TAR Abruzzo (AQ) Sez. I n. 363 del 19 ottobre 2020
Sviluppo sostenibile.Impianto alimentato da biomassa in zona agricola    

L'art. 12 del decreto legislativo n. 387/03, recante principi fondamentali in materia di produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia, nella parte in cui stabilisce che gli impianti energetici da fonti rinnovabili possono essere ubicati anche in zone agricole, da un lato riflette il più ampio principio, di diretta derivazione eurounitaria, della diffusione degli impianti a fini di aumento della produzione di energia da fonti rinnovabili (comma 7) e, dall'altro, attraverso l'imposizione di alcuni limiti si preoccupa di preservare il corretto inserimento degli impianti nel paesaggio (comma 10). Ciò in quanto, la disposizione in parola, che intercetta profili di tutela ambientale, ricadenti nella competenza legislativa esclusiva dello Stato, e profili afferenti alla competenza concorrente di Stato e Regioni nelle materie della produzione, trasporto e distribuzione di energia, ovvero del governo del territorio, non trascura di garantire il corretto inserimento degli impianti nell'ambiente, rimettendo a linee-guida da adottarsi in Conferenza unificata l'approvazione dei criteri in applicazione dei quali consentire alle Regioni di indicare aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti


Pubblicato il 19/10/2020

N. 00363/2020 REG.PROV.COLL.

N. 00328/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 328 del 2012, proposto da
Edima Energie S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Giancarlo Di Lucanardo, Carlo Pettinelli, con domicilio eletto presso lo studio Fabrizio Giancarli in L'Aquila, via dell'Industria, 1 - Bazzano;

contro

Regione Abruzzo in persona del Presidente pro tempore, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale, domiciliataria ex lege in L'Aquila, Complesso Monumentale S. Domenico;

e con l'intervento di

ad adiuvandum:
Comune di Cortino, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Gabriella Di Cesare, Luciano Rasola, con domicilio eletto presso lo studio Alberto Baiocco in L'Aquila, via Salaria Antica Ovest, 8;

per l'annullamento

della determinazione d.da13/74 del 12 aprile 2012 con la quale la regione decideva di concludere con esito negativo il procedimento di autorizzazione per la costruzione e l'esercizio dell'impianto di produzione di energia elettrica


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Regione Abruzzo in persona del Presidente pro tempore;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 ottobre 2020 il dott. Giovanni Giardino e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.§- Con ricorso ritualmente notificato la Edima Energie S.r.l. impugnava la determinazione n. DA13/74 del 12 aprile 2012 con cui la Regione Abruzzo aveva negato l’autorizzazione unica ai sensi dell'art. 12 del D.lgs 387/03 per la costruzione e l'esercizio di un impianto di produzione di energia elettrica alimentato da biomassa, nonché ogni altro atto alla stessa determinazione comunque connesso, inerente e consequenziale.

La ricorrente affidava le proprie doglianze a cinque motivi in diritto e, intimata dinanzi a questo Tribunale la resistente amministrazione, concludeva per l'annullamento del provvedimento gravato, con condanna della Regione Abruzzo, in via principale, al risarcimento per equivalente del danno asseritamente patito, comprensivo sia del danno emergente che del lucro cessante, e in via gradata, al risarcimento da perdita di chance. In via istruttoria chiedeva ammettersi CTU qualora non venisse ritenuta congrua la quantificazione dei danni come indicata nella perizia compiegata al ricorso.

Con il primo ordine di censure si lamenta violazione e falsa applicazione dell'art. 12, comma 7, del d.lgs n°387/2003 ed eccesso di potere per ingiustizia manifesta. Con il secondo motivo si deduce violazione dell'art. 4 della l.r. Abruzzo n°27/2006 e della delibera di Giunta regionale n°351 del 12 aprile 2007 ed eccesso di potere. Con la terza e quarta censura si contesta la violazione del piano regionale per la tutela della qualità dell'aria, approvato con d.g.r. n°861/c del 13/08/2007 e con d.c.r. n°79/4 del 25/09/2007 ed eccesso di potere sotto vari profili; con il quinto motivo si deduce violazione del d.m. 10.09.2010 ed eccesso di potere per contraddittorietà rispetto al parere del Servizio affari giuridici e legali del 12/01/2012.

La ricorrente premetteva di aver presentato in data 17 giugno 2010 domanda di autorizzazione unica alla Regione Abruzzo ai sensi dell'art 12 del D.lgs n°387/2003, ai fini della costruzione e dell'esercizio di un impianto di produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile da ubicarsi nel Comune di Cortino, sui terreni oggetto di contratti di affitto, aventi tutti destinazione agricola.

Con nota del 4 febbraio 2011, la Regione Abruzzo comunicava di non poter dar avvio al procedimento in ragione del limite posto dalla misura MD3 del Piano Regionale per la Tutela della Qualità dell'aria approvato con D.G.R. n°861/c del 13/08/2007 e D.G.R. n°79/4 del 25/09/2007.

Detta nota veniva, quindi, impugnata innanzi a questo Tribunale che, con ordinanza n°161/2011, ne disponeva la sospensione degli effetti, ritenendo fondata la censura sulla violazione dell'art. 12, comma 7, del D.lgs n°387/03, ed ordinava alla Regione l’avvio del procedimento.

In attuazione della misura cautelare, il competente Servizio delle Regione dava avvio al procedimento convocando l’apposita conferenza di servizio. Il procedimento si concludeva, tuttavia, con esito negativo in questa sede gravato.

In data 5 aprile 2012 veniva depositata la sentenza n. 217/2012 di questo TAR che, in linea con quanto già stabilito nell'ordinanza cautelare, accoglieva il ricorso e, per l’effetto, annullava la predetta nota del 4 febbraio 2011.

Si costituiva in giudizio la resistente Regione Abruzzo, istando per la reiezione del ricorso in quanto privo di merito di fondatezza.

Dispiegava intervento ad adiuvandum il Comune di Cortino, aderendo alla richiesta di annullamento dell’anzidetto provvedimento e chiedendo il risarcimento per equivalente patito per il mancato conseguimento delle utilità ritraibili dalla gestione dei servizi erogabili dal Comune in virtù di convezione da stipulare con la società ricorrente.

In prossimità dell’udienza di discussione la ricorrente depositava memoria ex art. 73 c.p.a. con cui eccepiva la sussistenza del giudicato sull’oggetto della controversia atteso che le questioni dedotte sarebbero state già definitivamente risolte da questo Tribunale con la citata sentenza n. 217/2012, passata in giudicato.

All’udienza pubblica del giorno 8 ottobre 2020 la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

2.§- Come esposto in narrativa, viene in decisione il gravame avverso il provvedimento con cui la Regione Abruzzo ha disposto il diniego all’autorizzazione domandata dalla ricorrente società volta alla realizzazione e conseguente gestione di un impianto di produzione energetica da fonte rinnovabile con richiesta di risarcimento dei danni ingiusti asseritamente patiti dalla ricorrente e dall’interveniente.

3.§- Il ricorso è fondato nei limiti della domanda demolitoria con accoglimento della dedotta ed assorbente eccezione di giudicato opposta dalla ricorrente.

L’eccezione di giudicato, che è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del processo trattandosi di un elemento che può essere assimilato agli elementi normativi astratti essendo destinato a fissare la regola del caso concreto (cfr. Cass. Civ. n. 16847/2018), risponde all’esigenza di assicurare un preciso interesse pubblico consentendo di ovviare al rischio di evenienze giudiziali contraddittorie, secondo la logica del ne bis in idem.

Orbene, non è revocabile in dubbio che le medesime questioni giuridiche involgenti il presente giudizio, quanto ai profili di illegittimità del provvedimento amministrativo impugnato, sono state oggetto di accertamento definitivo con pronunzia di questo Tribunale n. 217/2012 di talchè l’accertamento contenuto nella menzionata sentenza ha cristallizzato, inter partes, la regola del caso concreto.

Deve, peraltro, rilevarsi che la predetta statuizione giudiziale ha, di necessità, spiegato un effetto conformativo nei confronti della successiva attività pubblicistica di parte resistente, la quale avrebbe dovuto non solo disporre, come è stato fatto, l’avvio del procedimento soggettivamente complesso, in ossequio al dispositivo della sentenza in parola, quanto anche tenere in debita considerazione la parte motiva del decisum, avente del pari valore precettivo ai fini della riedizione della potestà autorizzatoria.

In detta pronuncia si precisa a chiare lettere che il diniego dell’avvio del procedimento di autorizzazione unica per la realizzazione dell’impianto progettato motivato dalla Regione per contrasto con il divieto di attività industriali in zona agricola, previsto dal Piano Regionale della Tutela della Qualità dell’aria di insediamenti, “si pone in antitesi con quanto statuito dall’art. 12 comma 7 del decreto legislativo 387/03, che per l’appunto ben consente tali iniziative anche in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici”.

Ed infatti, come è stato rimarcato dal Giudice delle Leggi, il citato art. 12 del decreto legislativo n. 387/03, recante principi fondamentali in materia di produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia (cfr. sentenze nn. 224/2012, 44/2011, 119/2010 e 282/2009), nella parte in cui stabilisce che gli impianti energetici da fonti rinnovabili possono essere ubicati anche in zone agricole, da un lato riflette il più ampio principio, di diretta derivazione eurounitaria, della diffusione degli impianti a fini di aumento della produzione di energia da fonti rinnovabili (comma 7) e, dall'altro, attraverso l'imposizione di alcuni limiti si preoccupa di preservare il corretto inserimento degli impianti nel paesaggio (comma 10) (Corte cost., 11/06/2014, n. 166).

Ciò in quanto, la disposizione in parola, che intercetta profili di tutela ambientale, ricadenti nella competenza legislativa esclusiva dello Stato, e profili afferenti alla competenza concorrente di Stato e Regioni nelle materie della produzione, trasporto e distribuzione di energia, ovvero del governo del territorio, non trascura di garantire il corretto inserimento degli impianti nell'ambiente, rimettendo a linee-guida da adottarsi in Conferenza unificata l'approvazione dei criteri in applicazione dei quali consentire alle Regioni di indicare aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti (T.A.R. Toscana Firenze Sent., 11/10/2011, n. 1473).

Queste ultime sono state adottate con il decreto del Ministro dello sviluppo economico in data 10 settembre 2010, emanato di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare e con il Ministro per i beni e le attività culturali. Le linee-guida in argomento stabiliscono che le Regioni possono porre limitazioni e divieti in atti di tipo programmatorio o pianificatorio per l'installazione di specifiche tipologie di impianti alimentati a fonti rinnovabili, esclusivamente nell'ambito e con le modalità di cui al paragrafo 17 e dei criteri di cui all'allegato 3, secondo cui l'individuazione delle aree e dei siti non idonei alla realizzazione degli impianti in questione «deve essere differenziata con specifico riguardo alle diverse fonti rinnovabili e alle diverse taglie di impianto» e non può riguardare «porzioni significative del territorio o zone genericamente soggette a tutela dell'ambiente, del paesaggio e del patrimonio storico-artistico, né tradursi nell'identificazione di fasce di rispetto di dimensioni non giustificate da specifiche e motivate esigenze di tutela» (T.A.R. Campania Napoli Sez. VIII, 18/10/2017, n. 4878).

Nella citata sentenza di questo Tribunale n. 217/2012 è stato rimarcato, altresì, che la disposizione statale di cui all’art. 12 del decreto legislativo n. 387/03 «risulta peraltro espressamente condivisa anche dalla normativa regionale abruzzese, ai sensi della delibera di Giunta n. 351 del 12 aprile 2007 art. 5 allegato A, sulla procedura territoriale di rilascio dell’autorizzazione unica. Né risulta corretta l’applicazione interpretativa del Piano Regionale per la Tutela della Qualità dell’Aria (DGR n. 861/c del 13.8.07 e D.C.R. n. 79/4 del 25.9.07), il quale, nel prevedere il generale divieto di attività industriali e/o artigianali in zona agricola, non si riferisce a strutture così peculiari come gli impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili, in disparte ovviamente l’inidoneità di una simile pianificazione regionale a prevalere (nel caso di effettivi conflitti) sui diversi ed inderogabili principi della legislazione statale in precedenza illustrati. Ovviamente ciò non postula che gli impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili possano sempre essere ubicati in zona agricola, dovendosi nella appropriata sede istruttoria verificare (tra le altre questioni) la compatibilità della localizzazione dell’impianto con le peculiari esigenze legate alla vocazione del territorio; ciò non di meno risulta inibito alla Regione procedere ad automatici meccanismi preclusivi invocando una destinazione urbanistica comunque non incompatibile con la realizzazione di opere che –una volta debitamente autorizzate - comunque si caratterizzano per essere di pubblica utilità, indifferibili ed urgenti (art. 12 comma 1 d. leg.vo 387/03) ».

Parte resistente motiva il provvedimento di diniego qui gravato argomentando circa la “non compatibilità della localizzazione dell’impianto con le peculiari esigenze legate alla vocazione del territorio” in forza di pareri asseritamente “tutti negativi”.

Assume, inoltre, la Regione che il Piano Regionale di Tutela della Qualità dell’Aria ha la finalità di valutare anche il contemperamento dei due interessi in questione (tutela dell’ambiente e promozione delle produzione di energia da fonti rinnovabili) e che tale valutazione è sfociata nell’adozione nelle misure di piano della Misura MD3 dello stesso Piano, di talchè nella appropriata sede istruttoria, ovvero nella conferenza di servizio, è stata ritenuta la non compatibilità della localizzazione dell’impianto con le peculiari esigenze legate alla vocazione del territorio, così come valutate dal Piano medesimo anche alla luce del parere espresso dal Servizio Affari Giuridici e Legali della Regione che evidenziava la portata precettiva del Piano in questione.

Le predette deduzioni sono palesemente prive di pregio giuridico.

Occorre, anzitutto, rilevare che nella conclusiva seduta della conferenza di servizio gli enti partecipanti non hanno espresso parere negativo, ad eccezione della resistente amministrazione regionale.

Inoltre, non può che ribadirsi come il Piano in questione, come peraltro rappresentato nel parere espresso dal Servizio Affari Giuridici e Legali della Regione, Affari Giuridici e legali della Regione, non possa costituire vincolo per il corretto inserimento degli impianti alimentati da biomasse ai sensi del D.Lgs n. 387/2003, atteso che lo stesso risulta redatto in epoca antecedente ed in relazione a finalità differenti rispetto alle linee guida di cui al D.M. 10/09/2010. Né, tantomeno, può ritenersi che lo stesso Piano possa avere portata precettiva precludendo, in via generale, su tutto il territorio regionale l’installazione degli impianti in parola in ragione dell’esigenza di tutelare in termini astratti profili di natura pianificatoria ed ambientale attesa la sua non conformità alla sopravvenuta disciplina statale di riferimento alla quale la Regione aveva l’obbligo di adeguarsi tempestivamente.

L’autorizzazione, infatti, può essere negata solo al ricorrere dei presupposti prescritti dalla disciplina speciale di cui al comma 10 dell’art. 12 D.Lgs n. 387/2003, ovvero previa determinazione nel territorio regionale di aree e siti non idonei alla installazione di specifiche tipologie di impianti attraverso un’apposita istruttoria avente ad oggetto la ricognizione delle disposizioni volte alla tutela dell'ambiente, del paesaggio, del patrimonio storico e artistico, delle tradizioni agroalimentari locali, della biodiversità e del paesaggio rurale che identificano obiettivi di protezione non compatibili con l'insediamento, in determinate aree, di specifiche tipologie e/o dimensioni di impianti (in tali termini, T.A.R. Molise, Sez. I, 23/06/2016, n. 281).

Ebbene, nella fattispecie che ci occupa, tale valenza ostativa all’installazione dell’impianto non può discendere dall’esito dell’istruttoria compiuta in sede di conferenza di servizio che prende a supporto del diniego le medesime argomentazioni già oggetto di puntuale accertamento incontrovertibile di questo organo giudicante.

4.§- Alla luce delle considerazioni precedenti, il gravato provvedimento deve essere annullato previo accoglimento della dedotta eccezione di giudicato, con assorbimento dei motivi di ricorso in conformità agli insegnamenti dell’Adunanza Plenaria n. 5/2015.

5.§- Non sono meritevoli di accoglimento, invece, le domande risarcitorie formulate dalla ricorrente e dal Comune interveniente.

La giurisprudenza ha da tempo chiarito che il mero annullamento giurisdizionale dell’atto, di per sé, non consente di riconoscere un risarcimento. L’atto illegittimo non coincide, infatti, con l’illiceità del comportamento, costituendone presupposto, necessario ma non sufficiente ai fini del giudizio ex art. 2043 c.c. (C.d.S. sez. IV 30 gennaio 2017 n. 361). Per danno ingiusto risarcibile ai sensi dell'art. 2043 cod. civ., infatti, si intende non qualsiasi perdita economica, ma solo la perdita economica ingiusta, ovvero verificatasi con modalità contrarie al diritto; ne consegue, quindi, la necessità, per chiunque pretenda un risarcimento, di dimostrare la c.d. spettanza del bene della vita, ovvero la necessità di allegare e provare di essere titolare, in base ad una norma giuridica, del bene della vita che ha perduto in termini di certezza (Cons. Stato Sez. V, 21/04/2020, n. 2534).

Sul piano oggettivo ciò significa, nel caso di specie, che la domanda di risarcimento del danno dovrebbe postulare l’accertamento della spettanza del bene della vita, vale a dire la certezza che l’autorizzazione sarebbe stata rilasciata.

Deve, invero, rilevarsi, come chiarito da questo Tribunale nella sentenza di cui innanzi, che il procedimento in questione riserva alle autorità coinvolte nel procedimento medesimo ampi poteri di valutazione e di ponderazione che non consentono di desumere ex ante il definitivo riconoscimento della pretesa sostanziale.

Allorquando la pubblica amministrazione conserva, come nel caso in esame, un ambito di apprezzamento discrezionale del provvedimento ampliativo richiesto e la possibilità di una legittima diversa determinazione, risulta mancante il nesso di causalità tra l’illegittimità dell'atto lesivo ed il danno lamentato (C.d.S., sez. V, 7 ottobre 2008, n. 4868; 22 aprile 2004, n. 2994; C.d.S., sez. IV, 15 luglio 2008, n. 3552).

L’assenza del nesso di causalità preclude, altresì, in radice la risarcibilità del danno da perdita di chance.

Applicando le predette coordinate ermeneutiche al caso in esame, deve escludersi che possa formularsi un giudizio prognostico ex ante sulla spettanza del bene della vita anelato dal ricorrente e dall’interveniente.

I danni lamentati si connotano, infatti, come pregiudizi meramente eventuali ed ipotetici, non essendo sufficiente, ai fini risarcitori, la mera astratta probabilità di conseguimento di un risultato utile.

Ne consegue che le domande risarcitorie si appalesano del tutto carenti, essendosi limitati la ricorrente e l’interveniente a far discendere la prova della spettanza del bene della vita preteso dalle argomentazioni contenute nella sentenza di questo Tribunale n. 217/2012.

Sussistono, comunque, i giusti motivi per compensare interamente tra le parti spese ed onorari del giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie parzialmente nei sensi di cui in motivazione e, per l’effetto,

a) annulla la determinazione n. DA13/74 del 12 aprile 2012 di diniego dell’autorizzazione unica ai sensi dell’art. 12 del D.lgs 387/03;

b) respinge le richieste di risarcimento danni formulate dalla ricorrente e dal Comune interveniente;

c) compensa le spese di giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in L'Aquila nella camera di consiglio del giorno 8 ottobre 2020 con l'intervento dei magistrati:

Umberto Realfonzo, Presidente

Maria Colagrande, Primo Referendario

Giovanni Giardino, Referendario, Estensore