TAR Umbria Sez. I n. 615 del 8 novembre 2023
Sviluppo sostenibile.Limiti alla superficie massima utilizzabile per impianti fotovoltaici

La tesi della inconfigurabilità di limiti alla superficie massima utilizzabile per l’ubicazione degli impianti fotovoltaici trova testuale smentita nelle disposizioni dell’art. 20, co. 1, del d.lgs. n. 199/2021, che prevedono che i decreti ministeriali ivi previsti dovranno, in via prioritaria, stabilire, in riferimento alle aree idonee, tra le altre cose, «la massima porzione di suolo occupabile dai suddetti impianti per unità di superficie». Tale previsione è coerente con l’impostazione di fondo dell’insieme delle disposizioni contenute nell’art. 20, orientate al concreto raggiungimento degli obiettivi di sviluppo delle fonti rinnovabili previsti dal Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (PNIEC), ma sempre tenendo conto delle esigenze, parimenti rilevanti, di «minimizzare il relativo impatto ambientale» e della «tutela del patrimonio culturale e del paesaggio, delle aree agricole e forestali, della qualità dell’aria e dei corpi idrici, privilegiando l’utilizzo di superfici di strutture edificate, quali capannoni industriali e parcheggi, nonché di aree a destinazione industriale, artigianale, per servizi e logistica e verificando l’idoneità di aree non utilizzabili per altri scopi, ivi incluse le superfici agricole non utilizzabili» (cfr. commi 1, 3 e 4 dell’art. 20). Dunque, proprio la normativa statale prevede, ed anzi impone (art. 20, co. 1, lett. a), del d.lgs. n. 199/2021), che sia definita, per le aree idonee, la massima porzione occupabile dagli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, trattandosi di previsione con ogni evidenza finalizzata a scongiurare che la pur incentivata diffusione della produzione di energia da fonti rinnovabili determini un eccessivo consumo di suolo e la compromissione delle esigenze di protezione del patrimonio culturale e del paesaggio, delle aree agricole e forestali, della qualità dell’aria e dei corpi idrici.

Pubblicato il 08/11/2023

N. 00615/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00308/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Umbria

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 308 del 2023, proposto da Mag Umbria Molise S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Mileto Mario Giuliani, Ginevra Biadico, Silvia Lazzati e Luigi Maria Giuseppe Costa, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

il Comune di Montecastrilli, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avvocato Nicola Pepe, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
la Regione Umbria, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Luca Benci e Anna Rita Gobbo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l’annullamento

previa concessione di misure cautelari,

- della nota prot. n. 1187 del 26.01.2023 emanata dal Comune di Montecastrilli e recante, inter alia, l’improcedibilità dell’istanza di procedura abilitativa semplificata presentata dalla ricorrente per la realizzazione e l’esercizio di un impianto agrivoltaico con moduli a terra della potenza nominale di 5,940 MWp, sito nel Comune di Montecastrilli (TR), Località Strada statale n. 41, e censito al catasto del Comune di Montecastrilli al foglio 33, particelle 9, 14, 15, 101, 103, 155 e 158 per una superficie complessiva di 12,1 ha, nonché le relative opere ed infrastrutture di connessione alla rete, ricadenti nei territori dei Comuni di Montecastrilli e di Acquasparta;

- della nota prot. n. 2451 del 23.02.2023 del Comune di Montecastrilli di conferma della predetta improcedibilità;

- di ogni altro atto e/o provvedimento presupposto, collegato, consequenziale e/o comunque connesso, anche non conosciuto, tra cui in particolare il regolamento regionale n. 7 del 29 luglio 2011, recante “Disciplina regionale per l’installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili”, nella parte in cui prevede, all’art. 6, che nelle aree agricole di cui alla lettera c) dell’art. 21 della legge regionale n. 1/2015 la potenzialità fotovoltaica dell’appezzamento di terreno in disponibilità del proponente, intesa quale superficie massima utilizzabile per l’ubicazione degli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra, è “pari al 20% della superficie dell’appezzamento nel caso di moduli collocati a terra che adottino soluzioni integrative innovative con montaggio dei moduli elevati da terra, anche prevedendo la rotazione dei moduli stessi, comunque in modo da non compromettere la continuità delle attività di coltivazione agricola e pastorale, anche consentendo l’applicazione di strumenti di agricoltura digitale e di precisione, secondo la configurazione agrivoltaica” e che in caso di “configurazione agrivoltaica (…) la superficie è costituita dalla proiezione al suolo delle vele fotovoltaiche, dagli spazi ricompresi tra le vele e da una fascia perimetrale di venti metri oltre la proiezione al suolo delle medesime, da calcolare a partire dalla linea congiungente le vele perimetrali”.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Montecastrilli e della Regione Umbria;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 24 ottobre 2023 il dott. Davide De Grazia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. – In data 12.10.2022, Mag Umbria Molise S.r.l. (di seguito, per brevità, “Mag”) presentava al Comune di Montecastrilli istanza di procedura abilitativa semplificata (PAS) di cui all’art. 6 del d.lgs. n. 28/2011 per la realizzazione e la messa in esercizio di un impianto fotovoltaico con moduli a terra su terreni a destinazione “agricola normale” posti a distanza inferiore a tre chilometri da un’area a destinazione industriale.

2. – Nella propria istanza, Mag specificava che il terreno agricolo nella sua disponibilità, al netto delle superfici boscate, era pari a 122.910 mq, che la proiezione sul suolo delle strutture, al netto delle opere di connessione, era pari a 1.487,70 mq e che la superficie captante dei pannelli era pari a complessivi 27.665,17 mq.

3. – Con nota del 5.11.2022, il Comune di Montecastrilli chiedeva alla società istante documentazione integrativa ai fini del completamento dell’istruttoria, senza assegnare termini per la produzione della stessa.

Nella medesima nota, «riscontrata l’assenza delle condizioni stabilite dall’articolo 6, del citato D.lgs. 28/2011 e ss. mm. ed ii., si comunica[va] di non effettuare l’intervento in oggetto e che il termine di cui al comma 2 del citato art. 6 [era] sospeso fino alla ricezione della documentazione richiesta».

4. – In data 29.12.2022, il Comune di Montecastrilli comunicava a Mag, ai sensi dell’art. 10-bis della legge n. 241/1990, «che dalle risultanze istruttorie [erano] emersi motivi ostativi all’accoglimento della procedura, dettagliatamente descritti nella nota dell’Ente prot. n. 132397 del 05/11/2022 trasmessa a mezzo PEC» e invitava la società istante a presentare le proprie osservazioni entro i successivi dieci giorni.

5. – In data 5.01.2023, Mag trasmetteva al Comune la documentazione progettuale integrativa in suo possesso.

6. – Con nota del 26.01.2023, il Comune di Montecastrilli comunicava a Mag l’improcedibilità della PAS per contrasto con gli artt. 3 e 6 del regolamento regionale n. 7 del 2011 e per la carenza e non completa acquisizione di pareri o nulla osta dei vari enti e soggetti coinvolti nella procedura.

7. – Con missiva del 6.02.2023, Mag chiedeva all’Amministrazione comunale di annullare in autotutela la comunicazione di improcedibilità della PAS del 26.01.2023, di disapplicare il regolamento regionale n. 7 del 2011 nella parte in cui prevede la limitazione del 20% di superficie massima utilizzabile in conformità a quanto previsto dalla normativa statale e di provvedere al completamento dell’istruttoria mediante l’acquisizione d’ufficio dei pareri degli enti interessati ovvero attraverso la convocazione di una conferenza di servizi ai sensi dell’art. 6, co. 5, del d.lgs. n. 28/2011.

8. – Con nota del 23.02.2023, il Comune di Montecastrilli rispondeva a Mag che il regolamento regionale n. 7 del 2011, non essendo stato annullato o comunque dichiarato illegittimo, doveva essere integralmente applicato e che nell’istanza di PAS non era mai stata richiesta la convocazione della conferenza di servizi, avendo per questo l’Amministrazione ritenuto che la società istante avesse già formulato agli enti competenti le richieste di pareri mancanti.

9. – Con ricorso notificato il 27.03.2023 e depositato il 17.04.2023, Mag ha impugnato dinnanzi a questo Tribunale gli atti meglio specificati in epigrafe e ne ha chiesto l’annullamento, previa adozione di misure cautelari.

Con il primo motivo di ricorso, Mag denunzia impugna l’art. 6 del regolamento regionale n. 7 del 2011, come sostituito dal regolamento regionale n. 4 del 2022, nella parte in cui limita, nelle aree agricole di cui alla lettera c) dell’art. 21 della legge regionale n. 1/2015, la potenzialità fotovoltaica del terreno, intesa quale superficie massima utilizzabile, anche in relazione all’installazione di impianti con montaggio dei moduli elevati da terra secondo la configurazione agri-voltaica: secondo la ricorrente, le disposizioni regolamentari, nel limitare al 20% della superficie nella disponibilità del proponente la porzione occupabile con gli impianti in configurazione agri-voltaica e nel prevedere che detta porzione sia costituita dalla proiezione al suolo delle vele fotovoltaiche, dagli spazi ricompresi tra le vele e da una fascia perimetrale di venti metri oltre la proiezione al suolo delle stesse, sarebbero in contrasto con la normativa statale ed eurounitaria improntate alla massima diffusione delle energie da fonti rinnovabili, che non prevedono simili limitazioni, e, dunque, con l’art. 117, co. 1 e 3, della Costituzione, oltre che con le Linee guida di cui al d.m. del 10.09.2010, che escludono che le Regioni, nella individuazione delle aree non idonee, possano configurare divieti preliminari ed assoluti alla realizzazione di impianti alimentati da fonti rinnovabili; la società ricorrente deduce inoltre il contrasto del regolamento regionale con le Linee guida in materia di impianti agri-voltaici del giugno 2022, secondo le quali sarebbe opportuno che almeno il 70% della superficie sia destinata all’attività agricola, nel rispetto delle buone pratiche agricole; inoltre, la previsione regolamentare contrasterebbe con la delibera di giunta regionale n. 968 del 5.07.2010, che, per i progetti ricadenti in aree di particolare interesse agricolo, stabilisce che la superficie occupata dall’impianto fotovoltaico non deve superare il 50% della superficie complessiva della singola area.

Con il secondo motivo, Mag denunzia l’illegittimità derivata delle note con cui il Comune di Montecastrilli ha dichiarato l’improcedibilità della domanda di PAS, in quanto adottate in applicazione di disposizioni regolamentari regionali da ritenersi, per quanto sopra, illegittime per contrasto con la normativa statale e eurounitaria.

Con il terzo motivo di ricorso, Mag si duole della violazione dell’art. 3 del regolamento regionale n. 7/2011 e dell’art. 6, co. 9-bis, del d.lgs. n. 28/2011, sostenendo che i provvedimenti impugnati, nel dichiarare l’improcedibilità della PAS per mancato rispetto delle condizioni di cui all’art. 3 del regolamento regionale, si fonderebbero sull’errato assunto secondo cui la procedura di PAS per la realizzazione di impianti fotovoltaici con moduli a terra in aree agricole sarebbe consentita solo fino a 200 kW, mentre il citato art. 3 del regolamento regionale prescrive l’autorizzazione unica di cui all’art. 12 del d.lgs. n. 387/2003 facendo espressamente salvi i casi per i quali è prevista la procedura abilitativa semplificata, condizione che nel caso di specie sarebbe rispettata perché il citato art. 6, co. 9-bis, del d.lgs. n. 28/2011 prevede che le disposizioni sulla PAS si applicano anche agli impianti agro-voltaici che, come quello di cui si discute, distano non più di 3 chilometri da aree a destinazione industriale, artigianale e commerciale.

Con il quarto mezzo, la ricorrente denunzia l’illegittimità delle note del Comune di Montecastrilli per violazione dell’art. 14 della legge n. 241/1990 e dell’art. 6, co. 5, del d.lgs. n. 28/2011, per non avere il Comune provveduto alla convocazione della conferenza di servizi finalizzata all’acquisizione contestuale dei pareri di competenza delle diverse amministrazioni interessate, le quali erano state comunque tempestivamente interpellate dalla società ricorrente.

Con il quinto motivo di ricorso, Mag deduce il difetto di istruttoria e di motivazione per non avere il Comune di Montecastrilli tenuto conto delle risultanze degli atti allegati alla PAS e delle integrazioni trasmesse dalla società richiedente il 6.02.2023, essendosi limitato a motivare l’improcedibilità della PAS con valutazioni astratte ed illogiche.

Con il sesto ed ultimo motivo, la ricorrente deduce che le note comunali impugnate sarebbero illegittime per difetto di motivazione perché non consentirebbero alla società di comprendere le ragioni poste a fondamento dell’affermazione secondo la quale il progetto non rispetterebbe «le condizioni obbligatorie previste dal Regolamento Regionale Umbria n. 7/2011 con particolare riferimento alle prescrizioni degli artt. 3 e 6».

10. – La Regione Umbria e il Comune di Montecastrilli si sono costituiti in giudizio per resistere al ricorso.

In sintesi, le Amministrazioni resistenti sostengono:

- che l’art. 20 del d.lgs. n. 199/2021, nel demandare a uno o più decreti ministeriali la determinazione di principi e criteri omogenei per l’individuazione delle superfici e delle aree idonee e non idonee alla installazione di impianti FER, ha stabilito che detti criteri devono comunque stabilire modalità per minimizzare l’impatto ambientale e la massima porzione di suolo occupabile dai suddetti impianti per unità di superficie, non prevedendosi, dunque, che le aree idonee debbano necessariamente essere occupate per intero dall’installazione degli impianti;

- che, dunque, le disposizioni statali sulle aree idonee devono necessariamente essere coordinate con le disposizioni regionali, come quelle di cui all’art. 6 del regolamento regionale n. 7 del 2011, emanate in materia di agricoltura, governo del territorio ed energia, volte a contemperare le esigenze della promozione delle fonti energetiche rinnovabili con quelle dello sfruttamento agricolo e di tutela del paesaggio;

- che le citate norme statali prevedono essenzialmente, per i progetti di impianti da realizzarsi in aree idonee, riduzioni di oneri procedimentali (art. 4, co. 2-bis, e art. 6, co. 9-bis, del d.lgs. n. 28/2011), l’innalzamento delle soglie VIA (art. 6, co. 9-bis del d.lgs. n. 28/2011), riduzioni dei termini procedimentali (art. 22, co. 1, lett. b), del d.lgs. n. 199/2021) e il carattere non vincolante del parere obbligatorio dell’autorità competente in materia paesaggistica (art. 22, co. 1, lett. a), del d.lgs. n. 199/2021);

- che l’esercizio del potere regionale di individuazione delle aree non idonee secondo quanto stabilito dalle Linee guida approvate con il d.m. del 10.09.2010 non avrebbe alcuna rilevanza nella presente controversia, essendo le aree non idonee concretamente individuate dalla Regione Umbria quelle di cui agli allegati C) e C-bis) del regolamento regionale n. 7/2011, nei quali non è contemplata l’area di cui si discute;

- che le Linee guida in materia di impianti agri-voltaici del 2022 sono un mero documento tecnico, senza alcun valore normativo o precettivo, elaborato da un gruppo di lavoro al dichiarato scopo «di chiarire quali sono le caratteristiche minime e i requisiti che un impianto fotovoltaico dovrebbe possedere per essere definito agrivoltaico, sia per ciò che riguarda gli impianti più avanzati, che possono accedere agli incentivi PNRR, sia per ciò che concerne le altre tipologie di impianti agrivoltaici, che possono comunque garantire un’interazione più sostenibile fra produzione energetica e produzione agricola»;

- che, comunque, le disposizioni di cui all’art. 6 del regolamento regionale n. 7 del 2011 non confliggono con le indicazioni contenute nelle suddette Linee guida del 2022, secondo le quali, in caso di installazione di impianti fotovoltaici a terra in area agricola, sarebbe opportuno che almeno il 70% della superficie rimanesse destinata all’attività agricola, nel rispetto delle buone pratiche agricole;

- che la delibera della Giunta regionale n. 968 del 5.07.2010 è stata superata ed abrogata dai successivi atti intervenuti e, in particolare, dal regolamento regionale n. 7/2011 che ha disciplinato le procedure amministrative per l’installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili;

- che non sarebbe mai stato messo in discussione che l’impianto proposto dalla ricorrente era da assoggettare a PAS, con conseguente infondatezza del terzo motivo;

- che, in mancanza della necessaria documentazione progettuale e tecnica, la dichiarazione di improcedibilità della PAS era atto necessitato e che i provvedimenti comunali impugnati recherebbero la chiara indicazione delle motivazioni dell’improcedibilità.

11. – Alla camera di consiglio del 9 maggio 2023 la parte ricorrente ha dichiarato che le esigenze cautelari avrebbero potuto essere adeguatamente tutelate con un rinvio a breve della trattazione del merito del ricorso. La trattazione del merito della causa è stata dunque rinviata all’udienza pubblica del 24 ottobre 2023.

12. – In vista della discussione del ricorso le parti hanno scambiato memorie e repliche.

13. – All’udienza pubblica del 24 ottobre 2023, le parti hanno discusso la causa, che è stata quindi trattenuta in decisione.

DIRITTO

14. – Il primo, il secondo, il terzo ed il sesto motivo di ricorso riguardano la legittimità delle norme del regolamento regionale n. 7 del 2011, come modificato dal regolamento regionale n. 4 del 2022 e, in via derivata, della parte del provvedimento del Comune di Montecastrilli che fonda la “improcedibilità” dell’istanza di PAS sulle disposizioni di detto regolamento.

Si procederà, dunque, al loro esame congiunto.

14.1. – Deve premettersi che l’area che dovrebbe ospitare il progetto proposto dalla società ricorrente non ricade in nessuna delle ipotesi di area idonea ex lege di cui all’art. 20, co. 8, del d.lgs. n. 199/2021, ma non è nemmeno contemplata tra le aree non idonee di cui agli elenchi contenuti negli allegati C) e C-bis) del regolamento regionale n. 7 del 2011.

La società ricorrente deduce – e la circostanza non è contestata – che il sito in questione si trova ad una distanza inferiore a 3 km da un’area a destinazione industriale, ciò che rende applicabile la procedura di PAS ai sensi dell’art. 6, co. 9-bis, del d.lgs. n. 28/2011 e che l’area ricade in una zona «a destinazione agricola normale», non adiacente ad alcuna area di particolare interesse agricolo.

14.2. – Mag ha impugnato l’art. 6 del regolamento regionale n. 7 del 2011, come sostituito dal regolamento regionale n. 4 del 2022, sostenendo che le disposizioni limitative della possibilità di autorizzare la realizzazione degli impianti di generazioni di energia da fonti rinnovabili in esso previste dovrebbero essere ritenute illegittime perché nessuna norma primaria prevedrebbe limitazioni circa la misura massima di suolo occupabile con i moduli fotovoltaici.

Inoltre, le disposizioni regolamentari regionali violerebbero anche il d.m. del 10.09.2010, recante le Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili in attuazione dell’art. 12, co. 10, del d.lgs. n. 387/2003, secondo le quali la Regione, nell’esercizio della competenza relativa alla individuazione delle aree non idonee all’installazione degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, non possono configurare divieti preliminari, né creare preclusioni assolute e aprioristiche che inibiscano ogni accertamento in concreto da effettuare in sede procedimentale, non potendo l’individuazione delle aree e dei siti non idonei riguardare porzioni significative del territorio o zone genericamente soggette a tutela dell’ambiente, del paesaggio e del patrimonio storico-artistico, né tradursi nell’identificazione di fasce di rispetto di dimensioni non giustificate da specifiche e motivate esigenze di tutela.

14.3. – L’art. 20 del d.lgs. n. 199/2021, recante la disciplina per l’individuazione di superfici e aree idonee per l’installazione di impianti a fonti rinnovabili, indica al comma 8 quali aree devono essere considerate idonee «[n]elle more dell’individuazione delle aree idonee sulla base dei criteri e delle modalità stabiliti dai decreti di cui al comma 1». Si tratta, esemplificativamente, di aree nelle quali sono già installati impianti della stessa fonte; dei siti oggetto di bonifica; delle cave e delle miniere cessate, non recuperate o abbandonate o in condizioni di degrado; dei siti e degli impianti nella disponibilità delle società del gruppo Ferrovie dello Stato italiane e di quelli delle società di gestione aeroportuale all’interno del perimetro di pertinenza degli aeroporti; delle aree agricole poste a una distanza non superiore a 500 metri da zone a destinazione industriale, artigianale e commerciale; delle aree interne agli impianti industriali; delle aree adiacenti alla rete autostradale a una distanza non superiore a 300 metri.

L’idoneità per legge delle aree indicate nel comma 8 serve dunque ad evitare che il tempo necessario per l’emanazione dei decreti ministeriali di cui al comma 1 e per la successiva individuazione delle aree idonee da parte delle Regioni (co. 4) possa compromettere l’interesse alla rapida realizzazione di impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili.

A regime, il sistema disegnato dal citato art. 20 prevede che i «principi e criteri omogenei per l’individuazione delle superfici e delle aree idonee e non idonee all’installazione di impianti a fonti rinnovabili aventi una potenza complessiva almeno pari a quella individuata come necessaria dal PNIEC per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo delle fonti rinnovabili, tenuto conto delle aree idonee ai sensi del comma 8», devono essere stabiliti con uno o più decreti del Ministro della transizione ecologica (oggi Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica), di concerto con il Ministro della cultura, e del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali (oggi Ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste), previa intesa in sede di Conferenza unificata (art. 20, co. 1).

Conformemente ai criteri stabiliti con i suddetti decreti ministeriali, ed entro centottanta giorni dalla loro entrata in vigore, le Regioni devono poi provvedere con propria legge all’individuazione le aree idonee, prevedendosi che nel caso di mancata emanazione della legge regionale o di mancata ottemperanza ai principi, ai criteri e agli obiettivi stabiliti con i citati decreti ministeriali, lo Stato è chiamato ad esercitare i propri poteri sostitutivi di cui all’art. 41 della legge n. 234/2012 (art. 20, co. 4, del d.lgs. n. 199/2021).

14.4. – Il comma 1 dell’art. 20 del d.lgs. n. 199/2021 indica, alle lettere a) e b), quale deve essere «in via prioritaria» il contenuto dei decreti ministeriali di cui si è detto sopra.

In primo luogo, detti decreti devono «dettare i criteri per l’individuazione delle aree idonee all’installazione della potenza eolica e fotovoltaica indicata nel PNIEC, stabilendo le modalità per minimizzare il relativo impatto ambientale e la massima porzione di suolo occupabile dai suddetti impianti per unità di superficie, nonché dagli impianti a fonti rinnovabili di produzione di energia elettrica già installati e le superfici tecnicamente disponibili» (lett. a)).

In secondo luogo, gli stessi decreti devono «indicare le modalità per individuare superfici, aree industriali dismesse e altre aree compromesse, aree abbandonate e marginali idonee alla installazione di impianti a fonti rinnovabili» (lett. b)).

14.5. – Fatte tutte le premesse di cui sopra, il collegio a ritenere non fondato l’assunto da cui muove la società ricorrente, ovvero che il quadro normativo di riferimento sarebbe incompatibile con la possibilità di prevedere, per aree quali quella di cui si discute, limiti alla superficie massima utilizzabile per l’ubicazione degli impianti fotovoltaici espressi in percentuale sulla superficie dell’appezzamento di terreno.

Infatti, anche a voler ritenere sussistente, nel caso concreto, la più permissiva condizione di area idonea (nonostante, come detto, a rigore l’area proposta dalla ricorrente non sia né idonea né non idonea), la tesi della inconfigurabilità di limiti alla superficie massima utilizzabile trova testuale smentita nelle disposizioni dell’art. 20, co. 1, del d.lgs. n. 199/2021, che prevedono che i decreti ministeriali ivi previsti dovranno, in via prioritaria, stabilire, in riferimento alle aree idonee, tra le altre cose, «la massima porzione di suolo occupabile dai suddetti impianti per unità di superficie».

Tale previsione è coerente con l’impostazione di fondo dell’insieme delle disposizioni contenute nell’art. 20, orientate al concreto raggiungimento degli obiettivi di sviluppo delle fonti rinnovabili previsti dal Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (PNIEC), ma sempre tenendo conto delle esigenze, parimenti rilevanti, di «minimizzare il relativo impatto ambientale» e della «tutela del patrimonio culturale e del paesaggio, delle aree agricole e forestali, della qualità dell’aria e dei corpi idrici, privilegiando l’utilizzo di superfici di strutture edificate, quali capannoni industriali e parcheggi, nonché di aree a destinazione industriale, artigianale, per servizi e logistica e verificando l’idoneità di aree non utilizzabili per altri scopi, ivi incluse le superfici agricole non utilizzabili» (cfr. commi 1, 3 e 4 dell’art. 20).

Dunque, proprio la normativa statale prevede, ed anzi impone (art. 20, co. 1, lett. a), del d.lgs. n. 199/2021), che sia definita, per le aree idonee, la massima porzione occupabile dagli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili, trattandosi di previsione con ogni evidenza finalizzata a scongiurare che la pur incentivata diffusione della produzione di energia da fonti rinnovabili determini un eccessivo consumo di suolo e la compromissione delle esigenze di protezione del patrimonio culturale e del paesaggio, delle aree agricole e forestali, della qualità dell’aria e dei corpi idrici.

14.6. – Quanto evidenziato porta a ritenere infondata anche la censura relativa alla violazione delle Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili approvate con il d.m. del 10.09.2010, secondo la quale l’individuazione delle aree e dei siti non idonei non deve configurarsi come divieto preliminare o come impedimento assoluto, dovendo comunque l’amministrazione verificare caso per caso se l’impianto progettato, considerati i vincoli insistenti sull’area, possa essere realizzato.

Le disposizioni contenute nelle Linee guida appena citate, infatti, concernono il regime delle aree non idonee, stabilendo che, anche quando sia presentata una domanda di autorizzazione all’installazione di impianti di generazione di energia da fonti rinnovabili su aree qualificate come non idonee, quest’ultima circostanza non possa costituire un impedimento assoluto al rilascio del titolo abilitativo.

Secondo quanto stabilito dal citato decreto ministeriale, mentre l’idoneità o la non idoneità di un’area è da ritenersi funzionale alla accelerazione ed alla semplificazione dell’iter di autorizzazione alla costruzione e all’esercizio, anche in termini di opportunità localizzative offerte dalle specifiche caratteristiche e vocazioni del territorio, la qualificazione di un’area come non idonea non può giustificare, di per sé soltanto, l’immediato rigetto della domanda e configurarsi come divieto preliminare, imponendosi comunque di verificare in concreto, caso per caso, attraverso l’istruttoria procedimentale, se l’impianto così come effettivamente progettato, considerati i vincoli insistenti sull’area, possa essere realizzabile, non determinando una reale compromissione dei valori tutelati dalle norme di protezione del sito.

Dunque, fermo quanto appena precisato con riguardo al regime delle aree non idonee, per le aree idonee, come si è già visto, la legge statale prevede espressamente che sia stabilita (con i decreti ministeriali di cui al primo comma dell’art. 20 del d.lgs. n. 199/2021) «la massima porzione di suolo occupabile dai suddetti impianti per unità di superficie».

Di conseguenza, anche a voler considerare idonea l’area che dovrebbe ospitare l’impianto di cui si controverte (e quindi, quand’anche l’area in questione dovesse essere qualificata idonea una volta che il sistema di individuazione delle aree idonee entrerà pienamente a regime), la previsione di una porzione massima di suolo occupabile per unità di superficie non potrà essere ritenuta in contrasto con la sua condizione giuridica, non traducendosi in un impedimento assoluto e generalizzato, escluso dalle disposizioni statali con riguardo alle aree non idonee e che comunque non può ritenersi preclusivo dell’applicazione di regole come quelle di cui all’art. 6 del regolamento regionale n. 7 del 2011.

Non può infatti fondatamente sostenersi che le norme statali (in particolare l’art. 20 del d.lgs. n. 199/2021) non contemplano limitazioni circa la misura massima di suolo occupabile con i moduli fotovoltaici, e ciò in quanto, come già sottolineato, proprio l’art. 20 del d.lgs. n. 199/2021, nel demandare a uno o più decreti ministeriali la definizione dei criteri per l’individuazione delle aree idonee all’installazione della potenza eolica e fotovoltaica indicata nel PNIEC, stabilisce che il contenuto di detti criteri debba riguardare, tra le altre cose e «in via prioritaria», l’indicazione della massima porzione di suolo occupabile dai suddetti impianti per unità di superficie.

Allo stesso modo, una preclusione alla previsione della misura della massima porzione di suolo occupabile nelle aree idonee non può provenire dalle regole per l’individuazione delle aree non idonee di cui al d.m. del 10.09.2010, che stabilisce che tale individuazione non può riguardare porzioni significative del territorio o zone genericamente soggette a tutela dell’ambiente, del paesaggio e del patrimonio storico-artistico, né tradursi nell’identificazione di fasce di rispetto di dimensioni non giustificate da specifiche e motivate esigenze di tutela, lasciando impregiudicata la necessità di evitare fenomeni come l’eccessivo consumo e l’impermeabilizzazione del suolo che, con ogni evidenza, costituiscono la ragione delle previsioni limitative della superficie di suolo occupabile.

14.7. – Potrebbe semmai porsi la questione, in vero non specificamente dedotta da Mag quale motivo di ricorso, dell’idoneità della fonte regolamentare regionale, nelle more della emanazione dei decreti ministeriali di cui all’art. 20, co. 1, del d.lgs. n. 199/2021, a stabilire la massima porzione di suolo occupabile dagli impianti per unità di superficie.

A tale proposito, è utile ricordare che l’art. 117, co. 3, della Costituzione devolve alla potestà legislativa concorrente dello Stato e delle Regioni la materia “produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia”, spettando dunque in tale materia alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei princìpi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.

Come rilevato anche in dottrina, con riguardo al tema della definizione dei principi fondamentali, detta materia ha assunto connotati del tutto peculiari in relazione alla prassi legislativa – inaugurata con il d.lgs. n. 387/2003 (art. 12, co. 10), proseguita con il d.lgs. n. 28/2011 (artt. 5, 6 e 14) e da ultimo reiterata con il d.lgs. n. 199/2021 (art. 20, più volte citato) – di rinviare a tale fine ad atti di normazione secondaria come le linee guida adottate con decreto ministeriale.

Con particolare riferimento alle Linee guida per l’autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili emanate con il decreto ministeriale del 10.09.2010 in attuazione dell’art. 12, co. 10, del d.lgs. n. 387/2003 e richiamate anche dal decreto legislativo n. 28/2011, la Corte costituzionale, con sentenza n. 46 del 2021 (ma si vedano anche le precedenti sentenze n. 189 e n. 11 del 2014, n. 62 del 2013, n. 168 e n. 344 del 2010), ha chiarito che si tratta di «atti di normazione secondaria, che costituiscono, in settori squisitamente tecnici, il completamento della normativa primaria. Pertanto essi rappresentano un corpo unico con la disposizione legislativa che li prevede e che ad essi affida il compito di individuare le specifiche tecniche che mal si conciliano con il contenuto di un atto legislativo e che necessitano di applicazione uniforme in tutto il territorio nazionale (sentenze n. 69 del 2018 e n. 99 del 2012) ed hanno carattere vincolante (sentenza n. 106 del 2020)».

Dunque, nella materia di cui si discute, le previsioni delle linee guida emanate con decreto ministeriale al quale la fonte primaria rinvia, pur essendo poste da una fonte sub-legislativa e non potendo assurgere al rango di normativa interposta, vengono ad integrare strettamente, in un settore squisitamente tecnico, la normativa primaria, costituendo un corpo unico con la disposizione legislativa che le prevede e rappresentandone la «necessaria integrazione», ovvero il completamento tecnico del principio, senza per questo diventare “dettaglio” (Corte cost., n. 11 del 2014 e n. 189 del 2014, citt.).

Fatte queste premesse in relazione alla funzione delle linee guida emanate con atto sub-legislativo a completamento delle disposizioni di principio della legge statale in materia di produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia, per quello che in questa sede interessa deve osservarsi che ad oggi (e, comunque, all’epoca dell’adozione dei provvedimenti in questa sede impugnati), pur essendo scaduto il termine di cui all’art. 20, co. 1, del d.lgs. n. 199/2021, i decreti ministeriali ivi previsti non sono stati ancora adottati.

Mutuando le parole usate dalla Corte costituzionale nelle sentenze sopra richiamate, manca, dunque, quella «necessaria integrazione» richiesta dall’art. 20, co. 1, del d.lgs. n. 199/2021, peraltro in riferimento ad aspetti della disciplina di principio che lo stesso legislatore ha previsto che debbano essere stabiliti «in via prioritaria», tra i quali figura quello riguardante la massima porzione di suolo occupabile dagli impianti per unità di superficie.

In un tale situazione non potrebbe ritenersi che, in attesa della emanazione dei decreti ministeriali, la materia in questione rimanga priva di normazione di principio in relazione a profili che il legislatore statale ritiene di rilevanza tale da richiederne la definizione prioritaria, giacché, altrimenti, nelle aree idonee ex lege le Regioni finirebbero per dover autorizzare l’installazione degli impianti senza limiti di copertura delle superfici, contravvenendo così alla chiara – seppur incompleta – indicazione della legislazione statale.

Può dunque trarsi la conclusione che, in mancanza della compiuta integrazione dei principi fondamentali della materia attraverso l’emanazione dei decreti ministeriali di cui all’art. 20, co. 1, del d.lgs. n. 199/2021, disposizioni come l’art. 6 del regolamento regionale dell’Umbria n. 7 del 2011, come sostituito dal regolamento regionale n. 4 del 2022, desumendo comunque i principi fondamentali dalla materia dalla legislazione statale vigente, realizzino in via suppletiva, con fonte sub-legislativa in attesa della fonte sub-legislativa statale, quella «necessaria integrazione» richiesta dalla normativa primaria, senza peraltro tradire, per i profili che qui interessano, i limiti della stessa norma primaria statale, giacché, come si è visto, anche i decreti ministeriali da emanarsi ai sensi della disposizione sopra richiamata dovranno stabilire la massima porzione di suolo occupabile, per unità di superficie, dagli impianti di cui si discute. Ciò secondo un meccanismo non dissimile – salvo che per la fonte sub-legislativa già prevista dallo stesso art. 20, co. 1, del d.lgs. n. 199/2021 – da quello indicato dall’art. 1, co. 3, della legge n. 131/2003 per l’esercizio della potestà legislativa regionale nelle materie di legislazione concorrente.

14.8. – Quanto alle Linee guida del giugno 2022 in materia di impianti agri-voltaici, esse sono state elaborate da un gruppo di lavoro coordinato dal Ministero della Transizione ecologica al quale hanno collaborato esperti del Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria, di GSE S.p.A., dell’ENEA e di RSE S.p.A.

Tali Linee guida non costituiscono documento avente valore normativo o, comunque, precettivo ed hanno il dichiarato scopo di «chiarire quali sono le caratteristiche minime e i requisiti che un impianto fotovoltaico dovrebbe possedere per essere definito agrivoltaico, sia per ciò che riguarda gli impianti più avanzati, che possono accedere agli incentivi PNRR, sia per ciò che concerne le altre tipologie di impianti agrivoltaici, che possono comunque garantire un’interazione più sostenibile fra produzione energetica e produzione agricola».

Ad ogni modo, le stesse Linee guida non sono in contraddizione con la necessità di stabilire un limite alla massima porzione di suolo occupabile dagli impianti, anche con configurazione agri-voltaica, tanto da indicare l’“opportunità” che sia adottato un limite massimo di LAOR (“Land Area Occupation Ratio”, ovvero “Percentuale di superficie complessiva coperta dai moduli”) che le Linee guida propongono nella misura del 40% e, inoltre, che sia garantito sugli appezzamenti oggetto di intervento che almeno il 70% della superficie rimanga destinata all’attività agricola, nel rispetto delle buone pratiche agricole (BPA).

La previsione regolamentare regionale non contrasta con tali indicazioni, che, si ripete, esprimono l’opportunità di un limite massimo di occupazione dell’area con i moduli fotovoltaici e di una superficie minima per l’attività agricola, entro i quali la normativa regionale si muove.

14.9. – Non può apprezzarsi favorevolmente la censura relativa alla violazione dell’art. 3 del regolamento regionale n. 7 del 2011.

Per quello che qui rileva, l’articolo in questione stabilisce l’estensione della procedura abilitativa semplificata di cui all’ art. 6, co. 1, del d.lgs. n. 28/2011 alla realizzazione di progetti di impianti fotovoltaici di potenza fino a 200 kW da realizzare con moduli a terra ubicati in aree agricole o di particolare interesse agricolo da parte di imprese agricole, purché nel rispetto di quanto previsto all’art. 6 ed a condizione che il richiedente abbia la disponibilità anche delle aree necessarie alla realizzazione delle eventuali opere di connessione alla rete.

Le considerazioni svolte nei paragrafi che precedono inducono a ritenere corrette le valutazioni svolte dal Comune di Montecastrilli in ordine alla mancanza delle condizioni di cui all’art. 6 del regolamento regionale in ordine ai limiti di potenzialità fotovoltaica dell’appezzamento di terreno, con la conseguenza che deve ritenersi corretto anche il richiamo, contenuto negli atti impugnati, all’art. 3 del regolamento, che esige il rispetto di quanto prescritto dall’art. 6.

14.10. – Infine, neanche la censura affidata da Mag al sesto motivo di ricorso merita accoglimento.

Parte ricorrente deduce che gli atti impugnati sarebbero in contrasto con la delibera della Giunta regionale n. 968 del 5.07.2010 che, al fine di minimizzare l’impatto paesaggistico degli impianti fotovoltaici, prevedeva che, nelle aree di particolare interesse agricolo, la superficie occupata dall’impianto non dovesse superare il 50% della superficie complessiva della singola area.

Al di là del fatto che la delibera in questione non è stata prodotta in giudizio, deve rilevarsi che la stessa, recante “indirizzi e criteri”, non può ritenersi prevalente sull’atto regolamentare successivamente approvato nel 2011 dalla Giunta regionale con il parere della competente commissione del Consiglio regionale e, comunque, deve essere considerata superata per effetto dell’entrata in vigore delle stesse disposizioni regolamentari e, in particolare, dell’art. 4, che ha sostituito l’art. 6 del regolamento regionale n. 7 del 2011 e che stabilisce nei termini contestati da parte ricorrente i limiti di potenzialità fotovoltaica dell’appezzamento di terreno nelle aree agricole intesa quale superficie massima utilizzabile per l’ubicazione degli impianti fotovoltaici con moduli collocati a terra.

15. – Con il quarto e con il quinto mezzo di impugnazione, Mag deduce l’illegittimità delle determinazioni del Comune di Montecastrilli il quale, per un verso, di fronte alla incompletezza dei pareri di competenza delle diverse amministrazioni coinvolte, avrebbe contravvenuto al dovere di convocare la conferenza di servizi e, per altro verso, non avrebbe tenuto conto delle risultanze degli atti allegati alla PAS e delle integrazioni trasmesse dalla società richiedente il 6.02.2023.

Si tratta di censure che attengono alla distinta parte della motivazione con cui il Comune resistente ha rappresentato alla società istanza la «carenza e non completa acquisizione di pareri o nulla osta dei vari Enti e soggetti coinvolti nella procedura».

La parte della motivazione da ultimo richiamata è distinta ed indipendente dalla prima, già di per sé autonoma, relativa al mancato rispetto delle condizioni poste dagli artt. 3 e 6 del regolamento regionale n. 7 del 2011, come modificato dal regolamento regionale n. 4 del 2022, di cui si è trattato nei paragrafi che precedono, ciò che configura il provvedimento per cui è causa come atto con motivazione plurima (o “plurimotivato”).

Secondo consolidata giurisprudenza, allorché si controverta di un atto così caratterizzato, solo l’accertata illegittimità di tutti i singoli ed autonomi profili motivazionali può determinare il suo annullamento, essendo per converso sufficiente che anche soltanto una delle ragioni poste a fondamento del medesimo – ciascuna autonomamente idonea a legittimare l’esercizio del potere amministrativo – resista ai motivi di gravame affinché il ricorso debba essere rigettato (TAR Campania, Napoli, sez. VII, 23 aprile 2019, n. 2246; Cons, Stato, sez. III, 3 novembre 2016, n. 4611).

Infatti, l’infondatezza delle censure indirizzate verso uno solo dei motivi su cui esso riposa determina il rigetto del ricorso, con assorbimento dei motivi dedotti avverso gli altri capi della motivazione, venendo meno l’interesse del ricorrente all’esame delle altre doglianze (cfr. TAR Lazio, Roma, sez. II, 16 settembre 2020, n. 9588; si vedano anche Cons. Stato, sez. VI, 18 luglio 2016, n. 3194; Cons. Stato, sez. IV, 5 febbraio 2013, n. 694; Cons. Stato, sez. IV, 8 giugno 2007, n. 3020; TAR Campania, Napoli, sez. III, 9 febbraio 2013, n. 844).

Da quanto appena rilevato discende che, nel caso oggetto del presente giudizio, l’infondatezza delle doglianze formulate da Mag nei confronti del capo di motivazione relativo al mancato rispetto delle condizioni poste dal regolamento regionale n. 7 del 2011 comporta il necessario rigetto del ricorso, non potendo la ricorrente conseguire alcuna utilità dall’eventuale accoglimento delle censure indirizzate, con i motivi quarto e quinto, all’altro capo della motivazione del provvedimento.

16. – In conclusione, il ricorso di Mag Umbria Molise deve essere respinto.

17. – La complessità delle questioni trattate induce il collegio a disporre la compensazione tra le parti delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Umbria (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.

Così deciso in Perugia nella camera di consiglio del giorno 24 ottobre 2023 con l’intervento dei magistrati:

Pierfrancesco Ungari, Presidente

Daniela Carrarelli, Primo Referendario

Davide De Grazia, Referendario, Estensore