’impatto della sottostazione elettrica; si è visto però, sulla base del quadro normativo ricostruito al punto che precede, che tale motivazione è del tutto legittima e ragionevole, atteso che il C.T.R.A. è chiamato ad esprimersi sull’impatto complessivo dell’impatto e delle “opere connesse” per le quali sia necessaria la V.I.A.

Né, per vero, risultano contestati in fatto gli argomenti impiegati dall’Amministrazione circa le dimensioni della sottostazione in discorso ed il suo inserirsi in un contesto già segnato dalla presenza di numerose opere elettriche, con conseguente potenziale notevole impatto sull’ambiente.

17. In conclusione, alla luce dei rilievi fin qui svolti, s’impone una decisione di accoglimento dell’appello principale e di reiezione dell’appello incidentale, con la conseguente riforma parziale della sentenza impugnata nella parte in cui sono state impartite all’Amministrazione prescrizioni esecutive, fermo restando il dispositivo di integrale reiezione della pretesa attorea.

18. La peculiarità della vicenda esaminata, unitamente alla novità delle questioni di diritto affrontate, induce il Collegio a compensare integralmente tra le parti le spese del grado.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) definitivamente pronunciando sull’appello, come in epigrafe proposto:

- accoglie l’appello principale;

- respinge l’appello incidentale;

- per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, annulla le prescrizioni impartite alla Regione Basilicataex art. 34, comma 1, lettera c), cod. proc. amm., confermando per il resto la reiezione del ricorso e dei motivi aggiunti di primo grado.

Compensa tra le parti le spese del presente grado del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 febbraio 2015 con l’intervento dei magistrati:

Paolo Numerico, Presidente

Sandro Aureli, Consigliere

Raffaele Greco, Consigliere, Estensore

Fabio Taormina, Consigliere

Giulio Veltri, Consigliere

 

 

 

 

 

 

L'ESTENSORE

 

IL PRESIDENTE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 09/04/2015

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)