TAR Puglia (BA) n. 672 del 14 maggio 2020
Sviluppo sostenibile. impianti alimentati da fonti rinnovabili e qualifica di pubblica utilità indifferibilità e urgenza

L’art. 12, comma 1, d.lgs. n. 387 del 2003 qualifica ‘di pubblica utilità ed indifferibili ed urgenti’ le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli stessi impianti alimentati da fonti rinnovabili ma solo se autorizzate ai sensi del comma 3, ossia solo ove il richiedente abbia ottenuto l’autorizzazione unica. La qualificazione di pubblica utilità è un effetto dell’acquisizione dell’autorizzazione unica, successivo ad essa e non antecedente. Del resto, ove per assurdo diversamente si argomentasse, sarebbe possibile realizzare qualsivoglia impianto, in qualsiasi luogo, per la semplice circostanza che tali impianti sarebbero sempre e comunque di pubblica utilità, oltre ad essere indifferibili ed urgenti; una siffatta logica argomentativa è in evidente contrasto con le esigenze di tutela dell’ambiente e del patrimonio paesaggistico, così come tutelate dalla Costituzione e dalla ampia normativa di rango primario e secondario dettata in materia.

Pubblicato il 14/05/2020

N. 00672/2020 REG.PROV.COLL.

N. 01277/2015 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1277 del 2015, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Margherita S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Giacomo Pietro Mescia e Giuseppe Mescia, con domicilio eletto presso Vincenzo Resta, in Bari, via Piccinni, 210;

contro

Regione Puglia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Tiziana Teresa Colelli, con domicilio eletto presso Tiziana T. Colelli, in Bari, Lungomare Nazario Sauro, 31/33;

nei confronti

Daunia Wind S.r.l., non costituita in giudizio;

per l'annullamento

per quanto riguarda il ricorso introduttivo:

- della nota del Servizio Energia della Regione Puglia, prot. n. 3040 del 7 luglio 2015, a mezzo della quale è stato comunicato “il diniego dell’Autorizzazione Unica per la costruzione ed esercizio dell’impianto, delle opere di connessione nonché delle infrastrutture indispensabili per la produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile eolica della potenza elettrica pari a 42,9 MW, da realizzare nel Comune di Serracapriola (FG), località “Vastaioli – Crocella – Chiantinelle – Inforchia – Cesine”, proposto dalla società Margherita S.r.l.;

- ove occorra, della nota del Servizio Energia della Regione Puglia, prot. n. 2639 del 12 giugno 2015, a mezzo della quale “si comunica che sussistono motivi ostativi alla conclusione positiva del procedimento di Autorizzazione Unica per la costruzione ed esercizio dell’impianto eolico in oggetto, ai sensi dell’art. 10 bis della Legge n. 241/1990 e ss.mm.ii.”;

- di ogni ulteriore atto ad esso presupposto, connesso e/o consequenziale, anche se non conosciuto.

Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da parte ricorrente in data 4.10.2016:

per l’annullamento

previa sospensione dell’efficacia

- della nota del Servizio Energia della Regione Puglia, prot. n. 2617 del 19 luglio 2016, a mezzo della quale è stato comunicato “il diniego dell’Autorizzazione Unica per la costruzione ed esercizio dell’impianto, delle opere di connessione nonché delle infrastrutture indispensabili per la produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile eolica della potenza elettrica pari a 42,9 MW, da realizzare nel Comune di Serracapriola (Fg), località “Vastaioli – Crocella – Chiantinelle – Inforchia – Cesine”, proposto dalla Società Margherita S.r.l.;

- ove occorra, della nota del Servizio Energia della Regione Puglia, prot. n. 1117 del 29 marzo 2016, a mezzo della quale “si comunica la sussistenza di motivi ostativi ai sensi dell’art. 10 bis della L. n. 241/1990 e ss.mm.ii.”; e si assegna il termine di 10 giorni dal ricevimento della presente nota per depositare eventuali memorie e osservazioni, con lo spirare del quale si assumerà il provvedimento di diniego definitivo”;

- ove occorra, della nota prot. n. 4161 del 16 ottobre 2015, esclusivamente nella parte in cui il Servizio Energia ha invitato la Margherita S.r.l. al “deposito della documentazione integrativa richiesta dagli Enti nella Conferenza di Servizi del 15.11.202 e di quella indicata nel preavviso di diniego di cui alla nota prot. n. 2639 del 12.06.2015, onde consentire a questo Servizio di convocare una nuova riunione della Conferenza stessa”;

- di ogni altro atto presupposto, connesso e/o consequenziale, anche se non conosciuto.


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio della Regione Puglia;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza telematica del giorno 22 aprile 2020 il dott. Alfredo Giuseppe Allegretta e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con ricorso notificato il 5.10.2015 e depositato in Segreteria il 15.10.2015 la società Margherita S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, adiva il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sede di Bari, al fine di ottenere le pronunce meglio indicate in oggetto.

Esponeva la società ricorrente di essere titolare di un progetto per la realizzazione di un impianto di produzione di energia elettrica da fonte eolica, costituito da n. 16 aerogeneratori, della potenza complessiva pari a 52,8 MW, da realizzarsi nel territorio del Comune di Serracapriola (FG), nella località "Vastaioli – Crocella – Chiantinelle – Inforchia – Cesine”, all’uopo allegando la relativa documentazione tecnico – progettuale.

In relazione al detto progetto, in data 4.2.2010, la società odierna ricorrente presentava alla Provincia di Foggia istanza di verifica di assoggettabilità a V.I.A. della relativa proposta.

All’esito della valutazione di impatto ambientale, la Provincia di Foggia, con determinazioni n. 4144 del 27.12.2010 e n. 196 del 20.1.2011, esprimeva parere favorevole limitatamente a n. 13 aerogeneratori, rispetto ai 16 originariamente previsti.

In data 12.4.2010, Terna Rete Italia S.p.A. forniva la soluzione tecnica di connessione, prevedendo l’allaccio del progettato impianto eolico tramite una nuova stazione elettrica da realizzare nel Comune di Torremaggiore.

Di conseguenza, in data 23.5.2008, la società attrice provvedeva ad avviare il procedimento volto al rilascio dell’Autorizzazione Unica per l’esercizio del proprio impianto presso il competente Ufficio dell’Ente Regionale.

A fronte del silenzio serbato sull’istanza dal Servizio Energia della Regione Puglia, la società Margherita S.r.l. proponeva ricorso ex art. 117 c.p.a. dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale in epigrafe, al fine di far accertare l’illegittimità del medesimo e conseguire l’ordine di concludere il procedimento mediante un provvedimento espresso e motivato.

In accoglimento del detto gravame, con sentenza n. 1720 del 15.11.2011, questo Tribunale ordinava alla Regione Puglia di “provvedere, nel termine di sessanta giorni decorrenti dalla comunicazione o notifica della presente sentenza, all’adozione delle proprie determinazioni finali in ordine all’istanza presentata dalla ricorrente per il rilascio dell’autorizzazione unica per la realizzazione di un impianto di produzione di energie elettrica da fonte eolica nel Comune di Serracapriola, ai sensi dell’art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2203.”.

Dunque, con nota prot. n. 8879 del 21.09.2012, l’Ufficio Energia della Regione Puglia avviava il procedimento volto al rilascio dell’Autorizzazione Unica, convocando a tal fine la prescritta Conferenza di Servizi per il giorno 15.11.2012.

In tale data, aveva luogo la riunione nell’ambito della quale si acquisivano a verbale i pareri delle Amministrazioni intervenute: in particolare, la società Terna S.p.A. comunicava di attendere la trasmissione da parte della ricorrente della documentazione progettuale delle opere RTN per la connessione dell’impianto, al fine di esprimere le proprie valutazioni in merito, mentre la Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici, preso atto della ricognizione effettuata dal competente Ente locale, volta a verificare l’eventuale esistenza di vincoli paesaggistici, comunicava che la richiesta di documentazione integrativa, formulata con nota prot. n. 15886 dell’8.11.2012, era rimasta priva di riscontro, ragion per cui era impossibilitata a proseguire l’istruttoria ai fini dell’espressione del parere di competenza.

Anche altri Enti, quali l’Ufficio Regionale Espropri, l’ARPA Puglia, l’Autorità di Bacino dei Fiumi Trigno, Biferno e Minori, Saccione Fortore e il Consorzio per la Bonifica della Capitanata, rilevavano numerose carenze documentali e ne richiedevano, pertanto, l’integrazione.

I lavori della conferenza si concludevano, dunque, con l’invito alla società Margherita S.r.l. a produrre la documentazione mancante, nonché a presentare il piano di dismissione dell’impianto e quello del ripristino dello stato dei luoghi, avendo riguardo per entrambi alla stima dei costi, secondo quanto previsto al punto 2.2 della D.G.R. n. 3029/2010, nonché a produrre il piano di utilizzo delle terre e rocce da scavo, ai sensi del D.M. n. 161/2012.

A distanza di quasi tre anni dalla trasmissione di tale richiesta, con nota prot. n. 2639 del 12.06.2015, l’Ufficio Energia della Regione Puglia, ribadendo la necessità di acquisire la documentazione anzidetta, con particolare riferimento al progetto delle opere di connessione, comunicava alla Margherita S.r.l. il preavviso di conclusione negativa del procedimento, ai sensi dell’art. 10 bis della L. n. 241/1990, assegnando alla stessa il termine di dieci giorni per presentare eventuali osservazioni e/o controdeduzioni.

La società ricorrente riscontrava tale nota, sollecitando l’Amministrazione procedente a disporre una temporanea sospensione del procedimento autorizzativo in corso, nelle more della definizione del contenzioso pendente innanzi al Consiglio di Stato, avente ad oggetto la verifica della reale fattibilità della soluzione tecnica di connessione concessa da Terna S.p.A. alla società medesima.

Tuttavia, con nota prot. n. 3040 del 7.07.2015, l’Ufficio Energia della Regione Puglia respingeva le controdeduzioni e le richieste formulate da parte attrice ed esprimeva parere contrario definitivo alla realizzazione dell’intervento, evidenziando che “le opere di rete previste in progetto sono state oggetto di pareri negativi che hanno posto in evidenza criticità di natura ambientale e paesaggistica in merito alla fattibilità della stazione e dei relativi raccordi alla linea RTN, determinando la conclusione negativa dei procedimenti stessi con il conseguente diniego di Autorizzazione Unica, la cui legittimità è stata, peraltro, avvalorata dal giudice amministrativo. Allo stato attuale, quindi, l’impianto eolico proposto dalla Società in indirizzo risulta non fattibile in quanto privo di una soluzione di connessione elettrica autorizzabile.”.

Avverso tali esiti provvedimentali insorgeva la ricorrente, sollevando plurimi motivi di doglianza, come di seguito riassunti:

1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 97 Costituzione e dell’art. 1 L. 7 agosto 1990 n. 241 – Illegittimità. Violazione e falsa applicazione dell’art. 12 D.lgs. n. 29 dicembre 2003, n. 387 – Illegittimità. Violazione e falsa applicazione dei principi di buon andamento, imparzialità, correttezza, buona fede, economicità, non aggravamento ed efficienza dell’azione amministrativa – Illegittimità. Eccesso di potere per erroneità dei presupposti di fatto e di diritto, illogicità, contraddittorietà e irragionevolezza. Sviamento di potere – Illegittimità.

In estrema sintesi, parte ricorrente sosteneva che l’impianto progettato non fosse affatto privo di una soluzione di connessione, bensì che la fattibilità della stessa fosse collegata all’esito di alcuni giudizi pendenti dinanzi al Giudice Amministrativo.

Alla stregua di tali presupposti, la Regione Puglia avrebbe dovuto necessariamente sospendere il procedimento autorizzativo in corso, in attesa della definizione, pressoché imminente, dei contenziosi in oggetto.

Il gravato provvedimento di diniego si sarebbe, altresì, posto in palese ed insanabile contrasto con i principi di leale collaborazione e di non aggravamento dell’azione amministrativa, avendo l’Ufficio Regionale invitato la ricorrente a presentare una nuova istanza di Autorizzazione Unica, corredata da tutta la documentazione necessaria, anziché adoperarsi per verificare la reale fattibilità della soluzione tecnica proposta, costringendo così la società a far fronte a nuovi e ingenti oneri istruttori.

2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 97 Costituzione e degli artt. 1 e 3 L. 7 agosto 1990 n. 241 – Illegittimità. Violazione e falsa applicazione dell’art. 12 D.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387 – Illegittimità. Violazione e falsa applicazione dei principi di buon andamento, imparzialità, correttezza, buona fede, economicità, non aggravamento ed efficienza dell’azione amministrativa – Illegittimità. Eccesso di potere per erroneità dei presupposti di fatto e di diritto, illogicità, contraddittorietà e irragionevolezza. Sviamento di potere – Illegittimità.

Secondo la prospettazione della Margherita S.r.l., la condotta dell’Amministrazione convenuta sarebbe stata connotata da ingiustizia manifesta, stante il comportamento completamente inerte per anni tenuto in merito alla propria istanza di Autorizzazione Unica, al punto di spingere la società ad adire più volte l’Autorità Giudiziaria, al fine di ottenere un provvedimento espresso sulla medesima domanda.

Allo stesso modo, la decisione di non procedere alla sospensione del procedimento in esame sarebbe stata illegittima, in quanto non giustificata dalla necessità di perseguire un preminente interesse pubblico.

3) Violazione e falsa applicazione dell’art. 12 D.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387 – Illegittimità. Violazione e falsa applicazione dell’art. 14 ter. Comma 6 bis della L. 7 agosto 1990 n. 241 e ss.mm.ii. – Illegittimità. Violazione e falsa applicazione dell’art. 15.1 del D.M. 10 settembre 2010 – Illegittimità. Eccesso di potere per difetto assoluto di istruttoria, illogicità, contraddittorietà, irragionevolezza. Sviamento di potere.

Ancora, stante la natura decisoria della Conferenza di servizi in esame, parte attrice evidenziava, altresì, la violazione dell’obbligo dell’Amministrazione procedente di convocare una seconda riunione prima di adottare il gravato provvedimento di diniego, chiedendo a tutti gli Enti coinvolti nel procedimento di esprimersi in merito alla soluzione tecnica di connessione dell’impianto.

Ciò in quanto, in tesi di parte ricorrente, i pareri negativi espressi dalla Soprintendenza, in ordine alle criticità di natura ambientale e paesaggistica riscontrate, sarebbero stati resi al di fuori del procedimento amministrativo, in tal modo impedendo alla società interessata di averne conoscenza, con evidente nocumento al principio del contraddittorio procedimentale.

In altre parole, la Regione Puglia, in spregio al dato normativo ex art. 14 ter della L. n. 241/1990, avrebbe proceduto direttamente ed autonomamente all’adozione del provvedimento conclusivo, senza previamente acquisire, nella sede a ciò preposta, i pareri di tutte le Amministrazioni interessate, prima fra tutte la stessa Terna S.p.A.

4) Violazione e falsa applicazione della Dir. N. 2001/77/CE, recepita con D.lgs. 29 dicembre 2003, n. 12 – Illegittimità. Violazione e falsa applicazione della Dir. N. 2009/28/CE, recepita con D.lgs. 3 marzo 2011, n. 28 – Illegittimità. Violazione e falsa applicazione dell’art. 12 D.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387 – Illegittimità. Violazione e falsa applicazione degli artt. 14 ss. della L. 7 agosto 1990, n. 241 e ss.mm.ii. – Illegittimità. Violazione e falsa applicazione del D.M. 10 settembre 2010 – Illegittimità. Eccesso di potere per difetto assoluto di istruttoria, illogicità, contraddittorietà ed irragionevolezza. Sviamento di potere.

Da ultimo, la società Margherita S.r.l. contestava la violazione, ad opera dell’Amministrazione convenuta, del principio espresso dall’art. 14 quater della L. n. 241/1990, in virtù del quale il dissenso espresso dagli Enti in seno alla Conferenza di Servizi deve necessariamente essere costruttivo e indicare le modifiche progettuali utili al superamento delle ragioni del dissenso, non potendo limitarsi ad una mera e sterile opposizione al progetto in discussione.

Al contrario, nel caso di specie, l’Ufficio Energia della Regione Puglia avrebbe ritenuto di non poter superare il parere negativo espresso, senza previamente vagliare eventuali mirate modifiche progettuali.

Sulla scorta di tali doglianze, parte ricorrente avanzava istanza incidentale di sospensione dell’efficacia dei provvedimenti impugnati, alla luce della ritenuta fondatezza dei rilievi esposti e del grave ed irreparabile pregiudizio che sarebbe derivato alla società dal decorso del tempo necessario a pervenire alla decisione di merito. In particolare, il rigetto dell’istanza di autorizzazione unica avrebbe comportato inevitabilmente la perdita della priorità acquisita dalla Margherita S.r.l. rispetto alle altre analoghe istanze presentate in ordine al medesimo ambito territoriale.

Nel merito, essa chiedeva al Tribunale adito l’accoglimento del ricorso e, di conseguenza, l’annullamento dei provvedimenti impugnati, nonché la condanna delle Amministrazioni resistenti al pagamento delle spese di lite.

Con atto di costituzione e memoria difensiva del 3.11.2015, si costituiva in giudizio la Regione Puglia, chiedendo l’integrale rigetto della domanda attorea, in quanto infondata in fatto e in diritto e opponendosi, altresì, all’avversa istanza incidentale di sospensione dell’esecutività del provvedimento impugnato.

Successivamente, con nota prot. n. 4161 del 16.10.2015, la Regione Puglia, preso atto dell’esito caducante delle sentenze nn. 4732, 4733, 4734, 4735, 4736, 4737 del Consiglio di Stato, medio tempore intervenute, disponeva l’annullamento in autotutela del diniego di Autorizzazione Unica espresso in ordine all’impianto in oggetto e la conseguente riapertura del relativo procedimento.

In tale occasione, l’Amministrazione resistente, ribadendo la necessità di acquisire la documentazione integrativa di cui al preavviso di diniego del 12.06.2015, assegnava alla ricorrente un termine pari a sessanta giorni entro cui provvedere al deposito della stessa, al fine di consentire la convocazione di una nuova Conferenza di Servizi.

Per tale ragione, la Margherita s.r.l. formulava apposita istanza di rinuncia alla domanda cautelare proposta contestualmente al ricorso introduttivo del presente giudizio, e di tale rinuncia questo Collegio dava formalmente atto con Ordinanza n. 603 del 4.11.2015.

Tuttavia, stante l’assenza di qualsivoglia riscontro da parte della società ricorrente alla reiterata richiesta dell’Ufficio competente, l’Amministrazione regionale, con nota prot. n. 1117 del 29.03.2016, comunicava i motivi ostativi alla prosecuzione del procedimento amministrativo, sorretti dalla mancanza dell’indispensabile progetto delle opere di rete, nonché della documentazione integrativa richiesta dagli Enti preposti alla tutela di interessi ambientali e paesaggistici.

La società ricorrente riscontrava tale preavviso di diniego asserendo di essere oggettivamente impossibilitata ad adempiere ai disposti incombenti istruttori, in attesa della definizione del presupposto procedimento autorizzativo relativo alla stazione Terna di Torremaggiore, avente ad oggetto le medesime opere di connessione, e chiedeva, pertanto, una nuova sospensione del procedimento amministrativo in esame.

Tale richiesta veniva rigettata dall’Ente regionale, il quale, con nota prot. n. 2617 del 19.07.2016, disponeva nuovamente il diniego dell’istanza di Autorizzazione Unica per la costruzione e l’esercizio dell’impianto eolico in questione, sulla base dell’infruttuoso decorso del termine assegnato alla società in epigrafe per provvedere al deposito della documentazione richiesta.

Con ricorso per motivi aggiunti depositato in data 8.10.2016, la ricorrente insorgeva avverso tali esiti provvedimentali, sollevando plurimi motivi di doglianza, come di seguito riassunti:

1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 97 Costituzione e degli artt. 3, 6 e 10 bis della L. 7 agosto 1990, n. 241 – Illegittimità. Eccesso di potere per difetto assoluto di istruttoria, travisamento dei presupposti di fatto e di diritto.

In via preliminare, parte attrice censurava l’operato dell’Amministrazione in epigrafe nella parte in cui la stessa avrebbe assunto il gravato provvedimento di diniego senza prendere in considerazione le puntuali osservazioni formulate dalla Margherita s.r.l. in riscontro al preavviso di diniego, e senza dare atto, al suo interno, delle ragioni del mancato accoglimento delle stesse.

Ne sarebbe derivata un’evidente violazione del fondamentale principio del contraddittorio procedimentale di cui agli artt. 3 e 10 bis della Legge n. 241/1990, in applicazione del quale l’Amministrazione procedente è tenuta non solo a ponderare adeguatamente le osservazioni formulate dal privato, ma, altresì, ad esplicitare, nella motivazione del provvedimento finale, le ragioni per le quali esse non appaiono meritevoli di accoglimento.

2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 97 Costituzione e dell’art. 1 L. 7 agosto 1990 n. 241 – Illegittimità. Violazione e falsa applicazione dell’art. 12 D.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387 – Illegittimità. Violazione e falsa applicazione dei principi di buon andamento, imparzialità, correttezza, buona fede, economicità, non aggravamento ed efficienza dell’azione amministrativa – Illegittimità. Eccesso di potere per erroneità dei presupposti di fatto e di diritto, illogicità, contraddittorietà e irragionevolezza. Sviamento di potere – Illegittimità.

In secondo luogo, parte ricorrente ribadiva la necessità di sospendere il procedimento amministrativo in esame, stante l’oggettiva impossibilità di presentare all’Ufficio competente il richiesto progetto delle opere di connessione alla RTN, non essendo, in quel momento, ancora dato conoscere la reale fattibilità della stazione elettrica di Torremaggiore.

Ciò in quanto, in tesi di parte attrice, rappresentando la definizione di tale procedimento un presupposto indefettibile di quello relativo all’Autorizzazione Unica per la realizzazione dell’impianto eolico in oggetto, qualora la predetta stazione non fosse stata autorizzata, la Margherita sarebbe stata costretta a modificare radicalmente il proprio progetto.

3) Violazione e falsa applicazione dell’art. 97 Costituzione e dell’art. 1 L. 7 agosto 1990 n. 241 – Illegittimità. Violazione e falsa applicazione dell’art. 12 D.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387 – Illegittimità. Violazione e falsa applicazione dei principi di buon andamento, imparzialità, correttezza, buona fede, economicità, non aggravamento ed efficienza dell’azione amministrativa – Illegittimità. Eccesso di potere per erroneità dei presupposti di fatto e di diritto, illogicità, contraddittorietà e irragionevolezza. Sviamento di potere – Illegittimità.

Ancora, la decisione di non procedere alla sospensione del procedimento in corso si sarebbe, altresì, posta in insanabile contrasto con i principi fondamentali dell’azione amministrativa, non essendo in alcun modo giustificata dalla necessità di perseguire un preminente interesse pubblico.

4) Violazione e falsa applicazione della Dir. n. 2001/77/CE, recepita con D.lgs. 29 dicembre 2003, n. 12 – Illegittimità. Violazione e falsa applicazione della Dir. N. 2009/28/CE, recepita con D.lgs. 3 marzo 2011, n. 28 – Illegittimità. Violazione e falsa applicazione dell’art. 12 D.lgs. 29 dicembre 2003, n. 387 – Illegittimità. Violazione e falsa applicazione degli artt. 14 ss. della L. 7 agosto 1990, n. 241 e ss.mm.ii. – Illegittimità. Violazione e falsa applicazione del D.M. 10 settembre 2010 – Illegittimità. Eccesso di potere per difetto assoluto di istruttoria, illogicità, contraddittorietà ed irragionevolezza. Sviamento di potere.

Da ultimo, parte ricorrente evidenziava, ancora una volta, la violazione dell’obbligo gravante in capo alla P.A. di esprimere un dissenso costruttivo in seno alla Conferenza di Servizi, indicando, in ogni caso, le modifiche progettuali utili all’espressione dell’assenso, laddove, al contrario, la Regione Puglia avrebbe disposto direttamente e in totale autonomia l’impugnato diniego.

Alla luce di tali considerazioni, la società in epigrafe formulava una nuova istanza incidentale di sospensione dell’efficacia dei provvedimenti impugnati e, nel merito, concludeva per l’annullamento dei gravati provvedimenti, con conseguente condanna dell’Amministrazione al pagamento delle spese di lite.

Con memoria difensiva del 5.11.2016, la Regione Puglia chiedeva l’integrale rigetto del ricorso per motivi aggiunti, in quanto integralmente destituito di giuridico fondamento e si opponeva, altresì, alla rinnovata istanza cautelare.

Alla camera di consiglio del 23 gennaio 2019, la rinnovata istanza cautelare era abbinata al merito.

Previo scambio di memorie conclusive, all’udienza telematica del 22 aprile 2020, la causa veniva definitivamente trattenuta in decisione.

Tutto ciò premesso, nella parte non coperta da sopravvenuta cessazione della materia del contendere, determinata dalla piena soddisfazione della posizione giuridica azionata con l’originaria domanda di annullamento, il ricorso nel suo complesso è infondato nel merito e, come tale, suscettibile di rigetto.

Sul piano argomentativo e motivazionale, i motivi di gravame residui ed in particolare quelli di cui al ricorso per motivi aggiunti sono suscettivi di trattazione unitaria, facendo tutti leva sul medesimo ordine di argomentazioni di massima.

In linea generale va rilevato che, se è indubbio che l’incremento della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili sia valutato con favore dal legislatore comunitario e da quello nazionale, è tuttavia altrettanto evidente che le direttive di settore e la normativa interna fanno salvo l’esercizio di poteri pubblicistici ad alto tasso di discrezionalità, da parte dello Stato e delle autonomie locali, specialmente in vista del contemperamento tra progettazione di nuove infrastrutture ed esigenze di tutela dell’ambiente, del paesaggio e dell’ordinato assetto del territorio.

Ciò premesso, con un primo motivo di censura parte ricorrente contestava l’illegittimità del gravato provvedimento, in quanto non preceduto, da parte dell’Amministrazione in epigrafe, da un’adeguata ponderazione delle proprie osservazioni al preavviso di diniego.

La doglianza è priva di fondamento.

L’istituto del c.d. preavviso di rigetto, disciplinato all’art. 10 bis della L. n. 241/1990, appare ispirato da una principale funzione di garanzia, attuativa, in particolare, del principio del giusto procedimento, alla quale è associata una funzione oggettiva di tipo collaborativo, oltre che deflattiva del contenzioso, atteso che nel momento in cui il destinatario si adopera per rappresentare fatti e/o interessi che contraddicono o rendono non più attuali le conclusioni adombrare dall’ente procedente, egli coopera in modo determinante alla migliore esplicazione della funzione medesima.

Risulta, dunque, evidente la tendenza di tale istituto alla medesima finalità perseguita dalla comunicazione d’avvio del procedimento, ragion per cui occorre estendere al preavviso di rigetto le medesime conclusioni alle quali la giurisprudenza è pervenuta nell’interpretazione dell’art. 7 del medesimo testo normativo.

A tal proposito, essa ha in più occasioni chiarito che le norme in materia di partecipazione non vanno applicate meccanicamente e acriticamente, precisando, in particolare, che l’omissione della comunicazione d’avvio del procedimento non vizia il provvedimento finale nei casi in cui l’adempimento di tale formalità si riduca in concreto a cosa superflua, avuto riguardo ai principi di strumentalità delle forme, raggiungimento dello scopo e conservazione degli atti.

Nel dettaglio, l’omissione de qua non determina l’illegittimità del provvedimento finale laddove l’interessato sia venuto comunque a conoscenza aliunde dell’avvio di un procedimento amministrativo che lo riguardi, sì da potervi partecipare, ovvero si tratti di procedimento interamente vincolato, nel quale il suo intervento non potrebbe avere una concreta incidenza ovvero, ancora, l’Amministrazione procedente dimostri in giudizio che il procedimento non avrebbe potuto sortire esito differente: in quest’ultimo caso, quanto alla consistenza dell’onere probatorio richiesto, “onde evitare di gravare la P.A. di una probatio diabolica quale sarebbe quella consistente nel dimostrare che ogni eventuale contributo partecipativo del privato non avrebbe mutato l’esito del procedimento, risulta preferibile interpretare l’art. 21 octies, comma 2, L. n. 241/1990 nel senso che il privato non possa limitarsi a dolersi dell’omessa comunicazione di avvio, ma debba anche quantomeno indicare o allegare quali sono gli elementi conoscitivi che avrebbe introdotto nel procedimento ove avesse ricevuto la comunicazione.” (cfr. T.A.R. Veneto, Venezia, Sez. III, 12.04.2018, n. 391).

Gli arresti giurisprudenziali richiamati mirano a conciliare l’esigenza del privato di intervenire nel procedimento con il generale principio di celerità ed economicità dell’azione amministrativa sancito dall’art. 1 della legge n. 241/1990: non è logico, dunque, annullare provvedimenti amministrativi per omesso rispetto delle garanzie procedimentali nel caso in cui tale asserita lesione si riduca ad un vulnus di un interesse puramente formale non accompagnato altresì da un evidente pregiudizio di natura sostanziale.

In linea con tali premesse, a norma dell’art. 10 bis, entro il termine di dieci giorni dal ricevimento del preavviso di rigetto, gli istanti hanno il diritto di presentare per iscritto le loro osservazioni, eventualmente corredate da documenti, e “dell’eventuale mancato accoglimento di tali osservazioni è data ragione nella motivazione del provvedimento finale”.

L’Amministrazione procedente sembrerebbe, dunque, tenuta, nell’eventualità del mancato accoglimento delle stesse, ad una puntuale controdeduzione in merito alle rimostranze del privato in sede di motivazione del provvedimento finale.

Tuttavia, per costante orientamento della giurisprudenza amministrativa, “non sussiste in capo alla P.A. l’obbligo di una puntuale confutazione delle deduzioni espresse nella memoria ex art. 10, né in sede procedimentale né nella motivazione del provvedimento terminale, dovendosi ritenere sufficiente la completezza motivazionale dell’atto finale in sé considerato, allorché da esso possano agevolmente ed univocamente desumersi le ragioni giuridiche ed i presupposti di fatto posti alla base di una decisione che disattende le affermazioni di segno contrario dell’interessato intervenuto nel procedimento” (cfr. T.A.R. Piemonte, sez. I. 19 novembre 2003, n. 1608; Consiglio di Stato, sez. IV, 20 dicembre 2002, n. 7252).

Orbene, nel caso di specie, viene in rilievo il punto 3.13 della D.G.R. n. 3029/2010, la quale dispone che “Nel rispetto del principio di non aggravamento del procedimento di cui all’articolo 1, comma 2, della legge 7 agosto 1990, n. 241, l’ulteriore documentazione o i chiarimenti ritenuti necessari per la valutazione dell'intervento sono richiesti, anche su impulso delle altre amministrazioni interessate, dall’Amministrazione procedente in un’unica soluzione ed entro 90 giorni dall'avvio del procedimento. Se il proponente non fornisce la documentazione integrativa entro i successivi 30 giorni, salvo proroga per un massimo di ulteriori 30 giorni concessa a fronte di comprovate esigenze tecniche, si procede all'esame del progetto sulla base degli elementi disponibili.”.

L’Amministrazione convenuta ha pedissequamente rispettato il canone procedimentale sopra ricordato; in assenza della documentazione tecnica richiesta, l’istanza non può che essere valutata sul piano istruttorio allo stato degli atti, non sussistendo alcuna altra possibilità logica nei procedimenti ad impulso di parte come quello in esame.

Peraltro, a seguito del disposto annullamento d’ufficio del precedente provvedimento di diniego e della conseguente riapertura del procedimento amministrativo di Autorizzazione Unica, l’Ente Regionale ribadiva all’odierna ricorrente la necessità di procedere al deposito della documentazione necessaria onde consentire agli Enti procedenti di superare le criticità ambientali e paesaggistiche riscontrate nel corso della Conferenza di Servizi e pervenire alla valutazione del progettato impianto, completo delle indispensabili opere di rete.

Poiché, allo spirare del termine alla stessa assegnato onde procedere a tali adempimenti istruttori, l’istanza risultava ancora priva degli indispensabili elementi summenzionati, l’esito provvedimentale di diniego risultava pressoché necessitato.

Sulla base di tali risultanze, dunque, la sollevata doglianza di incompletezza dell’attività svolta in sede di Conferenza di Servizi resta da imputare esclusivamente al soggetto istante.

Ne deriva l’integrale correttezza della determina finale adottata dall’Ufficio Energia della Regione Puglia all’esito del procedimento di Autorizzazione Unica, in quanto, alla luce delle coordinate ermeneutiche precedentemente illustrate, avendo riguardo alla natura pressoché vincolata del provvedimento impugnato col presente gravame, alcuna violazione delle disposizioni normative in parola può dirsi sussistente, essendo palese che il suo contenuto dispositivo non avrebbe potuto essere diverso da quello in concreto adottato.

Né tantomeno la società Margherita s.r.l. ha introdotto in giudizio elementi probatori idonei a dimostrare che l’accoglimento delle proprie osservazioni al preavviso di rigetto, da parte della P.A. procedente, avrebbe comportato un differente esito del procedimento amministrativo in esame.

Peraltro, risulta evidente che l’Ente Regionale non avrebbe certamente potuto accogliere la richiesta di sospensione formulata dalla società istante, giustificata dalla asserita pendenza del presupposto procedimento autorizzativo relativo alla stazione di Torremaggiore.

Ciò in quanto, in primo luogo, contrariamente a quanto sostenuto dalla società attrice, le opere di connessione (e, nello specifico, il progetto di collegamento degli aerogeneratori alla stazione di Torremaggiore) sono parti essenziali ed integrante del progetto definitivo, specifiche ed uniche per ciascuno di essi, e, pertanto, devono essere presentate congiuntamente all’istanza principale all’Autorità Regionale onde ottenere l’Autorizzazione unica, non potendosi, conseguentemente, ritenere che soluzioni di connessione di altri distinti impianti possano essere identicamente utilizzate in quello per cui è causa.

In secondo luogo, non sarebbe in ogni caso ammissibile una sospensione del procedimento amministrativo finalizzata a consentire alla società istante di avvantaggiarsi dell’esito dell’altrui iter autorizzativo: ciò in quanto ciascun impianto di produzione di energia eolica presenta notevoli peculiarità e caratteristiche differenti, diversa essendo l’ubicazione e il numero degli aerogeneratori, nonché il punto di arrivo sulla RTN riservata da Terna S.p.A. ai singoli operatori, con la conseguenza che, pur in presenza di un’unica stazione in grado di servire più impianti, la fattibilità degli stessi deve essere volta per volta valutata in relazione a ogni singolo procedimento.

Per tali ragioni, appare privo di giuridico fondamento il paventato vizio di eccesso di potere nella figura sintomatica della disparità di trattamento, posto che la stessa presuppone un’assoluta identità delle situazioni considerate, “tali da far ritenere del tutto incomprensibile ed arbitraria una successiva valutazione negativa” (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, sez. III, 09.01.2020, n. 224), non essendo, al contrario, ravvisabile nelle ipotesi in cui “pur in presenza di elementi di analogia, risulta ordinariamente esclusa l’identità dei casi, così che il richiamo alle diverse decisioni assunte in altri procedimenti non è idoneo di per sé a tradursi, come tertium comparationis, in un vizio di legittimità della valutazione negativa intervenuta in una diversa ipotesi.” (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 9.01.2015, n. 238 e sez. I, 09.12.2019, n.14067).

Ciò in quanto essa costituisce una patologia dell’agere amministrativo a carattere trasversale, la quale, in applicazione del principio costituzionale di uguaglianza sostanziale, ricorre sia quando siano trattati differentemente più soggetti in analoga o identica situazione, sia quando siano trattati in maniera uguale più soggetti che versino in situazioni differenti, purché i suoi presupposti logici siano in concreto specificamente riscontrabili.

Ne deriva la piena correttezza dell’operato dell’Amministrazione in epigrafe, la quale, sarebbe, al contrario, incorsa in una illegittima disparità di trattamento laddove avesse riservato ai procedimenti in esame (tra loro dissimili) il medesimo trattamento, vertendosi, peraltro, nel caso di specie, in una materia (quella dell’autorizzazione di impianti eolici) nell’ambito della quale è ontologicamente impossibile rinvenire due situazioni esattamente identiche, fosse solo per la collocazione topografica dei medesimi.

Parimenti, non può ritenersi meritevole di apprezzamento la doglianza con cui la società ricorrente contestava la violazione della previsione di cui all’art. 14-quater della L. n. 241/1990, per omessa indicazione, nel dissenso espresso dall’Amministrazione, dei rimedi progettuali necessari a rendere l’intervento proposto assentibile, nel ritenuto quadro concettuale di una prestazione di dissenso che avrebbe dovuto essere di tipo “costruttivo”.

Invero, pur muovendo dalla indispensabile premessa per cui “il dissenso di un’Amministrazione che partecipa alla conferenza di servizi deve rispondere ai principi di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa, predicato dall’art. 97 Cost., non potendo limitarsi ad una mera opposizione al progetto in esame, ma dovendo essere costruttivo e motivato” (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 23 maggio 2011, n. 3099), su un piano ontologico, prima che giuridico, il contrasto radicale di un progetto con specifici vincoli indicati dagli Enti incaricati della rispettiva tutela renderebbe comunque impossibile la materiale realizzazione del medesimo progetto, anche nell’ipotesi in cui vengano apportate eventuali modifiche progettuali.

Come noto, infatti, l’invocato principio del cd. dissenso costruttivo è strettamente funzionale a rendere assentibile il progetto sottoposto al giudizio dell’Autorità coinvolta nel procedimento autorizzativo, sicché la sua violazione non può utilmente reclamarsi, qualora dal contenuto del parere gravato emerga chiaramente che non sia ipotizzabile alcuna modifica progettuale.

A ciò si aggiunga che, nel caso in esame, non vi era alcun progetto completo potenzialmente assentibile in ordine al quale esprimere eventuali modifiche o prescrizioni atte a superare il dissenso espresso in sede procedimentale: invero, alcuna valutazione di merito è stata espressa in ordine all’istanza di parte ricorrente, essendosi l’Amministrazione procedente limitata a dichiararne ab origine l’improcedibilità, in virtù della mancanza di un elemento imprescindibile ai fini della valutazione e della eventuale conseguente approvazione dell’impianto progettato.

Ne deriva che un eventuale dissenso, supportato dalle opportune modifiche costruttive, avrebbe potuto essere espresso solo laddove la società attrice avesse ottemperato alla reiterata richiesta di integrazione documentale, onde consentire agli Enti preposti alla tutela di interessi sensibili di esprimere il proprio motivato parere in ordine alla fattibilità del progetto in questione.

In considerazione di tanto, la domanda in tali termini formulata non potrà che essere rigettata, alla luce dell’infondatezza delle censure di cui al ricorso in epigrafe.

A ciò si aggiunga che l’intento perseguito da parte ricorrente, nel corso del succitato procedimento amministrativo, si è altresì tradotto in una vera e propria condotta processuale volta a farsi strumentalmente scudo della pendenza in giudizio di altre controversie, “ossia in uno sviamento della funzione del processo, che si realizza attraverso un’utilizzazione alterata dello schema formale del diritto” (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 6 agosto 2012 n. 4510; Sez. III, 17 maggio 2012 n. 2859).

Sul punto, è opportuno rammentare che “nel nostro sistema vige un generale divieto di abuso di ogni posizione soggettiva, il quale, ai sensi dell'art. 2 Cost. e dell'art. 1175 c.c., permea le condotte sostanziali al pari dei comportamenti processuali di esercizio del diritto; il divieto di abuso del diritto si applica anche in chiave processuale, cosicché il divieto di abuso del diritto diviene anche divieto di abuso del processo, inteso quale esercizio improprio, sul piano funzionale e modale, del potere discrezionale della parte di scegliere le più convenienti strategie di difesa.” (Consiglio di Stato, sezione IV, 2 marzo 2012, n. 1209).

Orbene, nella controversia de qua, le richieste di differimento di udienza formulate dalla Margherita s.r.l., sono apparse giustificate dal solo obiettivo di conseguire quella illegittima sospensione del procedimento autorizzativo più volte denegata dall’Ente resistente, così da ottenere una posizione amministrativa maggiormente favorevole di mero riflesso rispetto ad altri procedimenti, aventi ad oggetto le medesime indispensabili opere di rete cui ipoteticamente si sarebbero dovuti connettere anche i propri aerogeneratori.

Come noto, infatti, “non esiste in capo alle parti un diritto al rinvio della discussione, poiché il principio dispositivo deve essere calato nel sistema di giustizia amministrativa, dove l’esistenza di interessi pubblici, al cui assetto occorre dare certezza impone, salvo situazioni oggettive tempestivamente allegate, che, una volta fissata (su istanza di chi promuove il giudizio), l’udienza di discussione del ricorso, esso si svolga nella data stabilita” (cfr. T.A.R. Emilia-Romagna, Parma, sez. I, 25/01/2017, n. 20), giacché solo in presenza di situazioni particolarissime, direttamente incidenti sul diritto di difesa delle parti, il rinvio dell’udienza appare doveroso, alla ricorrenza di presupposti non oggettivamente riscontrabili nel caso in esame.

Da ultimo, per completezza espositiva, è importante evidenziare come appaiano prive di fondamento le conclusioni dedotte dall’odierna ricorrente, secondo la quale qualsiasi impianto alimentato da fonte rinnovabile sarebbe di per sé di pubblica utilità, oltre ad essere indifferibile ed urgente.

Invero, come ha già avuto modo di precisare il Consiglio di Stato, “l'articolo 12 citato ritiene indifferibili e urgenti solo gli impianti autorizzati ai sensi del comma 3, cioè solo gli impianti che sono in possesso dell'autorizzazione unica, e quindi, proprio il fatto che l'impianto in questione è privo di questa autorizzazione conduce a ritenere lo stesso come non indifferibile e urgente” (Cons. Stato, Sez. V, n. 4780/2012).

Tale orientamento è stato confermato anche di recente dal Supremo Consesso Amministrativo, chiarendo che “l’art. 12, comma 1, d.lgs. n. 387 del 2003 qualifica ‘di pubblica utilità ed indifferibili ed urgenti’ le infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio degli stessi impianti alimentati da fonti rinnovabili ma solo se autorizzate ai sensi del comma 3, ossia solo ove il richiedente abbia ottenuto l’autorizzazione unica di cui si discute nel presente giudizio. Come esattamente ritenuto dal primo giudice, allora, la qualificazione di pubblica utilità è un effetto dell’acquisizione dell’autorizzazione unica, successivo ad essa e non antecedente” (cfr. Cons. Stato, Sez. V, n. 4191/2018).

Del resto, ove per assurdo diversamente si argomentasse, sarebbe possibile realizzare qualsivoglia impianto, in qualsiasi luogo, per la semplice circostanza che tali impianti sarebbero sempre e comunque di pubblica utilità, oltre ad essere indifferibili ed urgenti; una siffatta logica argomentativa è in evidente contrasto con le esigenze di tutela dell’ambiente e del patrimonio paesaggistico, così come tutelate dalla Costituzione e dalla ampia normativa di rango primario e secondario dettata in materia.

Da quanto sin qui evidenziato consegue, dunque, l’integrale rigetto del ricorso in epigrafe, in quanto integralmente infondato nel merito.

Le questioni appena vagliate esauriscono la vicenda sottoposta alla Sezione, essendo stati toccati tutti gli aspetti rilevanti a norma dell’art. 112 c.p.c., in aderenza al principio sostanziale di corrispondenza tra il chiesto e pronunciato (come chiarito dalla giurisprudenza costante, tra le tante, per le affermazioni più risalenti, Cassazione civile, sez. II, 22 marzo 1995 n. 3260 e, per quelle più recenti, Cassazione civile, sez. V, 16 maggio 2012 n. 7663; sez. I, 27 dicembre 2013 n. 28663).

Gli argomenti di doglianza non espressamente esaminati sono stati dal Collegio ritenuti non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonei a supportare una conclusione di tipo diverso.

Da ultimo, le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.

il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia, Sede di Bari, Sezione I, definitivamente pronunciando sul ricorso principale e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti:

- dichiara la cessazione della materia del contendere con riferimento alla domanda di annullamento di cui al ricorso introduttivo;

- rigetta il ricorso per la restante parte;

- condanna la società Margherita S.r.l. a rifondere alla Regione Puglia le spese di giudizio, che liquida nella misura di euro 3.000,00 (tremila/00), oltre accessori come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Bari nella camera di consiglio del giorno 22 aprile 2020 con l'intervento dei magistrati:

Angelo Scafuri, Presidente

Desirèe Zonno, Consigliere

Alfredo Giuseppe Allegretta, Primo Referendario, Estensore